venerdì 30 aprile 2010

Recensione TODO MODO

Recensione todo modo




Regia di Elio Petri con Gian Maria Volontè, Franco Citti, Marcello Mastroianni, Mariangela Melato

Recensione a cura di The Gaunt (voto: 9,0)

"Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati e quivi accusati di una quantità sterminata di reati... "
Pier Paolo Pasolini

E' il 28 agosto 1975 quando Pier Paolo Pasolini invocava un processo pubblico alla Democrazia Cristiana, appena qualche mese prima di essere barbaramente ucciso all'Idroscalo di Ostia in circostanze piuttosto controverse.
Sempre nello stesso anno la Democrazia Cristiana si trovava in grosse difficoltà dovute all'esito negativo prima delle elezioni politiche, che segnavano una fortissima avanzata del Partito Comunista, e dalla cocente bocciatura del referendum sul divorzio al quale alcuni grossi nomi, come quello di Fanfani, avevano investito molto per poi rimanere a bocca asciutta.

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giovedì 29 aprile 2010

Recensione L'UOMO NERO

Recensione l'uomo nero




Regia di Sergio Rubini con Margherita Buy, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Gifuni, Maurizio Micheli, Vito Signorile, Anna Falchi

Recensione a cura di peucezia

Sergio Rubini nella sua ultima fatica cinematografica ripropone un tema a lui da sempre caro: il ritorno alle proprie radici e l'indagine retrospettiva della propria infanzia.
Rispolverando il ruolo del capostazione, che lo vide debuttare sullo schermo, Rubini cuce una storia in parte autobiografica (il padre del regista come il protagonista del film è un ex dipendente delle Ferrovie nonché pittore dilettante) sulla relazione tra un padre e il suo unico figlio.

La storia, così come ne "L'amore ritorna", inizia ai giorni nostri: Gabriele Rossetti, un figlio ormai importante che, come il regista, si è staccato dal luogo natio, vi fa rientro per accompagnare all'ultima dimora il padre morente.
A ritroso la scena si sposta verso la metà degli anni Sessanta in un paese dell'entroterra barese: qui vive un bambino piuttosto vivace figlio di un capostazione insoddisfatto del suo lavoro impostogli a suo tempo dal padre e di una bella professoressa (Valeria Golino), consorte integerrima nonché valida donna di casa. Completa la famiglia uno zio scapolo non ancora trentenne (Riccardo Scamarcio) proprietario di un avviato negozio e adorato da sorella e nipote.

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mercoledì 28 aprile 2010

Recensione CELLA 211

Recensione cella 211




Regia di Daniel Monzón con Luis Tosar, Alberto Ammann, Antonio Resines, Marta Etura, Carlos Bardem

Recensione a cura di Mimmot

"Succeda quel che succeda non esci vivo da qui"

Basta guardarlo negli occhi per capire che non scherza, Malamadre, occhi di fuoco, ardenti come tizzoni, incutono paura e ti fanno sentire codardo.
È il galeotto più temuto e carismatico della prigione, Malamadre. Spaventa perchè è brutale, ti fa sentire una nullità perchè è truce e ha la freddezza di uno stratega.
Ne sa qualcosa Juan Oliver, il giovane agente di polizia penitenziaria, fresco di assunzione, che, all'improvviso, per uno strano scherzo del destino, se lo ritrova di fronte proprio nel giorno del suo esordio come secondino.

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Recensione CONFUCIUS

Recensione confucius




Regia di Mei Hu con Chow Yun-Fat, Yi Lu, Jianbin Chen, Quan Ren, Huang Jiao

Recensione a cura di Nicola Picchi (voto: 6,5)

Dopo "The Founding of a Republic", prodotto per celebrare il 60° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, arriva "Confucius", biopic che intende ricordare il 2560° anniversario della nascita del filosofo. Entrambe le opere sono due facce della stessa medaglia e condividono il medesimo intento celebrativo.
Se nel film di Huang Janxin e Han San-ping, didascalica quanto dignitosa parata all-star (da Jet Li a Andy Lau, passando per Peter Chan e Feng Xiaogang), lo scopo era quello di glorificare la storia politica del Partito Comunista, in "Confucius" la volontà di recuperare orgogliosamente le proprie radici culturali coesiste con il calcolo commerciale, considerato l'appeal del personaggio sui mercati asiatici.

