mercoledì 29 febbraio 2012

Recensione QUASI AMICI

Recensione quasi amici




Regia di Olivier Nakache, Eric Toledano con François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Audrey Fleurot, Clotilde Mollet, Alba Gaïa Kraghede Bellugi, Cyril Mendy, Christian Ameri, Grégoire Oestermann, Joséphine de Meaux

Recensione a cura di peucezia

Film francese, titolo originale "Les intouchables" (Gli intoccabili) alludendo alla priorità riservata a certe categorie sociali, "Quasi amici" è l'ennesima commedia d'oltr'alpe che declina l'amicizia virile tra due uomini molto diversi tra loro, tematica molto amata dai francesi a giudicare dalla buona quantità di film sull'argomento. Stavolta non si tratta di una storia verosimile, ma veritiera in quanto gli sceneggiatori hanno tratto ispirazione da reali accadimenti, tanto che le ultime inquadrature ci mostrano i veri protagonisti della vicenda (un ricco aristocratico e il suo badante di origini algerine).

Philippe e Driss (François Cluzet e Omar Sys) apparentemente non hanno nulla in comune: il primo è un miliardario costretto alla sedia a rotelle per un grave incidente sul parapendìo, paralizzato dal collo in giù ma vulcanico e pieno di vita interiore, l'altro è un giovanottone pieno di salute, costretto a campare di espedienti e con il sussidio di disoccupazione, di primo acchito grezzo e pigro, ma in realtà sveglio e di buoni sentimenti.
Le loro esistenze si incrociano quando Philippe, in cerca di un assistente a tempo pieno a causa della sua gravissima disabilità, durante un colloquio di selezione, prende immediatamente in simpatia Driss e lo assume, pur consapevole di scegliersi un aiutante non qualificato, né referenziato. Si capirà in seguito che non è pietà quella che cercava, ma complicità e un pizzico di trasgressione.
Driss e Philippe dopo qualche momento di reciproca minima diffidenza, imparano a capirsi sostenuti dalle donne di casa, delle fedeli e inflessibili impiegate di Philippe, e ben presto iniziano a bighellonare per Parigi correndo a perdifiato in Maserati, inseguiti da pattuglie di poliziotti; si donano reciprocamente emozioni per quanto di meglio ciascuno possa offrire all'altro (Driss regala a Philippe un compleanno indimenticabile, Philippe ricambia con un'esperienza mozzafiato sul parapendìo). Poi Driss inizia Philippe al fumo di "erba", che sembra dare gran sollievo ai dolori notturni di cui è vittima il ricco infermo.

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martedì 28 febbraio 2012

Recensione SHERLOCK HOLMES: GIOCO DI OMBRE

Recensione sherlock holmes: gioco di ombre




Regia di Guy Ritchie con Robert Downey Jr., Jude Law, Noomi Rapace, Rachel McAdams, Jared Harris, Stephen Fry, Kelly Reilly, Geraldine James, William Houston, Eddie Marsan, Gabrielle Scharnitzky, Paul Anderson, Shonn Gregory, Affif Ben Badra

Recensione a cura di Fiaba

Si aprono le vorticose danze di questo sequel a 100 all'ora con l'Irene Adler di Rachel McAdams, ambasciatrice portatrice di pena per conto dell'oscuro Moriarty. Il nemico di turno ha la faccia malmostosa di Jared Harris (talentuoso bazzicatore delle serie tv americane, una su tutte "Fringe"), cervello criminale da mad man, causa potenziale di una crisi d'Europa e ambita conseguenza di un traffico d'armi infallibili, giocatore di scacchi come ogni superkattivo che si rispetti.

