martedì 29 settembre 2009

Recensione PELHAM 123: OSTAGGI IN METROPOLITANA

Recensione pelham 123: ostaggi in metropolitana




Regia di Tony Scott con Denzel Washington, John Travolta, Luis Guzmán, Gbenga Akinnagbe, John Turturro, James Gandolfini, Brian Haley, Victor Gojcaj, Ramon Rodriguez, Jason Butler Harner, Chance Kelly, Michael Rispoli, Tonye Patano, John Benjamin Hickey, Jason Cerbone

Recensione a cura di A. Cavisi (voto: 4,0)

Walter Garber, impiegato della metropolitana addetto allo smistamento dei treni, un tempo pezzo grosso ora declassato a causa di un'inchiesta su un suo presunto coinvolgimento in un caso di mazzette, si ritrova casualmente a dover comunicare con il responsabile del dirottamento di un vagone.
Il dirottatore, che si fa chiamare Ryder, insieme ad altri complici prende in ostaggio 19 persone, compreso il macchinista, chiedendo in cambio una somma di 10 milioni di dollari da parte del sindaco e della città di New York. Il sindaco ha un'ora per esaudire la richiesta del pazzoide, pena la morte di una vittima per ogni minuto di ritardo...

Tony Scott ci ha abituati ad un cinema frenetico ed esageratamente movimentato e, se vogliamo, questo è il suo marchio di fabbrica, la sua firma riconoscibilissima e più o meno apprezzabile a seconda dei gusti e delle preferenze.
Non fa eccezione "Pelham 123 – Ostaggi in metropolitana" che fa del ritmo forsennato e della natura abbondantemente fracassona il suo punto di forza.Niente da ridire su questo, visto che è una scelta - opinabile o meno - plausibilissima quella di girare un film d'azione rendendolo particolare e differente dagli altri proprio con uno stile quasi inconfondibile, basato sulla composizione di elementi quali una regia piena di zoomate, ralenty, primissimi piani, movimenti impensabili, scene d'azione rocambolesche.
Quello che non si riesce proprio a mandare giù è tutto il resto, considerando anche che stiamo parlando del remake di un film degli anni '70 ("Il colpo della metropolitana", con Walter Matthau e Robert Shaw) e che per esso il regista ha avuto a disposizione un budget da capogiro senza però riuscire a creare uno spettacolo degno di questo nome.
Viene da pensare allora che la maggior parte del denaro riservato alla produzione di questo film sia andato in tasca ai richiestissimi attori protagonisti e alla stessa città di New York dove, principalmente in metropolitana, è ambientata completamente la pellicola.

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Recensione FUNNY GAMES

Recensione funny games




Regia di Michael Haneke con Naomi Watts, Tim Roth, Michael Pitt, Devon Gearhart, Brady Corbet, Boyd Gaines

Recensione a cura di Nicola Picchi (voto: 7,5)

Ann e George, con il figlioletto Georgie, si dirigono verso la loro casa sul lago, per trascorrervi un periodo di vacanza. Una volta arrivati sul posto, l'intera famiglia sarà presa in ostaggio da due ragazzi, che si sono introdotti in casa loro con una scusa.

I registi che hanno realizzato remake dei loro film si contano sulle dita di una mano.
Alfred Hitchcock ha rifatto "L'uomo che sapeva troppo", ma non l'ha certo riproposto tale e quale come ha fatto Haneke con questo "Funny Games U.S.".
Si solleva allora la seconda eventualità, ossia quella del remake che clona l'originale, come ha fatto Gus Van Sant nel suo warholiano "Psycho", seppure anche in questo caso non mancassero degli scarti, minimi ma significativi.
Questa volta la sceneggiatura e le inquadrature restano le stesse, compresa la scena del rewind, ma cambiano gli attori, con Naomi Watts, Tim Roth e Michael Pitt al posto di Susanne Lothar, Ulrich Muhe e Frank Giering.
Haneke ha dichiarato di aver realizzato questa versione per rendere il film accessibile anche al pubblico degli Stati Uniti, vista la scarsa diffusione negli USA della prima pellicola del 1997, aggiungendo che, essendo il film una reazione alla sconsiderata rappresentazione della violenza nel cinema americano, quello doveva essere il pubblico d'elezione del suo astratto teorema.

