venerdì 28 settembre 2007

Recensione IL SILENZIO PRIMA DI BACH

Recensione il silenzio prima di bach




Regia di Pere Portabella con Alex Brendemühl, Christian Atanasiu, Féodor Atkine, George-Christoph Biller, Christian Brembeck, Georgina Cardona, Lina Lambert, Daniel Ligorio

Recensione a cura di Harpo

Realizzare un film su Johann Sebastian Bach non è una cosa per niente semplice, nonostante la vita e la musica del compositore tedesco trabocchino di eventi straordinari e di composizioni di inarrivabile bellezza.
Riuscire a girare una pellicola che riesca a far comprendere la musica del più grande genio musicale barocco è un'impresa di una difficoltà tale che qualsiasi regista ci penserebbe due volte a ciò che vuole fare, prima di lanciarsi in un'iniziativa simile.

Prima di "Die stille vor Bach", soltanto il duo Straub-Huillet si buttò su un simile progetto dirigendo, nel 1967, "Cronaca di Anna Magdalena Bach". Nonostante questo film goda ancora di un'ottima fama tra critici e affini, noi ci sentiamo di dire che i quarant'anni che ha sulle spalle la pellicola in questione si sentano davvero tutti.
L'immagine che il film di Straub e Huillet ci disegna è ormai superata e uno degli unici punti ancora a favore di questa produzione rimangono le registrazioni del grande interprete bachiano Gustav Leonhardt.

[...]

Leggi la recensione completa del film IL SILENZIO PRIMA DI BACH su filmscoop.it

Recensione POSSESSION

Recensione possession




Regia di Andrzej Zulawski con Isabelle Adjani, Sam Neill, Heinz Bennent, Margit Carstensen, Michael Hogben, Shaun Lawton

Recensione a cura di paul (voto: 9,0)

Semplicemente uno dei film più allucinanti e disturbanti di ogni tempo. Il cinema di Andrzej Zulawski è considerato una sorta di tumore informe all'interno della cinematografia mondiale, e "Possession" ne è la pellicola più emblematica, in cui Isabelle Adjani (premiata a Cannes) mette i brividi e firma la sua interpretazione più convincente.
Si è scritto tanto su Possession, film maledetto (ancora oggi non è chiara la sua durata effettiva), venerato da David Lynch, il quale alla consegna del Leone d'oro alla carriera a Venezia nel 2006 lo definì la pellicola più completa degli ultimi trent'anni: horror metafisico, boutade onirico-visiva, opera provocante e malata.

In realtà il film più celebre e celebrato di Zulawski altro non è che una storia sul fallimento del rapporto di coppia. Certo, i motivi di ermetismo, se non di vero e proprio depistaggio, sono molti e disseminati non sempre con coerenza (o forse proprio per via dei numerosi tagli, mai director's cut, che la pellicola ha dovuto subire) durante tutta la durata della pellicola. Solo altri film maledetti come "Salò o le 120 giornate di Sodoma" e "Cannibal Holocaust" hanno subito sequestri ed incomprensioni da parte della critica al pari di "Possession".

[...]

Leggi la recensione completa del film POSSESSION su filmscoop.it

giovedì 27 settembre 2007

Recensione UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO

Recensione un tram che si chiama desiderio




Regia di Elia Kazan con Vivien Leigh, Marlon Brando, Kim Hunter, Karl Malden

Recensione a cura di Marlon Brando (voto: 9,0)

Blanche Dubois, vedova di un marito suicida, va ad abitare in casa di sua sorella Stella a New Orleans dopo la perdita della preziosa casa di famiglia a Belle Rève a causa di ristrettezze economiche. Qui conosce Mitch, un amico di famiglia, che diventerà il suo corteggiatore e soprattutto il brutale Stanley Kowalski, il marito di Stella, con cui inizia un rapporto difficoltoso e violento che, dopo che il cognato scoprirà il suo losco passato da prostituta, si concluderà con lo stupro di Blanche da parte di Stanley ubriaco durante la notte in cui Stella darà alla luce suo figlio. Blanche scivola nella follia e viene condotta al manicomio, mentre Stella, sospettando dello stupro da parte di Stanley, lo abbandona definitivamente.