Quella che era la protagonista femminile del film precedente ha, stavolta, breve vita sullo schermo, cede il passo ad una meno incisiva e molto folkloristica Noomi Rapace/Simza, zingara scaltra e seducente solo nelle note di sceneggiatura. Tuttavia, della Adler non si esclude un ritorno (dopotutto plausibile in un mondo caleidoscopico dove Holmes sopravvive ad una – letterariamente leggendaria - caduta in un dirupo, che per Arthur Conan Doyle sarebbe stato un amaro dejà vu); anche se come coprotagonista ci basta e avanza Jude Law, l'affascinante dottore (entrambi nella coppia sono interscambiabili braccio e mente), estremamente a suo agio nel ruolo brillante e baffuto di Watson.

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lunedì 27 febbraio 2012

Recensione TUTTI PER UNO

Recensione tutti per uno




Regia di Richard Lester con Ringo Starr, George Harrison, Paul McCartney, John Lennon

Recensione a cura di JackR

John, Paul, George e Ringo, assieme al nonno di Paul e ai due manager Shake e Norman sono diretti ad una registrazione per uno show televisivo. Alla routine degli assalti dei fan e dell'indisciplina dei quattro si aggiunge il perfido nonno di Paul, che tenta in tutti i modi di seminare zizzania e far sciogliere il gruppo, puntando soprattutto sull'evidente insicurezza di Ringo. A pochi minuti dalla diretta, Ringo non si trova più...

La leggenda narra che dopo la prima, non entusiasmante, audizione al cospetto di George Martin negli studi di Abbey Road, il leggendario produttore abbia esposto ai quattro giovani Beatles (ancora privi di Ringo Starr) i limiti della loro esibizione.
La sua grande educazione gli impose poi di chiedere ai quattro se qualcosa non avesse convinto loro. George Harrison, neanche vent'anni, prese la parola ed all'uomo che poteva spalancargli la strada del professionismo o rimandarlo a suonare nei locali rispose "La tua cravatta".
Lo show improvvisato che seguì fu - a quanto sembra - decisivo: musicisti grezzi, ma dotati di personalità fuori dal comune e di un senso dell'umorismo travolgente, i Beatles conquistarono Martin e il resto è una storia che non accenna a finire.

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venerdì 24 febbraio 2012

Recensione HYSTERIA

Recensione hysteria




Regia di Tanya Wexler con Maggie Gyllenhaal, Hugh Dancy, Felicity Jones, Rupert Everett, Jonathan Pryce, Tobias Menzies, Gemma Jones, Anna Chancellor, Sheridan Smith, Kate Linder

Recensione a cura di marcoscafu (voto: 6,0)

"Forma di nevrosi tipica delle donne caratterizzata da vari disturbi psichici e da sintomi sensoriali e motori quali eccitabilità, irritabilità, accessi nervosi, depressione, angoscia"

Secondo la psichiatria ottocentesca l'isteria era descritta in queste poche righe. Il dottor Robert Dalrymple (Jonathan Pryce, "I pirati dei caraibi") è il maggior esperto londinese di medicina femminile per quanto riguarda tale patologia. Siamo negli anni Ottanta dell'Ottocento e molte sono le casalinghe, ma non solo, che a lui si rivolgono per un "massaggio manuale" che allevi i loro disturbi. Troppe per un uomo solo e sulla sessantina.
Arriva in suo aiuto il giovane Mortimer Granville (Hugh Dancy, "I love shopping"), dottore dai saldi principi morali e totalmente dedito al giuramento di Ippocrate ma sfortunato nei rapporti lavorativi, costantemente messo alla porta dai suoi datori.
Accolto a braccia aperte dall'anziano Dalrymple e soprattutto dalla giovane figlia Emily (Felicity Jones, "Like crazy"), di cui diviene ben presto il fidanzato, è invece preso come oggetto di scherno e battibecco dalla figlia maggiore Charlotte (Maggie Gyllenhaal, "Crazy heart"). Caratteri opposti per le due sorelle: "figlia modello" che suona il pianoforte e dedita alla frenologia la giovane Emily, paladina delle donne povere o senza tetto e in aperta contrapposizione al padre la più grande Charlotte.

