venerdì 30 gennaio 2009

Recensione MILK

Recensione milk




Regia di Gus Van Sant con Sean Penn, Emile Hirsch, James Franco, Josh Brolin, Diego Luna, Brandon Boyce, Kelvin Yu, Lucas Grabeel, Alison Pill, Victor Garber, Denis O'Hare, Howard Rosenman, Stephen Spinella, Peter Jason, Carol Ruth Silver

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 7,5)

Cosa accade quando si tenta di affermare la propria diversità come un valore da difendere? E cosa accade quando una minoranza decide di urlare le proprie ragioni alle orecchie della maggioranza utilizzando gli ordinari strumenti della rappresentatività politica?
Queste sono le domande che si poneva negli anni '70 Harvey Milk, omosessuale dichiarato con la passione per la politica che proprio attraverso la politica trovò finalmente e concretamente l'opportunità di lavorare per tutte quelle minoranze solitamente lasciate ad appassire su un muretto.

Con "Milk" Gus Van Sant e soprattutto l'ottimo sceneggiatore Dustin Lance Black (classe '74) si occupano della vita e della morte di questo originale personaggio, che da rispettabile impiegato si trasforma icona e leader del movimento omosessuale di base a Castro, quartiere di San Francisco, fino a diventare il primo politico dichiaratamente gay a ricoprire una carica pubblica, a seguito della sua elezione a Consigliere Comunale.
Purtroppo il destino doveva giocare un ultimo, tragico scherzo al carismatico Harvey Milk, facendolo perire per mano del suo collega consigliere conservatore Dan White, che ucciderà anche il sindaco George Moscone.

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Recensione I SOLITI SOSPETTI

Recensione i soliti sospetti




Regia di Bryan Singer con Kevin Spacey, Stephen Baldwin, Gabriel Byrne, Benicio Del Toro, Kevin Pollak, Chazz Palminteri

Recensione a cura di peter-ray (voto: 10,0)

La regia di Bryan Singer fa pensare al solito film giallo/poliziesco intrigato in cui bisogna scoprire chi è l'assassino. Il tutto comincia dalle indagini che si svolgono in un incendio avvenuto su una nave in cui 27 uomini hanno perso la vita. La polizia sospetta che ci sia di mezzo un affare di droga, e gli unici superstiti dell'incendio sembrano essere Verbal Kint, un truffatore zoppo di mezza tacca, ed un ungherese rimasto ustionato, ricoverato in un ospedale della contea di San Pedro, California (luogo dell'accaduto).
La polizia cerca da tempo di incastrare Dean Keaton, ex poliziotto e pericoloso criminale di Los Angeles, coinvolto anch'esso nel disastro. Un agente speciale della dogana degli Stati Uniti, David Kujan, cercherà di scoprire la verità interrogando l'unico superstite in grado di ricostruire i fatti.

La trama è complessa, in quanto lo schema narrativo non segue i classici standard che caratterizzano di norma i film di genere. La pellicola, anche se non rispetta l'ordine cronologico degli avvenimenti, parte dall'epilogo della storia. Verbal Kint ha ottenuto l'immunità dal Giudice, ha già pagato la cauzione e dovrà scontare solo sei mesi per possesso illegale di armi; perché allora ostinarsi ad interrogarlo?
L'unico scopo tangibile, in un primo momento, sembra essere quello di scoprire se Keaton sia realmente morto in quell'incendio. Come l'ispettore Zenigata ossessionato dalla cattura di Lupin, Kujan cercherà di scoprire la verità interrogando Verbal, ma dal momento in cui comincia il racconto si scopriranno man mano le vere carte del gioco.

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giovedì 29 gennaio 2009

Recensione LA DUCHESSA

Recensione la duchessa




Regia di Saul Dibb con Keira Knightley, Ralph Fiennes, Charlotte Rampling, Dominic Cooper, Hayley Atwell, Simon Mcburney, Aidan McArdle, Angus McEwan, Kate Burdette, Laura Stevely

Recensione a cura di JackR

La bieca operazione di marketing che nei teaser trailer ricordava a tutti che Georgiana Spencer, protagonista del film "La Duchessa", è un'antenata della povera Lady Diana Spencer e che come lei ebbe una breve e infelice vita che affrontò con coraggio, getta una sinistra luce sui reali scopi di questo mediocre film di Saul Dibb.

