venerdì 30 novembre 2012

Recensione 007 SKYFALL

Recensione 007 skyfall




Regia di Sam Mendes con Daniel Craig, Judi Dench, Ralph Fiennes, Javier Bardem, Naomie Harris, Rhys Ifans, Bérénice Marlohe, Albert Finney, Helen McCrory, James Remar, Ben Whishaw, Tonia Sotiropoulou

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 7,5)

Di ritorno nell'M6 dopo esser stato dato per morto, James Bond ha il suo primo confronto verbale con Q, giovane e rampante esperto informatico dei servizi segreti britannici, di fronte al dipinto di Turner "La valorosa Téméraire", alla National Gallery di Londra. L'opera ritrae un veliero da guerra condotto in porto per la demolizione, sullo sfondo di un intenso tramonto, trainato da un rimorchiatore a vapore. "Sic transit gloria mundi", viene in mente guardando il dipinto: i tempi passano inesorabili, le vecchie glorie sono soppiantate dalle nuove tecnologie, che appaiono sempre più prosaiche.
E' un James Bond che guarda al passato, quello di "007 Skyfall", e che si interroga: sui tempi che corrono, su ciò che cambia, ciò che tramonta e ciò che perdura. Lo fa in modo scanzonato ma lucido, esplicitando - a volte con ironia - l'interesse per questi interrogativi nei dialoghi, nelle situazioni e nelle citazioni (la comparsa della Aston Martin salutata dall'attacco dello storico brano musicale di 007 è una felice intuizione).

Gli sceneggiatori di "007 Skyfall" (gli "storici" Neal Purvis e Robert Wade, affiancati da John Logan) provano a ragionare in grande, e a fare i conti con il mondo com'è diventato 50 anni dopo il primo episodio della serie, 20 anni dopo la fine della guerra fredda, e 11 anni dopo l'11 settembre. Il cinquantenario di 007, ben sfruttato in termini commerciali (con cofanetti da collezione e tutti gli episodi della serie editi per la prima volta in alta definizione) è stato il pungolo che li ha spinti a lavorare di fino - oltre a essere stata la ragione dell'ingaggio un regista di prestigio come Sam Mendes, che lascia la sua firma su quello che è il Bond più riuscito e significativo da decenni a questa parte.

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giovedì 29 novembre 2012

Recensione CI VEDIAMO A CASA

Recensione ci vediamo a casa




Regia di Maurizio Ponzi con Ambra Angiolini, Edoardo Leo, Antonello Fassari, Myriam Catania, Primo Reggiani, Nicolas Vaporidis, Giuliana De Sio, Giulio Forges Davanzati

Recensione a cura di marcoscafu

Roma. Tre quartieri. Monteverde, Prenestino e Stella Polare (Ostia). Tre storie. Tre coppie. Un unico problema, molto comune ai giorni nostri: trovare casa.
Vilma (Ambra Angiolini, "Immaturi" e "Saturno contro") e Franco (Edoardo Leo, "Gente di Roma" e "Grazie di tutto") sono la coppia del Prenestino: lui deve scontare un periodo in galera per atti violenti e percosse, lei lavora in biblioteca. Vorrebbero un po' di intimità, ma l'unica casa che trovano è quella di Giulio (Antonello Fassari, "Il muro di gomma" e "Il conte Max"), un amico pensionato che ha bisogno di cure dopo un infarto.
La convivenza a tre, ovviamente, non è facile, anche per i sospetti di Franco che vede nel padrone di casa un atteggiamento ambiguo nei confronti della fidanzata. A completare la situazione difficile ci si mette un poliziotto molto zelante che non riesce a vedere di buon occhio il ragazzo, ritenendolo un violento che non riuscirà mai a pulirsi dalle sue colpe.

Gaia (Myriam Catania, "Io no" e "Liberi") e Stefano (Giulio Forges Davanzati, "Taglio netto") si conoscono al circolo del tennis di cui è proprietario il padre di lui, nel quartiere Monteverde, zona bene di Roma. Non hanno problemi economici ma solo di convivenza. Lei si trova improvvisamente senza la casa che stava arredando (un loft in zona Termini), causa problemi giudiziari del padre, e per non vivere l'inferno familiare tra tribunali e controlli notturni, accetta l'invito di Stefano. Ma tra i due la convivenza non è affatto semplice, molto più facile sarà, per entrambi, unirsi in società per affari.

