martedì 2 maggio 2006

Recensione LEON

Recensione leon




Regia di Luc Besson con Jean Reno, Gary Oldman, Natalie Portman, Danny Aiello, Peter Appel, Willie One Blood, Don Creech

Recensione a cura di morgana82

Può capitare, ma in realtà non molto spesso, che da un'idea non esageratamente originale, nasca una grande sceneggiatura, un film cult.
Se si analizzano infatti i contesti e i personaggi in maniera superficiale, risultano forse scontati, riciclati... l'immaginario cinematografico si può infatti considerare forse saturo di poliziotti corrotti, città violente e antieroi insospettabili come il nostro protagonista.
Cosa ha allora di assolutamente straordinario questo film?
Forse il percorso di crescita condiviso dai nostri due protagonisti così diversi. Un film pieno di sottile ironia, che di quegli stereotipi sopra elencati si va beffa, che vince su tutti i fronti.
Una città, New York, di sfondo, assolutamente strepitosa, ricca di colore, e luce, mai buia o spenta, tristemente consapevole e arresa alla corruzione violenta e razzista che popola le sue periferie.
E' in una di queste zone al margine che la storia inizia il suo flusso.

Leon è un immigrato italiano di età non precisata, di luogo di origine non identificato, senza un passato, ma soprattutto senza un futuro. Ogni giorno, dopo aver compiuto il suo lavoro da killer che lui definisce di "pulizia", torna nella sua abitazione del momento, spoglia e incolore, chiude tutte le finestre e le tende e, con un bicchiere di latte freddo davanti, comincia il suo rituale di amorevole cura verso la sua unica amica, una pianta: la annaffia, le lucida le foglie e la fa riposare all'ombra della stanza dalla fatica del sole mattutino. Non possiede quasi nulla, nemmeno la cultura alfabeta; porta con se solo un arsenale militare di armi di ogni genere, un capellino a zuccotto grigio che lo protegge, secondo lui, dal raffreddore, e degli occhiali da sole lennoniani che non toglie nemmeno per "dormire". E' un uomo strano, silenzioso e senza radici come lui afferma essere la sua pianta, che non riposa su un letto da anni, ma esclusivamente su una poltrona con la pistola sempre in una mano.
La sua vita da sicario è iniziata anni prima, appena arrivato in America, quando raggiunse diciannovenne suo padre, anche egli killer di professione, nella Little Italy di New York. Da quel momento Tony, il suo datore di lavoro, è diventato la sua famiglia, la sua guida e la sua banca personale; per tutti quei volti da lui uccisi non ha mai visto un soldo; Tony non si fida delle banche, e amando, dice, Leon come un figlio, li custodisce per lui.

[...]

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