venerdì 30 settembre 2005

Recensione DOGMA

Recensione dogma




Regia di Kevin Smith con Ben Affleck, Matt Damon, Linda Fiorentino, Salma Hayek, Chris Rock, Jason Lee, Alanis Morissette

Recensione a cura di peucezia

Film del 1999 uscito in Italia solo nel 2003 a causa probabilmente di problemi con la censura, Dogma è un'ennesima fatica del regista statiunitense Kevin Smith, conosciuto nei circuiti del cinema indipendente soprattutto per la sua scoppiettante pellicola d'esordio Clerks, dove, tra l'altro, appaiono due simpatici personaggi: Silent Bob (il cui motto potrebbe essere fatti non parole) tradotto in maniera non proprio impeccabile come Zittino Bob ed interpretato dallo stesso regista e il suo compagno confusionario, sboccato e fin troppo ciarliero Jay (Jason Mewes). I due si ritroveranno in questo film a fare da fil rouge tra i vari protagonisti della storia.
Il resto del cast è all star perché vede tra gli interpreti Ben Affleck, Matt Damon, Salma Hayek, Linda Fiorentino, un attore onnipresente nelle pellicole di Smith, Jason Lee e ancora l'inglese Alan Rickman (Ragione e Sentimento e Love Actually tra i suoi successi), il comico di colore Chris Rock e la cantante Alanis Morrisette.

Parlare di questo film in maniera totalmente asettica è davvero difficile perché il rischio di essere accusati di essere comunque "di parte" è sempre molto forte.
Smith mette in ballo diverse tematiche nel tentativo di fare satira intelligente ed impegnata, ma per un cattolico osservante le prime scene del film sono piuttosto imbarazzanti inoltre il continuo mix tra religione, turpiloquio, satira e persino vari richiami alla mitologia (la musa Serendipity) non fanno altro che confondere lo spettatore.
Il regista è stato spesso accusato di usare il linguaggio sboccato con troppa disinvoltura (Jay è l'esempio principale) è questo non lo ha fatto accettare da gran parte dei critici cinematografici del nostro paese, tuttavia non è questo il punto dolente della pellicola.

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giovedì 29 settembre 2005

Recensione APPUNTAMENTO A BELLEVILLE

Recensione appuntamento a belleville




Regia di Sylvain Chomet con Jean-Claude Donda, Michel Robin, Monica Viegas

Recensione a cura di kowalsky

C'è tutto il peccato della purezza in questo film: una malinconia struggente, il treno del futuro che incoraggia la vita a fermarsi in tempo.
Lo schema quotidiano ritrova nella passione (quella di Champion per la bicicletta) una ragione di vita, che il mondo, sordo alle emozioni pure, tradirà precocemente. Poi lo vediamo riapparire, nell'intimità quotidiana di una linda dimora, dove Madame Souza, come tutte le nonne di un tempo, incoraggia il nipote a ritrovare la sua dimensione di forza e coraggio.
Il corpo è (ancora) ciò che la mente esorta ad esaudire, ma la macchina del capitalismo rischia di seminare i suoi frutti amari.

Cinque anni di realizzazione per un'opera che "segue il diametro univoco del desiderio", per Chomet equivale a un sogno finalmente realizzato. E' un'attesa che vale il risultato, visto che "Appuntamento a Belleville" rappresenta un vertice indiscusso nella storia del cinema d'animazione europeo; sia esso quello del ceco Trnka, sia John Halas e Roy Batchelor, che del nostro Bruno Bozzetto.
Al primo impatto, un film del genere, che implica necessariamente la forza di adeguarsi agli stilemi e alla storia del cinema o della cultura francese, potrebbe peccare di nazionalismo o di maniera; ma ciò che rende universale e poetico il suo messaggio è l'indiscussa capacità di raccontare il tempo attraverso immagini (o musiche), rendendo lo spettatore vittima dell'annullamento inconsapevole che dà ai particolari.

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mercoledì 28 settembre 2005

Recensione LEI MI ODIA

Recensione lei mi odia




Regia di Spike Lee con Monica Bellucci, Woody Harrelson, John Turturro, Anthony Mackie, Kerry Washington, Ellen Barkin

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Preceduto da una critica a lui favorevole, forse per l'alternatività dei modi espressivi e dei racconti, il regista di colore Spike Lee torna sulle scene con un film a dir poco sconcertante.
Che sia in effetti diverso e,a suo modo, originale, non c'è dubbio... ma bisognerebbe valutare tale "diversità" nel merito, formale e contenutistico.

