venerdì 31 ottobre 2008

Recensione RISORSE UMANE

Recensione risorse umane




Regia di Laurent Cantet con Chantal Barré, Jean-Claude Vallod, Jalil Lespert

Recensione a cura di Mimmot

"Mi hai cresciuto nella vergogna per la tua classe sociale".
Così Frank, il giovane apprendista manager di "Risorse umane", in un crudele faccia a faccia, rinfaccia al padre la sua rassegnata accettazione del destino e lo rimprovera per averlo cresciuto inculcandogli quel sentimento di vergogna per essere figlio di un operaio.
"Lavorare non è come studiare", abbozza timidamente il padre, cercando una giustificazione per aver coltivato per tutta la vita l'ambizione che da grande il figlio fosse riuscito a fare un grande balzo in avanti nella scala sociale e affrancarsi dalla sua condizione proletaria.

È stato questo il sogno di tutta una vita per il vecchio operaio silenzioso, in casa come sul lavoro: crescere un figlio dandogli la possibilità di un avvenire migliore del suo; per questo lo ha mandato a studiare Economia Aziendale a Parigi, coronando così il desiderio di introdurlo nel dorato mondo dirigenziale.
Terminati gli studi il ventiduenne Frank torna a Gaillon, piccola cittadina della Normandia, dove è nato e dove il padre da trentanni lavora per otto ore al giorno, come operaio alla saldatrice, nella locale fabbrica che costruisce pezzi per due importanti industrie automobilistiche francesi. Qui lo aspetta uno stage dirigenziale, preludio di quella carriera silenziosamente sognata dal padre per lui.
Ovviamente il padre è molto orgoglioso che suo figlio entri in fabbrica, ma in giacca e cravatta e non in tuta da operaio come lui. Ovviamente il figlio crede ciecamente che possa unire i due mondi, facendosi tramite tra l'utopistico sogno del padre e il cinico mondo capitalistico in cui sembra perfettamente avviato.
Il momento però non è dei più favorevoli: in una Francia che si prepara a mettere in atto le nuove regole del mercato del lavoro si discute dell'introduzione delle 35 ore lavorative che comporta, conseguentemente, la riduzione dell'orario di lavoro.

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giovedì 30 ottobre 2008

Recensione DOOMSDAY

Recensione doomsday




Regia di Neil Marshall con Rhona Mitra, Bob Hoskins, David O'Hara, Malcolm McDowell, Adrian Lester, Alexander Siddig

Recensione a cura di Granf (voto: 8,0)

Il giovane regista e sceneggiatore Neil Marshall, autore in precedenza di "Dog Soldier" e "The Descent", opere divenute cult nel giro di pochi anni, firma ora questo "Doomsday ? Il giorno del giudizio".
La trama del film racconta del virus "reaper" che attacca la Scozia decimandone la popolazione e costringendo il governo a mettere in quarantena l'intera regione. Trent'anni dopo, però, lo stesso virus invade Londra e la sua gente; le autorità decidono quindi, dopo aver accertato la presenza di alcuni superstiti nella zona di quarantena scozzese, di inviare una spedizione per recuperare un'eventuale e quanto mai sperata cura.

Dopo essersi calato nell'horror con "The Descent", anche con notevoli risultati, il regista inglese realizza quest'opera considerata da molti "una marea di citazioni sparse alla rinfusa", ma che in realtà è più un omaggio divertito e appagato ad un genere - il b-movie anni '80 - che probabilmente oggi non suscita grande interesse, ed è stato quasi completamente affossato dagli action movie pieni di effetti speciali, prevalentemente americani.
Marshall ha chiaramente ammesso di essersi ispirato a registi come il Carpenter di "1997 - Fuga da New York", oppure al Miller di "Mad Max" o al Walter Hill de "I Guerrieri della Notte". Il risultato è un collage cinematografico che vive comunque di luce propria e di una salda e decisamente ricca personalità.

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Recensione PRENDIMI E PORTAMI VIA

Recensione prendimi e portami via




Regia di Tonino Zangardi con Valeria Golino, Rodolfo Laganà, Antonio Iuorio, Claudio Botosso, Nino Frassica

Recensione a cura di peucezia (voto: 7,0)

Film del 2003 di un regista poco noto, Tonino Zangardi, "Prendimi e portami via" è ancora oggi attuale per la tematica affrontata: l'intolleranza nei confronti del diverso, inteso come "differente", sia per carattere, modo di vivere, etnia o razza.

