giovedì 30 aprile 2009

Recensione BEAUTIFUL

Recensione beautiful




Regia di Juhn Jaihong con Myeong-soo Choi, Min-soo Kim, Cheon-hee Lee, Cha Soo-yeon, Lee Min, Bae Yong-geon, Jo Seok-hyeon, Lee Chang-myn

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Eun-yeong è una ragazza la cui bellezza suscita l'ossessione nelle persone che incontra. Ha una sola amica, che però la abbandonerà appena scoperto che il suo fidanzato la corteggia di nascosto. Un giorno Seong-min entra in casa sua e, esasperato dal suo rifiuto, la violenta.
Da questo momento in poi la ragazza svilupperà una psicosi.
Dapprima cercherà di rendersi grassa per sfuggire allo sguardo degli altri, poi diverrà anoressica, in rifiuto del proprio corpo e infine svilupperà una paranoia che le farà vedere ovunque il suo assalitore.

Continua la passione di Kim Ki-duk per il lato oscuro dell'universo femminile. In questo caso autore del soggetto e produttore, Kim Ki-duk ci offre una generosa visuale sulle sue ossessioni al femminile, già abbondantemente esplorate nei precedenti "Time" e "Breath".
Vincitore del Grand Prix al Fukuoka Asian Film Festival di quest'anno e selezionato per Berlino, "Beautiful" racconta dell'altra faccia della società dell'immagine, dove la bellezza può uccidere anche chi ce l'ha e non solo chi la insegue attraverso le diete e la chirurgia estetica.

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Recensione ALLA SCOPERTA DI CHARLIE

Recensione alla scoperta di charlie




Regia di Mike Cahill con Michael Douglas, Evan Rachel Wood, Willis Burks II, Laura Kachergus, Paul Lieber, Kathleen Wilhoite

Recensione a cura di A. Cavisi

Miranda, diciassettenne che vive sola da quando il padre è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico, si ritrova a fare da madre al proprio genitore, fissato con un antico tesoro nascosto che vuole ritrovare a tutti i costi.

Al giorno d'oggi, cosa desidera più di ogni cosa una diciassettenne? Un motorino, magari un fidanzatino, un paio di scarpe nuove, un biglietto per il concerto del suo cantante preferito, un viaggetto con gli amici o cose di questo genere. Ma la protagonista di questo delizioso e delicato film è diversa da tutte le altre sue coetanee, e suscitando un certo senso di tenerezza e di compassione nello spettatore, ci mostra che la cosa che più desidera al mondo è una lavastoviglie, in modo da non dover lavare anche i piatti dopo ore e ore di lavoro al McDonald's.
Un passaggio narrativo molto importante, quello in cui si ferma a rimirare estasiata l'elettrodomestico, ma anche un momento di grande riflessione che ci fa comprendere in un attimo le difficoltà e la personalità di questa figura, forse già vista cinematograficamente parlando, ma sicuramente molto ben delineata e tra l'altro ben impersonata dalla bravissima Evan Rachel Wood, che di strada ne sta facendo parecchia.
Non è da meno il grande Michael Douglas, che si cimenta in un ruolo un po' distante dagli uomini di successo che ha quasi sempre interpretato, personificando la follia (ma è poi vera follia?) e l'alienazione di un uomo con disturbi bipolari della personalità, che dopo due anni di ospedale psichiatrico ritorna a casa da sua figlia non ancora maggiorenne, ma che sorprendentemente manda avanti la baracca da sola.
Lei si rivolge a lui chiamandolo Charlie e lui, nonostante i suoi problemi psichici (che nel corso della pellicola però ci sembrano sempre meno visibili), continua a desiderare di essere chiamato papà, mostrandoci un barlume di normalità in mezzo alle stramberie del suo modo di comportarsi (un po' ruffiana, al riguardo, la scena in cui alla fine Miranda tra le lacrime lo chiama papà).

