venerdì 29 giugno 2007

Recensione IO TI SALVERO'

Recensione io ti salvero'




Regia di Alfred Hitchcock con Michael Chekhov, Gregory Peck, Leo G. Carroll, John Every, Wallace Ford, Ingrid Bergman, Rhonda Fleming

Recensione a cura di peucezia

Film del 1945, titolo originale "Spellbound" (ovvero "Incantato"), "Io ti salverò" è considerato da molti un thriller minore o perlomeno meno noto tra quelli firmati dal grande Hitchcock, ma tuttavia può invece essere annoverato tra le perle della sua produzione.
La novità principale del film è il tentativo di spiegare agli spettatori i misteri della psicanalisi unitamente alla risoluzione di un raffinato ed atipico giallo: a differenza dei thriller odierni, la storia è a scacchiera, avvincente, con poca azione e, particolare non indifferente, agli spettatori non viene mai mostrato né il delitto né l'assassinato, mentre l'intreccio si concentra principalmente sulla figura del principale indiziato, un uomo vittima di un'amnesia, e della donna innamorata di lui e mossa fondamentalmente dalla sindrome della crocerossina. A questo proposito è interessante notare come per una volta la scelta di un titolo italiano completamente diverso dall'originale sia stata azzeccata, perché si concentra sugli intenti della protagonista femminile più che sul presunto incantesimo che blocca la mente del personaggio maschile, come invece vuole dare ad intendere appunto il titolo in lingua inglese.

Per chi vede la pellicola oggi, a distanza di oltre sessant'anni, le ingenuità possono apparire molteplici, dal trucco degli attori, che fingono di sciare in studio mentre si proietta una scena in movimento, sullo sfondo alle inquadrature di tipo teatrale che non danno la percezione della profondità, alle comparse che danno chiaramente l'impressione di muoversi in uno studio di posa, ma al di là di queste peculiarità tecniche, il linguaggio e la recitazione degli attori sono sicuramente attuali così come innovativo e praticamente mai più ripetuto è il tentativo di realizzazione onirica con l'intervento di un pittore.
Le fantasie inconsce del protagonista vengono infatti realizzate dal pittore surrealista spagnolo Salvador Dalì il quale riesce, pur nella carenza di effetti speciali dell'epoca, a rendere magnificamente con l'immagine il racconto e per un attimo le due arti, quella cinematografica e quella pittorica, si fondono in una simbiosi perfetta.

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mercoledì 27 giugno 2007

Recensione DICIASSETTE ANNI

Recensione diciassette anni



Regia di Zhang Yuan con Li Jun, Liang Song, Li Yaping, Li Yeding, Li Bingbing, Liu Lin

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,0)

"Casa, ritrovi, mio quartiere: ambiente ch'io vedo, e dove giro: anni dopo anni

Io t'ho creato nella gioia e nei dolori: con tanti eventi, e tante tante cose.

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lunedì 25 giugno 2007

Recensione I FANTASTICI 4 E SILVER SURFER

Recensione i fantastici 4 e silver surfer




Regia di Tim Story con Ioan Gruffudd, Michael Chiklis, Jessica Alba, Chris Evans, Andre Braugher, Moneca Delain, Ulla Friis, Beau Garrett, Julian McMahon, Kerry Washington

Recensione a cura di flopinda

Che l'essere umano abbia sempre avuto bisogno di eroi da ammirare, è indiscusso: nella vita reale, l'uomo si trovava a dover rinunciare, per ovvie e tristi ragioni, all'idea romantica di prode cavaliere che si erge a paladino della giustizia, proteggendo gli indifesi, rifugiandosi nella fervida immaginazione di validi disegnatori che da decenni regalano alle vecchie e nuove generazioni eroi dalle tante sfaccettature e dal volto umano in cui la forza risiede non tanto negli strabilianti poteri, giustificati da improbabili spiegazioni scientifiche, quanto nella correttezza morale che contraddistingue il loro carattere; cosi il mondo dei fumetti, con i suoi personaggi capaci di imprese ai confini delle leggi della fisica, è diventato fonte d'ispirazione anche per i produttori hollywoodiani. Ma se un tempo imperversavano in solitaria sul grande schermo i soli Superman e Batman, super eroi presi in prestito dalla casa editrice DC Comics, ora, grazie soprattutto alle avanzate tecnologie utilizzate per gli effetti speciali, anche i protagonisti della Marvel hanno avuto la possibilità di vedere trasposte sul grande schermo le proprie gesta.