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lunedì 28 settembre 2009

Recensione IL GRANDE SOGNO

Recensione il grande sogno




Regia di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Luca Argentero, Massimo Popolizio, Alessandra Acciai. continua» «continua Dajana Roncione, Federica Vincenti, Marco Brenno, Marco Iermanò, Silvio Orlando, Laura Morante

Recensione a cura di kowalsky (voto: 4,0)

"Per chi l'ha passato, il '68 può essere stata un'età molto esaltante... ma questi momenti nella storia capitano una o due volte nell'arco di un secolo"
Nanni Balestrini

"E no alla scuola dei padroni! E no ai governi, dimissioni!"
Paolo Pietrangeli "Valle Giulia"

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Recensione LOFT

Recensione loft




Regia di Kiyoshi Kurosawa con Miki Nakatani, Etsushi Toyokawa, Hidetoshi Nishijima

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Reiko è una scrittrice in crisi creativa. Il suo editore le propone un soggiorno in una casa in campagna per rilassarsi e riprendere a scrivere. Appena trasferita Reiko vede dalla finestra un uomo trasportare quello che le sembra un corpo.
Successivamente scopre che si tratta di Yoshioka, un antropologo dell'università che sta studiando una mummia.
Intanto Reiko avverte delle strane presenze all'interno della casa, e là scopre un manoscritto.

Questa volta Kurosawa si è concesso il divertimento di giocare con lo spettatore.
Ad una prima occhiata di superficie può sembrare che egli abbia scelto di mostrare, come mai prima, il perturbante che solitamente suggerisce alternative possibili, e quasi mai percorribili, all'interno della sua opera.
Ma al secondo sguardo appare già chiaro che non solo non è così, ma che addirittura tutto quel mostrare è fuorviante, quello che lo spettatore vedrà in realtà non è che il fumo negli occhi che Kurosawa getta per mascherare, ancora una volta i contenuti inquietanti di cui il suo cinema è saturo.
Non è la mummia il vero punto del racconto, e nemmeno il fantasma della precedente inquilina, forse uccisa da uno o dall'altro dei protagonisti, non importa chi. Nè la crisi creativa di Reiko ha di per sè un significato, se non nella misura in cui apre la porta al perturbante che stavolta abita non solo la casa, ma anche l'anima di chi silenzioso nella notte porta a spasso una mummia. O forse potrebbe sembrare che l'editore sia invischiato a molti livelli con la sorte della precedente inquilina, ma neanche questo è importante.
La polizia, i corpi e il fango sono solo la superficie dietro cui aleggia altro, un altro da sé che Kurosawa nasconde bene, mostrandolo solo in un contesto quotidiano e quindi rassicurante.

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venerdì 25 settembre 2009

Recensione SOMERS TOWN

Recensione somers town




Regia di Shane Meadows con Piotr Jagiello, Thomas Turgoose, Ireneusz Czop, Elisa Lasowski, Perry Benson

Recensione a cura di K.S.T.D.E.D. (voto: 7,5)

Ultimo lungometraggio di Shane Meadows, "Somers Town" è l'ennesima conferma, laddove ce ne fosse ancora bisogno, del talento del regista inglese.
Presentato al Torino Film Festival, ha ricalcato esattamente le orme lasciate dal precedente "This is England", vincitore del premio Speciale della Giuria alla prima edizione del Festival del cinema di Roma. Dopo aver ricevuto apprezzamenti unanimi dalla critica, infatti, è stato, come da copione, puntualmente ignorato dalle case di distribuzione nostrane, privando così il pubblico italiano, per la gran parte abbondantemente colpevole, di una pellicola ben superiore alla media di quelle presenti nelle nostre sale.

