martedì 31 gennaio 2012

Recensione LA CASA DEI FANTASMI (1958)

Recensione la casa dei fantasmi (1958)




Regia di William Castle con Vincent Price, Richard Long, Carole Ohmart, Alan Marshal

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il benestante americano Frederick Loren (Vincent Price), alla sua quarta esperienza di matrimonio viene incontro, un po' a malincuore, al forte desiderio della bella moglie Annabelle (Carol Ohmart) - che ha già tentato in precedenza di avvelenarlo - la quale vuole organizzare una serata party speciale per sfuggire alle noiose abitudini della vita matrimoniale.
L'uomo però è ossessionato dalla gelosia per la moglie e ciò lo porta a decidere di scegliere lui stesso gli invitati e a mettere in piedi un gioco complesso, ambiguo, di cui neppure lui sa per quanto tempo riuscirà ad essere il protagonista.
Frederik affitta per il party una strana casa, dall'aspetto esterno squadrato, isolata, già teatro di sette omicidi. Il proprietario dell'edificio informa che le anime di quei morti vagano ancora, ostili, malefiche, inquiete, tra i numerosi vani e corridoi dell'appartamento: forse in cerca di una ritorsione-vendetta che plachi le loro pulsioni?

Gli ospiti invitati da Frederick sono un singolare insieme, composto da sei persone di estrazioni sociali molto diverse: Ruth Bridges (Julie Mitchum sorella di Robert Mitchum) una giornalista, Watson Pritchard (splendida l'interpretazione del personaggio di Elisha Cook jr) il proprietario della casa, Nora Manning (Carolyn Craig) impiegata in una delle aziende di Frederick, Lance Schroeder (Richard Long) un pilota e il carismatico psichiatra David Trent (Alan Marshal).
La lontananza di ogni affinità professionale e psicologica tra i sei invitati dovrebbe secondo Frederik allontanare il pericolo di facili familiarizzazioni o rapporti troppo confidenziali che attenuerebbero la forza delle tensioni che ha in mente di costruire: quelle tensioni cui contribuiscono per intensità sia le sue frustrazioni matrimoniali sia gli eventi-spavento creati dai fantasmi veri.
Frederick offre a chi riuscirà a passare l'intera notte in quella casa, e quindi a sopravvivere, diecimila dollari. Per vari motivi tutti e sei i contattati sono interessati a quel denaro e, anche se sono un po' impauriti dal modo, che si preannuncia fino a quel momento oscuro, con cui dovrebbero ottenerlo, finiscono tutti per accettare la strana proposta.

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lunedì 30 gennaio 2012

Recensione FANTASIE DI UNA TREDICENNE

Recensione fantasie di una tredicenne




Regia di Jaromil Jires con Jaroslava Schallerova, Helena Anyzova, Petr Kopriva, Jirì Prymek, Jan Klusàk

Recensione a cura di Compagneros

«Ho scritto questo libro per amore del mistero delle vecchie narrazioni, delle superstizioni e dei libri romantici scritti in caratteri gotici che mi balenarono un tempo davanti agli occhi senza permettermi di scoprire il loro contenuto. [...] Mi rivolgo a quanti, di tanto in tanto, si soffermano come me sul mistero di certi cortili, di certi sotterranei, di certi villini e sul mistero degli intrichi della mente intorno a ciò che è arcano. Se riuscirò, con questo mio libro, a evocare in loro quei sentimenti rari e preziosi che mi hanno costretto a scrivere un racconto che rasenta il ridicolo e la futilità, sarò soddisfatto.»
Viteszslav Nezval – Prefazione di Valerie a Tyden Divu