C'è da dire infatti che la Casa delle Idee di Stan Lee, originario creatore di molti super eroi amati dal pubblico, non si è risparmiata proprio niente e ha proposto pressochè tutti i suoi eroi in versione cinematografica, dai più famosi Spiderman, Hulk ed X-Men, ai meno noti Daredavil, Electra, Blade e Ghost Rider.
Ultimo arrivo è la seconda pellicola dedicata ai Fantastici 4 uscita nelle sale in questi giorni; ad accompagnare le imprese di Mr. Fantastic e co. questa volta c'è un degno rivale, il sinuoso Silver Surfer, creato in digitale sulla base dei movimenti dell'attore Doug Jones e doppiato in originale dal Morpheus di "Matrix" (Laurence Fishburne).
In questo secondo capitolo della saga, i quattro protagonisti sono consapevoli del loro ruolo e dell'utilizzo dei loro poteri ma, a differenza di tutti gli altri super eroi, non avendo un'identica segreta, si trovano alle prese anche con tutto lo show business che circonda le loro figure: cosi il matrimonio di Reed (Ioan Gruffudd) e Sue (Jessica Alba) diventa motivo del più sfrenato gossip e la tuta dell'irresistibile Johnny, la Torcia umana, è ricoperta da tanti sponsor da far concorrenza a quelle dei piloti di Formula 1. Sembra che solo Ben, alias La Cosa, sia in pace con se stesso dopo aver trovato l'amore in una ragazza cieca.
Ma oltre all'inevitabile stress che comporta l'essere personaggi pubblici, arriva a turbare i pensieri del quartetto anche uno strano personaggio argenteo che prepara l'avvento del suo padrone, Galactus, mostro intergalattico divora-mondi. Per salvare il pianeta, più che la capacità elastica del dottor Richards servirà la sua intelligenza, alla quale si affiancherà in apparente aiuto, per richiesta dell'esercito, anche il genio malvagio del Dottor Destino (Julian McMahon), antagonista già nel primo film.

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Recensione ESSI VIVONO

Recensione essi vivono




Regia di John Carpenter con Jason Robards III, Peter Jason, Meg Foster, Roddy Piper, Keith David, Raymond St. Jacques

Recensione a cura di kowalsky (voto: 9,0)

"Crediamo di essere ricchi e invece siamo precipitati nella disperazione e nella miseria" (cit.)

Los Angeles, una giornata come tante. Un giovane, John Nada (l'ex campione di Wrestling Roddy Piper nella sua interpretazione migliore) piomba nella Metropoli con le stesse aspettative e speranze del Jon Voight di "Midnight cowboy" di Schlesinger.
Ma vent'anni non sono passati invano, e il mondo sembra ripiegarsi nella propria inesorabile passività.
La città è come un'immenso "pianeta" di volti, sguardi, "entità", etnie, dove sovrasta l'esposizione multimediale del codice paratelevisivo, la quotidiana ripetitività dei media, un bazar che sollecita spettatori e società a prendere parte al grande gioco del Capitalismo: le fonti di ricchezza, l'ostentazione del corpo come forma di potere, la ricerca infinita (la chirurgia plastica in primis) della bellezza, dell'abbienza, dell'abbondanza.
Una società "fascista" che, apparentemente, non ci svela nulla di inconsueto o di inquietante, nella quale ci ritroviamo ogni volta che crediamo di essere spettatori passivi dei codici del marketing.
John è un giovane manovale che cerca lavoro nel fragore fatalista di una città da sempre contraddittoria, stereotipata ma molto invidiata dagli stranieri.
Trova quindi un'incarico presso una ditta di costruzioni e lì conosce Frank, un afroamericano che lo porta in una comunità di homeless dove può sfamarsi e trovare un tetto per dormire.
Tra i fuochi dei bivacchi un'intera generazione di emarginata guarda la televisione e sembra favorevolmente impressionata da un'anziano simile a un predicatore, un'improbabile sacerdote, che sembra illuminare la gente sulla via della coscienza: è la stessa Coscienza che costringe l'America a dividere nettamente e a discriminare i poveri dai ricchi?
L'anziano avverte "il popolo" di un rischio imminente, parole che John inizialmente non capisce e che trova deliranti: "Chiudono un sacco di fabbriche e noi li vediamo scorazzare con le loro limousine di merda".
Allora il giovane, incuriosito, segue degli uomini che entrano all'interno di un'edificio e scopre che è lo stesso gruppo che sta mettendo a repentaglio le emittenti nazionali attraverso una tv pirata clandestina.
Poco dopo, la polizia fa irruzione nel campo e distrugge tutti i baraccati, picchiando a sangue molte persone con una sommossa violenta e ingiustificata.
Il mattino seguente John, che è riuscito a sfuggire all'orda di violenza, ritorna nell'edificio dove trova una scatola contenente dei semplici occhiali da sole, dei ray-ban (un'altro prototipo della società capitalista, nei codici e nell'uso quotidiano di massa che ne fanno tante persone), e quando ne indossa un paio fa una sconvolgente scoperta. John attraversa un mondo che è quello di sempre, ma non è più "lo stesso di prima": un mondo di messaggi codificati di pubblicità, una sorta di Bibbia del Capitalismo guidata da una serie di Presenze Aliene (ai posteri il compìto di indicare quanto metaforiche o reali) che pretendono di dominare il Mondo che hanno conquistato. John uccide due persone per difendersi, e viene inseguito dalla polizia: costretto a prendere in ostaggio una giovane donna, viene successivamente tradito da lei e riesce miracolosamente a scampare alla morte. E' l'inizio di una serie di vicissitudini che portano John a dividersi tra il bisogno di salvarsi la pelle e quello di comunicare, insieme a pochi eletti, la sua scoperta, mettendo in guardia i cittadini da quello che stanno vivendo: un rocambolesco rituale di spersonalizzazione Planetario in mano a entità sconosciute e diverse.