Il film si apre su uno degli ultimi lieti momenti di G., al secolo Georgiana Spencer (Keira Knightley), prima del suo matrimonio, combinato, alla fine del diciottesimo secolo, con il Duca del Devonshire (Ralph Fiennes). Il Duca, in là con gli anni, esige un erede maschio, che Georgiana, sfortunatamente, non sembra in grado di dargli. Il sogno romantico di Georgiana si spezza molto presto, tra domestiche seminude che escono dalla stanza del Duca e un doloroso gelo da parte del coniuge che sbocca presto in un malcelato risentimento per la mancata ottemperanza all'unico dovere alla quale G. era stata chiamata.
Parallelamente, il fascino e la personalità di Georgiana cominciano a diventare il punto di riferimento per l'alta società inglese, stregata dalla Duchessa triste. Georgiana detta legge in fatto di moda e di gusto, non rinunciando ad un attivo interesse nella vita politica della nazione.
L'unica amica che Georgiana trova, Lady Elizabeth Foster (Hayley Atwell), attira le attenzioni del Duca per la sua capacità di sfornare figli maschi, mentre Georgiana ritrova in Charles Gray (Dominic Cooper), aspirante Primo Ministro, l'amore giovanile e la passione che le sembravano definitivamente negate. Ma i tempi non sono maturi per una donna che vuole seguire il proprio cuore a discapito dell'etichetta e della morale vigente, ed nel destino della Duchessa non sembra esserci posto per la felicità.

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Recensione IL VIAGGIO NELLA LUNA

Recensione il viaggio nella luna



Regia di Georges Méliès con Georges Méliès, Bleuette Bernon, Victor André, Farjaut, Kelm

Recensione a cura di Giordano Biagio

Con questo gradevole cortometraggio di fantascienza della sola durata di un quarto d'ora, oggi confezionato in DVD con tre versioni diverse di pochi minuti, Meliès sembra voler proseguire meticolosamente nell'ambizioso intento di trasferire sullo schermo la maggior parte delle sue singolari performance teatrali.

Il regista francese intravede con il cinema la possibilità di dare al suo repertorio magico, che esibisce da tempo con successo nel teatro parigino "Robert-Houdin", una capacità di suggestione nuova, una superiore impressionabilità, qualcosa di ancora molto sperimentale ma che ben sostenuto dalla tradizione teatrale sembra in grado di far sfociare lo spettacolo verso nuove e più intense emozioni.
Melies, in breve tempo, pur rimanendo nell'ambito dell'esibizione cosiddetta effimera consente agli spettatori cinematografici di provare importanti sensazioni come quelle del meraviglioso e dell'incantevole, fino a quel momento solo immaginate.
Il regista francese, perfezionando sullo schermo le tecniche dell'illusionismo e dei giochi di prestigio a lungo praticate con il geniale M. Legris, riuscirà ad andare ben oltre il suo tipico varietà, aprendo delle possibilità artistiche e di mercato del tutto nuove per la nascente industria cinematografica.
L'abbinamento della tecnica filmica alle pratiche ed ai testi teatrali sarà un motivo ricorrente nella nascente attività cinematografica di tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Europa per finire alla Gran Bretagna, l'unica variante era rappresentata dal genere documentario, cioè da quella fedele riproduzione fotografica della realtà fenomenica così cara ai fratelli Lumiere.

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mercoledì 28 gennaio 2009

Recensione DEFIANCE - I GIORNI DEL CORAGGIO

Recensione defiance - i giorni del coraggio




Regia di Edward Zwick con Daniel Craig, Liev Schreiber, Jamie Bell, George MacKay, Mia Wasikowska, Tomas Arana, Rolandas Boravskis, Allan Corduner, Alexa Davalos, Mark Feuerstein, Iddo Goldberg, Jacek Koman, Mark Margolis

Recensione a cura di Mimmot

"Bisogna diventare un mostro per combatterne un altro?"
"Si deve sacrificare la propria umanità per salvare chi amiamo e chi va salvato?"

Questo il dilemma che turba la sensibilità di Tuvia Bielski e dei suoi fratelli Zus e Asael, ebrei perseguitati ed eroi misconosciuti al tempo della 2a guerra mondiale, anime di una imponente operazione di salvataggio armato di ebrei da parte di altri ebrei.
Non più dunque ebrei visti solo come vittime passive, ma indomiti combattenti che seppero tenere testa alle preponderanti forze naziste, impugnando le armi e approntando una fiera resistenza alla minaccia e all'odio di Hitler e dei soldati della Wehrmacht.