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mercoledì 28 novembre 2012

Recensione 71 FRAMMENTI DI UNA CRONOLOGIA DEL CASO

Recensione 71 frammenti di una cronologia del caso




Regia di Michael Haneke con Gabriel Cosmin Urdes, Lukas Miko, Otto Grünmandl, Anne Bennent

Recensione a cura di marcoscafu

"71 Fragmente einer Chronologie des Zufalls", del 1994, è il terzo ed ultimo capitolo della trilogia della glaciazione iniziata nel 1989 con "Der siebente Kontinent" e proseguita nel 1992 con "Benny's video" del regista austriaco, ma nato a Monaco, Michael Haneke (23 marzo 1942). Il futuro realizzatore di perle memorabili come "Funny games" e "Il tempo dei lupi" punta in modo veemente il dito contro la borghesia in queste sue prime opere.

Così come per "Il settimo continente", anche in questo "71 frammenti di una cronologia del caso" dare una sintesi di trama è quanto mai complicato. Come preannunciato dal titolo: 71 frammenti, 71 piccoli flash sulla vita di gente qualunque in una Vienna prossima alla vigilia di Natale di un freddo 1993. Un bambino rumeno (Marian Radu interpretato da Gabriel Cosmin Urdes) scappa da Bucarest, una coppia di coniugi (Inge Brunner, alias Anne Bennent, e Paul Brunner, alias Udo Samel) cerca disperatamente di diventare genitori tramite l'adozione di poveri orfani, uno studente (Maximilian, Lukas Miko) chiama costantemente i propri genitori, un anziano (Tomek, Otto Grünmandl) è in perenne disaccordo con la figlia, e così via con gli altri personaggi dei 71 tasselli che andranno a comporre, nel finale, il puzzle del Caso.
E il finale, glaciale come la trilogia, è tutto nell' apertura del film, che cita dal telegiornale: "Il 23 dicembre 1993, uno studente di 19 anni, Maximilian B. sparò a tre persone in una banca di Vienna e subito dopo si uccise con un colpo alla testa".

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martedì 27 novembre 2012

Recensione VENUTO AL MONDO

Recensione venuto al mondo




Regia di Sergio Castellitto con Penélope Cruz, Emile Hirsch, Sergio Castellitto, Jane Birkin, Mira Furlan, Branko Djuric, Sanja Vejnovic, Isabelle Adriani, Juan Carlos Vellido, Luna Mijovic

Recensione a cura di Paolo Ferretti De Luca aka ferro84 (voto: 7,0)

Alla sua terza opera come regista, Sergio Castellitto ribadisce il connubio affettivo e professionale con la moglie Margaret Mazzantini, portando sul grande schermo uno dei suoi "best seller", forse quello più difficile da mettere in scena sia da un punto di vista produttivo, sia realizzativo.
"Venuto al modo" è un romanzo forte, profondo, ricco di sfumature, che ha il suo punto di forza più che nel semplice racconto narrativo, in quello introspettivo dei personaggi, nel racconto dell'essere donna e del peso, a volte insostenibile, della maternità.
A tratti corale, sullo sfondo di una sanguinosa guerra, è un libro dove vita e morte convivono in un unicum letterario non sempre risolto, ma che sa catturare l'interesse e coinvolgere.

Va riconosciuto il coraggio nella scelta di portare sul grande schermo un un romanzo così strutturato, lontano dal solito modo di fare cinema in Italia, caratterizzato da un respiro internazionale presente sia nel cast che nella produzione.