Una periferia romana "pasoliniana", palazzi nati come funghi e tutto intorno spazio sterminato privo di tutto; a pochi passi dalle palazzine "civili" un campo Rom, male accettato da gran parte degli abitanti, a loro volta male accettati da chi è costretto ad andare da loro.
In questa atmosfera squallida e monotona nasce l'amicizia tenera tra due giovanissimi, un ragazzino con la testa tra le nuvole innamorato della geografia, compagno di un vecchio atlante che gli da' informazioni poco aggiornate e una piccola Rom più sveglia, ma emarginata quanto lui.

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lunedì 27 ottobre 2008

Recensione L'ATALANTE

Recensione l'atalante




Regia di Jean Vigo con Michel Simon, Jean Dasté, Dita Parlo, Gilles Margaritis, Louis Lefebvre

Recensione a cura di Marco Iafrate (voto: 10,0)

Jean e Juliette, novelli sposi, si imbarcano sul battello Atalante con destinazione Le Havre, insieme a loro i membri dell'equipaggio: il vecchio lupo di mare Père Jules ed un giovane mozzo. Il viaggio si snoda lungo il canale dell'Oise e a Juliette, complice la noia e banali ma continue incomprensioni con Jean, la vita sulla chiatta le appare subito difficile; durante una sosta notturna, attratta da un simpatico ed estroverso corteggiatore e dall'irresistibile fascino delle luci e dai suoni della grande città, la ragazza abbandona di nascosto l'Atalante e si dirige verso Parigi facendosi trascinare dal turbinio della metropoli. Deluso ed affranto Jean decide di lasciare la moglie sulla terraferma e riprende il viaggio lungo il fiume, ma la lontananza da Juliette lo fa cadere in uno stato di profonda depressione; é Père Jules a rintracciare caparbiamente Juliette ed a riportarla sull'Atalante: l'abbraccio con Jean riporta la felicità sul battello.

Stiamo parlando della storia d'amore di una qualsiasi commedia francese? No, stiamo parlando di uno dei capolavori assoluti della storia del cinema, l'arte che si veste di immagini in chiaro scuro e si muove, lasciando dietro di sé la scia nostalgica delle cose andate, irripetibili perché uniche.

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giovedì 23 ottobre 2008

Recensione IL CUORE ALTROVE

Recensione il cuore altrove




Regia di Pupi Avati con Neri Marcorè, Vanessa Incontrada, Sandra Milo, Giulio Bosetti, Nino D?Angelo

Recensione a cura di disamistade

No, mi spiace caro Ovidio, ma la "flava puella" non esiste, forse non è neppure mai esistita. Lo capisce senza neanche particolare rammarico Nello (Neri Marcorè), un romano professorino di greco e latino che si trasferisce nella Bologna anni '20 (città immancabile, considerando il regista) alla sua ricerca. Certo che, a ben guardare il nostro protagonista, prototipo del "timido" per eccellenza, si accontenterebbe di una brava moglie, cosa importa se ricca o povera, bella o brutta, vedente o non vedente. Ma sfortuna vuole che un giorno incontri piuttosto una Lesbia catulliana e, prendendola per la sua "Musa malata" per dirla alla Baudelaire, si accontenti dell'amaro retrogusto di un amore che sa di ultima spiaggia per lei e di dono celeste per il quale ringraziare sempre e comunque per lui. E, infatti, nella loro storia d'amore è forse solo lui ad imparare qualcosa, se non altro ad amare anche con il corpo una donna. La nostra bellissima non vedente invece inizialmente sembra potersi redimere ed in qualche modo elevare grazie all'impacciato professore, ma con il procedere del film diviene evidente che la ragazza, frutto di una bellezza deviante e di una società bene più cieca di lei, è persa. Infatti, ed in realtà ce lo aspettavamo tutti, diviene l'ennesima protagonista della storia di sempre, dove la bella, dopo una parentesi fugace di possibile autenticità, lascia il fidanzato brutto e non abbastanza ricco, per un più distinto (eufemismo scambiato per sinonimo di benestante) medico svizzero, il cui unico merito e di averle salvato la vista, trascurando - ovviamente - l'anima.

