martedì 30 dicembre 2003

Recensione BLADE RUNNER

Recensione blade runner




Regia di Ridley Scott con Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos, M. Emmet Walsh, Daryl Hannah, William Sanderson, Brion James

Recensione a cura di stefano76 (voto: 10,0)

"Io ne ho viste cose... Che voi umani non potreste neanche immaginarvi...". Alzi adesso la mano chi, tra i cultori del cinema, non riconosce in queste frasi l'inizio di uno dei monologhi più intensi e più belli che la storia del cinema ricordi, entrato ormai da più di vent'anni nell'immaginario collettivo del cinema, e non solo di fantascienza.
Questo monologo riusciva a comprendere, in poche frasi ed in pochi istanti di pellicola, la summa di un film destinato a fare scuola e a diventare forse il cult più cult della storia del cinema: sto parlando, naturalmente, di Blade Runner, girato da Ridley Scott nel 1982 e interpretato da Harrison Ford e Rutger Hauer.

Liberamente tratto dal romanzo di Philip K. Dick, Il cacciatore di androidi (di cui sono rimasti giusta l'idea di base e i personaggi) dagli sceneggiatori Hampton Fancher e David Webb Peoples, il film racconta le vicende di Rick Dekard (Harrison Ford), un "blade runner", ovvero un cacciatore di taglie del 2019, che riceve l'incarico di trovare ed eliminare cinque androidi fuggiti dalle colonie "extra-mondo" e giunti sulla Terra apparentemente con cattive intenzioni. In una cupissima e sinistra Los Angeles del futuro, sferzata costantemente dalla pioggia e dove il sole sembra non battere mai, Deckard inizia le sue indagini, che lo portano nei ghetti più malfamati della città, ormai popolata solo da personaggi bizzarri in cerca di una disperata sopravvivenza, in un mondo ipertecnologico ma allo stesso tempo disfatto che sembra aver inghiottito ogni rimasuglio di umanità. Ed ecco il fantastico paradosso: ben presto Deckard scopre il vero motivo della fuga di questi androidi, alla ricerca del loro padre-creatore, affamati di domande e di vita, consapevoli di essere destinati a spegnersi dopo solo quattro anni di attività e non disposti ad accettare questo destino, aggrappati alla vita forse più dei personaggi umani del film.
E incontrerà anche una ragazza splendida (Sean Young) nella sua innocenza di cui si innamorerà, ma su cui cadrà l'orrendo dubbio: sarà anche lei tra gli androidi che lui sta cercando?

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martedì 23 dicembre 2003

Recensione FIGHT CLUB

Recensione fight club




Regia di David Fincher con Edward Norton, Brad Pitt, Helena Bonham Carter, Meat Loaf, Zach Grenier, Jared Leto

Recensione a cura di MiaWallace

Tratto dall'omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, Fight Club rappresenta uno dei tentativi più riusciti di espressione del disagio, del cinismo e del consumismo della società contemporanea.
Di fronte alla maniacale ossessione per l'arredamento funzionale Ikea, per gli interminabili spostamenti in aereo, per la bieca banalità delle giornate lavorative, un giovane (Norton) sceglie la via drastica della ribellione, del combattimento corpo a corpo, del terrorismo, seguendo il folle ed affascinante Tyler Durden (Pitt), incontrato in aereo. La figura scaltra, decisa e nichilistica di Tyler si insinua come una liberazione nella vita del giovane, in alternativa a quella abituale, fatta di crisi d'insonnia e di frequenti visite a centri di sostegno per malati terminali, giusto per tirarsi un po' su, per rincuorarsi della propria situazione che, a confronto di quella del povero Bob, gigantesco energumeno con le tette malato di cancro ai testicoli, non è poi così male.

Tyler diventa per Norton un maestro, una guida, quasi l'iniziatore di una setta, messianico e profetico, con i suoi brillanti aforismi ("l'automiglioramento è masturbazione".) Salverà la sua vita dal consumismo, dall'oblio, dall'irrealtà di un mondo patinato ed ovattato, terrbilmente vacuo, in cui tutto "è la copia di una copia, di una copia".
E allora, le soluzioni sono due: o si sale in aereo sperando ogni volta in uno schianto (cosa però ahimè non così probabile), o si segue uno come Tyler, ci si fa marchiare la mano con liquido corrosivo, si va a vivere in una casa disabitata lasciando ai deboli ogni comfort, e ogni mercoledì ci si rinunisce segretamente in uno scantinato, il Fight Club appunto, a massacrarsi di pugni a mani libere, senza alcun tipo di protezione.