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lunedì 26 novembre 2012

Recensione COSIMO E NICOLE

Recensione cosimo e nicole




Regia di Francesco Amato con Riccardo Scamarcio, Clara Ponsot, Paolo Sassanelli, Andrea Bruschi, Giorgia Salari

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 7,0)

"Cosimo e Nicole" sono una coppia priva, come tante, di altri legami: due ragazzi indipendenti, precari anche per scelta, "incasinati e un po' incoscienti" (come li definisce il regista). Lui italiano (interpretato da Riccardo Scamarcio), lei francese (Clara Ponsot). Si sono conosciuti a Genova durante il G8, nel 2001. Lì decidono di vivere insieme. Rinchiusi in una dimensione privata che esclude tutto il resto: complici, innamorati, appassionati, il loro rapporto è descritto senza sdolcinatezze romantiche, in modo epidermico. Sembra che la vita gli basti: vivono, e sopravvivono, lavorando precariamente per un indebitato allestitore di concerti (interpretato dal caratterista Paolo Sassanelli, in una prova un po' stridente).
Il film è contrappuntato da godibilissimi anche se indulgenti spezzoni di concerti delle principali band italiane di rock - come si dice? "alternativo"?: Marlene Kuntz, Afterhours, Verdena. La colonna sonora è funzionale ai caratteri dei personaggi, insieme liberi e tormentati.

Un grave incidente sul lavoro, che coinvolge un immigrato clandestino della Guinea, arriva come il destino a frapporsi fra Cosimo e Nicole. Le reazioni alle conseguenze di quanto è capitato sono molto diverse, per i due protagonisti. Di lì il film si trasforma in un autentico percorso di formazione a due, che prima li allontana, poi li riavvicina, in una vicenda che - con un occhio ai primi Dardenne de "La promessa" (1996) - ricorda l'impossibilità di scampare alle conseguenze morali delle proprie azioni (come insegna Dostoevski con "Delitto e Castigo"). Cosimo e Nicole, in un finale notevole, che vale tutta la pellicola, scontano la loro colpa: che non è quella che la legge attribuisce loro, e nemmeno in fondo quella per la quale non sono mai stati puniti. La loro responsabilità è di essersi asfitticamente chiusi nel privato, pretendendo - con la stessa naturale arroganza della nostra società - di fare della propria vita e delle proprie esigenze l'unico orizzonte, l'unica dimensione del mondo.

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venerdì 23 novembre 2012

Recensione IL PEGGIOR NATALE DELLA MIA VITA

Recensione il peggior natale della mia vita




Regia di Alessandro Genovesi con Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Antonio Catania, Diego Abatantuono, Anna Bonaiuto, Dino Abbrescia, Laura Chiatti, Ale, Franz, Andrea Mingardi

Recensione a cura di marcoscafu

Un film italiano sul Natale che esce il 22 novembre quantomeno non è classificabile col dispregiativo di "cinepanettone". Ed infatti non lo è.

Seguito de "La peggiore settimana della mia vita", la storia riprende con Paolo (Fabio De Luigi, "Ex" e "Gli amici del bar Margherita") e Margherita (Cristiana Capotondi, "Notte prima degli esami" e "Volevo solo dormirle addosso") a tre giorni prima del Natale e a pochi mesi dalla nascita della figlia.
Insieme ai genitori di lei, Giorgio (Antonio Catania, "Bar sport") e Clara (Anna Bonaiuto, "Mio fratello è figlio unico"), vengono invitati da Alberto (Diego Abatantuono, "Regalo di Natale" e "Mediterraneo"), il miglior amico di Giorgio, nonché capoufficio, nel suo nuovo castello in Val d' Aosta tra le pendici del Monte Rosa.
Completano il quadro dei presenti la figlia di Alberto, Benedetta (Laura Chiatti, "Iago"), pure lei incinta ma tramite inseminazione artificiale, e il maggiordomo, Pino (Dino Abbrescia, "Io non ho paura"). In un susseguirsi di piccoli e grandi disastri causati da Paolo, tra cui spicca sicuramente il malinteso della "morte" di Alberto, provocato dalla equivoca telefonata di due ambigui funzionari delle pompe funebri del paese ai piedi del castello, il Natale porterà a tutti gli invitati i regali che desiderano, il più bello dei quali è senza dubbio la nascita inattesa della figlia di Margherita e Paolo.

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Recensione LA PEGGIOR SETTIMANA DELLA MIA VITA

Recensione la peggior settimana della mia vita




Regia di Alessandro Genovesi con Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Monica Guerritore, Alessandro Siani, Antonio Catania, Nadir Caselli, Chiara Francini, Rosalba Pippa, Andrea Mingardi, Gisella Sofio, Alessandro Genovesi

Recensione a cura di peucezia

Diretto da Alessandro Genovesi, già sceneggiatore di "Happy family", il film è tratto da una sitcom britannica che ha già dato origine a una serie a stelle e strisce.

