venerdì 30 dicembre 2011

Recensione IL FIGLIO DI BABBO NATALE

Recensione il figlio di babbo natale




Regia di Sarah Smith, Barry Cook con James McAvoy, Hugh Laurie, Jim Broadbent, Bill Nighy, Imelda Staunton, Oreste Baldini, Michele Gammino, Fabrizio Pucci, Giorgio Lopez, Fabrizia Castagnoli, Carlo Valli, Ilaria Latini

Recensione a cura di JackR

In un anno un po' fiacco per l'animazione (persino la Pixar ha deluso) "Il figlio di Babbo Natale" (titolo originale: "Arthur Christmas") è un'insperata sorpresa dell'ultimo momento. Gli Aardman Studios sono gli stessi di "Wallace And Gromit" e "Galline in Fuga", perciò le aspettative erano tutt'altro che basse; il soggetto però - la famiglia di Babbo Natale - non induceva grandi speranze, essendo anche stato usato più o meno male di recente in varie situazioni.

La trama: Babbo Natale, aiutato da un plotone di elfi militarizzati ed efficientissimi, consegna i regali in tutto il mondo grazie alla tecnologia messa a punto da suo figlio Steven, che ha mandato in pensione slitta e renne per affidarsi ad astronavi, GPS e sistemi automatizzati e che si appresta a raccogliere l'eredità paterna. La famiglia si completa con la moglie di Babbo Natale (la grande donna dietro il grande uomo), Nonno Natale (ex Babbo a sua volta, nostalgico e polemico nei confronti della tecnologia) e Arthur, secondogenito impacciato e ingenuo, sopportato con malcelato fastidio persino dagli elfi, unico rimasto a credere nella magia del Natale, ma non considerato per la successione. Per un errore di sistema, una bambina viene lasciata senza regalo. Per Steven è una percentuale d'errore tollerabile, per Babbo, ormai vecchio e rincoglionito, è un dispiacere ma nulla su cui non si possa dormire. Per Arthur, è un'intollerabile mancanza, qualcosa a cui porre rimedio a tutti i costi...

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giovedì 29 dicembre 2011

Recensione UOMO E GALANTUOMO

Recensione uomo e galantuomo


Regia di Eduardo De Filippo con Patrizia D'Alessandro, Luigi De Filippo, Paolo Graziosi, Linda Moretti, Eduardo De Filippo

Recensione a cura di elio91 (voto: 8,5)

"Io tengo una buatta..."

Scritta nel 1922 da Eduardo De Filippo, "Uomo e Galantuomo" (inizialmente conosciuta con il titolo "Ho fatto il guaio? Riparerò! ") fu rappresentata dalla compagnia di Vincenzo Scarpetta (per cui fu scritta) di cui lo stesso Eduardo faceva parte. È la sua seconda commedia dopo il breve atto unico "Farmacia di turno". Diventerà però famosa anni dopo con il titolo di "Uomo e Galantuomo", e nel caso in questione sono davvero poche le differenze che si notano tra la versione televisiva del 1975 e quella scritta per il teatro.
Si può benissimo parlare di teatro filmato, una sorta di ibrido per la tv in cui non si ha bisogno di scendere a patti col testo scritto se non forse con alcuni tempi meno dilatati: forse si soffre la mancanza del pubblico e delle sue risate in platea, ma tutto sommato non ci si può proprio lamentare di questo esperimento che per primo Eduardo ha sfruttato nel fondere teatro e tv, e la trasposizione televisiva della sua seconda commedia fa parte di un terzo ciclo per la Rai con un pubblico già rodato da anni.

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mercoledì 28 dicembre 2011

Recensione L'INDUSTRIALE

Recensione l'industriale




Regia di Giuliano Montaldo con Carolina Crescentini, Pierfrancesco Favino, Eduard Gabia, Francesco Scianna

Recensione a cura di JackR

Nicola, proprietario di una fabbrica che produce pannelli solari, è con l'acqua alla gola: le banche gli rifiutano ulteriori finanziamenti e se non trova investitori in fretta, dovrà dichiarare bancarotta.
Mentre cerca una soluzione che sembra impossibile, scopre che anche l'ultima cosa che gli resta, l'amore della moglie Laura (Carolina Crescentini) gli sta sfuggendo: il sospetto che Laura abbia una relazione extraconiugale spinge Nicola a seguirla di nascosto...

