venerdì 20 febbraio 2004

Recensione LA MOSCA

Recensione la mosca




Regia di David Cronenberg con Jeff Goldblum, John Getz, Joy Boushel, Geena Davis, Leslie Carlson, David Cronenberg

Recensione a cura di _Orion

Durante un rinfresco, la giornalista Veronica Quaife fa conoscenza con il professor Seth Brundle (Jeff Goldblum), scienziato misantropo ed in passato quasi premio Nobel per la fisica. Quest'ultimo in procinto di una scoperta sensazionale, assicura alla bella giornalista (Geena Davis) l'esclusiva, e quindi un eventuale grande scoop. Lo scienziato lavorava, ed era sul punto di terminare, una macchina per il teletrasporto in grado di effettuare veri e propri miracoli, che avrebbero rivoluzionato la scienza e l'economia mondiale. L'apparecchio è comunque incompleto, manca quella peculiarità che cambierebbe la storia dell'umanità; la possibilità di teletrasportare esseri viventi. I precedenti tentativi fatti su degli animali, non hanno avuto esito positivo, come testimonia una povera scimmia, il cui aspetto dopo l'esperimento, ha del raccapricciante.

Tra i due in ogni caso nasce del tenero, e Veronica più che seguire l'esperimento si appassiona del professor Seth e della sua tenacia, ma tra di loro si metterà il capo redazione della Quaife nonché ex-amante, Stathis Borans.

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martedì 17 febbraio 2004

Recensione UNDERGROUND

Recensione underground



Regia di Emir Kusturica con Miki Manojlovic, Davor Dujmovic, Slavko Stimac, Ernest Stotzner, Srdan Todorovic, Lazar Ristovski, Bata Stojkovic, Milena Pavlovic, Marjana Jokovic, Bora Todorovic

Recensione a cura di fromlucca

In Underground, di Emir Kusturica, si narra la storia di un folkloristico gruppo di persone, che durante la seconda guerra mondiale nella ex Jugoslavia, si rifugia in un ampio sotterraneo. Ignorando poi la fine della guerra, il gruppo dei personaggi continua ad abitare i bassifondi, intrecciandosi in varie vicende umane. E' sopratutto posto l'accento sul rapporto tra due uomini (il Nero e Marko) e una donna (Natalia) legati in un rapporto di amore-odio-amicizia, in maniera singolarissima.

Il film va visto come se si guardasse una fiaba. Ce lo dice anche, quasi in fondo, un attore presente ad un banchetto nuziale, parlando a noi spettatori direttamente in macchina, una scelta narrativa questa molta rara del cinema, se non in film della nouvelle vague francese (Truffaut, Godard, ecc.. ).
La storia-fiaba, scandita dalla musica forsennata di una banda di fiati che rimarrà impressa, narra in verità la storia degli ultimi 50 anni dell'ex-Jugoslavia, il paese del regista. Diviso in tre capitoli (guerra mondiale, dopo guerra, di nuovo la guerra) o se vogliamo, in tre atti (visti i ricorsi a teatro e set cinematografici che ricorrono), il film può ricordarne per certi versi anche un altro come Forest Gump di Zemeckis, anche esso con toni surreali, anche esso cavalcando vicende storiche estremamente tangibili. Questo parallelismo tra i due, è evidente soprattutto quando Marko è messo in mezzo a scene storiche della Jugoslavia, onorificato da Tito e il suo entourage, con un sapiente montaggio, come fu ancora più sorprendentemente per Forrest Gump insignito dal presidente Johnson, ed altri personaggi storici degli States.

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Recensione MATRIX

Recensione matrix




Regia di Andy Wachowski, Larry Wachowski con Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Anne Moss, Joe Pantoliano, Hugo Weaving

Recensione a cura di _Orion

Diretto dai fratelli Wachowski (alla seconda regia dopo il torbido Bound), il film è diventato un cult in pochissimo tempo, grazie a: proiettili in primo piano che sembrano venirti addosso, uomini che saltano da una parte all'altra con velocità incredibile e con movenze spettacolari, il tutto girato in maniera splendida e coinvolgente con la tecnica della "Flow Motion". Ma forse non è l'unica ragione per cui è stato osannato fino all'inverosimile, è probabilmente per queste ragioni sono state attribuite a quest'opera qualità quasi "profetiche".
Mi piace uscirmene, rubando una frase a Mr. Anderson: "Cos'è Matrix?". Beh, i pareri sono tra i più disparati, ma non siamo qui per discuterli, quindi cercherò di fare dapprima una cronaca degli eventi che rendono il film cmq uno dei migliori film d'azione, e poi analizzerò il film in maniera,diciamo meno esteriore.