La lezione politico-umanistica del filosofo divenne dottrina ufficiale dello stato durante la dinastia Han, ed è alla base del monumentale sistema burocratico che sostenne l'impero cinese fino al collasso della dinastia Quing, nel 1911.
Nel '900 il confucianesimo conobbe fasi alterne; il sogno di costruire uno stato etico, visto quale necessaria premessa alla fondazione di una società armonica, l'accento posto sul senso del dovere e sulla moralità personale, il rispetto della gerarchia sociale, sono valori che lo fecero etichettare come pensatore reazionario, portatore di una concezione conservatrice.
Duramente criticato negli anni della Repubblica e in quelli della Rivoluzione Culturale, durante i quali molti testi furono distrutti e gli studiosi perseguitati, dimenticato durante gli anni '80, Confucio è tornato una figura di attualità dagli inizi degli anni '90, tanto che sono state reintrodotte le annuali cerimonie per commemorarne il giorno della nascita e si sono tornati a studiare i testi classici del confucianesimo nelle scuole.

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Recensione DELIVER US FROM EVIL

Recensione deliver us from evil




Regia di Ole Bornedal con Lasse Rimmer, Lene Nystrom, Jes Andersen, Pernille Valentin, Bojan Navojec, Mogens Pedersen, Kurt Ravn, Sonja Richter

Recensione a cura di Anna Maria Pelella

Johannes e sua moglie Pernille lasciano la città per traslocare con i loro due bambini nel villaggio natale di lui. Lars, fratello di Johannes, investe col suo camion Anna, una donna piuttosto in vista nel paese e, per sfuggire alle conseguenze della sua azione coinvolge un immigrato bosniaco, amico di suo fratello. Le cose precipiteranno immediatamente dopo il ritrovamento del corpo. E Johannes si troverà in una situazione disperata.

Immaginate di camminare sul ghiaccio. A un primo passo sembrerà di essere su un suolo normale. Ma avanzando ci si potrebbe accorgere del fatto che il terreno non è poi così compatto. Che sotto di esso nuotano cose, e che queste potrebbero addirittura ingoiarci nel malaugurato caso di una rottura della superficie. Esattamente la stessa sensazione che si prova a guardare questo film.

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martedì 27 aprile 2010

Recensione LA CITTA' VERRA' DISTRUTTA ALL'ALBA (2010)

Recensione la citta' verra' distrutta all'alba (2010)




Regia di Breck Eisner con Timothy Olyphant, Radha Mitchell, Joe Anderson, Danielle Panabaker, Preston Bailey

Recensione a cura di Giordano Biagio

David Dutton, sceriffo di una piccola città del Kansas di 1300 abitanti di nome Ogden Marsh, in una tranquilla giornata di inizio primavera è costretto a uccidere per legittima difesa un cittadino della sua contea, entrato abusivamente nel campo di baseball durante la partita della squadra locale, con l'intenzione di fare una strage.
Il ripetersi in diverse circostanze di episodi simili porterà lo sceriffo ad indagare più in profondità sugli strani eventi, scoprendo una relazione tra i resti di un grosso aereo precipitato in una laguna prossima al paese e quanto sta accadendo di tragico nella sua contea.
David, ormai consapevole che l'origine di ciò che sta accadendo è dovuta ad un pericoloso carico di virus dell'aereo, chiude il rubinetto generale dell'acquedotto nella speranza di arginare il contagio, incurante delle eventuali proteste degli imprenditori agricoli; ma ormai è troppo tardi.

Il film, ricco di situazioni ben drammatizzate e di un tema contenutistico realistico, credibile, come la coltivazione virale legata all'ingegneria genetica, brilla rispetto all'originale del 1973 per il suo azzeccato rapporto tra finzione e vita reale del quotidiano, fantasia e abitudini giornaliere di un piccolo paese agricolo americano, un rapporto che impedisce alla fantasia di prendere troppo il largo, consentendo allo spettatore un gioco di identificazione e proiezione su oggetti e situazioni che lo riguardarlo molto da vicino.
Inoltre la figura centrale della coppia dei protagonisti impegnati in un ruolo da eroi del film è riuscita, funziona a meraviglia, perché si cala in un contesto dove nulla è dato per scontato, costringendo i due coniugi, per sfuggire alla morte, a situazioni ad alto rischio, sempre animate da un suspense invidiabile o da tensioni raffigurate in modi nuovi, dove le immagini del pericolo si muovono con un ritmo a incastri sorprendenti, di grande effetto, ben supportate da tecnologie inedite, di avanguardia, che riescono a renderle ancora più credibili perché imitano meglio una realtà che il film si limita solo a montarla in una diversa velocità e sequenza, per stupire e impaurire.