"Valerie a Tyden Divu", più noto come "Valerie and her Week of Wonders", in Italia è stato tradotto in: "Le Fantasie di una Tredicenne". Si tratta di un film del 1970 ed è il terzo lungometraggio del regista ceco Jaromil Jires, ispirato all'omonimo romanzo del connazionale Viteszslav Nezval (1900-1958). Sarebbe stato certamente più opportuno applicare la letterale traduzione adoperata per l'edizione italiana del libro di Nezval: "Valeria e la settimana delle meraviglie".
Jaromil Jires (1935-2001) è stato tra i maggiori esponenti della Nova vlna, la nouvelle vague cecoslovacca.
Si tratta di un film di matrice surrealista difficilmente catalogabile, è una sorta di fiaba nera (così definiva il suo romanzo Nezval) dalle tinte gotiche, caratterizzata da accese sfumature erotiche, il tutto accompagnato dalla gradevolissima colonna sonora di Lubos Fiser.

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venerdì 27 gennaio 2012

Recensione ACAB - ALL COPS ARE BASTARDS

Recensione acab - all cops are bastards




Regia di Stefano Sollima con Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Filippo Nigro, Domenico Diele, Andrea Sartoretti

Recensione a cura di peucezia

Acronimo di ALL COPS ARE BASTARDS, espressione mutuata dal gruppo inglese anni ottanta skinhead The 4-skins, il film di Stefano Sollima (sua la fiction tratta dal film Romanzo Criminale), si ispira al romanzo di Carlo Bonini, giornalista di Repubblica.

Protagonisti a tutto tondo un gruppo di celerini romani, poliziotti estremi, vittime e carnefici di un mondo cupo e violento che sembra non avere spiragli di bontà.

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giovedì 26 gennaio 2012

Recensione IN CERCA DI AMY

Recensione in cerca di amy




Regia di Kevin Smith con Ben Affleck, Joey Lauren Adams, Jason Lee, Kevin Smith, Matt Damon

Recensione a cura di foxycleo (voto: 7,0)

Tutti siamo in cerca di Amy. Ognuno di noi si è invaghito o innamorato una volta nella vita in maniera profonda, passionale, trascinante. Spesso, se non sempre, si rimane delusi da tali esperienze, per svariati motivi che è inutile elencare, perché nel film di Kevin Smith si vuole semplicemente far coincidere l'immagine ideale della suddetta persona, che si era creata nella nostra mente e aveva invaso il nostro cuore, con l'immagine reale, quindi piena di difetti e di dubbi, come qualsiasi persona reale si ritrova a essere.

La vita, al di là dal lavoro, dalla famiglia d'origine, dallo sport e dagli hobby vari è in cerca di Amy.

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mercoledì 25 gennaio 2012

Recensione THE HELP

Recensione the help




Regia di Tate Taylor con Emma Stone, Bryce Dallas Howard, Mike Vogel, Sissy Spacek, Allison Janney, Jessica Chastain, Ahna O'Reilly, Viola Davis, Chris Lowell, Anna Camp, Octavia Spencer, Aunjanue Ellis, Cicely Tyson, Dana Ivey, Brian Kerwin

Recensione a cura di pompiere (voto: 6,0)

Una moltitudine di raggi solari rischiara la città di Jackson, Mississippi.
Una speranza di solidarietà che cerca in tutti i modi di conciliarsi con il feroce razzismo dell'inizio degli anni '60. E' un desiderio invocato da un gran numero di donne, quasi tutte afroamericane, le quali prestano servizio domestico presso le famiglie più facoltose dei bianchi. Il loro tran tran quotidiano è scosso proprio da una donna bianca, giovane, fresca di due lauree e intraprendente.
Il suo nome è Eugenia Skeeter (Emma Stone) la quale, tanto per introdursi nell'ambiente redazionale, si è appena fatta assumere come scribacchina per una rubrica giornalistica locale di poco interesse. In realtà il sogno è quello di diventare scrittrice, magari affrontando qualche tema rilevante. L'occasione è sotto ai suoi occhi; da qui ha inizio una segreta collaborazione con Aibileen (Viola Davis) e la sua amica Minny (Octavia Spencer, fresca vincitrice del Golden Globe come Miglior Attrice non Protagonista), due delle colf più gettonate ed esperte.