Il film, seppur epurato dai particolari più spinti come l'omosessualità del giovane marito di Blanche o da volgarità più o meno esplicite di natura sessuale, è fedelissimo all'opera teatrale di Tennesse Williams da cui è tratta tranne che nel finale del testo originale, in cui si lasciava presagire a una ricongiunzione tra marito e moglie. Il compositore Alex North riesce a riprodurre splendidamente i suoni e le musiche blues descritte in ogni scena da Williams e Kazan riesce mirabilmente a ricreare l'atmosfera claustrofobica del dramma dandogli allo stesso tempo anche quel "respiro sociale" che gli è solito e che nell'opera di Williams è meno accennato. Kazan in parte semplicemente traspone e in parte reinterpreta il testo teatrale con grande equilibrio e rispettandone il suo contenuto.
La pellicola va inoltre ricordata come vera e propria testimonianza della validità dell'insegnamento dell'Actor's Studio e del metodo Stanislavskij grazie alle indimenticabili interpretazioni di Vivien Leigh, Marlon Brando, Kim Hunter e Karl Malden.

[...]

Leggi la recensione completa del film UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO su filmscoop.it

mercoledì 26 settembre 2007

Recensione ESPIAZIONE

Recensione espiazione




Regia di Joe Wright con Keira Knightley, James McAvoy, Romola Garai, Saoirse Ronan, Brenda Blethyn, Vanessa Redgrave, Juno Temple, Gina McKee, Michelle Duncan, Vivienne Gibbs

Recensione a cura di kowalsky (voto: 6,5)

In una caldissima estate Inglese del 1935, nella tenuta estiva di famiglia, la giovanissima Briony Tallis vive i suoi tredici anni con la fervida immaginazione che è data dal suo precoce talento letterario: un'aspirante scrittrice in erba, innamorata della letteratura e delle storie romantiche.
Un giorno dalla sua finestra assiste alla seduzione tra la sorella Cecilia e l'amante segreto Robbie Turner (James McAvoy), figlio della governante, e fraintende la loro relazione. La stessa notte, testimone involontaria di un tentativo di violenza, accusa l'uomo di essere il colpevole dello stupro. La deposizione della ragazzina comporta l'arresto dell'uomo e la separazione tra le due sorelle, fino all'avvento della guerra. Uscito dal carcere come volontario al Fronte, Turner vivrà nel ricordo della donna che ha amato, mentre Briony, ormai maggiorenne, diventa crocerossina,cercando invano di recuperare il rapporto perduto con la sorella. Diventerà una scrittrice affermata ma vivrà l'intera esistenza con un tremendo rimorso.
Alla fine della sua vita, vecchia e malata, Briony scriverà un nuovo libro che racconterà lo sviluppo narrativo della sua vicenda personale, imprimendo alla storia un percorso estraneo alla verità:al fine di riabilitarsi e rendere realista un sogno d'amore che non ha avuto, per colpa sua, alcuna realizzazione.

"Espiazione" è un film ossessionato dalla possibilità di rendere cinematografico l'Immaginario Letterario.
Joe Wright - regista di "Orgoglio e pregiudizio" (dal classico di Jane Austen) - è profondamente convinto che il Grande Schermo abbia il potere di enfatizzare in immagini tutto ciò che il testo originario riportava nelle parole.
Ma la forza delle parole è anche il perno su cui si fonda il capolavoro letterario di Ian McEwan, e il fatto che la scelta cada su un romanzo tanto imponente e inimitabile è del tutto relativo.
Il tema dominante proprio del classico di McEwan è soprattutto la dimensione "dolorosa e interiore" della Scrittura , la forza delle parole che diventano strumento di avversione o attrazione, monopolio del diverso modo di vedere e con-cepire le cose che girano attorno a noi.

[...]

Leggi la recensione completa del film ESPIAZIONE su filmscoop.it

Recensione UNA PREGHIERA PER MORIRE

Recensione una preghiera per morire




Regia di Mike Hodges con Mickey Rourke, Bob Hoskins, Alan Bates, Sammi Davis

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 8,0)

"Una volta ho letto una scritta a Londonderry. Diceva: C'è una vita prima della morte?".