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mercoledì 29 aprile 2009

Recensione DUPLICITY

Recensione duplicity




Regia di Tony Gilroy con Clive Owen, Julia Roberts, Billy Bob Thornton, Tom Wilkinson, Paul Giamatti, Wayne Duvall, Thomas McCarthy, Christopher Denham, Kathleen Chalfant

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il film si svolge tra Dubai, Miami, Cleveland, Roma, New York, con protagoniste due ex spie dei servizi segreti di stato, un tempo al servizio degli Stati Uniti e dell'Inghilterra. La coppia di agenti segreti, di nome Claire Stenwick (Julia Roberts) e Ray Koval (Clive Owen), nel passato aveva avuto una storia d'amore.
I due nell'immediato lavorano, separatamente, per due grosse ditte commerciali inserite anche nel mercato mondiale dei cosmetici, che si fronteggiano con ogni mezzo per scoprire e brevettare una nuova e misteriosa formula chimica che sembra essere in grado di far ricrescere i capelli; quindi finiscono per incontrarsi di nuovo e dopo alcuni roventi dialoghi legati alla paura di perdere e ai pericoli della missione che li vede in gioco con contrari interessi, essi percepiscono la rinascita di antichi desideri erotici. La reciproca attrazione li porta a un nuova relazione d'amore, ma il loro forte sentimento è contrastato dai rispettivi compiti professionali che sono chiaramente in opposizione, dualistici, incompatibili, finendo per obbligarli a scelte diverse.
Sulla scia dell'irrefrenabile passione amorosa, decidono a un certo punto di ingannare le ditte per cui lavorano, unendo le proprie forze e impegnandosi nella ricerca del nuovo prodotto.
Centrato l'obiettivo, trovata la formula chimica tanto ambita e pronti a venderla al migliore offerente sul mercato, la sorte riserverà loro una sorpresa.

Tony Gilroy, regista e sceneggiatore emergente, abile con la macchina da presa quanto basta per fare un film di serie A e molto innovativo nel modo di raccontare, gira con "Duplicity" il suo secondo film e, seppur alle prime armi dimostra una capacità non comune nell'assemblare visualmente gli intrecci della sceneggiatura e nel deviare le comuni attese degli spettatori, generate dalle tensioni narrative ben costruite, verso soluzioni finali del tutto inaspettate.

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Recensione FOG

Recensione fog




Regia di John Carpenter con Adrienne Barbeau, Jamie Lee Curtis, Janet Leigh, Nancy Kyes, Charles Cyphers, Tom Atkins

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Antonio Bay si accinge a festeggiare il suo centenario. La leggenda vuole che la cittadina fosse stata edificata sulla baia dove un vecchio galeone aveva fatto naufragio un secolo prima, ingannato dalle luci tra gli scogli. Quella stessa notte padre Malone trova un diario appartenuto a suo nonno, parroco della prima generazione di abitanti della baia, e presto scopre cose niente affatto rassicuranti sull'operato del suo predecessore, intanto dalla baia emerge una fitta nebbia, la quale sembra travolgere tutto quello che incontra...

La nebbia si alza subito dopo il tramonto. La prima a vederla è la speaker radiofonica, che dall'alto del suo faro ne parla con voce suadente e mette in guardia i marinai della barca al largo... Attenzione ragazzi, c'è un banco di nebbia da est... Ma quello che nessuno sa, tranne il marinaio del prologo e i bambini a cui lo ha raccontato, è che la nebbia ad Antonio Bay non si vedeva da cento anni, e c'è una vecchia diceria a proposito del suo ritorno sulla baia, che stanotte festeggia il suo centenario. I cittadini sono in fremente attesa dei festeggiamenti, ciascuno a suo modo si organizza, e quello che la baia ha in serbo per i suoi abitanti è il regalo inatteso che piomberà su di loro al tramonto.