Tratto dall'omonimo primo romanzo di Kathryn Stockett, scritto con intenti quasi autobiografici, il film accosta allo spirito solidale delle collaboratrici familiari nere, che oltre a far da mangiare e a pulire accudiscono la prole altrui, le mortificazioni attuate dalle signore bene della comunità bianca.
Da non perdere l'aderenza ai personaggi delle immature Hilly (Bryce Dallas Howard, la Perfidia in persona) e Celia (Jessica Chastain), con Sissy Spacek in un ruolo di matrona ubriaca dallo sguardo lungimirante, le quali si muovono tutte in un'ambientazione pressoché perfetta costituita da dimore curate, abiti cuciti mirando alla perfezione e serate di finta beneficenza/benevolenza.

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martedì 24 gennaio 2012

Recensione NON APRITE QUEL CANCELLO

Recensione non aprite quel cancello




Regia di Tibor Takács con Stephen Dorff, Louis Tripp, Christa Denton, Kelly Rowan, Jennifer Irwin

Recensione a cura di Giordano Biagio

"C'è un passaggio tra il nostro mondo di luce e di gioia e il loro mondo di follia e di dolore. Una porta dietro la quale i demoni attendono il momento di riprendere quello che appartiene loro".
Dalla "Bibbia del diavolo"

Il giovane Glen (Stephen Dorff) diventa amico di un ragazzo, Terry (Louis Tripp), vicino di casa, interessato alla musica rock e accanito lettore di libri sulla magia e i demoni della storia delle religioni tra i quali, nell'ambito delle opposizioni al cristianesimo, spicca la "Bibbia del diavolo".
Una notte Glen fa un sogno-incubo che risulterà vero in numerosi suoi dettagli: ha la visione di un fulmine che sradica un grosso albero nel suo cortile, lasciando sul terreno un largo buco. Dopo il reale e drammatico evento onirico del ragazzo, Glen e Terry rimangono coinvolti in paurosi eventi, dalle frequenze quotidiane, che creano situazioni dal tono emotivo incredibile.

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lunedì 23 gennaio 2012

Recensione DEL PERDUTO AMORE

Recensione del perduto amore




Regia di Michele Placido con Giovanna Mezzogiorno, Fabrizio Bentivoglio, Rocco Papaleo, Enrico Lo Verso

Recensione a cura di peucezia

Un sacerdote di mezz'età durante la celebrazione ha un'epifania ("improvvisa percezione della realtà o del significato di qualcosa, originato in genere da una semplice, comune situazione o ricorrenza") che lo riporta al passato: rivediamo in flashback il protagonista quattordicenne nel suo paese natio tra Puglia e Basilicata all'epoca delle manifestazioni bracciantili.

Michele Placido, regista e sceneggiatore della pellicola (suo il cameo iniziale del protagonista adulto e prete), confeziona una ricostruzione impeccabile del periodo storico in cui è ambientato il film (la fine degli anni Cinquanta), coadiuvato da altri attori locali quali Rocco Papaleo e Sergio Rubini e regalando a Giovanna Mezzogiorno un ruolo da protagonista a tutto tondo.

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venerdì 20 gennaio 2012

Recensione ELEPHANT

Recensione elephant




Regia di Gus Van Sant con John Robinson, Timothy Bottoms, Matt Malloy, Eric Deulen, Alex Frost, Elias McConnell

Recensione a cura di pompiere (voto: 10,0)

I genitori non hanno più il controllo. Sbandano anche quando la strada è diritta. Vuoti e sfocati, come i corridoi scolastici percorsi dalla loro prole.
L'assenza è così palese che sono loro ad essere al servizio dei figli, quei discendenti altrettanto disorientati, costretti ad amministrare le "virtù" loro malgrado. Questi ragazzi tirano su col naso e camminano solitari con in mano fucili e bombe.
Come siamo arrivati a tutto questo? Bisogna sbrigarsi a trovare una risposta: le nubi si muovono in fretta, e si fa presto ad oscurare un cielo limpido con nembi grigio scuro, a passare dal giorno alla notte...