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mercoledì 20 giugno 2007

Recensione OCEAN'S 13

Recensione ocean's 13




Regia di Steven Soderbergh con George Clooney, Brad Pitt, Matt Damon, Ellen Barkin, Bernie Mac, Don Cheadle, Andy Garcia, Casey Affleck, Scott Caan, Elliott Gould, Carl Reiner

Recensione a cura di flopinda

Una volta c'erano i bei film, quelli che ti rimanevo impressi e che rimpiangevi quando ne guardavi altri scadenti; una volta si ricordavano interpretazioni magistrali e battute brillanti di pellicole indimenticabili ed uniche... Oggi i bei film ci sono sempre e le performance degli attori sono altrettanto brillanti ma, a differenza del passato, per vedere i nostri personaggi preferiti non c'è più bisogno di andare al cinema a rivedere lo stesso film o noleggiare il dvd centinaia di volta per rivedere le magnifiche gesta dei nostri eroi; basta aspettare un paio d'anni, se non meno, per vedere riapparire sul grande schermo gli interpreti del caso rivestire i panni dei nostri personaggi preferiti alle prese con nuove sorprendenti avventure.

Una volta c'erano i bei film, quelli che ti rimanevo impressi e che rimpiangevi quando ne guardavi altri scadenti; una volta si ricordavano interpretazioni magistrali e battute brillanti di pellicole indimenticabili ed uniche... Oggi i bei film ci sono sempre e le performance degli attori sono altrettanto brillanti ma, a differenza del passato, per vedere i nostri personaggi preferiti non c'è più bisogno di andare al cinema a rivedere lo stesso film o noleggiare il dvd centinaia di volta per rivedere le magnifiche gesta dei nostri eroi; basta aspettare un paio d'anni, se non meno, per vedere riapparire sul grande schermo gli interpreti del caso rivestire i panni dei nostri personaggi preferiti alle prese con nuove sorprendenti avventure.

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Recensione FRATELLO, DOVE SEI?

Recensione fratello, dove sei?




Regia di Joel Coen con George Clooney, John Turturro, Tim Blake Nelson, John Goodman, Holly Hunter, Michael Badalucco, Del Pentecost

Recensione a cura di thohà (voto: 8,0)

I fratelli Joel ed Ethan Coen, dopo aver prodotto il capolavoro "Il grande Lebowski", si impegnano con un nuovo film, questa volta on the road, che ci regala un prodotto di ottima qualità ed inventiva.
"O Brother, Where Art Thou" pare che sia una frase carpita ad uno dei tanti scritti di Shakespeare, ma i fratelli negano, dicendo di non saperne niente e di non aver neanche mai letto l'Odissea (in contraddizione con l'esplicita dichiarazione che compare nei titoli di testa), poema dal quale, invece, sembrerebbero aver tratto più volte ispirazione per le avventure dei tre disgraziati protagonisti, dichiarando, al contrario, di aver tratto più idee da una vecchia commedia mai messa in opera.