La storia parte da una situazione base: il protagonista maschile, quarantenne e di estrazione sociale non elevata sta per convolare a nozze con una ragazza più giovane e alto-borghese. Ovviamente l'unione non rende felicissimi i genitori della futura sposa. Il film racconta in un ordine cronologico preciso la settimana che precede il matrimonio, una settimana decisamente disastrosa per il nubendo...

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giovedì 22 novembre 2012

Recensione TWENDE BERLIN

Recensione twende berlin




Regia di Upendo Hero, Farasi Flani con Ukoofani, Daniel Matz, Chzn Brain, Pius Akwabi, Teichmann Brothers, Outburst Badram, Kainer Frey, Johann Zeitler, Volcano Brothers, Tune Up e. V., Puppetmastaz, Radi Africa, Jahcoozi

Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray (voto: 8,0)

"Twende Berlin" (Andiamo a Berlino) è un film-documentario distribuito dalla Manhattan Film che ha lo scopo di divulgare l'azione del progetto Urban Mirror, un'organizzazione basata sulla comunità avviata dal gruppo musicale hip hop UKOO FLANI, in collaborazione con il Goethe Institut del Kenia. Lo scopo principale dell'organizzazione è quello di utilizzare l'arte per promuovere lo sviluppo della comunità. Nasce da qui l'idea del viaggio a Berlino narrato da Upendo Hero (letteralmente, eroe dell'amore), che ha lo scopo di diffondere nel mondo il messaggio per la salvaguardia degli spazi pubblici, in nome della libertà di espressione, di socializzazione e conservazione delle tradizioni culturali al fine di condividerle con altre persone.

Tra i protagonisti di questa storia c'è lo stesso ideatore del film, Upendo Hero, che, in stile Mission Impossible, assume il ruolo di guida spirituale dei suoi soldati dell'amore: gli UKOO FLANI, il gruppo di musicisti Hip Hop di Nairobi ideatore del progetto.
In qualità di portavoce dell'amore, Upendo Hero, con la testa a forma di cuore, introduce il film raccontando le motivazioni per cui nasce questa iniziativa. In uno degli spazi pubblici di Nairobi, il Parco Uhuru, viene costruito un centro commerciale che interferisce negativamente sul processo di socializzazione dei gruppi creativi che lo frequentano. Successivamente vengono descritte le motivazioni del viaggio intrapreso dagli UKOO FLANI a Berlino.
Atterrati nella Capitale tedesca, lo scambio culturale prende subito vita incontrando i gruppi e i movimenti delle diverse aree urbane. Già dal primo incontro con Haus Schwaremberg, tra le allegre e trascinanti musiche degli UKOO FLANI, viene introdotto il concetto di gentrification che accompagnerà lo spettatore per tutta la durata del film. Si tratta di un processo che consiste nel riqualificare i quartieri degradati di un centro urbano cittadino attraverso un influsso di capitale privato. Tale capitale viene investito nella ristrutturazione degli immobili e nella riconciliazione delle aree interessate, a cui segue l'insediamento di un nuovo tipo di inquilini appartenenti al ceto medio più abbiente.

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mercoledì 21 novembre 2012

Recensione ALI' HA GLI OCCHI AZZURRI

Recensione ali' ha gli occhi azzurri




Regia di Claudio Giovannesi con Nader Sarhan, Stefano Rabatti, Brigitte Apruzzesi, Marian Valenti Adrian

Recensione a cura di JackR

Nader, sedici anni, viene buttato fuori di casa dai genitori, che non tollerano la sua storia d'amore con una ragazza italiana. Costretto a dormire dove capita, Nader lascia che la rabbia che si porta dentro lo spinga verso una serie di gesti sconsiderati, insieme all'amico Stefano.