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giovedì 23 febbraio 2012

Recensione NATALE IN CASA CUPIELLO

Recensione natale in casa cupiello




Regia di Eduardo De Filippo con Eduardo De Filippo, Pupella Maggio, Luca De Filippo, Lina Sastri

Recensione a cura di elio91 (voto: 9,5)

"Tommasì... te piace 'o presebbio?"

"Natale in Casa Cupiello", chi non la conosce? Persino chi ha visto al massimo due minuti di una qualunque altra commedia eduardiana (o chi non ha proprio mai visto niente) sa chi l'ha scritta e alcune delle frasi più famose.  Miracolo, prima della bravura di Eduardo, poi del teatro e infine della cattiva maestra per eccellenza, la televisione, che ha portato questa famosissima commedia agrodolce nelle case degli italiani, prima in una versione in bianco e nero del 1962, poi in quella diventata famosa a colori del 1977 (e spendo due parole per lodare tutto il cast, specie una Pupella Maggio strepitosa e un Luca De Filippo indimenticabile, su Eduardo non vale la pena spendere altre parole). Amata forse per quell'aria di familiarità che ogni personaggio riesce ad incarnare, grazie al nucleo familiare allo sbando, eppure tanto veritiero, formato da un vecchio sognatore (un antieroe eduardiano), una moglie con cui è perennemente in contrasto e un figlio mamo e "delinquentello" che la madre protegge come una chioccia. Andiamo però con ordine.

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mercoledì 22 febbraio 2012

Recensione IO SONO. STORIE DI SCHIAVITU'

Recensione io sono. storie di schiavitu'




Regia di Barbara Cupisti con -

Recensione a cura di Mimmot

Profezia
Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri
sulle barche varate nei Regni della Fame.
Porteranno con sé i bambini,
e il pane e il formaggio
....
Essi sempre umili
Essi sempre deboli
essi sempre timidi
essi sempre infimi
essi sempre colpevoli
essi sempre sudditi
essi sempre piccoli,
essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare,
essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi
in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo,
essi che si costruirono
leggi fuori dalla legge,
essi che si adattarono
a un mondo sotto il mondo.

P.P. Pasolini, da "Alì dagli occhi azzurri"

Circa quaranta anni fa Pier Paolo Pasolini profetizzava che molto presto ondate di profughi africani, sulle ali di un sogno di libertà e di riscatto, avrebbero intrapreso un lungo viaggio e sarebbero arrivati qui da noi nella speranza di raggiungere l'Europa: la loro "terra promessa".
La profezia si è avverata, è sotto gli occhi di tutti. Sono i figli di quell'Alì dagli occhi azzurri, sono i figli dei poveri del nostro tempo e vengono dalle guerre che non finiscono mai.
A loro, ai loro indicibili viaggi, al loro arrivo nel nostro paese, alle loro difficili condizioni in cui sono costretti a vivere, è dedicato il film-documentario "Io sono - Storie di schiavitù", che la regista Barbara Cupisti ha presentato all'ultimo festival di Venezia nella sezione Controcampo Italiano.

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martedì 21 febbraio 2012

Recensione HARD CANDY

Recensione hard candy




Regia di David Slade con Patrick Wilson, Ellen Page, Sandra Oh, Jennifer Holmes, Gilbert John

Recensione a cura di HollywoodUndead (voto: 9,5)

"Da questa storia si impara che i bambini, e specialmente le giovanette carine, cortesi e di buona famiglia, fanno molto male a dare ascolto agli sconosciuti; e non è cosa strana se poi il Lupo ottiene la sua cena.
Dico Lupo, perché non tutti i lupi sono della stessa sorta; ce n'è un tipo dall'apparenza encomiabile, che non è rumoroso, né odioso, né arrabbiato, ma mite, servizievole e gentile, che segue le giovani ragazze per strada e fino a casa loro. Guai! a chi non sa che questi lupi gentili sono, fra tali creature, le più pericolose!
"

Così disse Charles Perrault, scrittore di uno degli adattamenti della famosa fiaba di "Cappuccetto rosso". Perchè citiamo Perrault e la sua opera? Perchè la pellicola di David Slade ha cento, forse anche mille analogie con la famosa fiaba europea che tutti, grandi e piccini, di tutte le generazioni, conoscono a memoria.