La storia è quella di due adolescenti, Tomo e Merek, le cui strade si incrociano in una Londra grigia e assente. Il primo fugge da Nottingham, il secondo, invece, vive nella capitale assieme al padre, immigrato polacco, gran lavoratore e in cerca di stabilità e di un nuovo inizio. Tra i due nascerà una genuina amicizia che li porterà, poi, ad innamorarsi della stessa ragazza.

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giovedì 24 settembre 2009

Recensione BASTA CHE FUNZIONI

Recensione basta che funzioni




Regia di Woody Allen con Evan Rachel Wood, Henry Cavill, Patricia Clarkson, Kristen Johnston, Larry David

Recensione a cura di JackR

Boris Yelnikoff (Larry David) è un ex brillante professore di meccanica quantistica che vive isolato dal mondo dopo un tentato suicido e un divorzio. Il suo quotidiano si divide tra attacchi di panico, lezioni di scacchi molto poco ortodosse ai bambini e lunghe tirate nichiliste e pessimiste al bar con gli amici.
Una sera nella sua vita piomba Melody (Evan Rachel Wood), una svampita, ignorante e stupida all'inverosimile ragazza del Mississipi, scappata di casa ed in cerca di fortuna a NY. Riluttante, tra un insulto e l'altro, Boris accetta di ospitarla e di farle da cicerone per la Grande Mela e, alla fine, l'inevitabile scintilla scatta tra i due.
A complicare le cose, però, piomba in casa dei neo-sposi la madre di Melody, la cui bigotta morale viene messa a dura prova dalle abitudini di New York, con esiti sorprendenti per la vita di tutti...

"Whatever works", in italiano tradotto con "Basta che Funzioni", è il quarantesimo film di Woody Allen. Ce ne sono stati di grandiosi, di particolari, di brutti e di innocui; questo più che altro sembra appartenere all'ultima categoria. Vi possiamo trovare echi di "Io e Annie" e "Manhattan" ma non possiede l'originalità e l'importanza di questi due capolavori.
C'è la relazione con una ragazza molto più giovane (almeno stavolta è maggiorenne), c'è il rapporto culturalmente sbilanciato tra lui e lei, l'incapacità di mantenere le relazioni, l'ipocrisia della morale, c'è il jazz, c'è New York (di nuovo) e il teatro classico dove le nevrosi di Allen vengono messe in scena, soprattutto se c'è da riderci su.
Ma questo giudizio non va frainteso: Allen sa scrivere e dirigere, è un fuoriclasse nei dialoghi con le battute, soprattutto riguardo temi storicamente a lui cari come l'amore, la religione, l'ansia di vivere, la morte. Stavolta si tiene fuori dal set affidando a Larry David il personaggio principale (che potrebbe essere un attempata versione di Alvy o Ike, i protagonisti dei due classici sopra citati).

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Recensione RETRIBUTION - CASTIGO

Recensione retribution - castigo




Regia di Kiyoshi Kurosawa con Kôji Yakusho, Manami Konishi, Tsuyoshi Ihara

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Yoshioka è un detective della polizia di Tokyo a cui viene affidata un'indagine sulla morte di una donna che è stata trovata affogata, apparentemente in una pozzanghera, ma in realtà in acqua salata. Poco dopo lui comincia a vedere la donna vestita di rosso che ad un certo punto gli parla, accusandolo della sua morte.
Gli omicidi aumentano e lui si trova in breve tempo a fronteggiare tre casi di persone morte affogate in acqua salata, ma ritrovati in prossimità di pozze di acqua dolce.