Nell'Irlanda del Nord, alcuni guerriglieri dell'IRA posizionano dell'esplosivo in una strada di campagna su cui stanno transitando due camionette militari inglesi. È questione di pochi istanti. Uno scuolabus sopraggiunge alle spalle dei veicoli militari, che stanno procedendo con estrema lentezza. Una segnalazione con i fari ed ecco che le due camionette si accostano sulla sinistra lasciandosi sorpassare dal pulmino, pieno di bambini. Sotto lo sguardo atterrito di Martin Fallon, uno dei militanti che hanno preparato l'attentato, lo scuolabus esplode.
In seguito a questa esperienza Martin Fallon (Mickey Rourke) abbandona l'IRA e fugge a Londra alla ricerca di documenti falsi, che gli consentano di lasciare la Gran Bretagna alla volta degli Stati Uniti. Braccato tanto dalla Sezione Speciale della Polizia Britannica, quanto dai suoi ex compagni della guerriglia armata, Fallon si vede costretto ad accettare un incarico da parte del malavitoso Jack Meehan (Alan Bates) che gli commissiona l'esecuzione di un boss rivale, di nome Krasko. All'omicidio assiste il prete Michael Da Costa (Bob Hoskins). Fallon, di formazione cattolica, non ha il coraggio di uccidere il testimone, così si reca alla sua chiesa e si confessa, obbligando il sacerdote al silenzio impostogli dal segreto confessionale. Questa scelta non soddisfa affatto Meehan, che gradirebbe una soluzione più radicale del problema.

[...]

Leggi la recensione completa del film UNA PREGHIERA PER MORIRE su filmscoop.it

martedì 25 settembre 2007

Recensione IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI

Recensione il silenzio degli innocenti




Regia di Jonathan Demme con Jodie Foster, Anthony Hopkins, Scott Glenn, Kasi Lemmons, Anthony Heald

Recensione a cura di Michele Suozzo (voto: 10,0)

Sedici.
Sono i minuti in cui Anthony Hopkins recita ne "Il Silenzio degli Innocenti". Appena sedici minuti per dar vita ad un'icona del cinema: il Dr. Hannibal Lecter. Eminente psichiatra, luminare, esteta, divoratore di corpi.
Attingendo dal fortunato romanzo di Thomas Harris, Jonathan Demme tratteggia negli occhi di Hopkins una delle figure più agghiaccianti e nello stesso tempo affascinanti della storia del cinema. In realtà, il personaggio di Lecter era già apparso in un precedente film, "Manhunter", anch'esso tratto da un romanzo di Harris ("Red Dragon"). Seppure quest'ultimo fosse una pellicola di discreta fattura, il suo impatto sull'immaginario collettivo non è però minimamente paragonabile a quello de "Il Silenzio degli Innocenti" (basti pensare che quest'ultimo è uno dei pochi film, insieme a "Qualcuno volò sul nido del cuculo" e "Accadde una notte", ad aver vinto i cinque premi oscar più ambiti: miglior film, regia, sceneggiatura non originale, attore e attrice protagonisti); e non solo perchè Brian Cox nei panni di Lecter (che in "Manhunter" è chiamato Lektor) per quanto bravo non regge il confronto con Hopkins, ma anche per la mancanza di quelle atmosfere agghiaccianti, di quella psicologia morbosa che rende "Il Silenzio degli Innocenti" uno dei thriller più avvincenti e inquietanti di sempre.

Seppure Jonathan Demme si fosse già affacciato al thriller (con "Qualcosa di travolgente", 1987), sarà "Il Silenzio degli Innocenti" a renderlo uno dei registi più affermati del momento (tanto che nel 1993 dirigerà un'altra pellicola destinata a rimanere nella storia: "Philadelphia", che ha portato all'Oscar Tom Hanks quale miglior attore protagonista e Bruce Sprengsteen per la migliore canzone).
La figura del perverso Buffalo Bill trae ispirazione dalle macabre vicende di tre dei più feroci serial killer mai esistiti, e sia Jodie Foster che lo stesso Hopkins hanno costruito i loro personaggi grazie al supporto di criminologi ed esperti del settore (basti pensare che Lecter, rifacendosi assassino seriale realmente esistito, non chiude mai le palpebre).

[...]