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Recensione IN TIME

Recensione in time




Regia di Andrew Niccol con Olivia Wilde, Alex Pettyfer, Johnny Galecki, Amanda Seyfried, Justin Timberlake

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,5)

"Niente ci appartiene, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene".
Seneca: Lettere a Lucilio.

In un futuro imminente, la vecchiaia è stata curata come una qualsiasi altra malattia. Il corpo umano smette di invecchiare all'età di venticinque anni. Questo però implica il rischio di un sovrappopolamento insostenibile. Ne discende che non tutti possono sopravvivere. Una persona, dunque, raggiunti i venticinque anni, si ritrova sul braccio, impresso nella carne, un orologio che gli garantisce ancora un anno di vita. Il denaro è scomparso e il tempo è divenuta la sola merce di scambio idonea ad acquistare beni o servizi. Se un individuo esaurisce il proprio tempo, muore.
Il mondo è diviso in zone orarie alle quali si può accedere solo se si possiede un credito di tempo sufficiente. Quindi, più si è ricchi più si risiede in aree privilegiate.
Will Salas (Justin Timberlake) vive nella periferia industriale e metallurgica, dove le persone lavorano e vivono con crediti di poche ore.
Un sera, in un bar locale c'è un ricco ubriaco (Matt Bomer) che offre da bere a tutti. Egli possiede oltre un secolo di vita da spendere come meglio crede. La sua presenza attrae l'attenzione di un gruppo di criminali detti i Minutemen, dei ladri di minuti altrui, che vivono piuttosto bene dei propri furti, visto che il loro capo dichiara di vivere da oltre settantacinque anni e che, quindi, sembrano poter agire incontrastati o comunque sembrano essere lasciati a piede libero dalle forze dell'ordine, che in questa società prendono il nome di Guardiani del Tempo.
Salas aiuta quest'uomo a sfuggire ai Minutemen e insieme si rifugiano in un edificio abbandonato dove hanno modo di confrontarsi. L'uomo dice di chiamarsi Henry Hamilton e proviene da New Greenwich, l'area più ricca della città, dove la gente possiede migliaia e migliaia di anni. Afferma di essere vecchio e molto stanco della sua vita e del sistema sociale. Poi, con un giro di parole estremamente semplice spiega a Salas come funziona l'economia che ruota intorno al tempo. Approfittando del suo sonno, Hamilton dona tutto il proprio tempo a Salas, suicidandosi e lasciandoli come monito l'invito a non sprecare il suo tempo.
Adesso Salas si ritrova oltre un secolo sul proprio orologio con cui può aiutare sua madre e i suoi amici, ma il precipitare degli eventi lo obbligherà a mettersi contro il sistema.

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lunedì 20 febbraio 2012

Recensione AUTUMN IN NEW YORK

Recensione autumn in new york




Regia di Joan Chen con Richard Gere, Winona Ryder, Anthony LaPaglia, Elaine Stritch

Recensione a cura di K.S.T.D.E.D.

"Strappalacrime" è la definizione che viene data ad un genere di film ormai riconoscibile. Non è però, come è comune convinzione, necessariamente sinonimo di pellicola scarsa e diretta ad un pubblico cerebroleso, ma può dirsi, al pari di ogni altra opera, riuscita o meno. Certo, il nome in particolare sembra ispirarsi a quelle che riuscite non lo sono affatto, quelle che cercano letteralmente di strappare lacrime allo spettatore al di là della qualità della storia raccontata. "Autumn In New York", in questo senso, è un esempio perfetto. A dirigere è Joan Chen, attrice che ha lavorato nelle più famose serie televisive degli anni '80 e in seguito nel "Twin Peaks" di David Lynch. Dopo aver partecipato ad altre pellicole, sempre come attrice, nel 2000 gira questo suo primo lungometraggio. L'inesperienza dietro la macchina da presa c'è e si vede, e non è forse un caso che la sua carriera da regista inizi e finisca qui.