Siamo negli anni trenta, gli anni del proibizionismo, della depressione, del "Ku Klux Klan", degli straccioni, della corruzione e della violenza; in una prigione del profondo sud, un galeotto costretto ai lavori forzati per crimini di poco conto riesce a fuggire insieme ad altri due condannati.
Il nostro protagonista che, guarda caso, si chiama Everett Ulysses McGill, (un istrionico George Clooney) con tanto di baffetti, capelli impomatati (esclusivamente con brillantina Dapper Dan), parlantina colta e forbita, se la dà a gambe insieme ad un allampanato e timido Delma (Tim Blake Nelson) e al confuso Pete (John Turturro).
Ancora con le catene che li uniscono ai piedi e alle mani, i tre fuggono di gran carriera in mezzo ad un campo coltivato con le loro uniformi a strisce, lasciandosi alle spalle una lunga fila di condannati destinati a spaccare pietre sotto l'occhio vigile di guardie armate. Attraverso lo Stato del Mississippi andranno alla ricerca di un tesoro che Ulysses dichiara di aver nascosto tempo prima. In realtà costui mira a raggiungere la moglie Penny (Penelope) e le sue figlie.
Ciò che attende i nostri eroi sarà un viaggio irto di difficoltà e di incontri surreali. Per cominciare troveranno un passaggio su un carrello ferroviario manovrato da un uomo di colore cieco che elargisce loro delle profezie (un oracolo o l'indovino Tiresia?) dicendo che troveranno fortuna e che, tra le altre cose, le loro avventure termineranno solo dopo che avranno visto una mucca sul tetto di una casa.
Hanno solo quattro giorni di tempo per raggiungere il bottino, che consisterebbe in un milione e duecentomila dollari, che Ulysses dividerebbe con i suoi compagni di fuga.
Delle voci femminili che cantano attrarranno la loro attenzione. Sono fanciulle che lavano panni nel fiume, discinte ed incantatrici che li ammalieranno fino a far perdere loro conoscenza e coscienza. Magistrale l'inquadratura dei tre eroi ripesi distesi a triangolo, partendo dalle scarpe fino a raggiungere i loro visi addormentati e stravolti.
Pete non c'è più. Rimangono solo i suoi abiti. Lo spavento ed il dolore di Delma lascia allocchito anche lo spettatore. "E' rimasto solo il cuore". Infatti, nei panni vuoti e composti come se dentro vi fosse un uomo, all'altezza del petto qualcosa si agita. E' una rana che il povero Delma accudirà con devozione (in questo caso, a differenza dell'Odissea, gli uomini non si trasformano in maiali, ma in rane).
Il prossimo quadro mostrerà l'incontro con un robusto venditore di Bibbie senza scrupoli, nerboruto e con un solo occhio (il Ciclope Polifemo) che, non solo li deruberà, ma darà loro una lezione di vita con una bastonata da tramortire un elefante. Magnifica a questo proposito l'espressione di Ulysses che guarderà completamente indifferente il compagno abbattuto continuando a mangiare e ad ascoltare le affabulazioni del malvagio predicatore fino ad essere colpito a sua volta.

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lunedì 18 giugno 2007

Recensione I DIECI COMANDAMENTI

Recensione i dieci comandamenti




Regia di Cecil B. DeMille con Charlton Heston, Yul Brynner, Anne Baxter, Edward G. Robinson

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 9,0)

Molto è stato scritto e tanto si è dibattuto su questo film, ma solo recentemente, a distanza di tempo, si possono analizzare con obiettività e credibilità i suoi aspetti più complessi e profondi: quegli intrecci tra significato dei temi e linguaggio filmico che solo una serena critica vede e svela.