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Recensione I FIGLI DELLA VIOLENZA

Recensione i figli della violenza




Regia di Luis Buñuel con Alfonso Mejia, Roberto Cobo

Recensione a cura di amterme63 (voto: 10,0)

Oltre al rimosso psicologico esiste anche un rimosso sociale. Il primo regista che ebbe il coraggio di rappresentare in un film il mondo volutamente dimenticato ma diffuso e reale della povertà estrema e della violenza, per di più senza veli sentimentali e con il massimo del realismo, fu nel 1950 Luis Buñuel con "Los Olvidados" (letteralmente "I dimenticati", tradotto in italiano con "I figli della violenza").
Per lui la militanza surrealista era stata una scelta etica di vita.

Il suo fine era mostrare a tutti cosa c'è dietro il velo di ipocrisia e falsi sentimenti che copre quello che noi chiamiamo amore, patria, famiglia o religione, quelle verità scomode che fa male vedere ma che è dovere sapere. Il regista di "Un chien andalou" e "L'age d'or" dovette però pagare cara questa scelta. Persino nei "liberali" Stati Uniti trovò tutte le porte chiuse e fu costretto a emigrare a Città del Messico, dove sopravvisse divertendo la gente semplice con film tutto sommato dignitosi. Tutto questo fino a che non arrivò a Città del Messico il film "Sciuscià" di Vittorio De Sica. Era il segnale che aspettava: per la prima volta lo sguardo della macchina da presa penetrava nelle periferie e nei bassifondi, l'equivalente sociale che ha il ruolo dell'inconscio nella psiche umana. Adesso toccava a lui dire la sua, andando ancora più a fondo di quello che aveva fatto De Sica.

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martedì 27 gennaio 2009

Recensione IL COSMO SUL COMO'

Recensione il cosmo sul como'




Regia di Marcello Cesena con Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Angela Finocchiaro, Sara D'amario, Isabella Ragonese

Recensione a cura di JackR

Tra i comici televisivi degli ultimi anni, Aldo Giovanni e Giacomo sono stati gli unici a capire che il cinema ha un ritmo ed un linguaggio diverso dal teatro e dalla tv e sono riusciti a fare dei veri film, più o meno riusciti, ma da veri amanti e professionisti del cinema (si sprecano nei loro film le citazioni e gli omaggi) sempre con rispetto per se stessi e per gli spettatori.

"Il cosmo sul comò" è un film di quattro episodi più uno che fa da contenitore: nel primo corto, "Milano Beach", le famiglie di tre amici preparano la partenza per le vacanze estive con esiti alterni e inaspettati; nel secondo, "L'autobus del peccato", un prete deve gestire la varia umanità dei suoi parrocchiani e del suo meschino sagrestano; nel terzo corto, "Falsi prigionieri", in una sala colma di ritratti, i personaggi dei quadri prendono vita e tentano di fuggire la loro prigione in cornice; nell'ultimo corto, "Temperatura basale", una coppia le prova tutte per concepire un figlio che non vuole arrivare. A fare da cornice, il maestro Tsu-Nam e i suoi indisciplinati allievi cercano l'illuminazione nel lontano oriente.

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Recensione LA CENA

Recensione la cena




Regia di Ettore Scola con Fanny Ardant, Stefania Sandrelli, Vittorio Gassman, Giancarlo Giannini

Recensione a cura di peucezia (voto: 6,0)

Un ristorante di sera a Roma, i suoi clienti, i gestori, la brigata.
Questi gli ingredienti del film "La cena" uscito nel 1998 con la regia di Scola.

Dopo il grande successo de "La famiglia" , Scola ripropone il film "corale" girato quasi completamente in interni, e richiama un suo protagonista fisso, l'anziano Vittorio Gassman, qui nei panni del trait- d'union tra i vari personaggi della storia.
Bravi quasi tutti gli altri interpreti, da Fanny Ardant, già con Scola ne "La famiglia", alla Sandrelli (anch'essa attrice d'elezione nei film del regista), da Giancarlo Giannini ai caratteristi di razza Riccardo Garrone ed Eros Pagni.
Accanto agli attori del passato, volti di fortuna più recente anche di stampo televisivo, come Rolando Ravello - all'epoca quasi sconosciuto, oggi popolare interprete di fiction (una su tutte quella su Marco Pantani).