"L'Industriale" di Giuliano Montaldo conferma, se ce ne fosse bisogno, due cose: che Pierfrancesco Favino è l'attore piú dotato della sua generazione e che il cinema italiano non è oggi all'altezza dei suoi migliori interpreti. Nei primi minuti, l'attacco al sistema bancario e al governo promette ben altro coraggio e spessore, lasciando sperare in un film che documenti la drammatica situazione del paese raccontandola attraverso la vicenda di una sola persona e che abbia il coraggio di accusare apertamente i responsabili della crisi e della mancanza di soluzioni.
Ci sono due storie sovrapposte: quella del tentativo di Nicola di salvare la fabbrica e quella del tentativo di Nicola di salvare il proprio matrimonio. L'equilibrio tra le due non funziona a dovere e quando nella seconda parte la sottotrama del presunto tradimento di Laura prende il sopravvento, il film si spegne in una specie di noir.
La Torino svuotata, bloccata dai cortei e desaturata fino ai limiti del bianco e nero è l'unico graffio di un film che al momento decisivo sceglie il melodramma e tralascia il tema economico e sociale, che viene risolto in una boutade.

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martedì 27 dicembre 2011

Recensione DECALOGO 2

Recensione decalogo 2




Regia di Krzysztof Kieslowski con Krystyna Janda, Aleksander Bardini, Olgierd Lukasiewicz

Recensione a cura di elio91 (voto: 8,0)

Per Kieslowski i primi tre film del Decalogo furono i più difficili da scrivere, perché tutti e tre parlano del rapporto dell'uomo con Dio. Dove individuare quindi il riferimento del secondo comandamento all'interno di una pellicola? Forse in uno scambio di battute tra medico e moglie del malato, in cui lei fa l'esplicita domanda all'anziano dottore: "lei crede in Dio"? Ma andiamo con ordine.

La trama ha ancora una volta il gusto di una sorta di thriller dell'anima. Due i protagonisti principali ma in realtà ancora una volta sarebbero in quattro seguendo lo stesso schema del "Decalogo 1": il dottore e la moglie del malato di nome Dorota, il malato che rimane sempre sullo sfondo in una parte sempre passiva negli eventi (ma nel finale sarà lui a chiudere col dottore), poi una voce lontana che ascoltiamo solo dal ricevitore del telefono ed è l'amante di Dorota (così come in "Decalogo 1" la presenza della madre di Pawel era solo lontana e impalpabile).

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giovedì 22 dicembre 2011

Recensione DECALOGO 1

Recensione decalogo 1




Regia di Krzysztof Kieslowski con Henryk Baranowski, Wojciech Klata, Maja Komorowska

Recensione a cura di elio91 (voto: 9,0)

Primo dei dieci mediometraggi diretti da Kieslowski e scritti dallo stesso e da Piesiewicz sui dieci comandamenti biblici.
Il Decalogo è stato una delle ultime grandi rivelazioni mondiali di un regista che all'epoca (1989) non era conosciuto al di fuori della Polonia, dove si era dedicato principalmente a documentari "scomodi" per poi abbandonarli a fine anni '70 e passare al cinema vero e proprio. Cinema che lo stesso Kieslowski non ha mai dichiarato di amare, anzi il suo rapporto di quasi odio con la macchina da presa è testimoniato anche in pellicole come "Il Cineamatore" o nella decisione, dopo la "Trilogia dei Colori" di abbandonare il mondo del cinema.

Fatto sta che questi dieci piccoli film, girati per la tv polacca, rappresentano un tassello fondamentale della storia del cinema del secolo scorso: accolto come una rivelazione proprio qui in Italia dove a Venezia si aggiudicò il premio FRIPESCI, il Decalogo mantiene tutte le promesse del suo autore di non voler fare semplici moralismi o peggio ancora "una collezione di sentenze o precetti"; le trame sulla carta appaiono da subito accattivanti e si snodano in 55 minuti con uno stile intimista, poco incline al virtuosismo e che coglie appieno tutte le sfumature psicologiche dei personaggi ivi ritratti. Un cinema d'autore che non da giudizi, non vuole esprimere condanne esplicite (tranne nel solo caso del quinto film) ma al contrario pone interrogativi e domande la cui risposta dobbiamo cercare dentro di noi, analizzandoci a fondo.