Leggi la recensione completa del film IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI su filmscoop.it

lunedì 24 settembre 2007

Recensione SAPORI E DISSAPORI

Recensione sapori e dissapori




Regia di Scott Hicks con Catherine Zeta-Jones, Aaron Eckhart, Abigail Breslin, Patricia Clarkson, Bob Balaban

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 6,0)

Ai distributori statunitensi far circolare film europei in America, proprio non piace.
Fra gli esempi più recenti ed eclatanti troviamo il francese "Nikita" (1990) di Luc Besson, che ha avuto come suo pessimo remake statunitense l'inutile "Nome in Codice Nina" ("Point of No Return", 1993) oppure lo spagnolo "Apri gli Occhi" ("Abres los Ojos", 1997) di Alejandro Amenabar che ha visto in "Vanilla Sky" (2001) un suo discreto rifacimento, anche se inferiore all'originale. "Sapori e Dissapori" ("No Reservations") è il remake americano della pellicola "Ricette d'Amore" ("Bella Martha", 2001) scritto e diretto dalla regista tedesca Sandra Nettelbeck ed interpretato da Sergio Castellitto e dalla brava Martina Gedeck, nota in Italia soprattutto per "Le Vite degli Altri" ("Das Leben der Anderen", 2006) e "The Good Shepherd" (2006).

La sceneggiatura americana è stata scritta dalla sconosciuta Carol Fuchs, che in realtà si è limitata ad adattare la sceneggiatura della Nettelbeck, rispettandola scrupolosamente e fedelmente.
La storia è piuttosto semplice. Kate (Catherine Zeta-Jones) è uno chef affermato, che lavoro in un prestigioso ristorante di New York. Tanto è abile e pignola sul lavoro, quanto insicura e timorosa nella vita privata. In seguito alla morte della sorella, Kate dovrà prendersi cura della nipotina Zoe (Abigail Breslin), cercando di farsi accettare da lei e affrontando l'ardua impresa di sostituire la madre della piccola. Per occuparsi di Zoe, che si rivela naturalmente un po' problematica e, soprattutto, inappetente, Kate prende qualche giorno di permesso dal lavoro. Al suo rientro troverà nella cucina del ristorante un nuovo aiuto cuoco, assunto per supplire la sua assenza. Nick (Aaron Eckhart), il nuovo arrivato, è l'esatto opposto di Kate. Solare, vitale ed epicureo, egli ama la cucina, la musica lirica e tutti i piccoli piaceri della vita. Kate percepisce l'uomo come un pericolo sia per la sua carriera, sia per la sua autorità, sia per la sua vita privata. Ma quando l'uomo fa amicizia con Zoe e riesce a restituirle il sorriso e l'appetito, le barriere di Kate cominciano a vacillare.
Come accennato, "Sapori e Dissapori" è la copia fedele della pellicola originale. La storia presente solo piccoli mutamenti come, ad esempio, il fatto che non c'è la ricerca del padre naturale di Zoe e un finale netto, chiaro ed edulcorato, più vicino alla cultura della commedia all'americana che non a quella europea.
Accompagnato da una di quelle, ormai tristemente conosciute, campagne pubblicitarie fuorvianti, che lo presentano come una commedia romantica e sofisticata, il film diretto da Scott Hicks è molto più vicino, per la sua struttura e per le tematiche trattate, al dramma familiare affrontato con toni leggeri e gradevoli.
In "Sapori e Dissapori", infatti, si sorride qualche volta, ma si ride raramente. Ne resterà sicuramente deluso quel tipo di pubblico che cercava una commedia romantica e senza nessuna pretesa, idonea a trascorrere una serata spensierata e piacevole. Resterà tuttavia deluso anche lo spettatore che desidera assistere ad una commedia sofisticata in puro stile Hollywoodiano tipo "Colazione da Tiffany" ("Breakfast at Tiffany's", 1961) o "Il Visone Sulla Pelle" ("That Touch of Mink", 1962). Si è voluto citare quest'ultima pellicola poiché è una delle prime commedie americane in cui troviamo la figura dello psicoterapeuta che, anziché donare un valido aiuto al proprio cliente, trae vantaggio dalla professione di questi.
Sarà soddisfatto, invece, tutto quel pubblico che, non avendo troppa dimestichezza col genere classico della commedia americana sofisticata, troverà in "Sapori e Dissapori" una miscela ben dosata di dramma e di buoni sentimenti, di malinconie e di piaceri, di amarezza e di tenerezza.
Resta comunque, a parere di chi scrive, che questo prodotto non sia altro che un ibrido. L'ennesimo tentativo, parzialmente fallito, di trasformare un film europeo in un film americano. Una pellicola che, quindi, disattende le promesse fatte.