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martedì 28 aprile 2009

Recensione BREATHLESS

Recensione breathless



Regia di Yang Ik-june con Yang Ik-june, Kim Kkot-bi, Jeong Man-shik, Kim Gol-bi

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Sang-hoon riscuote debiti per conto del suo amico Man-sik. La sua modalità comunicativa è la violenza, unico canale attraverso il quale entra in contatto col prossimo. Mentre consuma la sua vita picchiando indiscriminatamente amici e nemici, cerca di mantenere il rapporto col nipote Hyung-in, figlio della sorellastra, col quale passa il tempo che riesce a sottrarre al lavoro. Un giorno sulla traiettoria di un suo sputo rivolto al mondo si trova a passare Yeong-heui, giovane liceale il cui rapporto col prossimo rispecchia quello di lui. Tra i due nascerà un'amicizia che sopravviverà nonostante le condizioni impossibili in cui i due sono costretti a vivere.

Ddong pa-ri vuol dire letteralmente "mosche della merda". Yang Ik-june lo rivela in conferenza stampa a Rotterdam, dove vince il Tiger Award per la sua opera prima. Non avendo un idea su come intitolare il film per il mercato internazionale, Yang Ik-june si era affidato al suggerimento di un amico che conosce l'inglese, rinominando "Breathless" il suo notevolissimo esordio alla regia.
Curiosamente entrambi i nomi sono adatti a questa opera viscerale e serratissima, che vince numerosi altri riconoscimenti e si colloca tra i migliori lavori coreani dell'ultimo anno.

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Recensione TOMB RAIDER 2 - LA CULLA DELLA VITA

Recensione tomb raider 2 - la culla della vita




Regia di Jan de Bont con Angelina Jolie, Gerard Butler, Noah Taylor, Chris Barrie, Ciarán Hinds, Robert Cavanah, Robert Atiko

Recensione a cura di pompiere (voto: 4,0)

Il vaso di Pandora, secondo la leggenda greca, è il raccoglitore di tutti i guai e le sofferenze del mondo. Fu donato a Pandora da Zeus il quale si raccomandò con la donna di non aprirlo ma lei, curiosa, non indugiò a dischiuderlo liberando così tutti i mali in esso raccolti.
Il mondo diventò un territorio deserto e abbandonato fino a che Pandora non aprì nuovamente il vaso per fare uscire l'unica cosa che era rimasta sul fondo, la Speranza.
E la Speranza che rimane allo spettatore, dopo aver visto questo secondo capitolo delle avventure dell'eroina Lara Croft, è quella di non aprire più vasi di Pandora che coinvolgano nuovamente questo personaggio.

Anche stavolta Angelina/Lara è alla ricerca di un "reperto archeologico", il vaso di cui sopra, che fu nascosto da Alessandro Magno (non chiedeteci di fare ricerche storiche in tal senso, per favore) nella "Culla della vita" (e, se avete visto qualche documentario di Piero Angela, non faticherete a scoprire dove mai possa trovarsi). La mappa per giungere al vaso è in una sfera luminosa che diventa la causa dello sbattimento di Lara e di un paio di altri personaggi (un malavitoso cinese e un bio-terrorista) che prendono la rincorsa e si gettano a capofitto in questa nuova (?) avventura.

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lunedì 27 aprile 2009

Recensione LO ZOO DI VENERE

Recensione lo zoo di venere




Regia di Peter Greenaway con Andrea Ferreol, Brian Deacon, Eric Deacon, Frances Barber, Joss Ackland

Recensione a cura di ULTRAVIOLENCE78 (voto: 8,0)

"Il cinema è troppo importante per lasciarlo fare a chi racconta delle storie".