Qualcosa di serio è accaduto in un fabbricato nel porto di Tokyo alla fine della seconda guerra mondiale, le tracce dell'accaduto giungono fino ad oggi attraverso le bizzarre morti di cui il racconto è costellato.
Il detective Yoshioka si fa strada a fatica tra le sensazioni e gli indizi, senza capire quasi nulla fino a quando un fantasma vestito di rosso comincia a parlargli. L'urlo di lei giunge da lontano, a testimonianza di un passato sepolto, ma straordinariamente vitale. I terremoti che ne annunciano l'arrivo sono anche essi ignorati, come l'urlo che la dimenticata banshee lancia di tanto in tanto.
In una città grigia e resa tetra da un racconto che viene direttamente dal lato ombra della sua storia, la donna in rosso appare, bellissima e dolente, come unico tocco di colore, e le sue stigmate sono l'acqua del porto e i terremoti.
Il filo che lega gli omicidi è in realtà assai visibile, ma non è quello che ci interessa. Quello su cui lentamente metteremo l'attenzione è il significato della parola "castigo", un ritorno dato a partire da un'azione violenta e repressiva, il solo ed unico modo per ricordare ciò che abbiamo avuto fretta di seppellire.
Yoshioka è la parte di noi che non vuole vedere e che ha fretta di dimenticare, è l'emblema della nostra responsabilità nel male che facciamo ogni giorno a chi ci sta intorno, senza neanche accorgercene.

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mercoledì 23 settembre 2009

Recensione DISTRICT 9

Recensione district 9




Regia di Neill Blomkamp con Sharlto Copley, David James, Jason Cope, Vanessa Haywood, Marian Hooman, Vittorio Leonardi, Mandla Gaduka, Johan van Schoor, Stella Steenkamp, Nathalie Boltt, Sylvaine Strike, Elizabeth Mkandawie, John Summer

Recensione a cura di JackR

1982: un'enorme, minacciosa astronave si ferma nei cieli di Johannesburg.
L'irruzione dei militari porta alla scoperta di un gruppo di alieni spaventati, malati e inermi che vengono accolti sulla terra in un campo profughi, il district 9 appunto, che lentamente diventa un ghetto per le proteste degli abitanti della città.
Il piano di evacuazione dal district 9 al district 10 (più lontano da Johannesburg) è affidato a Wikus, inetto genero di uno dei dirigenti dell'agenzia internazionale MNU preposta al controllo degli alieni ed allo studio della loro tecnologia.
Quando Wikus viene infettato da un liquido alieno,comincia a mutare ed è costretto a scappare per non essere fatto a pezzi a scopo di ricerca: il suo DNA, ora parte umano e parte alieno, gli permette infatti di attivare le potentissime armi aliene confiscate dal MNU sulla nave madre, il cui funzionamento è basato sull'impronta genetica degli alieni.
La sua fuga in cerca di una cura lo conduce all'interno del district 9, dove farà l'incontro con l'alieno Christopher Johnson e suo figlio, che in segreto stanno progettando di tornare sulla nave madre e salvare gli altri alieni.

Peter Jackson aveva contattato Blomkamp per l'adattamento cinematografico di Halo (videogioco della Bungie Studios), ma quando il progetto si è arenato la loro collaborazione ha portato all'adattamento per il grande schermo di un corto, "Alive in Joburg", dello stesso Blomkamp.

"District 9" nasce da un'idea interessante, il concetto di apartheid interplanetario, e rovescia inizialmente i canoni della fantascienza ponendo gli alieni, seppur "invasori", in una posizione subordinata rispetto a quella degli uomini e soprattutto collocandoli geograficamente in un continente che di solito non visitano mai. D'altra parte nel 1982 in USA c'era già la nave spaziale di E.T....

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Recensione LOUISE MICHEL

Recensione louise michel




Regia di Benoît Delépine, Gustave de Kervern con Yolande Moreau, Bouli Lanners, Robert Dehoux, Sylvie Van Hiel, Jacqueline Knuysen, Pierrette Broodthaers, Francis Kuntz, Hervé Desinge

Recensione a cura di maxpayne230 (voto: 8,5)

In una piccola provincia francese, un gruppo di operaie di una fabbrica si ritrova improvvisamente senza lavoro.
Con solo 2000 euro di liquidazione, le signore accolgono la proposta di Louise - ex galeotta con problemi mentali - ossia uccidere il padrone assoldando un killer a pagamento, Michel, un goffo e obeso assassino.
I due si mettono quindi in viaggio alla ricerca del vecchio proprietario in continuo spostamento da una città all'altra.