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Recensione CONOSCENZA CARNALE

Recensione conoscenza carnale




Regia di Mike Nichols con Ann-Margret, Art Garfunkel, Candice Bergen, Jack Nicholson

Recensione a cura di Mimmot

Dopo aver realizzato tre autentici capolavori ("Chi ha paura di Virginia Woolf", "Il laureato" e "Comma 22"), alla sua quarta regia Mike Nichols si conferma un acuto e coraggioso osservatore dei costumi e dell'organizzazione (e delle storture) della società americana. Ma anche un perfetto conoscitore della vasta gamma dei comportamenti umani di fronte alla totale incapacità delle giovani generazioni di relazionarsi tra loro e, soprattutto, con l'altro sesso, che nel maschio si traduce nella perdita assoluta delle proprie sicurezze e delle proprie capacità di amare.

Senza dubbio sconcerta vedere in "Conoscenza carnale" una generazione di maschi che nasconde, dietro l'apparente spregiudicatezza dell'esibizionismo sessuale e del numero di prede femminili conquistate, un profondo senso di smarrimento e di fragilità; come sconcerta vedere la vulnerabilità delle donne, che ancora non chiedono altro che di essere espugnate dalla potenza del maschio dominante.

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lunedì 26 aprile 2010

Recensione UN CRIMINE

Recensione un crimine


Regia di Manuel Pradal con Harvey Keitel, Emmanuelle Béart, Norman Reedus, Joe Grifasi, Lily Rabe, Kim Director, Brian Tarantina, Patrick Collins, Chuck Cooper, Clem Cheung

Recensione a cura di Giordano Biagio

Film TV originale e avvincente, di grande impatto visivo e culturale, con un ottimo soggetto narrativo, in grado anche di coinvolgere gli spettatori in problematiche etiche di rilievo, molto sentite, attuali, di forte incidenza mediatica.
"Un crimine" meritava forse un lancio pubblicitario diverso, su più vasta scala planetaria, in virtù anche di un cast di tutto rispetto e di un regista che conferma il suo acume analitico e una eccellente sensibilità al sociale più paradossale, oscuro, pauroso di una città grigia e violenta come New York.
Il film risente di un badge povero, calcolato per la TV, il suo linguaggio visivo non ha una grande articolazione, è molto condensato, la pellicola ha poche telecamere in azione, è troppo essenziale nelle scene, e per descrivere ciò che sta accadendo si appoggia frequentemente sul dialogo verbale più che sull'immagine; ma nonostante ciò il film coinvolge ed emoziona, soprattutto per l'intelligenza dell'intreccio e per le tre splendide recitazioni: della bellissima Emmanuel Beart, del sempre affascinante Harvey Keitel, e del seducente Norman Reedus.

Il contenuto del racconto lascia indignato lo spettatore per via di tutti gli assassini messi in scena e rimasti impuniti; il film rilascia un senso di impotenza, dolore, di fronte a una brutalità invadente, indicibile che buca lo schermo, in una metropoli come New York buia e terrorizzante, vera e squallida come non mai nonostante le sue isole di ricchezza economica e culturale.
Lo spettatore è esterefatto, allibito dal cinico piano omicida messo in atto da Alice (Emmanuel Beart), una donna fatale, malvagia, che travolge senza scrupoli in una immane tragedia un innocente e onesto lavoratore come Roger (Harvey Keitel), facendola franca.

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venerdì 23 aprile 2010

Recensione OLTRE LE REGOLE - THE MESSENGER

Recensione oltre le regole - the messenger




Regia di Oren Moverman con Ben Foster, Samantha Morton, Woody Harrelson, Jena Malone, Eamonn Walker, Peter Friedman, Lisa Emery, Halley Feiffer, Sam Kitchin

Recensione a cura di Mimmot

"So cosa stai pensando. Stai pensando: che cazzo, sono un fottuto eroe di guerra, decorato, a tre mesi dal congedo e mi sbattono nella squadra degli Angeli della Morte; ho un cercapersone, un discorso precotto e un ufficiale pazzo con cui fare surf in un cazzo di Oceano del Dolore".