"Lei mi odia" è a mio avviso un film profondamente razzista, malgrado i toni pretestuosi e fittizi di protesta. Propone figure emblematiche del capitalista cattivo e profittatore, a confronto del giovane professionista nero, ingenuo ed onesto, portatore di tutte le virtù; una forza vitale spontanea e genuina, destinata a riprodursi all'infinito con crescita esponenziale.
Se vogliamo, forse, una metafora terzomondista, fortemente sintonizzata con le istanze dell'integralismo islamico, contro l'american way of life.

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martedì 27 settembre 2005

Recensione GOOD NIGHT, AND GOOD LUCK

Recensione good night, and good luck




Regia di George Clooney con David Strathairn, Alex Borstein, Robert John Burke, David Christian, Patricia Clarkson, George Clooney, Jeff Daniels

Recensione a cura di Pasionaria (voto: 7,0)

"La verità è l'unica notizia, il resto è ciarpame" (E. R. Murrow)

Il tema del giornalismo non è certamente nuovo per il cinema, che ci ha offerto esempi memorabili dei contrastanti rapporti tra quarto potere e politica, da "Tutti gli uomini del presidente" a "Insider" passando per decine d'altri film, rivelatori dei sofferenti compromessi etici e deontologici del reporter.

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lunedì 26 settembre 2005

Recensione CINDERELLA MAN - UNA RAGIONE PER LOTTARE

Recensione cinderella man - una ragione per lottare




Regia di Ron Howard con Russell Crowe, Renée Zellweger, Craig Bierko, Paddy Considine, Paul Giamatti, Bruce McGill, David Huband, Connor Price, Ariel Waller, Patrick Louis

Recensione a cura di Simone Bracci

Una storia importante e coraggiosa è ciò che emerge dalla visione dell'ultima opera di Ron Howard.
L'importanza sta nell'avere raccontato in faccia allo spettatore la cruda realtà della Grande Depressione negli States, quando i giorni che seguirono al crollo della borsa di New York misero sul lastrico centinaia di famiglie. Il coraggio è quello di aver affrontato un film sulla boxe con un lieto fine, essendo la storia del pugile James J. Braddock tratta da una storia vera, conclusione piuttosto fuori moda nei drammoni hollywoodiani odierni.
Il film, nonostante non sia sempre convincente, come nell'assalto ai furgoni porta-viveri, scorre perfettamente lungo le due ore e mezza di narrazione, coprendo un'arco temporale che va dal 1929 al 1935. Senza il respiro epico, né fumettistico di alcune sue precedenti, la pellicola dell'ex (ha 51 anni) golden boy di Happy Days, Ron Howard, affronta in maniera toccante il tema della sopravvivenza e mai è stato tanto azzeccato il sottotitolo italiano Una ragione per lottare, perché in quegli anni sfamare la propria famiglia era l'unica priorità, anche combattendo su un ring.

Straordinari come al solito, ormai non ci sono più aggettivi, il protagonista Russell Crowe (convincente al punto da chiedersi come al termine delle riprese abbia potuto riprendere la vita multimiliardaria che conduce) e il caratterista-manager Paul Giamatti, le cui interpretazioni arricchiscono e danno brio al film, anche in quei rari punti in cui la sceneggiatura perde il controllo sulla melanconia. Reene Zellweger è insospettabilmente brava e adatta nel ricoprire il ruolo di moglie devota, anche se probabilmente non riuscirà di togliersi facilmente di dosso l'immagine buffa di Bridget Jones.
La storia, che porta il marchio di fabbrica della premiata (Oscar come miglior film 2002) ditta di "A beautiful mind", racconta ascesa, caduta e rinascita del pugile di origine irlandese "Jim" Braddock, arrivato all'apice della carriera e imbattuto alla fine degli anni venti, per poi perdere economicamente tutto, dopo aver investito in borsa, con l'arrivo della Grande Depressione. Senza un lavoro, senza licenza di combattere, con una mano rotta e pieno di debiti, Braddock, insieme alla moglie Mae, le tenta tutte per cercare di "allontanare i suoi figli dalla strada", con commovente ostinazione, ma senza fortuna. Finché un giorno, il suo vecchio manager, Jack Gould, non si presenta nel suo fatiscente quartiere del New Jersey per proporgli un ultimo incontro, la classica seconda opportunità. Braddock accetta perché, non solo ha bisogno di soldi, ma anche perché se non dovesse essere carne da macello, avrebbe la possibilità di sfidare per il titolo, il campione dei pesi massimi Max Baer, insomma salutare il Garden alla sua maniera.