INIZIAMO

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lunedì 9 febbraio 2004

Recensione MYSTIC RIVER

Recensione mystic river




Regia di Clint Eastwood con Sean Penn, Tim Robbins, Kevin Bacon, Laurence Fishburne, Marcia Gay Harden, Laura Linney

Recensione a cura di Noxia

Con questo film dall'atmosfera classica ed elegante, il veterano del cinema Clint Eastwood, oltre a conquistare meritatamente più di una nomination agli Oscar, afferma definitivamente la sua maestria come regista: maestria acquisita grazie alla lunga esperienza dall'altra parte della macchina da presa e, per questo, caratterizzata dalla capacità di fondere in modo originale generi e tematiche.
La trama di Mystic River, pur presentandosi come quella di un thriller, si sviluppa attraverso temi sociali di grande importanza e con uno sguardo sempre attento alla psicologia, assumendo così uno spessore particolare, mai banale né opprimente. A detta dello stesso regista, il film racconta "la perdita dell'innocenza" da parte di tre bambini, il cui destino viene brutalmente segnato da una società corrotta ed ipocrita, che irrompe indisturbata nella loro vita in un quartiere povero della periferia di Boston.

In questo microcosmo diviso dal resto del mondo dal "Mystic River", fiume testimone di crimini e di dolore, infatti, le vite di Jimmy, Sean e Dave incrociano quasi inevitabilmente gli orrori della società moderna, quali violenza, delinquenza e pedofilia, che li accompagneranno come un incubo ad occhi aperti lungo tutta la loro esistenza. Sovrastato da un inquietante ed oscuro alone di fatalismo, il dramma dei protagonisti mostra come sia impossibile sfuggire al proprio passato ed alle proprie colpe, che continuano ad inseguire il reo fino ad una dolorosa espiazione; né il denaro né la religione, la cui ipocrisia è sottolineata dall'appariscente presenza del simbolo della croce su personaggi appena macchiatisi di delitti efferati, potrà salvare i colpevoli dalle conseguenze delle loro azioni. Parallelamente, il film mostra le terribili ripercussioni della violenza che, lungi dall'esaurirsi nel singolo atto, alimenta un vortice che coinvolge nella sua furia anche le persone amate e gli innocenti: violenza e crudeltà sono "come i vampiri" che con il loro morso trasformano anche le loro vittime in non morti e "ti restano dentro". A queste tematiche se ne aggiungono altre, come la diffusione delle armi e l'importanza della famiglia, che arricchiscono il senso di una storia tragica ma, purtroppo, realistica e mai patetica.

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Recensione ANYTHING ELSE

Recensione anything else




Regia di Woody Allen con Christina Ricci, Jason Biggs, Woody Allen, Stockard Channing, Danny DeVito, Jimmy Fallo

Recensione a cura di Noxia

Nella stranamente angusta e semivuota sala di un grande cinema romano, ciò che colpiva di più all'abbassarsi delle luci era l'enorme contrasto con l'accoglienza emozionata, onorata ed ossequiosa che Venezia ha riservato all'ultima opera del guru del cinema e dell'humour Woody Allen, degno inauguratore della mostra. Nonostante il clamore provocato da questo riconoscimento, infatti, la sua ultima esilarante commedia, "Anything Else", a fronte della sua freschezza e delle importanti novità che la caratterizzano, sembra quasi essere passata inosservata e frustrata dalla frettolosa etichetta di "appuntamento annuale con Woody Allen", come se il manifestarsi della genialità possa essere inflazionato dalla sua ricorrenza. "Anything Else", invece, è una commedia moderatamente sofisticata ed estremamente raggiante che, in particolare, ha il merito di rappresentare l'evoluzione dello stile, delle tematiche e del personaggio dell'ormai mitico regista americano, il quale fa avvertire la sua maturità decentrando il suo ruolo all'interno della storia.