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mercoledì 21 dicembre 2011

Recensione EMOTIVI ANONIMI

Recensione emotivi anonimi




Regia di Jean-Pierre Améris con Benoît Poelvoorde, Isabelle Carré, Lorella Cravotta, Lise Lamétrie, Swann Arlaud, Pierre Niney, Stéphan Wojtowicz, Jacques Boudet, Alice Pol, Céline Duhamel

Recensione a cura di peucezia

Uscito nelle sale francofone un anno fa e arrivato in Italia per fare il film "alternativo" nel periodo natalizio "Emotivi anonimi" affronta un problema che in misura più o meno diversa un po' tutti abbiamo affrontato nella vita; la difficoltà nel gestire le relazioni umane . Il proliferare dei social networks e del mondo delle chat nasconde la paura che sempre più si ha a relazionarsi con il mondo esterno, il senso di non adeguatezza che porta a falsare il proprio comportamento, a non farsi capire generando malintesi a volte paradossali.

La storia del regista Jean-Pierre Amèris e interpretata con stile e mestiere dai due bravi caratteristi Benoit Poelvoorde, di chiara origine belga e Isabelle Carrè ruota intorno a due timidi cronici, Jean- René, proprietario di una piccola cioccolateria sull'orlo del fallimento e Angélique giovane artista del cioccolato.

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Recensione SPIDER-MAN 2

Recensione spider-man 2




Regia di Sam Raimi con Tobey Maguire, Kirsten Dunst, Alfred Molina, James Franco, Elizabeth Banks, Bruce Campbell, Rosemary Harris, J.K. Simmons, Ted Raimi, Daniel Gillies

Recensione a cura di Luke07 (voto: 8,0)

Il numero due è sempre il più  difficile, è sempre così. Troppe aspettative che rischiano di rimanere disilluse e il rischio di flop è dietro l'angolo. Casi di sequel non all'altezza del primo episodio se ne contano a iosa nella storia del cinema e il timore che questo Spider-Man confermasse la regola era più che tangibile. Fortunatamente "Spider-Man 2" non rappresenta la regola, bensì l'eccezione, la degna prosecuzione di un percorso intrapreso con il precedente episodio, solo migliore.

Mentre nel primo film si doveva fare i conti con la genesi del supereroe, qui il regista Sam Raimi può finalmente concentrarsi sulle dinamiche psicologiche dei protagonisti che, di fatto, agiscono da elemento trainante dell'intera pellicola, poiché tutto ruota attorno alle loro incertezze, timori, e debolezze, specie quelle di Peter Parker, ragazzo normale che più di ogni cosa brama la normalità senza però poterla realmente ghermire.

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martedì 20 dicembre 2011

Recensione LE IDI DI MARZO

Recensione le idi di marzo




Regia di George Clooney con Ryan Gosling, George Clooney, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Paul Giamatti, Philip Seymour Hoffman, Max Minghella, Jeffrey Wright, Danny Mooney, Lauren Mae Shafer

Recensione a cura di peucezia

Un giovane attivista prova il discorso del candidato alle primarie.

Ha trent'anni ma sa muoversi nelle campagne elettorali con competenza e mestiere e soprattutto appoggia entusiasticamente il suo uomo perché palesemente convinto della bontà delle sue idee.

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lunedì 19 dicembre 2011

Recensione SUPER 8

Recensione super 8




Regia di J.J. Abrams con Elle Fanning, Amanda Michalka, Kyle Chandler, Ron Eldard, Noah Emmerich, Gabriel Basso, Katie Lowes, Zach Mills, Marco Sanchez, Thomas F. Duffy, Joel Courtney, Ryan Lee

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,5)