Nel '56 il film "I dieci comandamenti" è stato oggetto da parte della stampa di molte attenzioni; molti elaborati sono stati pubblicati con una forma che risentiva degli intricati interessi in gioco, per la maggior parte fuorvianti rispetto alla necessità etica di dare un giudizio obiettivo.
Gli autori si sono messi in un'ottica di scrittura esageratamente legata alla promozione dell'opera; gli scritti erano in relazione con un piano propagandistico che riguardava come al solito un preciso e cinico calcolo commerciale.
A volte si sono pubblicati scritti ricchi di un certo pathos mistico, molto coinvolgenti, che davano l'illusione di una critica onesta, ma essi hanno finito per porre l'accento sugli aspetti più mitici-religiosi del film trascurando quel bisogno culturale di verità che scaturisce da una necessità critica, laica, e che ogni film richiede per un rispetto della storia del cinema e della sua tradizione artistica. Hanno prevalso gli scritti propagandistici-puri, come sempre pressanti e finalizzati a raggiungere capillarmente ogni famiglia del mondo industriale.
L'operazione commerciale su questo film è andata via via evolvendosi in modo esponenziale, quasi selvaggio, divenendo a un certo punto incontrollabile: essa si è combinata, non del tutto felicemente, con assillanti interessi esterni al film.
Confluivano, nella politica di distribuzione affidata ai media, potenti entità istituzionali di diversa estrazione. Si affiancavano, al lavoro dei produttori del film, volontà politiche-teologiche di diversi paesi e chiese, al fine illusorio di rafforzare e ravvivare la credenza religiosa monoteista (non dimentichiamo che il film ha toccato più di un miliardo di persone).
Poco è stato scritto di questo film con uno spirito distaccato, serenamente critico, tale da far risaltare il vero senso storico, artistico che racchiude l'opera. Pochi osavano dire qualcosa sui più comuni difetti del film, o sugli aspetti più legati all'immaginario profondo che una pellicola come questa evoca; vaste critiche e di un certo livello analitico sono emerse solo a distanza di anni, e precisamente quando si è potuto paragonare lo stile di questa pellicola ai cambiamenti avvenuti nel mondo dell'arte cinematografica dal '56 ad oggi.
Si cercherà pertanto di confrontarsi con i giudizi critici scaturiti più recentemente, perché appunto questi ultimi sono indubbiamente molto più interessanti rispetto a ciò che la critica del film mitologico ha espresso nel '56.

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venerdì 15 giugno 2007

Recensione BOMBON - EL PERRO

Recensione bombon - el perro




Regia di Carlos Sorin con Juan Villegas, Walter Donado, Gregorio, Rosa Valsecchi, Mariela Díaz, Sabino Morales, Claudina Fazzini

Recensione a cura di peucezia

Uscito in Argentina nel 2004 e da noi solo due anni dopo, "Bombòn el perro", regia di Carlos Sorìn, già noto in Italia con "Piccole storie", regala una pellicola minimalista e animalista a metà tra il neorealismo riveduto e corretto del XXI secolo e le storie buoniste.

Il protagonista principale è un attore dilettante, faccia scolpita nella roccia ma di uomo bonario, forse analfabeta, come si intuisce da un paio di situazioni. La sua è una storia dei tempi nostri, comune purtroppo a qualsiasi latitudine: quella di un fresco disoccupato, vittima della recessione, troppo vecchio per una nuova occupazione e troppo giovane per una pensione. La sua strada, lungo una Patagonia desolata specchio di un'Argentina post crisi, che si lecca le ferite ma affila i denti, è il cammino di una nazione immiserita ed orgogliosa che comunque spera e vuole andare avanti.

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martedì 12 giugno 2007

Recensione IL MONDO DEI ROBOT

Recensione il mondo dei robot




Regia di Michael Crichton con Yul Brynner, Richard Benjamin, James Brolin, Victoria Shaw

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,0)

"Qui nulla ci può fermare. Goditelo e basta!" (cit.).