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lunedì 26 gennaio 2009

Recensione IMAGO MORTIS

Recensione imago mortis




Regia di Stefano Bessoni con Geraldine Chaplin, Leticia Dolera, Silvia De Santis, Jun Ichikawa, Álex Angulo, Helena Carrión, Francesco Carnelutti

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,0)

"Io catturerò la Morte attraverso i tuoi occhi"

Negli ultimi anni, tutto il mondo ha riscoperto il genere cinematografico dell'orrore grazie alla forte spinta prodotta dai cineasti orientali, soprattutto Giapponesi e Sud-Coreani, che hanno saputo restituirgli nuova linfa vitale.
Purtroppo in Italia, non ci stancheremo mai di ripeterlo, sembra che non ci sia più la sensibilità né la coscienza di che cosa sia un film dell'orrore propriamente detto. Evitando pedanti ripetizioni di quanto già affermato e spiegato in passato relativamente alla Letteratura Gotica e alla nascita del genere Horror, si rinvia il lettore alle recensioni di "Il Nascondiglio" e di "The Mist", senza voler abusare della sua pazienza e della sua comprensione.
Secondo molti analisti questo genere cinematografico, nato negli anni trenta negli Stai Uniti che hanno accolto le istanze del cinema muto ed impressionista tedesco dei primi decenni del secolo (si pensi alle opere di Paul Wegener, di Robert Wiene e di Friedrich Wilhelm Murnau), ha raggiunto il proprio apogeo grazie ad artisti italiani quali Riccardo Freda e Mario Bava, che negli anni cinquanta e sessanta hanno sostanzialmente dato vita ad una nuova concezione del Gotico, che poi fu sviluppata ulteriormente negli anni settanta da altri autori fra cui il massimo esponente è stato Dario Argento, senza però dimenticarci di grandi autori come Pupi Avati e Dino Risi e di autori definiti, spesso ingiustamente, "minori" come Lucio Fulci, Antonio Margheriti, Umberto Lenzi, Ruggero Deodato.
Si può anche affermare che Mario Bava e Riccardo Freda abbiano sostanzialmente dato vita al genere Horror, almeno limitatamente alla sua concezione moderna, andando assai oltre i loro contemporanei autori d'oltreoceano come Roger Corman, Robert Wise, William Castle e Robert Aldrich, che però meriterebbe un discorso a sé stante da tenersi in altra sede.
Appare quantomeno bizzarro, dunque, che un genere che, anche se non si volesse affermare che sia nato in Italia, ha raggiunto nel nostro Paese le massime vette riconosciute a livello internazionale, oggi invece non solo sia completamente dimenticato ma soprattutto sostanzialmente mal visto dai produttori e dai distributori.
Questa affermazione infatti, contiene una mezza verità e, quindi, una mezza bugia.
Il genere Horror in Italia non è mai stato dimenticato da una piccola fetta di pubblico affezionato e da alcuni autori che hanno per decenni cercato di farlo rivivere, senza troppo successo, nel nostro Paese. Si pensi ai film di Ivan Zuccon, che malgrado un notevole consenso a livello internazionale, in Italia non sono distribuiti e sono poco conosciuti e poco conoscibili. Lo stesso discorso può farsi per Gabriele Albanesi che ha diretto una pellicola Gore, intitolata "Il Bosco Fuori", che è stato proiettato in pochissime sale, ma che in altri Paesi come il Giappone è stato per settimane in vetta alle classifiche.
Si può dunque affermare candidamente che il genere Horror Italiano è mal visto da un'intelligentia spocchiosa e pretenziosa e dal mondo della produzione e della distribuzione cinematografica, che affermano, mentendo, che il pubblico non è interessato a questo genere.