Peter Greenaway è un regista di origine gallese (Newport), le cui radici artistiche affondano nella pittura (matrice che si riverbererà su tutta la sua successiva produzione da cineasta). Mentre studia presso il "Walthamstow College of Art", comincia a interessarsi di cinema dopo essere stato folgorato dalla visione del capolavoro di Ingmar Bergman "Il settimo sigillo". Diventa così critico cinematografico e montatore al "Central Office Information", dove realizzerà numerosi documentari. Il primo lungometraggio arriva nel 1980: "The falls" ("Le cadute" o "I casi"). Si tratta di un film documentaristico suddiviso in 92 parti, che si configura come una raccolta, a carattere enciclopedico, di altrettante interviste aventi per oggetto un misterioso e immaginario fenomeno che ha ammorbato e ucciso un gran numero di persone: un "violent unknown event" (VUE) legato in qualche modo agli uccelli (da notare che il padre di Greenaway era un appassionato di ornitologia). In esso già vi sono, a livello seminale, molti dei temi e degli stilemi che connoteranno i lavori seguenti del regista: ad esempio i giochi di parole, le classificazioni, il formalismo del linguaggio cinematografico, le similitudini tra la specie umana e quella animale, ecc.
Due anni dopo è la volta de "I misteri del giardino di Compton House", opera che gli consente di ottenere visibilità sul piano internazionale e che si presenta come una sorta di sguardo sui limiti dell'arte. Nel 1986, invece, esce una delle pellicole più articolate e complesse del regista gallese: "Lo zoo di Venere".

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venerdì 24 aprile 2009

Recensione MARTYRS

Recensione martyrs




Regia di Pascal Laugier con Mylène Jampanoï, Morjana El Alaoui, Mike Chute, Hervé Desbois, Juliette Gosselin, Xavier Dolan-Tadros

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 9,0)

Un popolo che ha bisogno di martiri è un popolo che muore!

Una bambina spalanca una porta, attraversa un corridoio ed esce all'aperto. La sua corsa è claudicante; i suoi affanni si confondono fra grida e lamenti. Indossa soltanto una canottiera lurida e le mutandine. I suoi capelli sono stati tagliati, quasi rasati. I suoi zigomi sono tumefatti e il suo viso porta i segni di molte percosse. Ha dei rivoli di sangue rappreso sotto le narici e ai lati della bocca così come sulla fronte e ai lati degli occhi. Il suo corpo è ricoperto di lividi e di altre ferite.

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Recensione STAR WARS EPISODIO II L'ATTACCO DEI CLONI

Recensione star wars episodio ii l'attacco dei cloni




Regia di George Lucas con Ewan McGregor, Natalie Portman, Hayden Christensen, Ian McDiarmid, Pernilla August, Samuel L. Jackson, Frank Oz

Recensione a cura di JackR

Il machiavellico piano del senatore Palpatine prosegue. A dieci anni di distanza dal primo episodio, Anakin è un giovane padawan impulsivo e potente, che Obi Wan e Yoda faticano a contenere. La Repubblica è in pericolo: il Conte Dooku, uno Jedi decaduto (maestro di Qui Gon Jinn), sta tramando contro la Repubblica, mentre inspiegabilmente, sul pianeta Kamino, è in corso la creazione di un esercito di cloni che nessuno sembra aver commissionato.
Quando Anakin viene assegnato alla guardia della senatrice Amidala, tutti i precetti Jedi sulla rinuncia al possesso cominciano a sbiadire di fronte alla forza dell'amore. Con Obi Wan lontano, impegnato nella risoluzione del mistero dei Cloni, Anakin comincia la sua inesorabile discesa verso il Lato Oscuro quando, tornato su Tatooine, scopre che sua madre è stata rapita dai predoni Tusken e decide di liberarla ad ogni costo. Nel frattempo, il Senato Imperiale conferisce poteri speciali al Cancelliere Palpatine per fronteggiare la minaccia separatista capeggiata dal Conte Dooku e dal suo misterioso maestro Sith, Dart Sidious, e anche l'ordine dei Jedi deve intervenire in battaglia sul pianeta Geonosis, dove comincia ufficialmente la Guerra dei Cloni.