Parlare di guerra e non mostrare mai la guerra. Solo il dolore. Il fottuto, maledetto, lacerante dolore, per l'assurda, illogica, irrazionale, insensata morte dei soldati al fronte.
È questo ciò che fa "Oltre le regole" (assurdo titolo italiano che fa sembrare il film un pornazzo, più che una drammatica pellicola di guerra): mostrare il dolore per elaborare il lutto collettivo di una guerra assurda, che non ce l'ha fatta ad entrare nella coscienza di una nazione.
L'Iraq oggi come il Vietnam ieri.
Una ferita ancora aperta che non ha fatto in tempo a rimarginarsi e che, anzi, rischia di incancrenirsi per le tante volte che è stata contaminata dalla politica di guerra americana.

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Recensione TARDA PRIMAVERA

Recensione tarda primavera




Regia di Yasujiro Ozu con Haruko Sugimura, Yameji Tsukioka, Setsuko Hara, Chishu Ryu

Recensione a cura di Ciumi (voto: 10,0)

Dagli angoli casalinghi. Dai bassi, modesti, fissi angoli di casa. Non v'è soggettiva migliore da dove osservare il cinema di Ozu, che non in questo rigore, che non da tale obbedienza, contenente più che una rinuncia e, infine, una grande conquista.
Rinuncia allo spettacolo, rinuncia alla gioia momentanea, rinuncia alla ricchezza, rinuncia al movimento. Conquista, che duri una vita e non oltre la vita, di una verità, e non ricerca della Verità.
Nel primo dopoguerra ("Tarda primavera" è il terzo film di questo periodo) s'avverte una nuova urgenza nell'opera di Ozu: le trame si spogliano ulteriormente, con un pudore che è disarmante. Tutti gli elementi accessori andavano tolti. Era la stessa essenzialità delle inquadrature che lo richiedeva: una schietta nudità, una mesta miseria, si pongono davanti a ogni cosa.
Ciò permette, nel minore ingombro possibile, una maggiore espansione - sì ma di che cosa? - appena di quelle frasi normali, di quelle situazioni comuni, di certe preoccupazioni quotidiane che, viste così, dentro uno schermo, diventano straordinarie. Piccole? No, grandi: dal momento in cui quel "appena" diviene un "molto"; e molto perché è tutto ciò che assomiglia alla vita.

La trama - il vedovo Somiya, padre di Noriko, pensa di far sposare la propria figlia; ma lei non sopporta l'idea di lasciare solo il padre anziano, così per convincerla egli finge un suo nuovo matrimonio con una donna - è tutta qui, e non serve altro.
E pochissimi personaggi intervengono in apporto al duo composto da padre e figlia.
Lo zio che si è risposato, soprattutto, è la proiezione patente del dubbio che tormenta Noriko riguardo al fatto stesso del risposarsi, la polemica che nasce attorno all'avvenimento che coinvolge entrambi, padre e figlia, nelle diverse sfumature, il matrimonio.

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Recensione SCONTRO TRA TITANI

Recensione scontro tra titani




Regia di Louis Leterrier con Sam Worthington, Gemma Arterton, Alexa Davalos, Mads Mikkelsen, Liam Neeson

Recensione a cura di Luke07

Figlio di Zeus, ma ignaro dei suoi mitici natali, Perseo cresce da uomo, vivendo normalmente la sua umile vita di pescatore insieme alla famiglia adottiva, finché questa non gli viene strappata dall'ira del dio degli inferi Ade. Si ritrova così, suo malgrado, catapultato nel bel mezzo di una guerra tra uomini e dei per il sovvertimento dell'ordine delle cose che vede i primi sottoposti all'obbedienza dei secondi, il che lo porterà a capo di una spedizione in un viaggio disseminato di pericoli, tra streghe veggenti, scorpioni giganti, gorgoni, stregoni del deserto ed altre entità demoniache, nel tentativo disperato di salvare la citta di Argo e la sua principessa dalla creatura infernale chiamata Kraken.