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Recensione BILLY ELLIOT

Recensione billy elliot




Regia di Stephen Daldry con Jamie Bell, Julie Walters, Gary Lewis, Jean Heywood, Stuart Wells

Recensione a cura di Mimmot

L'Inghilterra è quella greve e plumbea dell'epoca del governo Thatcher, impegnato a riservare destini magri e miseria nera ai minatori in sciopero.
L'ambiente è quello tipico della working-class di una cittadina della Contea mineraria di Durhan, nel nord-est britannico, segnato dalla politica di deindustrializzazione attuata dalla Lady di ferro che portò alla chiusura del settore carbonifero inglese.
L'epoca è quella del mitico sciopero dei minatori del 1984/85, che speravano di riscattarsi dalla tragedia legata al dramma della disoccupazione.
L'atmosfera è quella del romanzo di formazione e di ribellione legata all'esaltazione del mito dell'arte e della forza di un sogno.
La storia è quella di un ragazzino di undici anni, Billy Elliot, che, sfidando regole e pregiudizi, grazie alla sua improvvisa passione per la danza, intraprende un percorso di formazione personale che lo porterà a cercare e trovare una sua forma di riscatto sociale e una sorta di vittoria delle forze della perseveranza sulla limitatezza dei pregiudizi.
Intanto il governo conservatore della Signora Tatcher, incurante del fatto che ci fossero delle famiglie dietro a quei minatori che protestavano, per ridimensionare il ruolo del sindacato che, in occasione dell'analogo sciopero del 1974, aveva costretto alla trattativa e aveva costituito uno dei motivi delle successive dimissioni del Governo del conservatore Edward Heat, è impegnato a mostrare il pugno di ferro contro i lavoratori che, insieme alla perdita del posto di lavoro, si vedono preclusa qualsiasi prospettiva per il futuro.
Durante questo difficile momento per gli abitanti della cittadina mineraria di Easington e per la famiglia Elliot, il piccolo Billy scopre se stesso e la sua vera vocazione, lontana da una possibile esistenza passata nel fondo di un pozzo o ad ubriacarsi in un pub fumoso.

Billy Elliot e la sua famiglia, in questo scorcio del 1984, vivono una situazione economica e familiare molto difficile: il fratello maggiore è attivista sindacale e minatore; il padre, anch'esso minatore, non ha ancora elaborato il lutto per la perdita della moglie, deceduta poco tempo prima; Billy deve badare alla nonna affetta da una forma precoce di alzheimer mentre la povertà in casa Elliot è tangibile e i soldi bastano appena per procurarsi i beni di prima necessità.
Anche l'ambiente circostante non è particolarmente favorevole: la cittadina di Easington, con le sue case e le sue strade popolari, dove la desolazione regna sovrana e gli abitanti sonno tutto di tutti, ha i colori lividi e spenti delle località minerarie: le persone sono incattivite dalla miseria e da uno sciopero che dura ormai da lungo tempo; l'ignoranza causata dalla mancanza di mezzi materiali e i pregiudizi tipici del maschilismo, per cui un uomo vero deve essere insensibile, ubriacone e donnaiolo e la mascolinità si esprime con gli sport in cui la forza fisica è preponderante.
La famiglia Elliot non fa eccezione alla regola e per questo Billy viene costretto a frequentare la locale palestra a prendere lezione di boxe.
Solo che la scuola di pugilato, dove Billy prende più pugni di quanti riesca a darne, condivide i locali con la scuola di danza classica, dove la tenace Mrs. Wilkinson tenta di rendere aggraziati gli sgambettamenti di uno sparuto gruppo di goffe coetanee di Billy.

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venerdì 23 gennaio 2009

Recensione TUTTI INSIEME INEVITABILMENTE

Recensione tutti insieme inevitabilmente




Regia di Seth Gordon con Vince Vaughn, Reese Witherspoon, Robert Duvall, Sissy Spacek, Jon Voight, Mary Steenburgen, Dwight Yoakam, Jon Favreau, Katy Mixon, Stephanie Venditto, Tim McGraw

Recensione a cura di Francesca Caruso

Sarà anche la prima volta che Vince Vaughn e Reese Witherspoon lavorano a così stretto contatto, ma i due hanno già trovato la giusta alchimia, i tempi comici sono ben calibrati, regalando allo spettatore una serie di battute e vicissitudini divertenti, utilizzando come tema centrale le festività natalizie e ciò che questo periodo dell'anno comporta: le riunioni familiari.