[...]

Leggi la recensione completa del film SAPORI E DISSAPORI su filmscoop.it

Recensione MEAN STREETS

Recensione mean streets




Regia di Martin Scorsese con Robert De Niro, Harvey Keitel, David Proval, Amy Robinson, Richard Romanus, Cesare Danova, Victor Argo, David Carradine, Robert Carradine

Recensione a cura di Marlon Brando (voto: 10,0)

"I peccati non si scontano in chiesa, si scontano per le strade".
A parlare è Charlie (Harvey Keitel), un ragazzo di Little Italy che si sente in conflitto con la meschinità dell'ambiente in cui vive, anche se passa la giornata con gli amici perditempo tra risse e piccole truffe. Lo zio mafioso vorrebbe dagli un posto di responsabilità e lo mette in guardia contro le cattive compagnie, tra cui spicca Johnny Boy (Robert De Niro), un pazzoide ghignante e provocante, saltuariamente occupato in umili lavori ma più spesso disoccupato volontario, vittima di uno strozzino, Michael. Charlie cerca ripetutamente di aiutare l'amico, ma Johnny affronta il proprio aguzzino e ne pagherà le conseguenze con la morte.

Martin Scorsese nel suo terzo lungometraggio esplora i quartieri italo- americani di Manhattan come solo lui sa fare: attingendo dalle esperienze reali della sua vita vissuta nella Grande Mela e dalla tradizione del cinema italiano neorealista. Autobiografico è anche il protagonista Charlie Cappa in cui convergono le ossessioni e le manie del regista newyorkese; ma è un'autobiografia portata all'eccesso, ai limiti estremi. E' un ricordo tra un sogno e un incubo che si mischia alla memoria cinematografica del regista, confondendosi con essa, come dimostrano le citazioni di altri film e uno scavo della propria coscienza in una piccola realtà tradizionalista e razzista predisposta a una divertita violenza rituale-collettiva fatta di piccole e sistematiche risse e crudeltà: una routine che con il tempo viene vista con indifferenza.
Questo universo viene frequentato, ma non del tutto condiviso, da Charlie, "vitellone" disoccupato che ha uno zio mafioso per cui ha una grande venerazione; questa stima e rispetto provengono dal fatto che è un proprio parente e secondo la logica italo- americana di Charlie ogni membro della famiglia è una persona perbene.
C'è una suddivisione precisa di Charlie dell'affetto e dei sentimenti nei confronti degli altri: con ogni persona è necessario comportarsi in un certo modo; Charlie "seziona" i sentimenti e li divide per ognuno, senza rendersi conto dell'impossibilità di tale azione. E' un bisogno di ordine quello del protagonista, una precisa visione degli eventi.

[...]

Leggi la recensione completa del film MEAN STREETS su filmscoop.it

giovedì 20 settembre 2007

Recensione I SIMPSON - IL FILM

Recensione i simpson - il film




Regia di David Silverman con Dan Castellaneta, Julie Kavner, Nancy Cartwright, Yeardley Smith, Hank Azaria, Harry Shearer

Recensione a cura di Harpo (voto: 7,0)

17 dicembre 1989. Questa data è assolutamente fondamentale nella storia de "I Simpson": è infatti il giorno che vede il debutto della gialla famiglia sugli schermi americani. L'episodio è "Un Natale da cani" ed è diretto da David Silverman. A questa storica puntata ne seguiranno altre 399, tante abbastanza da rendere "I Simpson" la serie animata più longeva della televisione (scalzando, per chi non lo sapesse, "I Flinstones").
Per aspettare che Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie arrivino in Italia bisognerà attendere un paio d'anni e, più precisamente, il primo ottobre del 1991: la puntata è "Bart il genio" ("Un Natale da cani" verrà trasmesso la vigilia di Natale dello stesso anno) e l'emittente televisiva è Canale 5 che si impegnerà poi a mandare in onda le puntate successive ogni domenica mattina.