Suddiviso in capitoli che portano il nome dei ragazzi protagonisti, "Elephant" è un ritratto adolescenziale scritto, montato e diretto da Gus Van Sant, regista esperto delle problematiche di giovani che si avvicinano all'età adulta e alla vita in generale. Solamente ispirato alla tragedia nel liceo di Columbine, a Littleton, in Colorado, il 20 aprile del 1999, Van Sant si smarca abilmente dai fatti di cronaca cambiando i nomi dei veri studenti coinvolti e ambientando le riprese in un giorno chiaramente autunnale, prendendo in considerazione adolescenti crudeli ma bene inseriti, figli di una società benestante e tediata.
Tuttavia la capacità creativa dell'autore non si ferma a questa area esclusiva; non c'è mai, da parte del regista, l'intenzione di ancorarsi a una traccia calcolata. Con la macchina da presa sta addosso a questi giovani, li bracca alle spalle, li pedina frontalmente, li accompagna affiancandoli e spesso li lascia andare per un po', distanti, osservando da lontano le andature, i suoni dello scalpiccio. Ci fa percepire il clima umido che popolano, l'aria sudata di palestre e spogliatoi, le voci concitate di brevi partite a football, i suoni di un pianoforte o di una chitarra, le voci impilate di una mensa, la campanella che trilla come se scandisse un'ora d'orologio qualsiasi piuttosto che un comando. Compie lenti giri di valzer a corteggiare un'età fondamentale, nella quale non si può essere abbandonati.
Perché, oltre all'insegnamento scolastico, c'è anche quello civico e sentimentale, che non può ridursi a un dito infilato in bocca e a un sorriso provocante e scaltro.

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giovedì 19 gennaio 2012

Recensione NON MANDARMI FIORI!

Recensione non mandarmi fiori!




Regia di Norman Jewison con Rock Hudson, Doris Day, Tony Randall, Paul Lynde, Hal March

Recensione a cura di peucezia

Anni Sessanta: il discusso sex symbol Rock Hudson fino ad allora interprete di film di genere drammatico- sentimentale, giunto alla fatidica boa dei quarant'anni si ricicla nel genere commedia rosa accanto a una quasi coetanea fino ad allora definita "fidanzata d'America": la bionda Doris Day, vergine di ferro alla cui virtù attenta il playboy finendo inevitabilmente con l'impalmarla.

"Non mandarmi fiori", firmato da Norman Jewison, è il terzo film della premiata coppia.
Stavolta Hudson non è il solito dongiovanni incallito ma il marito fedele di Doris, affetto da ipocondria. Una diagnosi sbagliata gli fa pensare di essere in fin di vita dando la stura a una serie di equivoci senza fine.

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mercoledì 18 gennaio 2012

Recensione SHAME

Recensione shame




Regia di Steve McQueen con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware, Elizabeth Masucci, Jake Richard Siciliano, Robert Montano, Anna Rose Hopkins, Alexandra Vino

Recensione a cura di pompiere (voto: 6,0)

I giovani rampanti di oggi, quelli sulla trentina o giù di lì, vestono bene, abitano lindi e scarni appartamenti, partecipano a estenuanti riunioni lavorative con la stessa aderenza degli istanti in cui si siedono sul water, e ovviamente fanno sesso. Tanto sesso. Meglio se in quel di New York: lì ti puoi confondere tra milioni di anime, cambiare partner più facilmente, trasgredire accoppiandoti vicino a zone di transito pubblico, chiuderti in bagno col fai-da-te.
Brandon (Michael Fassbender) è uno di questi. Onanistico ben oltre il significato comune del termine e ai limiti della patologia, vede di rado Sissy (Carey Mulligan, più brava di Fassbender anche se meno in scena), una sorella sensibile che soffre le vere pene d'amore; primitive, superate angosce sentimentali, stonate come un disco dance anni '80 che vibra nello stancante tedio del quotidiano. La mediocre consuetudine sbatte contro le note commosse ed emozionanti della voce di lei, in cerca di fortuna come cantante. La scena dell'esibizione, in un jazz club, di "New York, New York" è da brividi: sguardo febbrile, ritmo rallentato, sospiri per chi non c'è (e che prima c'era stato?), lacera come il suono intimista della tromba di Chet Baker.