Quando lo scrittore Micheal Crichton, già autore di "Andromeda" e di tanti celebrati best-sellers di fantascienza e non, decise di debuttare alla regia, inaugurando una filmografia scarna ma interessante ("Coma profondo" e "Looker" tra gli altri), il cinema americano aveva già ampiamente rivalutato il potenziale della fantascienza, riaggiornandola nel tempo almeno a partire dal capolavoro di Kubrick, "2001: Odissea nello spazio" che riesce mirabilmente a fondere la fantascienza classica a una visione filosofica etica e teologica sulle origini dell'Uomo e sul rapporto con le Macchine.
Svaniti i tempi degli Ultracorpi di Siegel, dei Pianeti Perduti, o anche solo dei ragni giganteschi dei robusti b-movies di Jack Arnold (metaforicamente assunti a icone sui pericoli della Guerra Fredda), gli anni sessanta furono caratterizzati da due fenomenologie diversificate: da una parte l'inarrivabile Eldorado del mondo degli hippies alla ricerca utopica del "pianeta perfetto lontano dalle guerre e dall'odio dell'Umanità", dall'altra la consapevolezza del potere della macchina, nel mondo industrializzato, e delle grandi scoperte scientifiche.
Probabilmente uno dei primi cineasti ad operare un deciso cambiamento di rotta fu John Frankenheimer, forse uno dei primi registi per cui si coniò spesso il termine "fantapolitica" soprattutto riguardo alcuni dei più inquietanti pamphlet sul tema del Potere e della coercizione psichica, come il capolavoro "Va' e uccidi". Ma è soprattutto con l'ambizioso "Operazione diabolica" (1966) che il regista realizza il suo film più innovativo, la storia di un delicato intervento chirurgico, il quale a sua volta è complementare al notevole "Viaggio allucinante" (1966) di Fleisher, spettacolare rievocazione di un viaggio "lillipuziano" all'interno di un vero corpo umano. Non a caso, lo stesso Kubrick passò con estrema disinvoltura dal cinema fantapolitico ("Il Dottor Stranamore") al cinema "di fantascienza" (le virgole sono d'obbligo) nel Manifesto assoluto di "2001: Odissea nello spazio".
Dopo aver esplorato, con feroce humour e dissacrazione, le frontiere assolutiste e guerrafondaie dell'animo umano, Kubrick arrivò a trasferire la stessa dimensione "nichilista e distruttiva" nella Macchina che si ritorce contro l'Uomo, il suo Creatore (Hal 9000). Questo processo, a dire il vero assai coerente, dimostra quanto la rivalutazione teologica e scientifica della Macchina e dei suoi pericoli sia perfettamente legittima e conseguente al Processo stesso sulla Coercizione Umana e sulla sua smania di Potere.

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venerdì 8 giugno 2007

Recensione BREAKFAST ON PLUTO

Recensione breakfast on pluto




Regia di Neil Jordan con Cillian Murphy, Liam Neeson, Stephen Rea, Ruth Negga, Laurence Kinlan, Gavin Friday

Recensione a cura di martina74 (voto: 9,0)

Capitoli di una recensione della vita filmica di Patrick "Gattina" Braden.

1. Una vita di carta e di pellicola

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Recensione SEDOTTA E ABBANDONATA

Recensione sedotta e abbandonata




Regia di Pietro Germi con Aldo Puglisi, Lando Buzzanca, Saro Urzì, Stefania Sandrelli

Recensione a cura di peucezia

Dopo aver guardato con occhio spietato alle miserie dell'Italia degli anni Cinquanta e al mondo dei travet ("Il ferroviere" ne è un bellissimo esempio), Pietro Germi, attore ma soprattutto regista a 360°, sceglie di dedicarsi alla commedia all'inizio degli anni Sessanta. Decide quindi di rimanere al di là della macchina da presa e di scendere al Sud ed in particolare in Sicilia, terra ancora retriva e poco propensa a vivere in pieno le meraviglie del "miracolo economico" che attraversava la penisola.
Il primo prodotto di questa "calata" meridionale è "Divorzio all'italiana", anno di uscita 1963; il tema affrontato è quello dell'onore e dell'adulterio; indispensabile da parte maschile, da lavare col sangue se la fedifraga è la consorte. Protagonista maschile è in grande Marcello Mastroianni, che riesce abilmente a togliersi il cliché da seduttore latino che lo contradistingueva per diventare un laido barone di provincia; protagonista femminile è invece una giovanissima Stefania Sandrelli.

La Sandrelli ritorna come protagonista nel secondo capitolo del Germi siculo, "Sedotta e abbandonata", uscito sugli schermi nel 1964. Anche in questa pellicola il tema è quello usato ed abusato dell'onore e della rispettabilità: una adolescente silenziosa e sottomessa subisce un abuso sessuale da parte del fidanzato della sorella ed immediatamente in famiglia l'obiettivo principale diventa quello di evitare lo scandalo e le chiacchiere e di ricorrere a una giusta riparazione.