Sono passati diciotto anni da quel 17 dicembre. In queste stagioni, il mondo dell'animazione si è evoluto, è approdato al "3-D", ha soppiantato il disegno a mano ed ha partorito perle che spaziano da "Nightmare before Christmas" a "Shrek". "I Simpson" però, malgrado tutto, sono sempre rimasti uguali: brutti, irriverenti e incredibilmente comici. E, dopo diciotto anni di attività televisiva, la famiglia di Springfield sfonda anche sul grande schermo.

[...]

Leggi la recensione completa del film I SIMPSON - IL FILM su filmscoop.it

Recensione LA VERA STORIA DI JACK LO SQUARTATORE

Recensione la vera storia di jack lo squartatore




Regia di Allen Hughes, Albert Hughes con Johnny Depp, Heather Graham, Ian Holm, Ian Richardson, Robbie Coltrane, Lesley Sharp, Susan Lynch, Terence Harvey, Katrin Cartlidge, Estelle Skornik, Paul Rhys, Jason Flemyng

Recensione a cura di Matteo Sonego

Londra, 1888. Un serial killer, che verrà poi ribattezzato come "Jack lo squartatore", uccide in pochi giorni diverse prostitute provenienti dal malfamato quartiere di Whitechapel. L'assassino è molto abile nonché metodico: attira le prostitute offrendo loro da mangiare e da bere, le sgozza, e infine asporta dai loro cadaveri alcuni organi interni. L'ispettore che si occupa degli omicidi, Fred Abberline (Johnny Depp), segue diversi indizi che lo conducono a pensare che l'omicida sia un uomo colto appartenente ai ceti alti della società londinese, ma l'ottusità dei suoi superiori gli crea non poche difficoltà nelle indagini. Saranno le sue capacità di visionario e l'aiuto della prostituta Mary Kelly (Heather Graham) a condurlo vicino alla soluzione.

Premesso che il titolo originale della pellicola è "From hell", e già qui ci sarebbe da aprire il solito discorso che vede il pubblico italiano chiedersi perché i titoli dei film tradotti debbano sempre sistematicamente essere diversi dagli originali, diciamo subito che questo lavoro targato Albert e Allen Hughes trae spunto dal fumetto scritto e disegnato da A. Moore e E. Campbell.
Rispetto al fumetto, che racconta la storia di "Jack lo squartatore" mostrandocela dal punto di vista del killer stesso, il film sviluppa la sua trama seguendo la prospettiva dell'ispettore Abberline e quello della prostituta Mary Kelly. Non tragga in inganno il fatto che il titolo italiano della pellicola parli di "vera storia" di Jack lo squartatore, visto che in realtà del fantomatico killer inglese nessuno ha mai saputo quasi nulla. La storia va quindi presa con le molle, va ritenuta soltanto un'interessante supposizione su chi avrebbe potuto essere il sanguinario Jack.
Effettivamente l'ipotesi fornita dal film è parecchio suggestiva e, da un certo punto di vista, ben costruita. L'intera trama spinge lo spettatore in un intricato labirinto all'interno del quale s'intrecciano vicende di prostitute e medici, assassini e massoni, aristocratici e plebei; ne guadagna il ritmo del film, sempre costante per tutti i 117 minuti. Il problema della pellicola, quindi, non è di certo la mancanza di argomenti ma, al limite il contrario. L'impressione è che ci sia troppa carne al fuoco e che per questo motivo nessuno dei temi toccati venga in qualche modo approfondito. Nonostante si sfiorino tematiche quali l'ipocrisia sessuale, il satanismo, lo sviluppo delle scienze mediche, la massoneria, nessuno di questi argomenti viene affrontato realmente, ma semplicemente usato per legare i contorti fili di una trama un po' troppo ricca.

[...]