Le occasioni per fare sesso non sono mai mancate. Forse oggi sono troppe e conducono a un po' di confusione. La carnalità è sempre esistita, pur essendosi evoluta/involuta nei suoi palesamenti. Così come le deviazioni e le ossessioni che la riguardano.
Il protagonista e la sorella provengono da un passato difficile. Lui sembra agire seguendo un impulso genuino che poi si immobilizza e resta muto, in una specie di autocontrollo sempiterno, attento a non uscire dai binari paralleli di rapporti mordi e fuggi.
Chissà qual è il "brutto posto" dal quale giungono citato in uno dei dialoghi più amari del film? Abbiamo pensato a qualcosa di incestuoso, viste le lacunose fasi dei quattro mesi amorosi di Brandon, i suoi evitamenti emotivi, il tono dei messaggi ricevuti in segreteria in apertura di film, e il pianto disperato durante la sentita interpretazione canora: che la vergogna del titolo sia proprio questa?

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martedì 17 gennaio 2012

Recensione CHI E' CCHIU' FELICE 'E ME!

Recensione chi e' cchiu' felice 'e me!




Regia di Eduardo De Filippo con Valeria Moriconi, Gennarino Palumbo, Eduardo De Filippo, Enzo Cannavale, Nina De Padova

Recensione a cura di elio91 (voto: 8,0)

"Chi è cchiù felice 'e me" rappresenta un'altra tappa importante nella carriera teatrale di Eduardo De Filippo. Ambientata in campagna (una rarità per le commedie eduardiane, solitamente localizzate in città con esponenti di piccola o media borghesia) e lo scarto tra città e campagna rimane uno dei motivi centrali della commedia. Si fa inoltre sempre più chiara la presenza di un certo tipo di crudeltà verso i protagonisti, dello sberleffo che li coglie a partire sin dal titolo, che come vedremo non è solo il tormentone con cui il protagonista tenta di convincersi che tutto gli vada bene, ma anche l'amara constatazione della sua inesattezza.

Vincenzo è un piccolo possidente terriero a cui davvero si può dire non gli manchi nulla: ha una bellissima moglie laboriosa e previdente (come non mancano di notare gli amici gelosi), ha una bella casa, è agiato e non corre rischi. Ci tiene a confermarlo lui stesso agli amici, cui rifiuta il piacere di un affare perché troppo rischioso. In realtà lui si avvia solo verso la sicurezza, non vuole che gli manchi nulla e addirittura (in uno dei momenti più umoristici) confida ai compagni che perfino il rosolio da offrire agli ospiti è razionato secondo i giorni, per non creare disequilibrio nei conti di fine mese.
Se quindi inizialmente la previdenza di Vincenzo ce lo fa apparire come una persona normale come tante, si capisce dalla sua esagerazione che in verità così non è e la sua è una visione estremamente limitata e ottusamente borghese. Così come ignoranti e limitati sono i borghesi di campagna, i "compari" che lo vanno a trovare dopo un viaggio a Napoli. E' il momento in cui Eduardo illustra il contrasto città - campagna ma senza idealizzare quest'ultima come faceva Rousseau, bensì ponendola sotto una luce ambigua, ristretta, dove i villici fanno brutte figure a casa dei conoscenti cittadini, non conoscendo le usanze più comuni (l'acqua per lavarsi le mani a tavola è un occasione per fare brutta figura). Giunti alla fine del primo atto, che serve ad illustrare la sicurezza di Vincenzo e la devozione della bella moglie Margherita, Vincenzo continua a ripeterselo tra sé, come un mantra o una preghiera da recitare: "Noi stiamo bene, che ci può succedere a noi, non manchiamo di nulla". E nel momento esatto in cui la preghiera finisce non viene esaudita, anzi accade lo sconvolgimento interno e il ribaltamento della situazione: uno sconosciuto si introduce in casa di Vincenzo, lo obbliga ad aiutarlo perché inseguito dalla polizia dopo aver sparato ad un tale e Vincenzo, suo malgrado, lo nasconde in casa.
Finisce il primo atto in sospeso: sarà da questo momento in poi che la commedia acquista un significato ancora più sarcastico.