Will Keane (Richard Gere) ha 48 anni, è proprietario di un ristorante ed è apprezzato nel suo lavoro al punto da guadagnarsi la copertina di una famosa rivista. Non mostra intenzione alcuna di avvicinarsi sentimentalmente ad una donna, defilandosi nel momento in cui avverte che un rapporto sta per farsi troppo serio. Quando però incontra Charlotte (Winona Ryder) il suo equilibrio comincia a vacillare sotto i colpi di emozioni che non riesce a controllare come ha sempre fatto.

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Recensione UN GIORNO QUESTO DOLORE TI SARA' UTILE

Recensione un giorno questo dolore ti sara' utile




Regia di Roberto Faenza con Marcia Gay Harden, Stephen Lang, Peter Gallagher, Ellen Burstyn, Toby Regbo

Recensione a cura di JackR

Roberto Faenza ha dichiarato che "Someday this pain will be useful to you" (tratto dall'omonimo romanzo di Peter Cameron) è il suo omaggio a Il Giovane Holden, libro di cui ha tentato invano di acquistare i diritti per una trasposizione cinematografica.

Considerando la filmografia e soprattutto la biografia di Faenza, viene da chiedersi cosa sia realmente questo film. E' il ritratto di un delicato adolescente nel momento decisivo della sua crescita o uno spietato attacco all'ipocrisia della borghesia americana?
Probabilmente un tentativo (un po' maldestro) di essere entrambe le cose. Il suo giovane Holden, James Sveck (Toby Regbo) vive nella New York contemporanea, anima sensibili di una famiglia come tante (almeno, come tante della fiction): madre (Marcia Gay Harden)svagata consuma-mariti e dedita a discipline di meditazione orientali, sorella maggiore (Deborah an Woll) invaghita del professore più anziano del padre, padre (Peter Gallagher) con il complesso di Peter Pan che punta donne più o meno dell'età della figlia e mangia bistecche al sangue perchè è virile (o comunque più che pranzare con un'insalata). Insomma, la classica serie di stereotipi da fiction che, trasposta sul grande schermo, funziona anche meno.

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venerdì 17 febbraio 2012

Recensione WAR HORSE

Recensione war horse




Regia di Steven Spielberg con Jeremy Irvine, Peter Mullan, Emily Watson, David Thewlis, Benedict Cumberbatch

Recensione a cura di peucezia

Ennesima incursione nel genere bellico da parte di Steven Spielberg la storia di "War Horse". Il drammone strappalacrime candidato a sei statuette, inizia come storia edificante, che celebra la straordinaria amicizia tra uomo e cavallo: nella campagna del Devon, esaltata dalla splendida fotografia, un anziano e malmesso agricoltore acquista un giovane puledro. Tra Albert, figlio del compratore e il cavallo, chiamato Joey, nasce un rapporto fraterno che fa compiere al puledro azioni a dir poco prodigiose. Gli stessi forti sentimenti saranno mantenuti dal cavallo anche quando il malcapitato, venduto a un ufficiale e mandato sul fronte durante la prima guerra mondiale, sarà testimone di vicende dolorose.

Spielberg riesce a colpire la sensibilità dei più, confezionando un film per tutti: dai bambini, attirati dalla bellezza del puledro Joey, agli animi più delicati, spinti a commuoversi fino alle lacrime per le sventure del cavallo e dei suoi amici umani; a chi ama la natura, grazie al sapiente uso delle riprese, arrivando poi a chi si esalta per le scene di massa tipiche dei kolossal di una volta: esempio più evidente l'assalto della cavalleria e la conseguente carneficina inquadrata dall'alto.