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giovedì 7 giugno 2007

Recensione LE ONDE DEL DESTINO

Recensione le onde del destino




Regia di Lars Von Trier con Stellan Skarsgard, Katrin Cartlidge, Emily Watson, Udo Kier, Adrian Rawlins, Jean-Marc Barr

Recensione a cura di mkmonti

Sette capitoli più un prologo e un epilogo, ognuno introdotto da immagini naif e musiche anni '70, segnano l'esistenza di Bess (un'intensissima Emily Watson) nel suo viaggio dall'Inferno verso la redenzione, passando per il sacrificio estremo.

Cinque anni di lavoro e 42 milioni di corone: così nasce il quarto lungometraggio del danese Lars Von Trier, regista dal talento straordinario, la cui comprensione non può che passare dal manifesto fondato nel 1995 ed intitolato "Dogma 95", sebbene il film segua direttrici formali più libere.
"Dogma 95", nato da un collettivo di registi per salvare il cinema dalle derive contemporanee, influenza comunque la pellicola che difatti sarà realizzata e presentata a Cannes (Premio speciale della giuria,anche se dai più è ritenuto il vincitore morale del Festival) soltanto l'anno successivo, nel 1996.

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martedì 5 giugno 2007

Recensione PIRATI DEI CARAIBI: AI CONFINI DEL MONDO

Recensione pirati dei caraibi: ai confini del mondo




Regia di Gore Verbinski con Johnny Depp, Orlando Bloom, Keira Knightley, Geoffrey Rush, Jonathan Pryce, Bill Nighy, Chow Yun-Fat, Martin Klebba

Recensione a cura di Harpo (voto: 5,0)

Dopo otto mesi dall'uscita del capitolo "La maledizione del forziere fantasma", ecco approdare in Italia il terzo episodio della trilogia "Pirati dei Caraibi". "Ai confini del mondo", assieme alla pellicola precedente, è indubbiamente una delle più mastodontiche produzioni della storia del cinema mondiale. I due film, girati assieme, sono costati qualcosa come mezzo miliardo di dollari; il solo secondo capitolo ha incassato complessivamente più di un miliardo di euro, diventando così il terzo film con il maggior incasso della storia del cinema (dietro a "Titanic" di James Cameron e a "Il ritorno del re" di Peter Jackson). Il terzo capitolo, dal canto suo, non gli è da meno: il budget, di circa 220 milioni di dollari, è stratosferico e i primi incassi sono davvero impressionanti: negli Stati Uniti, dopo il primo week-end di programmazione, ha già incassato oltre cento milioni di dollari. Anche in Italia "Ai confini del mondo", è stato un autentico successo: quasi sette milioni di euro guadagnati al botteghino nei primi giorni di programmazione. Gli sforzi economici di Jerry Bruckheimer sono stati quindi pienamente ripagati.

Come già ricordato, questi due capitoli della saga de "Pirati dei Caraibi" sono stati girati "in blocco". Per intenderci, quello che già avvenne qualche anno fa con la trilogia de "Il Signore degli Anelli". Inutile dunque ricordare che sia il cast tecnico che quello artistico rimangono quasi identici a quelli del trascorso episodio. Ecco così tornare davanti agli occhi il nome dell'ottimo Wolski, autore di una quantomai riuscita fotografia. Le tinte scure, già viste nel secondo episodio, diventano qui una costante; il lavoro di Dariusz è assolutamente impeccabile ed egli può uscire a testa alta da questa doppia prova. Ma del resto, Wolsky aveva già collaborato a film che richiedessero una fotografia scura: oltre a "Il corvo" (di Alex Proyas) egli ha anche dato il suo apporto a lavori quali "Il delitto perfetto" (di Andrew Davis) e "Dark city" (sempre di Proyas). E' dunque da segnalare che l'ottima fotografia, in comunione con la straordinaria efficacia degli effetti speciali, conferiscono a "Ai confini del mondo" una potenza visiva davvero gagliarda. Ancor più che nel precedente capitolo, alcune sequenze (v. grande scontro finale), sono davvero uno spettacolo impressionante e, viste su grande schermo, non possono lasciare indifferenti. Inutile quindi ricordare che spettacoli come questi, vanno assolutamente visti al cinema, se si vogliono valorizzare appieno.
Anche perché rimangono forse gli unici spunti di interesse di una trilogia che ormai sembra abbia davvero poco da dire.

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