Nonostante la colonna portante del film resti il suo modo inconfondibile di guardare alla vita con caustica, brillante e terribilmente loquace ironia, Woody cede il testimone da protagonista per trasformarsi nel personaggio di un eccentrico mentore in bilico tra saggezza e pura follia, che come "un orologio rotto, almeno due volte al giorno segna l'ora esatta". Saranno i suoi consigli, a tratti esperti e maniacali, ad aiutare il giovane alter ego Jason Biggs a districarsi dal complesso intreccio di nevrosi, fobie e piccole sfide che costituiscono la sua vita quotidiana, ulteriormente complicata dall'egoismo e dalle psicosi della fidanzata complessata (Christina Ricci) e dall'invadenza del manager incapace (Danny Devito) e della scombinata "suocera".
Attraverso situazioni paradossali, al limite del verosimile ma sempre realistiche, "Anything Else" non solo passa in rassegna problematiche esistenziali fondamentali a cui pochi riescono a sottrarsi, come l'insicurezza, la paura del cambiamento, l'incapacità di legarsi e quella opposta di restare soli; ma arriva anche a toccare delicati temi sociali come la violenza, la diffusione delle armi e l'odio religioso. Si tratta, quindi, di un eccentrico viaggio nell'esistenza umana, che percorre con leggerezza solo apparente le strade dell'anima, mettendone in evidenza le debolezze grottesche ed intrinsecamente comiche, per approdare ad una soluzione infinitamente semplice e naturale, proferita dalla più umile ed impensabile delle fonti. "Anything Else" sembra prendersi gioco di ogni pretesa intellettualistica e, al di là di ogni giudizio morale, evidenzia semplicemente la vulnerabilità insita nell'animo umano ed il suo modo insistente, e quasi sempre eccentrico, di emergere al di sopra delle apparenze attraverso le piccole manie che si impossessano della vita quotidiana delle persone.

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Recensione LONTANO DAL PARADISO

Recensione lontano dal paradiso




Regia di Todd Haynes con Julianne Moore, Dennis Quaid, Dennis Haysbert, James Rebhorn

Recensione a cura di Noxia

Ambientato nella piccola e tradizionalista Hartford (Connecticut) degl'anni '50, "Lontano dal Paradiso" racconta il progressivo declino di una classica "famiglia perfetta" americana e, in particolare, il dramma di una donna trasformatasi in poco tempo da moglie e madre ideale, invidiata da tutte le signore per bene, ad oggetto di scandalo per l'intero paese.

"Lontano dal Paradiso" è un film insolito, che colpisce prima di tutto per la sua incredibile delicatezza e per la compenetrazione perfetta di sentimenti, colori, paesaggi e musica. Pacato nelle scene e nei dialoghi, è stupendo il modo in cui riporta con gentilezza, ma allo stesso tempo con decisione, ad un mondo ormai quasi completamente dimenticato, sopratutto dalle nuove generazioni che ne hanno solo una vaga immagine.
L'opera di Haynes richiama, infatti, con maestria "i film di una volta", quelli "senza volgarità e senza scene cruente, che non si vedono più", eppure si spinge molto oltre rispetto a loro, mostrando esplicitamente e senza troppi patetismi, quello che i film di una volta preferivano solo accennare; si tratta di tematiche di grande importanza ed attualità, come l'omosessualità, il razzismo e soprattutto l'ipocrisia del perbenismo, nonché l'irritante forza omnipervasiva della più strisciante forma di controllo sociale: il pettegolezzo. Tutte problematiche che affliggono direttamente la vita della protagonista, la cui difficile esperienza arriverà ad esemplificare ed incarnare la faticosa affermazione di valori fondamentali, oggi dati per scontati, ma troppo spesso distorti ed inflazionati. Non si tratta solo della tolleranza e della capacità di "guardare oltre alla superficie e al colore delle cose", ma anche del coraggio e della forza di "essere soli in una stanza", di non dare per scontato il proprio destino, di lottare per la propria dignità ma anche di sacrificare i propri istinti per il bene delle persone amate. "Lontano dal Paradiso" non mette in scena solo la storia di una vita difficile, frustrata e provata dall'improvviso crollo delle "certezze borghesi", ma anche, e sopratutto, la storia di una forza rara e straordinaria, così insolente da elevarsi sopra il pregiudizio ed aprire la mente, ma anche modesta e discreta; una forza a suo modo dolorosa, che non si perde nell'autocompiacimento e difficilmente è riconosciuta in tutto il suo valore: insomma, una forza destinata ad essere pudicamente celata e bandita dal mondo delle apparenze, insieme agli stessi "scheletri nell'armadio" che cerca di esorcizzare.

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Recensione RESIDENT EVIL

Recensione resident evil




Regia di Paul Anderson con Milla Jovovich, Michelle Rodriguez, Eric Mabius, James Purefoy, Jason Isaacs

Recensione a cura di niko

Nei laboratori segreti di una società chiamata UMBRELLA CORPORATION che si occupa di sperimentazioni genetiche qualcuno distrugge una provetta contenente il virus-T che, a contatto con qualsiasi forma vivente trasforma in zombi. Una squadra di recupero viene inviata ad indagare...