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venerdì 23 settembre 2005

Recensione VIVA ZAPATERO!

Recensione viva zapatero!




Regia di Sabina Guzzanti con Rory Bremner, Sabina Guzzanti, Daniele Luttazzi, Michele Santoro, Enzo Biagi, Fabrizio Morri, Valerio Terenzio, Andrea Salerno, Lucia Annunziata, Beppe Giulietti, Claudio Petruccioli, Dario Fo, Flavio Cattaneo, Luciano Canfora, Karl Zero

Recensione a cura di Laura Ciranna

"Lasciateci dire che 2 + 2 fa 4. il resto verrà da se" George Orwell

Con questa frase utilizzata nel film "Viva Zapatero" Sabina Guzzanti sembra aver finalmente risolto il proprio dubbio "Orwell è banale? È un modo di pensare manicheo, buoni e cattivi, il potere che ti vuole controllare?". Evidentemente l'aver superato la paura della retorica e della banalità delle citazioni colte ci mostra quanto l'allarme di Sabina Guzzanti sia grande, come sia grande la sua indignazione e la sua voglia di raccontare in che modo anche solo enunciare un fatto possa essere pericoloso. Questo, a mio avviso, non deve essere stato l'unico messaggio del comunista deluso dal governo comunista ad averle toccato il cuore; perché niente è più pericoloso di un regime che si instaura senza clamori, ma serpeggiando direttamente nel tinello di casa nostra, travestito da faccione abbronzato.

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giovedì 22 settembre 2005

Recensione LA BESTIA NEL CUORE

Recensione la bestia nel cuore




Regia di Cristina Comencini con Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio, Stefania Rocca, Alessio Boni, Angela Finocchiaro, Francesca Inaudi, Roberto Infascelli

Recensione a cura di GiorgioVillosio

La grande tragedia greca, col mito di Edipo, supporto concettuale della psicanalisi freudiana, ci dovrebbero portare a individuare nell'inconscio profondo le cause prime delle nostre nevrosi, psicosi o, più genericamente, delle nostre azioni. Invece, sembra banale dirlo, alla maggior parte degli individui manca la capacità autocritica di scoprire la genesi dei propri comportamenti, mancando oltretutto una educazione, familiare e scolastica, ad auscultarsi per giungere all'autoconoscenza. In molti casi, poi, ove si percepiscano confusamente barlumi dell'inconscio, si arriva a rimuoverli volutamente, per timore della verità e paura del cambiamento. Nei tempi andati, prima di Freud, i moti della nostra anima venivano studiati dai filosofi, o strumentalizzati dalle varie chiese, o affidati alla sfera della poesia, al di fuori di ogni razionalità. Nei versi dei poeti in primis, e comunque nell'arte in genere, emerge da sempre il magma sotterraneo dell'anima dell'autore, sovente a sua stessa insaputa.

Il riferimento ci sembra d'obbligo, esaminando il film di Cristina Comencini, la cui storia nasce per l'appunto da una mancata conoscenza del profondo, se non addirittura da un oblìo voluto, della protagonista (Giovanna Mezzogiorno). La giovane, bella, felicemente in coppia, benestante ed occupata, nasconde un tormento profondo che vuole rimuovere. Ma quando sente una nuova vita muoversi dentro di lei, le sorge una esigenza insopprimibile di chiarezza, una volontà catartica di "fare pulizia" di inconsce sozzure; in pratica di andare finalmente a fondo dei mali nascosti, prima di dare origine a una nuova vita. E, guarda caso, questo "lavacro psicologico" incomincia proprio riesaminando ad occhi aperti i rapporti coi genitori, direttamente sulla loro tomba. "Amore e morte", dunque, come pure "risorgerete sulle vostre ceneri", nell'ottica spietata ma imprescindibile del pensiero evoluzionistico. Il tutto però, visto nella chiave fatalistica della tragedia di Edipo: maledetto e piegato dalla sofferenza per colpe genetiche a lui ignote. Per vederci chiaro, la ragazza corre in America ad incontrare il fratello, scoprendolo vittima di lubriche attenzioni da parte del padre durante l'infanzia; e, peggio ancora, di averne subite lei stessa. Da cui gli incubi notturni per lei ricorrenti, sospinti dall'io profondo ma rimossi da quello cosciente. La presa di coscienza, per quanto dolorosa, porterà infine la giovane donna ad una più consapevole accettazione dell'esistenza e della maternità, anche in grazia dell'amore riconquistato del giovane padre.