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giovedì 16 febbraio 2012

Recensione MISSION: IMPOSSIBLE - PROTOCOLLO FANTASMA

Recensione mission: impossible - protocollo fantasma




Regia di Brad Bird con Tom Cruise, Jeremy Renner, Léa Seydoux, Josh Holloway, Michael Nyqvist, Simon Pegg, Ving Rhames, Paula Patton, Anil Kapoor, Vladimir Mashkov

Recensione a cura di JackR

Appena recuperato da un carcere di massima sicurezza russo, Ethan Hunt (Tom Cruise) viene coinvolto in una missione già compromessa, che richiede di recuperare informazioni riservate all'interno del Cremlino.
Durante l'operazione, un attacco terroristico fa saltare il palazzo del governo russo e la colpa ricade sull'IMF, che viene immediatamente dismessa (tramite il Protocollo Fantasma del titolo), mentre i rapporti tra USA e Russia tornano ai livelli della guerra fredda e Cobalt (Micheal Nyqvist), ex-agente russo, responsabile dell'attentato, minaccia di scatenare un conflitto nucleare.
Senza copertura, senza supporto e con una squadra messa insieme dagli eventi (due membri operativi non affidabili e un ambiguo analista), Hunt deve correre contro il tempo per chiarire la propria posizione e scongiurare il disastro nucleare.

La Mission: Impossible, stavolta, è ancora più Impossible: tutta la divisione IMF è stata chiusa (è il Protocollo Fantasma del titolo) dopo che un attacco terroristico al Cremlino ha di fatto azzerato i rapporti tra USA e Russia. I sospetti ricadono sulla squadra di Ethan Hunt, che deve scagionarsi e - tanto per complicare un po' le cose - salvare il mondo dal disastro nucleare, con mezzi limitati, senza copertura e senza supporto.
La sospensione dell'incredulità va in tilt ancor prima dei titoli di testa, ma il bello è proprio questo: "Mission Impossible: Ghost Protocol" non tenta mai, nemmeno per un momento, di essere realistico e coerente. Al contrario di tanti, pessimi, recenti blockbuster, Brad Bird e Tom Cruise costruiscono una velocissima sequenza di scene spettacolari e divertenti, in un crescendo di ritmo e tensione che però s'inceppa al momento di tirare le fila, con un anti-climax conclusivo non all'altezza.
D'altra parte la sceneggiatura non è l'elemento più forte del film - non che debba esserlo - ma l'ultimo atto risulta affrettato e un po' scontato: d'altronde è difficile pensare che la missione non venga portata a compimento...

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mercoledì 15 febbraio 2012

Recensione HESHER E' STATO QUI

Recensione hesher e' stato qui




Regia di Spencer Susser con Joseph Gordon-Levitt, Devin Brochu, Rainn Wilson, Natalie Portman, Piper Laurie, John Carroll Lynch, Audrey Wasilewski

Recensione a cura di Mimmot

"La vita è come una passeggiata sotto la pioggia, c'è chi trova riparo e chi si bagna e basta"

Dal Sundance Film Festival del 2010, con colpevole ritardo rispetto ai cinema americani (dove la pellicola è diventata un cult e il personaggio di Hesher un mito, dando inizio a una vera e propria Hesher-mania), arriva nelle nostre sale "Hesher è stato qui", film indie diretto dall'esordiente regista americano Spencer Susser, che l'ha scritto insieme a David Michod ("Animal Kingdom").
Divertente e anche un po' brutale "Hesher è stato qui" è un film ibrido che sfugge a qualsiasi definizione, un po' folle e un po' saggio, un po' dramma e un po' commedia, cinico e poetico, miscela eccentricamente momenti divertenti ad altri colmi di humour nero, non disdegnando un pizzico di follia anarchica, sempre necessaria nei momenti in cui occorre rompere gli schemi per reagire alla vita quando ci mostra il dito medio.

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