Durante l'estate del 1979, in una cittadina americana dello stato dell'Ohio un gruppo di ragazzini sta girando un film horror sugli zombi. Il gruppo di amici è munito di una cinepresa Super 8, di fantasia e di tanta buona volontà.
Fra di loro c'è Joe (Joel Courtney), il figlio del vicesceriffo Jackson Lamb (Kyle Chandler), che è l'addetto agli effetti speciali e che ha perduto sua madre pochi mesi prima a causa di un incidente sul lavoro nell'acciaieria dove lei era impiegata come operaia. Joe partecipa al film diretto dall'amico Charles (Riley Griffiths) soprattutto perché è infatuato di Alice (Elle Fanning), l'attrice protagonista, che è figlia di Louis Dainard (Ron Eldard), l'operaio che ha involontariamente provocato la morte della madre di Joe.
Il gruppo di amici, dovendo girare un film senza soldi, si trova costretto a "rubare" le location che gli occorrono, sfruttando tutti quegli elementi che possono dare alla loro storia una maggior credibilità. Per questa ragione si recano di notte in una piccola stazione di campagna, poco fuori città, per girare una scena sfruttando il passaggio di un vero treno.
I ragazzi cominciano le riprese e il treno sopraggiunge, ma un pickup si scontra con la locomotiva del treno, facendolo deragliare. I ragazzi abbandonano di corsa il set improvvisato per ripararsi dai vagoni ormai fuori controllo. La cinepresa Super 8 cade a terra e continua a filmare, immortalando nel celluloide l'incidente e anche lo strano prigioniero che il treno trasportava.
Dopo il deragliamento i ragazzi scoprono che l'autista del pickup è il dottor Woodward (Glynn Turman), un loro professore, che li mette in guardia e intima loro di scappare. I ragazzi recuperano le loro cose, fra cui la cinepresa super 8, e fuggono, mentre un gruppo di militari dell'Air Force sopraggiunge sul luogo dell'incidente.
Il giorno seguente i militari comandati dal colonnello Nelec (Noah Emmerich), dopo aver recuperato il materiale trasportato dal treno fra cui dei misteriosi cubi di metallo, presidiano l'intera cittadina, che intanto è colpita da una serie di strani accadimenti fra cui la scomparsa di alcune persone e degli animali domestici.

"Super 8" è la terza opera cinematografica diretta da J.J. Abrams che ne firma anche la sceneggiatura. Questo autore, che fino a pochi anni fa era più noto nella sua qualità di sceneggiatore - ricordiamo alcune pellicole come "A Proposito di Henry" ("Regarding Henry", 1991), "Amore per Sempre"("Forever Young",1992) e "Armageddon"(1998) – e creatore di serie televisive di successo come "Lost", "Fringe" e "Undercovers", ha sempre saputo muoversi nel mondo del cinema e della televisione a trecentosessanta gradi. Si è dedicato alla regia, alla scrittura di soggetti e di sceneggiature, alla produzione, alla composizione di musiche e di colonne sonore. Delle tre opere cinematografiche che ha diretto, "Super 8" è quella dal budget più basso (parliamo di circa 50 milioni di dollari contro i 140mila di "Star Trek" e i 150 mila di "Mission Impossible 3") e, al tempo stesso, la più genuina.
Nello scrivere "Super 8" J.J. Abrams si è ispirato a se stesso, quando da ragazzino ammirava al cinema i film di Steven Spielberg e si dilettava insieme a un gruppo di amici a fare film amatoriali con la sua cinepresa Super 8. E così, proprio con la produzione di Steven Spielberg, ha scritto e realizzato un film fortemente ispirato alla cinematografia di quegli anni. Il risultato è un film di intrattenimento, destinato prevalentemente a un pubblico giovane e a un pubblico nostalgico, che ha saputo far rivivere e celebrare la cinematografia d'evasione della fine degli anni settanta e dei primi anni ottanta.
La sceneggiatura cura con perizia la costruzione dei personaggi, che ha un ruolo centrale nello schema narrativo adottato, mentre si svincola con intelligente superficialità dagli impasse narrativi cui potrebbe andare incontro. "Super 8", infatti, è prima di tutto un film sull'amicizia e sulla fantasia, sorretto da una trama fantascientifica poco più che pretestuosa. I due principali punti di riferimento cui si ispira Abrams sono i film di Steven Spielberg e le opere di Stephen King. Ma se i primi sono citati in modo palese e, a tratti, invasivo, le seconde sono più sussurrate e si amalgamano con moltissime altre citazioni della cinematografia di genere tipica di quegli anni.