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martedì 20 settembre 2005

Recensione LA CITTA' INCANTATA

Recensione la citta' incantata




Regia di Hayao Miyazaki con -

Recensione a cura di Mr Black

Hayao Miyazaki è un genio! Sicuramente iniziare una recensione in questo modo non è il modo migliore ma, se avete la pazienza di visionare la sua filmografia completa, capirete sicuramente il perché!

Il genio dell?animazione giapponese o, se preferite, lo Stanley Kubrick del Sol Levante, questa volta ci regala un?ennesima perla: "La Città incantata" (?Spirited Away? in originale). È incredibile come questo autore, nonostante l?età ed innumerevoli capolavori alle sue spalle, riesca sempre a stupirci con le sue creazioni, delle vere e proprie opere d?arte cinematografica (a chi sostiene che l'animazione giapponese non è cinema, consiglio particolarmente la visione). Le sue storie originali, incentrate sui temi a lui cari e rappresentanti i problemi della civiltà moderna, sono fonte di riflessione: il rapporto tra adulti e adolescenti, l?amore per la natura ed il suo rapporto travagliato con l?uomo, l?amicizia e la solidarietà, la solitudine che da la ricchezza e l?ingordigia sono sempre argomenti di grande attualità, che il regista sviluppa tramite le sue sceneggiature di tipo fantasy.

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venerdì 16 settembre 2005

Recensione LA SPOSA TURCA

Recensione la sposa turca




Regia di Fatih Akin con Birol Ünel, Sibel Kekilli, Catrin Striebeck, Güven Kýraç, Meltem Cumbul, Cem Akin, Aysel Iscan, Demir Gökgöl, Stefan Gebelhoff, Hermann Lause, Adam Bousdoukos, Ralph Misske, Mehmet Kurtulus

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Il cinema turco si propone ormai da anni come realtà di prim'ordine, capace di discorsi originali, non condizionati dai modi del cinema occidentale. Con la sua genuinità, inoltre, ci consente di avvicinarci facilmente alla conoscenza di una cultura ed una sensibilità a noi ancora ignote, ma ormai talmente vicine da non potere ignorarle.
Con l'ingresso nella CEE, l'antico popolo di Istanbul, verrà a diretto contatto con noi; e dunque, anche grazie al suo nuovo cinema, prepariamoci ad affrontarlo e a riconoscerlo.

La storia raccontata nel film, drammatica e struggente, offre due chiavi di lettura: una, legata al personaggio irrequieto di una giovane donna che, per uscire da una famiglia arretratissima di emigranti turchi residenti in Germania, sposa il primo venuto.
Questi, conosciuto all'interno di un nosocomio, è un perdigiorno alcolizzato all'ultimo stadio, un uomo ormai perso e senza speranza. La giovane sposa se ne serve come strumento di comodo, per affrancarsi dalla famiglia e godersi una sfrenata libertà sessuale, fino al punto, invece, di innamorarsene.

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mercoledì 14 settembre 2005

Recensione I FRATELLI GRIMM E L'INCANTEVOLE STREGA

Recensione i fratelli grimm e l'incantevole strega




Regia di Terry Gilliam con Barbara Lukêsova, Anna Rust, Matt Damon, Heath Ledger, Radim Kalvoda, Martin Hofmann, Harry Gilliam, Monica Bellucci