Uno dei grandi difetti del cinema italiano contemporaneo è quello di confondere la cifra della storia raccontata con quella del film. Un film di comicità leggera viene realizzato con leggerezza tecnica, un film che affronti temi profondi è sempre di una pesantezza micidiale, un film che racconta una storia piccola e di miserie suburbane è un film povero anche nei toni. Non fa eccezione "Alì ha gli occhi azzurri" (il titolo si riferisce a versi di Pasolini), realizzato da Claudio Giovannesi con uno stile semidocumentaristico (ritmo lento, camera a mano, illuminazione naturale, presa diretta) e nessuna pretesa di dare respiro ad una vicenda di cui, a conti fatti, emerge solo l'inverosimiglianza. La storia di Nader, italiano di seconda generazione, in conflitto con i genitori che vorrebbero imporgli le regole dell'Islam, si intreccia con quella del suo amico Stefano, romano, dna criminale che inizia ad emergere, tra furti, accoltellamenti, relazioni con l'altro sesso e razzismo (italiani contro musulmani e viceversa ma tutti uniti contro i rumeni). Il problema del film è che i protagonisti non sono piacevoli e le vicende raccontate - che coprono una settimana della vita dei ragazzi - non sono interessanti. Mancando completamente un livello di analisi di un problema (ma esiste davvero nei modi in cui ce lo racconta Giovannesi?), il film va preso per quel che è: l'inverosimile resoconto di una folle settimana di due teppistelli ostiensi la cui amicizia viene messa a dura prova nel crescendo di guai in cui si infilano. E se il protagonista accoltella senza motivo un coetaneo rumeno in discoteca, è veramente difficile far scattare l'empatia e sperare che Nader riesca a sfuggire alla vendetta dei rumeni, ragionevolmente infuriati.

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martedì 20 novembre 2012

Recensione ACCIAIO

Recensione acciaio




Regia di Stefano Mordini con Vittoria Puccini, Michele Riondino, Matilde Giannini, Anna Bellezza, Francesco Turbanti, Luca Guastini, Monica Brachini, Massimo Popolizio

Recensione a cura di Mimmot

"Mi chiedo perché il futuro debba essere sempre altrove, da un'altra parte"

Piombino e il suo cuore pulsante: l'acciaieria Lucchini (ex ILVA), con i suoi macchinari, il rumore, il calore, il fuoco, i fumi e le polveri, l'aria difficile da respirare, gli sbalzi termici e il caldo dei forni che brucia i polmoni. Un luogo ostile, senza vita, solo metallo su metallo, fuoco su fuoco, e gli sguardi delle persone distrutte da quel lavoro. L'acciaieria logora, fagocita la natura e il paesaggio, ma soprattutto le esistenze di coloro che vi lavorano e di quelli che sono loro vicini.

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lunedì 19 novembre 2012

Recensione RUBY SPARKS

Recensione ruby sparks




Regia di Jonathan Dayton, Valerie Faris con Paul Dano, Zoe Kazan, Antonio Banderas, Annette Bening, Steve Coogan, Elliot Gould, Chris Messina, Alia Shawkat, Aasif Mandvi

Recensione a cura di Aenima (voto: 6,5)

Ruby Sparks. Ruby Scintille.

A intermittenza.

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venerdì 16 novembre 2012

Recensione MANO NELLA MANO

Recensione mano nella mano




Regia di Valérie Donzelli con Valérie Donzelli, Jérémie Elkaïm, Valérie Lemercier, Eric Lartigau, Philippe Laudenbach, Béatrice De Staël, Katia Lewkowicz, François Rollin

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 9,0)

Che talento incantevole ha la giovane regista francese Valérie Donzelli. Dopo il grande successo di critica (internazionale) e di pubblico (in Francia) del suo "La guerra è dichiarata" (2011), la giovane transalpina torna a fare centro con il suo terzo lungometraggio, "Main dans la main", in concorso al festival del cinema di Roma 2012, incentrato anch'esso su opportunità e contraccolpi dei meccanismi di incontro e rottura dei legami affettivi. Applauditissimo dal pubblico al festival, sentiamo che questa perla avrà molta gloria ben al di là della cornice festivaliera.
"Main dans la main" ha le carte in regola per essere riconosciuto come un capolavoro della cinematografia francese contemporanea. La sua veste formale è quella di una commedia, caratterizzata da un inequivocabile french touch, intrisa di freschezza deliziosa, che strizza l'occhio a Buster Keaton e a Jacques Tati prescindendo dalla malinconia di entrambi.
La pellicola ha un andamento rapido e brioso, che si avvale di frequenti cambi di ritmo e invenzioni. E la Donzelli ha una capacità di svariare nei toni che sa di maestria consumata.