Lucas corregge il tiro dopo le pesanti critiche ricevute per l'"Episodio I" e a farne le spese, in particolare, è il personaggio, alquanto insulso, di Jar Jar Binks, ridotto a una semplice comparsa.
Anche l'"Episodio II", però, a conti fatti, non si rivela all'altezza del nome che porta. Purtroppo, il problema non sono la regia di Lucas o lo script. C'è un equivoco di fondo nei giudizi alla nuova trilogia.
Gli episodi I, II e III raccontano una storia diversa, una storia che deve procedere su binari prestabiliti per giungere ad un finale che tutti conoscono (e che pure ha riservato qualche sorpresa), una tragedia che sposta il fulcro emotivo della saga da Luke ad Anakin, che solo nell'ultimo atto torna ad essere un Jedi, seppure, ancora una volta, per motivi personali.
La critica che si può muovere ai primi due episodi, fondamentalmente, è quella di essere solo un lungo, e in certe sequenze tedioso, prologo all'atto finale della caduta di Anakin che deve chiudere la trilogia.
Ci vogliono tre film per capire l'importanza di Qui Gon Jinn nell'economia dell'intera saga, così come per capire il modo in cui la Repubblica è diventata un Impero e come i Jedi sono stati decimati e sconfitti.

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giovedì 23 aprile 2009

Recensione FAST AND FURIOUS: SOLO PARTI ORIGINALI

Recensione fast and furious: solo parti originali




Regia di Justin Lin con Vin Diesel, Paul Walker, Michelle Williams, Jordana Brewster, John Ortiz, Laz Alonso, Gal Gadot, John Ortiz, Shea Whigham, Sung Kang, Wilmer Calderon, Liza Lapira, Ron Yuan

Recensione a cura di pompiere (voto: 8,0)

A distanza di otto anni dal primo episodio di quella che poi sarebbe diventata una serie tra le più adrenaliniche degli ultimi tempi, ecco far ritorno Vin Diesel nei panni di Dominic Toretto, fuggito in Messico perché ricercato dalla polizia. L'unico affetto rimasto al nostro eroe è Letty (Michelle Rodriguez, poi vista anche nella serie tv "Lost") con la quale compie ancora azioni spericolate a bordo di macchine truccatissime.
Sarà a causa di questa esistenza così ai limiti che Dom perderà Letty, uccisa spietatamente. La sete di vendetta lo spingerà a ritornare a Los Angeles, dove troverà di nuovo l'agente Brian O'Conner e, con lui, darà la caccia a quello che si scoprirà essere un nemico comune...

Il quarto episodio della saga "F&F" è anche uno dei più riusciti.
Oltre a richiamare in azione il carismatico Vin Diesel, costruisce una trama che va oltre la messa in scena di macchine che corrono solo per il gusto della sfida clandestina e dell'ebbrezza della velocità. La storia è sufficientemente intricata e menziona a gran voce il genere poliziesco tipico di certo cinema di Richard Donner e Walter Hill, con il racconto che viene costellato da battute spiritose volte a stemperare i contenuti, altrove più drammatici. Ed è per questo che il film suscita una certa ammirazione e sorpresa.

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Recensione VINYAN

Recensione vinyan




Regia di Fabrice Du Welz con Rufus Sewell, Emmanuelle Béart, Julie Dreyfus, Borhan Du Welz, Petch Osathanugrah, Amporn Pankratok

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Janet e Paul hanno perduto il loro figlioletto durante lo Tsunami. Una sera Janet crede di vederlo in un video ripreso in Birmania da un'associazione umanitaria. Decide così di partire alla ricerca del bambino, affidandosi ad un trafficante locale, Thaksin Gao. Ma giunti sul luogo i due si troveranno davanti alla dura realtà di un mondo assai più selvaggio di quanto avessero immaginato, e le loro speranze si trasformeranno nell'arma più potente da cui finiranno per essere feriti.

"Vinyan", ovvero il fantasma del corpo della madre. Fabrice du Welz apre questo delirio visionario molto astutamente con l'immagine della bellissima Emanuelle Bèart. E su questo volto devastato dal dolore che a mano a mano si trasforma in follia, lo spettatore può agilmente seguire le tracce dell'antico mito della Grande Madre. Paul segue Janet come un bambino attraverso la giungla senza avere mai la forza di opporsi, le si affida e finisce fagocitato. I bambini del villaggio si concedono un uccisione rituale e un pasto totemico, per poi celebrare alla fine il corpo della madre per eccellenza, Janet che, annullata dal dolore della perdita si trasfigura in archetipo, la Grande Madre, appunto.