Recensione a cura di kowalsky

Una delle tendenze del cinema contemporaneo è l'incapacità di arrestare da una parte il processo delle nuove mode - atte a sovvertire l'epilogo dell'immagine e quantomeno a metaforizzare la fine del cinema come Rappresentazione e Metafora - e dall'altro la consapevolezza del limite di questa operazione.
In poche parole, lo sforzo vano di rappresentare qualcosa incanalandolo in un processo retrivo e blandamente moderno di omologazione e identità non riesce a fare i conti con la costante e remissiva inattitudine dell'immagine. Burton è Burton, ossia ha il suo stile riconosciuto, le sue evidenti influenze, ma resta a modo suo un marchio di fabbrica: egli è riuscito a rendere individualista la sua sperimentazione, a chiamarla COL SUO NOME. Tutto il resto - o quasi - non è più frutto dell'autore cinematografico, ma di un gioco di marketing che realizza immagini mirabolanti, ma da cui l'autore non è altro che il "prestanome". E' un esempio squallido, lo so, ma è come la classica vicenda del cuoco che viene osannato per i piatti preparati da un cameriere "tuttologo".
Attendere al varco Gilliam con un biopic sui fratelli Grimm ci costringe a rivalutare "Neverland" e la sua spicciola, ma indubbiamente sincera, etica del lirismo e dell'ingenuità ad ogni costo. Tutt'altro, e questo lo sapevamo. Ma chi sperava in un'autore capace non solo di dissacrare il Mito delle Favole "nere" dei due letterati tedeschi, ma anche di incollare allo schermo con la propria indubbia capacità visiva, si sbaglia di grosso. L'apolidicità dell'operazione è tutta nel limite di essere opera su commissione, priva(ta) così della personalità davvero unica del cinema di Gilliam, anche nei suoi momenti meno ispirati ("The fisher king").

Visto alla 62 mostra del cinema di VeneziaTutto ha inizio in uno scenario che racconta l'occupazione straniera dei francesi nella Germania di fine 700. A tutto ciò, al richiamo non allegorico e verista di un villaggio demone di intolleranze - ma anche di credenze popolari e di emblematici richiami alla cultura popolare da un Medioevo mai del tutto sopito - subentra appunto l'estetica dark delle favole dei Grimm, veri e propri incubi che riportano la fanciullezza a rinnegarsi nel Processo del Male e nella sua sfiancante metafora (la paura del bao-bao, l'uomo Nero, etc.). I bambini dei Grimm trovano l'unica traccia, l'orrore tracciato dagli adulti, ma anche un'indiscussa crudeltà, che li separa dalle ragioni dei canoni tradizionali (la figura della matrigna) o dall'immaginario del sogno di massa (la ricchezza, la bellezza eterna, la gioventù, etc.)
Leggendo i loro libri, oggi, possiamo trovare ancora splendide e irraggiungibili metafore, ma anche una discriminante anche razziale nei confronti della quale i Grimm non vengono direttamente chiamati in causa, "simboli" o testimoni di una costante paura del "diverso", dello "straniero".
Il film raggiunge faticosamente ma tutto sommato con una certa efficacia questa dimensione, mettendo in relazione il consueto dualismo tra i due fratelli, il distratto ma intelligente, il superficiale ma attraente, ovvero due uomini che hanno bisogno ognuno dell'altro. Per bilanciare questa tendenza, però, il pastiche di Gilliam dissacra le favole a suo piacimento (affascinante il riottoso cavallo che si mangia una bambina), le smaschera, ne rivela le intenzioni e le innate paure ancestrali o popolari, ma con la stilosità narrativa (epilogante) di un'episodio dei Looney Tunes (la classicissima frase "e vissero felici e contenti").

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lunedì 12 settembre 2005

Recensione CONCORSO DI COLPA

Recensione concorso di colpa




Regia di Claudio Fragasso con Alessandro Benvenuti, Francesco Nuti, Massimo Bonetti, Gabriele Ferzetti, Luca Lionello, Antonella Ponziani

Recensione a cura di echec_fou

"Concorso di colpa" fa il suo debutto sulla scena cinematografica italiana in questi giorni di fine estate. Vorrebbe essere, ma forse sarebbe più idoneo dire passare per, un thriller storico-politico. Per capirci, lo stile vorrebbe evocare quello di "Piazza delle Cinque Lune" di Martinelli, un genere cinematografico in cui una storia e dei personaggi puramente inventati, vanno ad intrecciarsi con un pezzo della memoria, un po? dolorosa, degli ultimi decenni della nostra penisola. Tuttavia, in questo caso, il risultato è assai deludente e, per certi versi, un po? inquietante e deprimente.