Ispirato al "Clash of the Titans" targato 1981 del regista Desmond Davis, il remake del francese Louis Leterrier, già autore di pellicole quali "Danny the Dog" e "L'incredibile Hulk", si differenzia dall'originale fin dal titolo italiano: non più "Scontro di Titani", bensì "Scontro tra Titani". Basta questa sottile variazione per porre le distanze tra i due film: non c'è più l'artigianale e affascinante stop- motion del maestro Harryhausen, che tanto aveva incantato gli spettatori 30 anni fa, sostituita dalle ben più moderne tecnologie digitali (compreso l'ormai onnipresente e inflazionato 3D), così come non vi è più traccia della vicenda sentimentale che vedeva coinvolti il protagonista Perseo e la principessa Andromeda: il cuore dell'eroe questa volta palpita per una new entry assai gradita, la Io interpretata dalla giovane e incantevole Gemma Arterton, personaggio assente nella pellicola originale per la quale gli sceneggiatori si sono presi ampia libertà.
Altra "licenza" è stata presa nella decisione di allargare il numero di componenti della spedizione volta a salvare le sorti della città di Argo e della sua principessa, per non parlare della soppressione degli intrighi, delle gelosie e dei dissidi tra gli dei stessi, che nella versione di Leterrier lasciano il passo ad un più "comodo" ed essenziale conflitto tra umani e divinità olimpiche, in nome della supremazia in terra.
Tutto insomma pare essere stato riadattato, plasmato in chiave moderna; sintomatica a riguardo la decisione di inserire, rispetto all'originale, un personaggio femminile, quello della Arterton appunto, che non è più solo ed esclusivamente modello di bellezza, meramente spettatrice dell'azione, ma che piuttosto risulta attivamente partecipe all'azione stessa, tanto da condizionarne gli esiti, capace di proteggere e consigliare l'eroe, nonché guidarlo nella ricerca di una propria identità, il che non fa che allinearsi al nostro contemporaneo cinematografico e sociale.

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giovedì 22 aprile 2010

Recensione EL CUARTO DE LEO

Recensione el cuarto de leo




Regia di Enrique Buchichio con Cecilia Cósero, Martín Rodríguez, Carolina Alarcón, Gerardo Begérez, Arturo Goetz, Mirella Pascual

Recensione a cura di Lot (voto: 7,5)

In fra li casi de la vita e magie de' cieli... libertà vo' cercando

Campeggia questa frase sul cartellone di un vecchio spettacolo teatrale nella "stanza di Leo"; ragazzo come tanti, poco più che ventenne, una ragazza, degli amici, una tesi da terminare.
Alle soglie della effettiva maturità però qualcosa si incrina in lui, la confortante normalità dei suoi affetti sembra non incontrare le esigenze di una sensibilità che si affaccia alla vita e non si può ignorare.
Accanto a lui viene a trovarsi Cora, vecchia amica di scuola ritrovata per caso, scossa da un segreto troppo grande per la sua fragilità.
Insieme e in parallelo affronteranno il loro disagio, portandolo a galla in un cammino malinconico e sofferto.

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Recensione CITY OF LIFE AND DEATH

Recensione city of life and death




Regia di Lu Chuan con Hideo Nakaizumi, Liu Ye, Gao Yuanyuan, Fan Wei, Jiang Yiyan, Qin Lan, Yuko Miyamoto, Ryu Kohata, Liu Bin, John Paisley

Recensione a cura di Nicola Picchi (voto: 7,5)

Il massacro di Nanchino è una delle pagine più nere del XX secolo, che pure può vantare un cospicuo catalogo di atrocità.
Quando nel dicembre 1937, pochi mesi dopo la caduta di Shanghai, l'Armata Imperiale di Hirohito attaccò Nanchino, allora capitale della Cina, si abbandonò ad una serie di omicidi di massa, torture, stupri e saccheggi che hanno pochi eguali. Dagli stupri seriali (circa 80.000) alle esecuzioni a colpi di mitragliatrice dei prigionieri di guerra sulle rive del fiume Yangtze, fino al reclutamento forzato delle donne come comfort women per i soldati nipponici e all'indiscriminato olocausto di civili, ci trova di fronte ad una sistematica enumerazione di orrori che lascia annichiliti. Gli storici cinesi hanno fatto una stima complessiva di 300.000 caduti, mentre per i giapponesi la cifra oscilla dai 100.000 ai 30.000.
Quegli avvenimenti sono tuttora argomento scottante nei rapporti sino-giapponesi, dato che il Giappone non ha mai sporto scuse ufficiali alla Cina, tranne un generico rincrescimento per le sofferenze causate in Asia, espresso nel 1995 dall'allora Primo Ministro Tomiichi Murayama e dall'Imperatore Akihito.
Una forte corrente revisionista tende a rimuovere l'avvenimento, anche sugli stessi libri di testo, e ancora nel 2007 è stato possibile realizzare un film totalmente negazionista come "The Truth about Nanjing".

L'episodio ha naturalmente ispirato numerosi film, ora di stampo documentaristico (l'interessante "Nanking", di Bill Guttentag e Dan Sturman), ora polpettoni ad elevato tasso retorico (l'insopportabile "The Children of Huang Shi", con Chow Yun Fat), ed ora questo "City of Life and Death", terza opera del regista Lu Chuan.

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