Certo è che, comunque, tutte le donne di questo film buona figura non fanno, tutte sempre così prive di personalità propria.
Uno degli esempi più eclatanti è rappresentato dalla madre di Nello, che concede al marito un benevolo quanto rassegnato consenso alle sue continue scappatelle sessuali. L'apoteosi del degrado, poi, si raggiunge nella prima cieca che il nostro Marcorè incontra, che, oltre ad essere brutta e sprovvista di alcun fascino è pure sputacchiante.
L'unica che potrebbe in qualche modo salvarsi è l'amante di Nino D'Angelo; infatti, superando la sua eccessiva libertà di costumi, sembra la più autentica: incantata e sedotta dalle frasi latine, insegue le infatuazioni e il sesso senza falsi pudore, rimanendo sempre più o meno consapevole che "al fondo del bicchiere del piacere c'è il vuoto" (Hegel).

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mercoledì 22 ottobre 2008

Recensione X-FILES: VOGLIO CREDERCI

Recensione x-files: voglio crederci




Regia di Chris Carter con David Duchovny, Gillian Anderson, Billy Connolly, Amanda Peet

Recensione a cura di Terrygilliam (voto: 3,0)

Nel West Virginia l'FBI sta indagando su una serie di misteriose sparizioni. Un ex prete pedofilo (Bill Connelly) ha delle strane visioni che portano gli agenti federali a ritrovare qualche pezzo di corpo umano dei desaparecidos in questione, sepolti qua e la sotto sconfinati campi di neve.
La natura paranormale dei ritrovamenti lascia pensare ad un vero e proprio x-file; i federali si mettono quindi prontamente in contatto con l'ex agente speciale Dana Scully (Gillian Anderson), chiedendole di convincere anche il suo ex partner Fox Mulder (David Duchovny), che nel frattempo vive nascosto ed isolato dalla società, a tornare in via straordinaria nell'FBI per indagare e risolvere il caso.
Detto, fatto: Scully riesce a convincere l'eremita Mulder, abbacchiato e deluso dalla vita, a tagliarsi la barba alla Mesner ed a tornare al lavoro.
Quello che segue è uno dei thriller più scontati e scadenti della storia del cinema.

A quasi dieci anni di distanza dalla fine di una delle serie più amate degli anni Novanta arriva un nuovo episodio per il grande schermo, che nei mesi precedenti la sua uscita aveva suscitato una febbrile attesa da parte dei vecchi fan e delle nuove generazioni incuriosite; imponenti in tal senso le misure di sicurezza prese da Chris Carter per non far trapelare alcunché della storia fuori dal set.
Tanta e tale attesa è stata però frustrata da film oggettivamente lungo, noioso ed a tratti irritante, dato che metà della pellicola presenta Mulder e Scully persi in dialoghi interminabili ed ossessivamente ripetitivi. È lampante la scarsità di fondi e mezzi, evidenziata dal risultato finale dell'opera, ed a risentirne maggiormente è il ritmo, troppo lento e macchinoso per un thriller.

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lunedì 20 ottobre 2008

Recensione STANDARD OPERATING PROCEDURE

Recensione standard operating procedure




Regia di Errol Morris con -

Recensione a cura di fabrizio dividi

Fin dai suoi esordi, Errol Morris si distinse tra i documentaristi per il modo di raccontare storie a partire da semplici interviste a camera fissa: da "Gates of Heaven" del 1978 con le sconcertanti descrizioni dei primi cimiteri per animali, attraverso le incredibili biografie contemporanee del cosiddetto "DR Death", specializzato nella costruzione di macchine di morte per le carceri, e di Robert Mc Namara, cinico stratega della seconda guerra mondiale, tutti diretti a cogliere aspetti poco noti della realtà americana.

"Standard operating procedure" racconta gli orrori del famigerato carcere di Abu Ghraib dal punto di vista dei protagonisti: i militari, uomini e donne, che diventarono famosi per aver immortalato alcuni detenuti iracheni torturati e uccisi, raccontano quei giorni commentando alcune foto scattate sul posto come souvenir e che li avrebbero successivamente fatti condannare al processo che subirono in patria sull'onda dello scandalo che ne seguì.

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Recensione WALL-E

Recensione wall-e




Regia di Andrew Stanton con Fred Willard, Jeff Garlin, Ben Burtt

Recensione a cura di peter-ray (voto: 10,0)

Wall-E, da oltre 700 anni unico abitante del pianeta Terra. Totalmente dimenticato dagli umani in un mondo sepolto dai rifiuti, il robot conduce da troppo tempo una vita solitaria nel più totale silenzio. Raccogliendo tra i rifiuti i resti di una civiltà ormai lontana, svolge quotidianamente il suo lavoro; la sua "direttiva" è quella di raccogliere e pressare i rifiuti, ma quando dal cielo ricoperto di smog compare un elegante robot femmina chiamato Eve, per Wall-E è amore a prima vista; comincia così per lui qualcosa di diverso che lo porterà ai confini dello spazio in una delle avventure più romantiche di tutti i tempi.