Nella realtà, Louise Michel era il nome di un'anarchica francese vissuta alla fine del 1800. Si unì al gruppo "I Diritti Delle Donne" e diventa Segretaria Della Società Democratica Di Miglior Morale. Non è quindi un caso che questo film sia, in qualche modo, dedicato a lei.
Questa commedia nera dal taglio surreale percorre per tutta la sua durata un ideale anarchico, sia in termini morali che cinematografici.
"Louise Michel" esce di fatto da qualsiasi tipo di canone stabilito nella cultura della Settima Arte, ma anche da quelli della nostra società. Basta per esempio citare la scena del povero anziano su sedia a rotelle che si ritroverà vittima del potente rinculo di un fucile o lo sporco lavoro effettuato dalla cugina di Michel, l'ultimo della sua vita.
Non è un film per tutti i gusti, certamente. Per generalizzare, si potrebbe anche dire che qualsiasi film della cinematografia francese non è per tutti i gusti e "Louise Michel" è quindi il miglior rappresentante del cinema francese di quest'anno.
La trama del film è ben articolata, solo lo spettatore attento riesce a cogliere tutti i particolari rilasciati lungo il viaggio on the road dei due protagonisti e tante sono le sorprese che vengono rivelate su quei due personaggi che ci troveremo ad amare all'arrivo dei titoli di coda.

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martedì 22 settembre 2009

Recensione NON APRITE QUELLA PORTA (1974)

Recensione non aprite quella porta (1974)




Regia di Tobe Hooper con Marilyn Burns, Allen Danzinger, Paul A. Partain, William Vail, Teri McMinn, Edwin Neal, Jim Siedow, Gunnar Hansen, John Dugan

Recensione a cura di Zero00 (voto: 10,0)

Attenzione: la seguente recensione può contenere spoiler

Dando uno sguardo al poco rassicurante panorama horror contemporaneo, è impossibile non aver subito chiari due dei principali motivi per cui questo settore è in crisi: il primo è un'impressionante penuria di idee che ha trovato soluzione apparente in un riciclo continuo di quelle contenute in pellicole del passato; il secondo è un imbarbarimento della produzione di genere, che converge in quella che più volte è stata definita la "crisi dell'industria cinematografica" e che, se da un punto di vista prettamente economico, sembra ancora lontana dal rivelare i propri disastrosi effetti, da quello artistico è ormai cosa vecchia e appurata.
Sono sempre meno le case di produzione pronte ad investire capitali ed energie nel genere horror. I prodotti più innovativi e freschi (spesso europei) stentano a trovare un'adeguata distribuzione, mentre la vecchia cara Hollywood rovista nell'ampio catalogo di film di genere, alla ricerca del prossimo lungometraggio da cui trarre un remake.

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lunedì 21 settembre 2009

Recensione IL RAGAZZO DAI CAPELLI VERDI

Recensione il ragazzo dai capelli verdi




Regia di Joseph Losey con Pat O'Brien, Robert Ryan, Dean Stockwell, Barbara Hale

Recensione a cura di amterme63 (voto: 8,0)

"Il verde è il colore più bello, il colore della speranza"

Una guerra, anche se "giusta" e "motivata", lascia i suoi profondi segni pure nelle nazioni vincitrici.
Gli Stati Uniti avevano vinto la Seconda Guerra Mondiale a caro prezzo; molte famiglie piangevano un marito, un padre o un figlio morto. Le immagini dai campi di battaglia di mezzo mondo mostravano distruzioni, lutti, fame, disperazione, patite in genere dai più deboli, soprattutto dai bambini.
Ce n'era abbastanza per spingere molti artisti e intellettuali americani (soprattutto di sinistra) su posizioni contrarie alla guerra e alle sue cause scatenanti (il pregiudizio, l'intolleranza, il nazionalismo).
Allo stesso tempo, però, la guerra era stata un grosso affare per gli Stati Uniti. Aveva risolto la crisi economica che si trascinava dal 1929 e aveva consolidato il potere politico delle lobby, grazie alla forte pressione emotiva e ideologica indotta dalla guerra sull'opinione pubblica del paese.
Un'altra guerra (vera o fittizia) avrebbe fatto molto comodo ai grandi trust politico-finanziari. Al gruppo degli idealisti e progressisti apparteneva Joseph Losey, un giovane artista impegnato politicamente e molto appassionato di teatro. Ormai quasi quarantenne decise di esprimere la sua passione artistica e ideale anche tramite la macchina da presa.