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venerdì 16 dicembre 2011

Recensione IL TEMPO DEI GITANI

Recensione il tempo dei gitani




Regia di Emir Kusturica con Ljubica Adzovic, Bora Todorovic, Davor Dujmovic

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il giovane rom Perhan (Davor Dujmovic) vive in un campo nomadi, alla periferia di Sarajevo, nel sud della Jugoslavia, insieme alla nonna, alla sorella storpia e a uno zio geloso e vizioso. Il ragazzo è orfano della mamma deceduta a seguito di una grave malattia e non ha mai conosciuto suo padre, soldato sloveno comparso in quei luoghi per una battaglia e poi svanito nel nulla.
Perhan è innamorato di Asdra, una bella ragazza rom interessata a lui; il ragazzo vorrebbe sposarla se nonché incontra l'opposizione rigida della madre che vede in lui una persona incapace di mantenere sua figlia e gli eventuali figli.
Un giorno, ritornano nel campo nomadi due violenti boss rom, denominati lo Sceicco e suo fratello, emigrati all'estero tempo addietro e divenuti ricchi vendendo bambini messi sul mercato da madri per lo più vergognose della loro gravidanza, spesso frutto di relazioni segrete. Con la loro venuta la famiglia di Perhan piomba nel caos perché lo zio perde tutto quello che ha al gioco delle carte manovrato dai due boss e, irritato, cerca di rifarsi sui beni della nonna rendendo inagibile, per ricatto in denaro, la casa.

Quando la nonna guarisce con la magia delle mani il figlio moribondo dello Sceicco, si apre improvvisamente uno spiraglio di aiuto per la famiglia in crisi di Perhan. Lo Sceicco accetta di far operare alla gamba la sorella storpia di Perhan, raccomandata dalla nonna, e parte insieme al ragazzo per l'ospedale di Lubiana.
La ragazza viene consegnata al personale infermieristico dell'ospedale con la promessa (non mantenuta) che un altro parente si sarebbe fatto vivo in pochi giorni con i soldi per l'operazione, poi il boss trascina con sé Perhan e fugge verso il campo nomadi di Milano dove con la delinquenza e la prostituzione è riuscito a fare già numerosi affari d'oro.
Perhan nel campo di Milano è male accolto, viene vessato in tutti i modi dagli aguzzini del boss per la sua riluttanza a diventare un delinquente; la violenza su di lui è sistematica, finalizzata al reclutamento, e arriva a un punto tale da sfinirlo. Perhan di fronte alla prospettiva di ritornare a mani vuote nel campo nativo di Sarajevo, che rappresenterebbe il fallimento dei suoi sogni, cede alle richieste dello Sceicco e inizia a Milano una scalata di tipo malavitoso, diventando in breve tempo un boss rispettato, cinico e cattivo.
Arricchitosi, al rientro al campo nomadi di Sarajevo, anziché realizzare i suoi sogni, Perhan va incontro a cocenti delusioni: la sua ragazza è incinta di un altro e l'amata nonna rifiuta di vivere con lui in una nuova casa. La donna infatti intuisce, dai modi insoliti del ragazzo, che suo nipote è diventato un delinquente. Perhan riprende il suo sporco lavoro a Milano ma scoprirà altri inganni e mancate promesse dello Sceicco sugli aiuti alla sua famiglia, cose che lo indurranno alla disperazione.
Come reagirà alle disillusioni Perhan, ritornerà sui suoi passi rifiutando la malavita o sarà per lui ormai troppo tardi riprovare a vivere onestamente e riguadagnare la fiducia della nonna tanto amata?

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Recensione MIDNIGHT IN PARIS

Recensione midnight in paris




Regia di Woody Allen con Adrien Brody, Marion Cotillard, Rachel McAdams, Owen Wilson, Carla Bruni, Kathy Bates, Michael Sheen, Tom Hiddleston, Alison Pill, Elsa Pataky, Kurt Fuller, Mimi Kennedy, Gad Elmaleh, Corey Stoll, David Lowe, Lil Mirkk, Léa Seydoux

Recensione a cura di Luke07 (voto: 7,5)

"Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere"
J.K. Rowling

Parigi è città che trasuda romanticismo e proprio per questo si presta benissimo a far da sfondo ad una moderna favola romantica che ha per protagonista Gil, sceneggiatore hollywoodiano alle prese con il suo romanzo d'esordio in procinto di convolare a nozze con la bella, ma viziata, Inez. Durante una notte, però, come per incanto si ritrova catapultato nella Parigi patinata e sognante degli anni Venti dove, grazie all'incontro con personaggi quali Ernest Hemingway, Scott Fitzgerald, Gertrude Stein, Salvador Dalì, Pablo Picasso e Luis Bunuel, scoprirà una preziosa verità: bisogno e desiderio non sempre coincidono.