È strano pensare che una delle favole più belle mai raccontate nella storia del cinema sia un cartone digitale firmato Pixar, che grazie alla sua infinita capacità di sorprendere ha dato vita ad uno dei personaggi più dolci ed "umani" che si siano mai visti sul grande schermo.
Anche se la meravigliosa storia di "Finding Nemo" ed il simpatico "Ratatouille" sono ormai considerati capolavori del genere, "Wall-E" è un prodotto senza precedenti, e segnerà il genere stesso per sempre; da questo momento in poi ogni prodotto digitale verrà inesorabilmente messo a confronto con questa poesia del Cinema.

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venerdì 17 ottobre 2008

Recensione THE MIST

Recensione the mist




Regia di Frank Darabont con Thomas Jane, Marcia Gay Harden, Andre Braugher, Laurie Holden, Toby Jones, Jeffrey DeMunn, Frances Sternhagen, William Sadler, Nathan Gamble, Alexa Davalos, Sam Witwer, Chris Owen, Robert Treveiler, David Jensen

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 9,0)

"L'uomo produce il male come le api producono il miele".
William Golding

"Questo non posso accettarlo! Le persone sono fondamentalmente buone ed oneste. Viviamo in una società civilizzata".

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Recensione INTERCEPTOR - IL GUERRIERO DELLA STRADA

Recensione interceptor - il guerriero della strada




Regia di George Miller con Mel Gibson, Bruce Spence, Michael Preston, Vernon Wells

Recensione a cura di peter-ray (voto: 9,5)

Dopo l'inaspettato successo conseguito con "Interceptor ? Mad Max", che lanciò Mel Gibson nel mondo del cinema aprendogli la strada verso la notorietà, il regista George Miller nel 1981 decise di realizzarne il sequel.
Anche se si tratta del secondo capitolo di una trilogia, "Interceptor ? Il Guerriero della strada" può essere visto tranquillamente come film a se stante; l'inserimento di una breve introduzione, caratterizzata dalla voce di un narratore che racconta gli avvenimenti del primo episodio, lascia infatti allo spettatore la facoltà di seguire il film senza necessariamente aver visto il primo capitolo.
Tale narrazione descrive un futuro in cui le continue guerre hanno devastato l'intero pianeta riducendolo ad un immenso deserto. Le potenti tecnologie costruite dall'uomo, ridotte ormai in rottami, non hanno più alcun valore; siccità e carestia, protagoniste di uno scenario apocalittico post-atomico, hanno ridotto l'uomo a cibarsi di carne umana per sopravvivere. Max, guerriero solitario introdotto nel film come un mercenario senza scrupoli, si muove a bordo di una potente macchina alla perenne ricerca di benzina.

Si avverte il lettore che la recensione di qui in avanti contiene spoiler; si suggerisce di interrompere la lettura qualora non si sia visto il film.

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giovedì 16 ottobre 2008

Recensione RACHEL STA PER SPOSARSI

Recensione rachel sta per sposarsi




Regia di Jonathan Demme con Anne Hathaway, Rosemarie DeWitt, Mather Zickel, Bill Irwin, Anna Deavere Smith, Anisa George

Recensione a cura di kowalsky (voto: 7,5)

"She used to work in a diner
never saw a woman look finer
I used to order just to watch her float across the floor
she grew up in a small town
never put her roots down
daddy always kept moving, so she did too.

Somewhere on a desert highway
she rides a harley-davidson
her long blonde hair flyin' in the wind
she's been runnin' half her life
the chrome and steel she rides
collidin' with the very air she breathes,
the air she breathes.

You know it ain't easy
you got to hold on
she was an unknown legend in her time
now she's dressin' two kids
lookin' for a magic kiss
she gets the far-away look in her eyes.