Leggi la recensione completa del film LA VERA STORIA DI JACK LO SQUARTATORE su filmscoop.it

martedì 18 settembre 2007

Recensione L'ULTIMA LEGIONE

Recensione l'ultima legione




Regia di Doug Lefler con Ralf Moeller, Aishwarya Rai, Colin Firth, Ben Kingsley, Thomas Sangster, Peter Mullan, John Hannah, James Cosmo

Recensione a cura di frine

La mancata realizzazione dell'attesissimo kolossal "Aléxandros" -per il quale la De Laurentiis Productions aveva a suo tempo contattato nientemeno che Baz Luhrmann come regista, nonché Leonardo DiCaprio e Nicole Kidman come attori protagonisti- ha costituito una grave delusione per i cinefili appassionati di storia antica e in particolare per gli estimatori di Valerio Massimo Manfredi, autore del fortunatissimo bestseller su cui il film si sarebbe dovuto basare. Oggi, la casa di produzione tenta di farsi perdonare lanciando la trasposizione cinematografica di un altro apprezzato romanzo storico dello scrittore e archeologo modenese, "L'ultima legione" (Mondadori 2002).
Diciamo subito che, rispetto al respiro epico e alla profondità di analisi storico-antiquaria del libro, il film si presenta come un prodotto realizzato in tono minore, per la regia piuttosto anonima di Doug Lefler ("Hercules e il cerchio di fuoco" [1994], "Dragonheart 2: il destino di un cavaliere" [2000]) e con un cast nel complesso poco convincente, incluso il protagonista Colin Firth (Aurelio Ambrosio); perfino il 'mostro sacro' Ben Kingsley (qui nella parte di Meridio Ambrosino) dà l'impressione di non prendersi troppo sul serio, limitandosi a caratterizzare il proprio personaggio con simpatica (e inopinatamente acrobatica) disinvoltura.

La vicenda è ambientata all'epoca della caduta dell'impero romano di Occidente (476 d. C.). A Ravenna, il nobile Oreste ha collocato sul soglio imperiale il proprio protegé (e figlio naturale) Romolo Augusto, appena tredicenne. Ma le orde dei Goti, guidate dal feroce e ambizioso Odoacre, irrompono nella pianura padana e occupano la capitale, dove, nonostante i prodigi di valore del legionario Aurelio Ambrosio, i genitori di Romolo Augusto vengono barbaramente assassinati e il fanciullo fatto prigioniero assieme al proprio precettore, il carismatico e misterioso Meridio Ambrosino.
In attesa di ottenere l'appoggio di Zenone, imperatore d'Oriente, Odoacre fa relegare Romolo Augusto e Meridio Ambrosino nel palazzo di Tiberio a Capri. Ma Aurelio e alcuni suoi compagni d'armi si recano sull'isola per liberare l'imperatore, che nel frattempo è entrato in possesso dell'antica spada di Cesare, denominata "Ensis Caliburnus" e destinata ad avere un ruolo determinante nel finale. La rocambolesca impresa ha successo, grazie anche all'aiuto della bella Mira, una guerriera al servizio di Zenone, il quale nel frattempo ha tradito la causa ratificando le pretese di Odoacre.
Spinta dal proprio innato senso di giustizia, ma anche dall'amore per Aurelio, Mira (che nel film prende il posto della nobile romana Livia Prisca, conosciuta da Aurelio a Ravenna) si aggrega ai fuggiaschi in un avventuroso viaggio che, attraverso le Alpi e la Gallia, si concluderà con lo sbarco sul suolo della Britannia. Qui apprendiamo che proprio la Britannia è la patria di Meridio Ambrosino, la cui vera identità a poco a poco si delinea più chiaramente. Dopo altre peripezie, dovute soprattutto alla presenza degli Angli e dei Sassoni che minacciano la popolazione romano-britannica, ha luogo la battaglia decisiva che vede l'"ultima legione" romana, la legione del drago, impegnata in un sanguinoso combattimento con i barbari invasori, sino allo spettacolare (e per molti sorprendente) finale.

[...]

Leggi la recensione completa del film L'ULTIMA LEGIONE su filmscoop.it

Recensione BARTON FINK

Recensione barton fink




Regia di Joel Coen, Ethan Coen con John Turturro, John Goodman, Judy Davis, Michael Lerner, John Mahoney, Tony Shalhoub, Jon Polito, Steve Buscemi

Recensione a cura di Andre85 (voto: 9,5)

Perplessità... questo è quello che si prova appena finito il film, un senso di incompiutezza, di fatti il quarto film dei Coen - divisi uno alla regia e l'altro alla produzione, ma creatori pari merito dei loro film - ha da sempre diviso la critica: chi ne elogia la perfetta tecnica da una parte, chi ne denuncia la mancata riuscita dall'altra.