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mercoledì 22 aprile 2009

Recensione THE UNINVITED

Recensione the uninvited




Regia di Charles Guard, Thomas Guard con Elizabeth Banks, Arielle Kebbel, Emily Browning, David Strathairn

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Anna perde la madre nel corso dell'incendio della foresteria vicino casa. Di ritorno dopo un breve soggiorno in un ospedale psichiatrico, scopre che l'infermiera che curava sua madre, malata da tempo, è la nuova compagna di suo padre. Inoltre i rapporti tra la donna e sua sorella, Alex sembrano piuttosto difficili. Un giorno le due scoprono che la futura matrigna ha in realtà un nome diverso da quello che ha dato a suo padre, e da quel momento i sospetti sulla donna si fanno a mano a mano più concreti.

All'annuncio di ogni nuovo remake americano di un film asiatico i fan del cinema tutt'ora più innovativo cominciano, ormai giustamente, a tremare. Questo "The Uninvited" vorrebbe essere l'adattamento del bellissimo "A Tale of Two Sisters" ("Janghwa, Hongryeon") di Kim Ji-woon, ma finisce tristemente per svilire un film che risultava talmente ben congegnato da mettere i brividi.
Mentre nell'originale strisciava sottile l'inquietudine e l'acrimonia tra i personaggi regnava sovrana, qua abbiamo la totale assenza di ogni emozione, sia sulle facce sperdute degli interpreti, che nei cuori degli annoiati spettatori, e una tale semplificazione dei contenuti da sembrare un insulto all'intelligenza del pubblico.

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Recensione MAR NERO

Recensione mar nero




Regia di Federico Bondi con Ilaria Occhini, Dorotheea Petre, Maia Morgenstern, Vlad Ivanov, Corso Salani, Alessandra Bedino, Vincenzo Versari, Giuliana Colzi, Teodor Danetti

Recensione a cura di Mimmot

Il giovane regista fiorentino esordiente Federico Bondi dirige un film d'atmosfere e di sentimenti, ispirato per grandi linee alla propria storia personale e familiare, in cui le emozioni corrono veloci e i moti dell'animo si fanno sottile malessere di indefinibile insoddisfazioni, da cui è facile lasciarsi trasportare per colmare il vuoto delle nostre delusioni e dei nostri rimpianti.
Il tema centrale di questo film è il rapporto tra un'anziana donna e la sua badante straniera, ma anche quello delle difficoltà che vivono oggi gli stranieri per integrarsi nel nostro Paese.
È questo un fenomeno sempre più vasto che, se da un lato documenta l'evoluzione di un popolo che ormai rifiuta di compiere lavori considerati umili, dall'altro dimostra la labilità dei nostri ricordi, di quando i nostri antenati, in terre straniere, subivano il medesimo trattamento e le stesse umiliazioni.

Gemma è una donna di una certa età, che vive alla periferia di Firenze, nel quartiere di Gavinana, tra le vecchie case popolari e il nuovo centro commerciale, ed è rimasta vedova da poco tempo. È di salute malferma e soffre di una dolorosa malattia delle ossa e, come tutte le persone anziane, è insofferente a tutto ciò che disturba il suo vivere quotidiano. In più, oltre al dolore fisico che la tormenta, è rancorosa per la lontananza del figlio, Enrico, che vive e lavora a Trieste, da cui si sente abbandonata e trascurata.
Indurita dalle sofferenze fisiche e psicologiche, Gemma risulta una donna insopportabile e difficile da gestire, piena di pregiudizi e incattivita dalla vita che ormai sente inutile e gravosa.
Preoccupato per l'anziana madre, Pietro si mette alla ricerca di una persona che possa starle accanto e si prenda cura di lei; la trova in Angela, una giovane ragazza rumena giunta da poco in Italia con l'intenzione di trovare un lavoro che le permetta di guadagnare qualcosa e mettere da parte un po' di soldi per potere, un giorno, tornare in Romania e dare, finalmente, un figlio a suo marito, Adrian, rimasto nel proprio Paese.

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