Somewhere on a desert highway
she rides a harley-davidson
her long blonde hair flyin' in the wind
she's been runnin' half her life
the chrome and steel she rides
collidin' with the very air she breathes
the air she breathes.
"

("Unknown legend" by Neil Young)

Una specie di ritorno a casa: quello di Kym, cover-girl (ex) tossicodipendente, reduce dall'esperienza squallida del carcere e in balìa di una via di salvezza dopo la comunità, con i gruppi di incontro e invitata, quasi come una guest-star, all'imminente matrimonio della sorella.
Sono i fasti e preparativi del matrimonio di Rachel, lo stesso del titolo originale del film, con un afroamericano di bella presenza e dal brillante avvenire, e questo consegna al film di Demme la sua autentica e rivelatrice verità: il party è il definitivo riscatto dal "guasto" di una famiglia "quasi" perbene.
Il disagio di Kym viene pertanto avvertito dagli spettatori, testimoni della sua presenza "scomoda", del suo blandamente idilliaco homecoming, dal tormento di un segreto familiare (la responsabilità più o meno indiretta di Kym sulla morte del fratellino, anni prima), dell'occultamento volontario della ragione sulle ferite mai davvero rimarginate.
C'è una "sottrazione affettiva" che implica prima di tutto la capacità occulta e interiore di dire a qualcuno che niente sarà come prima, che prima di tutto arrivano i parametri rassicuranti della virtù (la purezza, lo splendore, la perfezione dei gesti e delle maniere) che si identificano con quelli, incolori ma innoqui, della sorella Rachel.

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Recensione IL TEMPO CHE RESTA

Recensione il tempo che resta




Regia di François Ozon con Melvil Poupaud, Jeanne Moreau, Valeria Bruni Tedeschi, Daniel Duval, Marie Riviere

Recensione a cura di Mimmot

Amare la vita e vedersela sfuggire via a trent'anni. Deve essere terribilmente insopportabile ed anche molto ingiusto, per un uomo giovane e di successo, venire a sapere che è molto breve il tempo che gli resta ancora da vivere, mentre tutto intorno la vita continua, mentre il tempo che scorre diventa ogni giorno sempre più incombente, ed il desiderio di lasciare una traccia di sè si fa sempre più impellente, come la necessità di dare un senso alla fine imminente, dedicando "il tempo che resta" a cercare di capire cosa fare di sè.

Due sono i temi che François Ozon affronta con questo film: il senso della sofferenza umana e l'omosessualità.
Ma mentre il primo pregna tutta la storia ed è espresso, in tutta la sua drammaticità, in modo profondamente umano, senza eccessi ma con ricchezza di sfumature narrative, il secondo non viene assolutamente problematizzato, costituendo solo un piccolo dettaglio, una caratteristica del protagonista come un'altra; il protagonista non ha avuto nessuna difficoltà ad essere accettato per quello che è, nè in famiglia e nè tanto meno nel suo dorato ambiente sociale.
Non è dunque l'orientamento sessuale del protagonista a costituire il nucleo principale della storia, ma il tema della malattia che lo condanna alla morte, con tutto ciò che di doloroso e di devastante procura nell'animo e nella mente di chi sa che è arrivato alla fine del viaggio; ma anche della nuova sensibilità e della nuova consapevolezza di sè che coglie chi decide di intraprendere l'ultimo tratto del percorso con un gesto d'amore verso gli altri, lasciando al di fuori del dolore chi si ama, un po' per non mostrare la propria fragilità e le proprie paure e un po', forse, anche per rimettere in ordine sentimenti ormai distrutti.

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lunedì 13 ottobre 2008

Recensione LA CLASSE - ENTRE LES MURS

Recensione la classe - entre les murs




Regia di Laurent Cantet con François Bégaudeau

Recensione a cura di Mimmot

"- Prof fa troppo caldo, facciamo lezione fuori.
- Certo, vuoi anche una coca?
- Lei esagera, prof.
"

Un ex insegnante di francese di una scuola media superiore multietnica del 20° arrondissement di Parigi, François Bégaudeau, ed un regista che non si limita a raccontare la quotidianità, ma ama indagarla in tutte le sue sfumature ideologiche, Laurent Cantet, hanno vinto una sfida importante: girare uno pseudo-documentario e farne un'opera avvincente che affascina e sorprende per la bontà intellettuale del costrutto e per la profondità con cui rappresenta la poetica del vero.
Il risultato è un film acuto ed emozionante, esplicativo del mondo scolastico e della difficoltà ad essere insegnante oggi: non solo fonte di conoscenze didattiche ma anche modello educativo e guida per accompagnare gli adolescenti nel difficile passaggio dall'infanzia all'età adulta.

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