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lunedì 16 gennaio 2012

Recensione NOTIZIE DEGLI SCAVI

Recensione notizie degli scavi




Regia di Emidio Greco con Giuseppe Battiston, Ambra Angiolini, Giorgia Salari, Annapaola Vellaccio, Francesca Fava, Iaia Forte

Recensione a cura di peucezia

Roma, epoca imprecisata quasi sospesa nel tempo, in un appartamentino del centro vivono alcune strane ragazze: una misteriosa "signora" più vicina ai cinquanta che ai quaranta e un buffo omone factotum dai modi di fare decisamente "borderline" (Giuseppe Battiston insolitamente sbarbato e con l'aspetto di un pacioccone inquietante).

L'incipit di "Notizie degli scavi", film nato da un racconto di Lucentini dei primissimi anni Sessanta (e da qui l'aura di sospensione temporale di tutta la vicenda), regala un tono dimesso che il film manterrà per tutta la sua durata. Il protagonista maschile detto "il professore" (tutti i personaggi della storia hanno dei soprannomi e non sono noti per i loro nomi propri) si aggira per l'appartamentino e si dedica a sbrigare le faccende per le ragazze che abitano lì e che probabilmente esercitano la professione più antica del mondo, la signora stanca e accidiosa sovrintende e giudica beffarda.

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venerdì 13 gennaio 2012

Recensione INDIANA JONES E L'ULTIMA CROCIATA

Recensione indiana jones e l'ultima crociata




Regia di Steven Spielberg con Harrison Ford, Sean Connery, Denholm Elliott, Alison Doody, John Rhys-Davies, Julian Glover, River Phoenix, Michael Byrne, Kevork Malikyan, Robert Eddison

Recensione a cura di JackR

1913: un giovane boyscout (River Phoenix) sottrae ad un gruppo di predatori una preziosa reliquia, per portarla in un museo. L'impresa fallisce, di un soffio: è l'inizio di una leggenda. 1938: Indiana Jones (Harrison Ford) viene informato che suo padre (Sean Connery), con il quale non ha rapporti da anni, è scomparso durante la ricerca del Santo Graal, la leggendaria coppa da cui bevve Gesù durante l'Ultima Cena, argomento a cui aveva dedicato ossessivamente tutta la sua esistenza. Per ritrovarlo, Indiana Jones deve seguire le tracce del Santo Graal, che lo portano nuovamente ad incrociare il suo percorso con i Nazisti, anch'essi a caccia del prezioso manufatto. Stavolta, però, c'è bisogno di due Jones per venire a capo del mistero...

Per quasi vent'anni, "Indiana Jones e l'Ultima Crociata" è stato il capitolo conclusivo delle avventure di Indiana Jones. L'Ultima Crociata inizia con un lungo flashback sull'infanzia di Indy, svela e approfondisce il rapporto tra Indiana e suo padre, li lancia nella ricerca del Santo Graal e li lascia a cavalcare verso il tramonto. Il finale perfetto per la saga. Il recente quarto episodio, di cui più della qualità sarebbe da discutere la necessità, non ha soddisfatto nessuno (a parte George  Lucas, troppo orgoglioso per ammettere errori) e adesso un quinto episodio è - questo sì - necessario, se non altro per restituire ad Indy il suo finale.

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