Splendido. Questo Resident Evil di Paul Anderson è veramente bello. Difficile da credere perché tutte le trasposizioni cinematografiche dei videogiochi hanno sempre fatto un buco nell'acqua, si pensi a Final Fantasy, Tomb Raider, Mortal kombat e questo perchè quasi tutti i registi dei citati film hanno creato una perfetta copia dei videogames non considerando che la maggior parte di coloro che passano più di mezza giornata davanti alla playstation non hanno la possibilità di interagire con i vari protagonisti e ciò riduce il tutto quindi ad una mera messa in scena dei personaggi senza anima e cuore ma solo scenografie e scene d'azione, che in verità non sono nemmeno molto belle. Paul Anderson (o meglio la produzione, perché ormai i registi sono solo marionette che dirigono tutto come il capo comanda) non cade nel tranello e realizza un film tale da poter piacere sia al pubblico meno smanettone, sia ai giocatori più incalliti. Questo poiché ricalcando quasi perfettamente la trama e le atmosfere del gioco inserisce elementi innovativi (rispetto agli altri film videoludici) e vi è una cura molto particolare delle atmosfere decisamente cupe (il film è girato per il 90% nelle fogne di Berlino) ma soprattutto, elemento non trascurabile, tutti gli attori sembrano essere inseriti perfettamente nei vari ruoli. A partire da una splendida quanto statuaria Milla Jovovich, la cui silenziosità (il copione le riserva veramente poche battute) la rende quasi inespressiva ed offre una buona prestazione. Il resto del cast si comporta adeguatamente e nessuno pare estraneo alla vicenda. Tutto questo è contornato da un'ottima colonna sonora creata da Marco Beltrami (uno dei compositori più originali presenti attualmente sulla scena cinematografica) in collaborazione con Marilyn Manson.
Menzione particolare per gli zombi che sono fatti molto bene. Due le scene da ricordare diventate già cult: La "zona macelleria" nell'anticamera della stanza della regina rossa, e la lotta tra Milla Jovovich ed i cani-zombi.

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lunedì 2 febbraio 2004

Recensione IL CARTAIO

Recensione il cartaio




Regia di Dario Argento con Liam Cunningham, Stefania Rocca, Silvio Muccino, Vera Gemma, Claudio Santamaria, Fiore Argento

Recensione a cura di niko

Uno spietato maniaco rapisce le ragazze ed organizza partite di video-poker con gli agenti della polizia mettendo nelle loro mani le sorti delle povere vittime.

E' questa la trama del nuovo film dell'ormai ex maestro del brivido mondiale. Già, quell'ex fa molto male, perché se la trama può risultare originale e sarebbe lecito aspettarsi dal nostro un grande film, degno dei suoi precedenti capolavori, il film è invece banale, superficiale, stupido. Dario elimina tutte le sue grandi qualità visionarie, la prospettiva dell'assassino, quegli interminabili piani sequenza che hanno fatto la gioia dei nostri occhi a favore di un misero riquadro sullo schermo di un computer dove si vedono le vittime urlare, se urla si possono definire, visto che fanno quasi ridere, il tutto condito con una sceneggiatura grazie alla quale Alvaro Vitali avrebbe di che farsi vanto. Gli attori non aiutano, da Stefania Rocca a Liam Cunningham (anche se devo ammettere che è l'unico che si salva) fino a Silvio Muccino il più improbabile. Come se non bastasse il film è stato girato in inglese ed è stato fatto un doppiaggio che dire sciagurato è poco, da parte degli stessi attori (la domanda sorge di conseguenza, ma perché?). Di tensione e paura nemmeno la traccia. Ed il sangue? Macchè, sarà che ormai Dario è diventato nonno e gli unici incubi che turbano le sue notti sono quelli della figlia di Asia che piange, sarà che la sua vena orrorifica si è ormai esaurita, ma questo CARTAIO è veramente penoso. L'assassino uccide perché ama la protagonista e lei non ricambia (nemmeno lo sa) e qui ho già detto tutto. Ma che motivo è? D'accordo che la trama non è mai stata il piatto forte dei film di Argento ma qui si tocca il fondo.
Insomma di questa pellicola si salva ben poco, al cui confronto viene da rivalutare NON HO SONNO, che è un capolavoro.

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