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venerdì 18 settembre 2009

Recensione G.I. JOE - LA NASCITA DEL COBRA

Recensione g.i. joe - la nascita del cobra




Regia di Stephen Sommers con Dennis Quaid, Channing Tatum, Sienna Miller, Joseph Gordon-Levitt, Marlon Wayans, Rachel Nichols, Ray Park, Lee Byung-hun, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Saïd Taghmaoui, Arnold Vosloo

Recensione a cura di Francesca Caruso

Il regista Stephen Sommers non è un novizio nel dare corpo a questo genere cinematografico. Dimostra di sapersi ben destreggiare tra l'azione più sfrenata, i personaggi sopra le righe ed eccessivi e una vena di romanticismo (che si intravede tra un combattimento e l'altro) già nei film "La Mummia"(1999) e " La Mummia – il ritorno"(2001), due dei precedenti successi al botteghino del regista.
Sommers è riuscito ad apporvi la propria impronta, creandosi uno stile personale e riconoscibile, soprattutto nel modo di lavorare e organizzare tutti gli elementi a propria disposizione.
In questo film la vena di romanticismo è accompagnata dal mostrare il passato dei personaggi principali per spiegare i motivi e le ragioni che li hanno condotti a diventare quelli che sono oggi, rivelando una parte importante del loro essere.

Duke e Ripcord, due soldati semplici, vengono salvati durante una missione da una squadra di militari segreta, la G.I. Joe.
Le testate che stavano trasportando sono di notevole interesse per il magnate James Mac Cullan che, servendosi della nanotecnologia, vende armi ai governi e, contemporaneamente, fornisce le tecnologie di difesa da quelle armi, controllando così il mercato. Il suo obiettivo è radere al suolo alcuni punti chiave delle città più importanti del mondo, affinché si crei il panico, e mostrarsi poi come il "nuovo salvatore" avendo di fatto il potere assoluto.
La G.I. Joe recluta in tutto il mondo i migliori soldati: quello che gli altri non riescono a fare loro lo realizzano. Sono dotati di una tecnologia superavanzata che permettere loro di spingersi oltre i limiti conosciuti. Riescono così a tenere testa a Mac Cullan.
In questa corsa contro il tempo Duke ritrova la sua ex fidanzata Ana Lewis, una combattente alle dipendenze proprio di Mac Cullan. Molte saranno le cose che Duke dovrà mettere a posto con la collaborazione attiva della squadra in cui, nel frattempo, è entrato a far parte.

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Recensione HOOLIGANS

Recensione hooligans




Regia di Lexi Alexander con Elijah Wood, Charlie Hunnam, Claire Forlani, Marc Warren, Leo Gregory, Oliver Allison, James Allison

Recensione a cura di pompiere (voto: 6,0)

Povero Matthew. Espulso ingiustamente da Harvard essendosi preso la colpa per uso di stupefacenti al posto del suo compagno di stanza, si rifugia dalla sorella che abita a Londra.
Non fa in tempo ad arrivare nella capitale che si scopre in mezzo a un gruppo di esaltati tifosi del soccer, come lo chiama lui. Una cricca di sbandati ubriaconi pronti a menar le mani e attaccar briga con altri hooligans loro pari piuttosto che seguire lo sport come si dovrebbe.

Far parte del gruppo vuol dire sposare in pieno una filosofia di vita: il ritrovo pre-partita al pub con tanto di abbondante bevuta di alcool, una ripassata agli inni da cantare a squarciagola durante il match e via, verso lo stadio.

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