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giovedì 15 dicembre 2011

Recensione ROMA

Recensione roma




Regia di Federico Fellini con Fiona Florance, Peter Gonzales, Pia De Doses, Anna Magnani, Britta Barnes, Renato Giovannoli, Elisa Mainardi, Paola Natale, Alberto Sordi, Federico Fellini, Alvaro Vitali, Gore Vidal, Marcello Mastroianni

Recensione a cura di elio91 (voto: 8,5)

ROMA SECONDO FEDERICO

Quante volte Fellini ha ritratto Roma e in quante maniere diverse! Si potrebbe quasi accusarlo di smentirsi nelle varie visioni che ha dato della sua città d'adozione: Roma dei poveracci e delle puttane disilluse, rappresentate dalla gracile Cabiria che ne passa di tutti i colori ma che resiste stoica e sorride alla vita; Roma mondana dei paparazzi e della Dolce Vita, con la Ekberg che tenta Marcello invitandolo a raggiungerla nella Fontana di Trevi, con Cristo a fare un volo con l'elicottero su tutta la città; e infine Roma, nella sua totalità. Manco a dirlo, questa è la Roma secondo Fellini.
Vale la pena partire dalle varie locandine scelte per il film: su quasi tutte campeggia un donnone enorme, statuario, dalle forme esagerate e lo sguardo che guarda lontano, chissà dove. Una prostituta che rappresenta Roma, concetto forte ma che il regista ripete più e più volte nello stesso film. O ancora, in un'altra celebre locandina causa di molte controversie con i moti femministi, vi è una donna carponi con varie mammelle, come un ibrido della Lupa capitolina.
Comunque la si veda, non è un caso che per Fellini la rappresentazione della sua Roma sia una donna, madre e prostituta. Perché Roma è tutto, eterna contraddizione inspiegabile e spinta erotica della fantasia, affascinante proprio per questo suo respingerti pur se mai completamente, ma che non ti accoglie del tutto; città che non si può liquidare con semplicità. Fellini la può ritrarre senza essere distaccato e nelle sue mille contraddizioni e travestimenti perché l'ha conosciuta da estraneo, dopo essere scappato dalla provincia romagnola. Il suo è un trattato quasi antropologico filtrato da una furiosa fantasia d'artista, ritratto di una città mitica che diventa ancora più reale attraverso la messa in scena della palese finzione (concetto fondamentale per capire il Fellini post "Otto e mezzo").

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mercoledì 14 dicembre 2011

Recensione MY SON, MY SON, WHAT HAVE YE DONE

Recensione my son, my son, what have ye done




Regia di Werner Herzog con Willem Dafoe, Chloë Sevigny, Brad Dourif, Udo Kier, Michael Peña, Michael Shannon, Irma P. Hall, Grace Zabriskie, James C. Burns, Noel Arthur, Braden Lynch, Candice Coke, Jenn Liu, Julius Morck, Stefan Cap

Recensione a cura di pompiere (voto: 8,0)

Anche i giganti hanno cominciato da piccoli. Poi da minuscoli batuffoli irrisori, se non favoriti nel loro processo di crescita, corrono il rischio di trasformarsi in sub-adulti. Laddove i nani del 1970 ("Auch Zwerge haben klein angefangen") erano per Werner Herzog l'esuberanza della realtà vista in bianco e nero, personalità moleste di dromedari, rivoluzionari e fomentatori crudeli, sconvolgenti briciole affette da isteria, il loro Intero degli anni Zero ha la personalità quasi insignificante dipinta da Michael Shannon in un lavoro interpretativo di sottrazione.

Il gigante è un enorme batuffolo rosa, circondato da suppellettili di colore rosa, da pink flamingos da cortile a loro modo trasgressivi (mai come le icone eccentriche di John Waters), da rappresentazioni degli stessi animali sparse per tutta casa: fenicotteri rosa che si confondono con pareti rosa, che poggiano su cuscini rosa, su foulard, su piatti, su piccoli grandi oggetti rosa. Terrine, lampade, tutto è romanticamente, spiritualmente e claustrofobicamente abbellito. Ma il gigante Brad, trentenne stagionato, ha visto soffocare le sue velleità sportive cestistiche e sente il bisogno urgente di una scoperta/riconciliazione con la figura paterna che non ha mai conosciuto, insabbiata anch'essa dal maestoso dominio di dolore della madre. La quale gira intorno alla sagoma del figlio come fa la macchina da presa con alcuni dei personaggi, annusandone l'odore, pretendendone l'attenzione.

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