La prima parte del film è chiarissima e scorre via a meraviglia, Barton Fink giovane scrittore di teatro della NY anni '40, dopo un clamoroso successo a Brodway viene convinto ad andare a Hollywood per "fare quattrini", un passaggio molto comune per grandi artisti e intellettuali (forse anche per gli stessi Coen), vendendo il proprio talento.
Proprio il talento dei Coen fa si che una storia che in mano a qualsiasi altro regista sarebbe rimasta piatta e lineare si trasformi in un vortice sublime e grottesco.
Il punto X, quello della svolta è da inserire appena Barton si trasferisce e accetta il nuovo incarico, raffigurato con una potente onda che si frantuma su uno scoglio. Il protagonista viene catapultato in un hotel fatiscente in cui dovrà vivere e lavorare.
Immaginiamo che l'hotel Earle sia un limbo, o ancora peggio l'anticamera dell'inferno, in cui a Barton viene dato l'onore di vivere per un certo periodo, alla reception infatti Buscemi entra in scena da una botola... lo sguardo vispo e un po' matto dell'ottimo caratterista riflette l'atmosfera surreale della hall e ricorda uno spiritoso diavoletto, che chiede in maniera insistente a Barton se deve alloggiare per un breve o lungo periodo (limbo o morte), paragone che viene valorizzato anche quando viene inquadrato il blocnotes dell'hotel in cui c'è scritto a day or a lifetime, Barton, che è una persona colta ma sempre sulle nuvole, viene condotto nella sua stanza prendendo un ascensore guidato da un vecchio, più morto che vivo, una sorta di Caronte traghettatore.

[...]

Leggi la recensione completa del film BARTON FINK su filmscoop.it

lunedì 17 settembre 2007

Recensione SUXBAD - 3 MENTI SOPRA IL PELO

Recensione suxbad - 3 menti sopra il pelo




Regia di Greg Mottola con Jonah Hill, Michael Cera, Bill Hader, Seth Rogen, Martha Macisaac, Aviva Farber, Stacy Edwards

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 2,5)

Nel 1978 John Landis con "Animal House" dava voce ad uno scanzonato gruppo di ragazzi ed alla loro folle corsa al divertimento fatta di feste, alcool, ragazze più o meno disponibili e scorrettezze assortite; il film fu un successo tanto da guadagnarsi la delicata posizione di "cult generazionale" ed inaugurare un filone, quello della commedia sexy di stampo adolescenziale, che avrebbe goduto di grande fortuna di lì in avanti, pur se con risultati artistici altalenanti.
Trascorsi oltre un paio di decenni, il filone ritrova nuova linfa vitale e conseguente fortuna grazie alla sguaiatezza di "American pie" che a sua volta farà da apripista ad una serie di indecenti commediacce aventi come pretesto i pruriti sessuali degli adolescenti del caso; pellicole che, lungi dalla geniale e liberatoria goliardia del capostipite "Animal House", tentano di cavalcare l'onda di successo e denaro finchè dura.

E' esattamente nel quadro appena delineato che va collocato "SuXbad - Tre menti sopra il pelo", ennesimo, evitabile segnale del tracollo della vena comica hollywoodiana.
"Superbad" - questo il già insipido titolo originale, stravolto dalla distribuzione italiana per abbindolare teen-ager freschi di Moccia - è la storia di tre adolescenti infantili ed emarginati che vedono nella festa di fine anno scolastico l'irripetibile occasione per perdere la propria verginità. Certi però di non essere in grado di raggiungere l'agognato obiettivo basandosi esclusivamente sulle proprie forze, i tre decidono di procurarsi degli alcoolici per far ubriacare le malcapitate. Dopo diverse ed imprevedibili avventure, i giovani protagonisti guarderanno dentro se stessi scoprendo la propria vera natura.

[...]

Leggi la recensione completa del film SUXBAD - 3 MENTI SOPRA IL PELO su filmscoop.it