Brad e Kate stanno insieme da tre anni e sono riusciti sempre, di comune accordo, a passare il Natale lontano dalle rispettive famiglie, nel loro caso quattro perché entrambi hanno genitori divorziati.
Stavolta qualcosa va storto e ritrovatisi bloccati in aeroporto a causa della nebbia, vengono ripresi dalla televisione. Passeranno la giornata a barcamenarsi tra una famiglia e l'altra, Brad a schivare i colpi di wrestling dei suoi fratelli e sopportare che sua madre stia con quello che, una volta, era il suo migliore amico, Kate a tenere a bada una madre e una sorella impiccione, che mostrano al suo uomo i suoi punti deboli.

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Recensione IO BALLO DA SOLA

Recensione io ballo da sola




Regia di Bernardo Bertolucci con Liv Tyler, Jeremy Irons, Jean Marais, Sinéad Cusack, Stefania Sandrelli, Francesco Siciliano, Joseph Fiennes, Ignazio Oliva

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 9,0)

Non è mai cosa semplice fermarsi a riflettere, sedersi su una panca di pietra e tirare le fila della propria esistenza; ogni riflessione porta con sé amarezza, disillusioni, mete svanite, occasioni sprecate, sguardi spenti. Se si è fortunati, però, si deporranno i semi per una nuova rinascita, che si accompagnerà ad una ritrovata maturità.
È questo ciò che accade a Bernardo Bertolucci ed alla galleria di anime salve sperdute in un angolo insignificante della provincia senese: un ritrovarsi uniti, fianco a fianco, spalla a spalla del regista con i propri personaggi, i propri fantasmi, i propri timori, la propria malinconia, dopo i clamori e le emicranie delle sue megaproduzioni hollywoodiane.

"Io ballo da sola" è la storia di un'adolescente inquieta in vacanza presso un antico casale in Val d'Orcia, popolato da una serie di artisti amici della sua madre suicida. In quest'angolo di terra, catalizzatore di emozioni, Lucy scoprirà l'amore ed apprenderà la verità sulla sua famiglia, in un viaggio iniziatico che segnerà non solo lei, ma tutti gli spiriti che toccherà con la propria purezza.

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giovedì 22 gennaio 2009

Recensione THE SPIRIT

Recensione the spirit




Regia di Frank Miller con Scarlett Johansson, Samuel L. Jackson, Eva Mendes, Gabriel Macht, Paz Vega, Jaime King, Sarah Paulson, Stana Katic, Johnny Simmons

Recensione a cura di JackR

Danny Colt (Gabriel Macht) è "The Spirit", detective dai poteri sovrannaturali che aiuta la polizia di Central City nella lotta al crimine, trovando anche il tempo di flirtare con tutte le donne della città, dalla dottoressa della polizia alle criminali più pericolose.
In particolare, combatte contro la sua nemesi Octopus (Samuel L. Jackson), dotato di poteri analoghi ai suoi, e contro i suoi teatrali piani di conquista del mondo. A complicare la situazione, dal passato di Denny Colt torna Sand Saref (Eva Mendes), suo antico e mai dimenticato amore, diventata una criminale e pericolosamente coinvolta nei piani di Octopus: entrambi sono a caccia del tesoro dei mitologici Argonauti di Ercole e Giasone.

L'esile e sconclusionata trama dell'adattamento dello storico fumetto di Will Eisner segna il tutt'altro che convincente esordio in solitaria alla regia per Frank Miller, uno degli autori di fumetti più influenti degli ultimi decenni (suoi sono "300", "Sin City" e diverse fondamentali storie di "Batman" e "Devil"), respoonsabile anche dello script.
A voler essere maligni, con tutti i fumetti che ha scritto, Frank Miller è andato a dirigere il film tratto dall'opera di un altro. Will Eisner ci ha lasciati da tempo, e chissà cosa penserebbe nel vedere le sue creature ridotte a caricature, ridicolizzate in un confuso e poco riuscito mix di generi, dal noir che omaggia l'ambientazione anni trenta alla commedia al genere supereroi, con effetti grotteschi: "The Spirit" sembra per lunghi tratti la parodia demenziale di "Sin City", anche a causa delle sequenze animate in bianco e nero, identiche a quelle che caratterizzavano il film di Rodriguez (che a sua volta riprendeva le tavole di Miller), ma del tutto fuori contesto e presenti troppo nella prima parte etroppo poco nella seconda, quasi come se Miller volesse ricordare a tutti come prima cosa che "Sin City" è farina del suo sacco.

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