La pellicola mette in scena due personaggi che, non appena si imbattono l'uno nell'altra, vengono presi da quella che sembra una misteriosa patologia per cui non riescono a staccarsi l'uno dall'altra. Questa improvvisa "relazione" ha, come effetto collaterale, quello di mettere in crisi l'esclusività, totalizzante, con la quale entrambi vivono la relazione con un particolare "partner": Joachim con la propria sorella, Hélène con un'amica molto intima.
Di colpo, Joachim ed Hélène, loro malgrado, e senza in verità attrazione fisica, non possono fare a meno di stare assieme, compiere gli stessi gesti, di volta in volta imponendo l'uno all'altra le proprie azioni e decisioni.
E' un'invenzione visiva ricca, sullo schermo, di potenzialità strepitose. Ma si tratta di un assunto rischiosissimo. Infatti – viene da chiedersi non appena il bizzarro fenomeno si verifica – come farà la regista a reggere il film su questa buffa trovata, che potrebbe non tardare molto a rivelarsi stucchevole? E invece ce la fa; non diventa stucchevole. Il film è in continua ed esilarante evoluzione; l'intelligenza dello sviluppo drammaturgico è scoppiettante. Si avvale, in alcuni punti, di un ricorso (immaginifico) a una voce narrante, a un primo livello per imprimere decisi cambi di ritmo e procedere in avanti nella storia, ma a un secondo livello ciò imprime al racconto un'ulteriore prospettiva, straniata e "terza" fra personaggi e spettatore. E' lì che tra l'altro, inevitabilmente, il pensiero va un po' anche a Truffaut.

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Recensione LAPUTA: CASTLE IN THE SKY

Recensione laputa: castle in the sky




Regia di Hayao Miyazaki con -

Recensione a cura di Fulvio Baldini aka peter-ray (voto: 8,0)

"Laputa - Il Castello nel Cielo" è il terzo film di animazione diretto da Hayao Miyazaki, ed è il primo ufficialmente lanciato dallo Studio Ghibli, fondato dallo stesso regista insieme a Isao Takahata ("Una tomba per le lucciole") e Yasuyoshi Tokuma. Tuttavia, ciò che ha permesso alla mente creativa del regista di fondare lo studio è il successo del suo film precedente "Nausicaä della Valle del Vento", tratto da un omonimo manga. Con ogni probabilità, "Laputa" è un'opera precedente in termini di concepimento; lo si può intuire sia dalla caratterizzazione dei personaggi, che per lo stile dei disegni del tutto simili ai protagonisti della serie anime TV del 1978 "Conan - Il ragazzo del futuro" dello stesso Miyazaki.

Sheeta è una giovane ragazza tenuta in ostaggio in un dirigibile dagli agenti segreti del governo. Improvvisamente, un gruppo di pirati dell'aria irrompe nell'aeronave. La giovane tenta di approfittarne per fuggire colpendo l'agente del governo con una bottiglia vuota.
Successivamente tenta di uscire dal finestrino del dirigibile, ma, inseguita da uno dei pirati intenzionato a catturarla, scivola e cade nel vuoto. Durante la caduta, dal ciondolo che indossa, scaturisce una misteriosa luce azzurra che, avvolgendola, la fa galleggiare nell'aria fino ad atterrare dolcemente tra le braccia del giovane Pazu, un ragazzo orfano che si stava recando al lavoro in miniera. Pazu, finito il turno, ancora incredulo ed emozionato per quanto accaduto, si prende premurosamente cura della ragazza priva di sensi, portandola nella sua umile capanna.
La mattina seguente, al risveglio, i due iniziano a socializzare trovando, fin da subito, una forte intesa. Sheeta, ancora stordita, sembra non ricordare granché del suo passato, ma Pazu intuisce che la stanno inseguendo a causa del ciondolo dal misterioso potere, pertanto, decide di aiutarla a fuggire, intraprendendo una lunga e appassionante avventura.

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