La trama si sviluppa nei nostri giorni, ma affonda le sue radici nelle sofferte reminiscenze degli anni della contestazione. A questo periodo infatti, risale l?antefatto che diventa poi il motore di tutta la vicenda: l?assassinio, da parte di cinque giovani militanti di estrema sinistra, di un giovane oppositore politico di estrema destra.

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giovedì 8 settembre 2005

Recensione LA GUERRA DEI MONDI

Recensione la guerra dei mondi




Regia di Steven Spielberg con Tom Cruise, Dakota Fanning, Tim Robbins, Miranda Otto, David Alan Basche, James DuMont, Daniel Franzese

Recensione a cura di cash (voto: 4,0)

C'è qualcosa che lega Wells, Welles, Haskin e Spielberg. Questo qualcosa è "La Guerra dei Mondi". Concepito come romanzo dal primo, fu trasposto in forma radiofonica (dagli imprevedibili sviluppi) da Welles, che grazie alla popolarità assurta dall'evento conquistò così un trionfale contratto con l'RKO. Successivamente, arrivò su grande schermo grazie ad Haskin nel '53, che adattò il romanzo in maniera pressoché fedele, dirigendo quello che sarebbe diventato un vero e proprio cult nel genere della science fiction.
Fin qui le belle notizie; a un certo punto (precisamente nel 2005) entra in scena Spielberg e decide di dire la sua. Nulla da eccepire in tal decisione, ci mancherebbe. Ma chissà cosa è balenato nella mente di un regista, diventato ormai la parodia di se stesso, ed in quella di un attore che ormai non riesce più a vivere tranquillo senza sentire il bisogno di appellarsi ai dettami di scientology per fare qualsiasi cosa?

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mercoledì 7 settembre 2005

Recensione NELLA MENTE DEL SERIAL KILLER

Recensione nella mente del serial killer




Regia di Renny Harlin con Val Kilmer, Christian Slater, LL Cool J, Eion Bailey, Clifton Collins Jr., Will Kemp, Jonny Lee Miller, Kathryn Morris

Recensione a cura di Simone Bracci

Ispiratosi al famoso romanzo di Agatha Christie "Dieci piccoli indiani", gli sceneggiatori Wayne Kramer e Kevin Brodbin ne pongono solo sette su un'isola deserta. Ma non sono "pellerossa", bensì profiler dell'FBI che l'istruttore Jake Harris (un Val Kilmer sprecato) vuole testare per un ultimo corso di addestramento prima dell'incarico ufficiale. Sulle false scene di crimine allestite per i suoi giovani allievi, tra i quali Christian Later, LL Cool J e Johnny Lee Miller, comincia ad aggirarsi un assassino vero, un serial killer nascosto tra i cacciatori di serial killer.

Partito sulla falsa riga dei thriller di genere, l'ultima fatica di Renny Harlin (che per girarlo ha abbandonato il set di "L'esorcista - La genesi") è un complesso meccanismo ad orologeria, nel senso che il tempo la fa da padrone nell'individuazione e nella speranza di neutralizzare il folle (o i folli?) nascosto tra gli stessi agenti speciali. Harlin, però, pecca di semplicismo e non riesce a mantenere adeguatamente il ritmo e le angoscianti premesse di partenza, anche a causa di una sensazione del già visto e sentito che pervade la pellicola. "Mindhunters", questo è il titolo originale, affronta il tema della conoscenza, o meglio della compulsiva necessità di studiare, indagare e riconoscere i tratti più svariati della mente umana, in questa società dove esistono persone che si schierano al fianco del male. Gli interpreti, a partire da una convincente Kathryn Morris (la vera protagonista), fanno il loro mestiere senza infamia e senza lode, interpretando il ruolo dei profiler, ossia coloro che per lavoro tendono a interpretare il movente di un individuo, gli atteggiamenti di quelli che potrebbero essere o sono dei potenziali criminali, assassini come ce ne sono stati tanti nella storia recente americana ed internazionale. Tra di loro, scelti così perché capaci quanto diversi, si nasconde un morbo, l'efferato responsabile di quello che si tramuterà in un gioco al massacro e che, coinvolgendo emotivamente lo spettatore, trascinerà nel dubbio i sette prescelti sino in fondo al convulso finale.

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