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Recensione SOLARIS

Recensione solaris




Regia di Steven Soderbergh con George Clooney, Natascha McElhone, Jeremy Davies, Viola Davis, Ulrich Tukur

Recensione a cura di Speedy

Una seconda possibilità: chi almeno una volta nella sua vita non l'ha desiderata, cercata, patita. Quella possibilità che può cambiare un'esistenza, che non fa parte di quel destino, di quella realtà che ci è stata concessa.

"Solaris" è tutto questo. Due grandi del cinema come James Cameron (Titanic, Terminator II, Point Break) e Steven Soderbergh (Traffic, Erin Brockovich, Ocean's Eleven, Full Frontal) insieme in un progetto ambizioso, particolare.
Protagonista è George Clooney nei panni di uno psichiatra che, rompendo la falsa monotonia, corre in aiuto di un suo amico: parte per lo spazio per raggiungere un'astronave in orbita su un nuovo pianeta Solaris. Ma in quel paesaggio futuristico, metallico troverà solo confusione, sorpresa e morte. Di fronte ad un pianeta psichedelico George Clooney cercherà una soluzione a quello scenario fuori dal comune, combattendo contro un capitano che ha già sofferto e lottato con il suo io e contro il suo passato che ancora non è riuscito a perdonarsi. Quale sarà la sua scelta, quale la sua verità?

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venerdì 12 dicembre 2003

Recensione SESSO, BUGIE E VIDEOTAPE

Recensione sesso, bugie e videotape



Regia di Steven Soderbergh con James Spader, Andie McDowell, Peter Gallagher, Laura San Giacomo

Recensione a cura di Marta Florio AKA Baba o'Riley

"Con lo scenario adatto, le donne possono tutto" scrisse, a ragione, Oscar Wilde. E qual scenario più adatto, ad una donna, se non quello di una squallida e monotona vita coniugale, inconclusa ed inappagante, all'improvviso sconvolta dall'arrivo di un inaspettato e surreale personaggio, che con la sua sola presenza, ridesta sopite emozione, pizzica corde da tempo dimenticate, con ingenua perversione e sconsolata bellezza?

E' quello che accade all'incantevole e sessualmente frustrata Andy Mc Dowell, nei panni di Ann, la giovane sposina di un avvovato in carriera (Gallagher) che, respinto nei propri intimi desideri, cerca conforto tra le braccia della volgare e decisamente più sensuale cognata (San Giacomo), e accoglie in casa un vecchio compagno di scuola, (un ottimo e decisamente intrigante James Spader) che dotato di una delicata bellezza, di una mistica aura di sensualità celata, di uno spontaneo erotismo, e di una macchina da presa, mette in crisi la vita della coppia e sconvolge l'esistenza della timida Ann, travolta in un turbinio di emozioni e azioni a lei così poco familiari.

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martedì 9 dicembre 2003

Recensione IL CORVO

Recensione il corvo




Regia di Alex Proyas con Brandon Lee, Michael Wincott, Ernie Hudson, Rochelle Davis

Recensione a cura di Mr Black

Tratto da un fumetto disegnato da James O'Barr, "Il corvo" (The Crow) è l'ultimo film di Brandon Lee, figlio del mitico Bruce, simbolo delle arti marziali a cui si ispirano tutta una serie di pellicole moderne che hanno preso come punto di riferimento il cinema di Hong Kong.
È possibile che, proprio per questo motivo, il film sia stato al centro dell'attenzione più per la misteriosa morte dell'attore (come lo era stata in passato quella del padre) durante le riprese, che non per la storia in sé.

Ad ogni modo ci troviamo davanti ad una storia dark molto bella, ben girata e con degli attori, anche se di maniera, che interpretano il loro ruolo in modo impeccabile. La trama non è molto originale, visto che ci troviamo davanti ad una vendetta portata a termine dal protagonista a cui hanno ammazzato la fidanzata.
Il finale poi lo si può intuire facilmente: i cattivi muoiono ad uno ad uno, il buono vince anche se con le consuete difficoltà. Inoltre non ci sono colpi di scena a rendere tesa la pellicola, oltre al fatto che la storia del nostro chitarrista-zombie viene svelata molto presto, senza lasciare in sospeso nessun particolare.

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Recensione PARIS, DABAR

Recensione paris, dabar




Regia di Paolo Angelini con Guido Cristini, Gabriella Sportelli, Letizia Caciagli, Osvaldo Caracciolo, Michele Zaniboni

Recensione a cura di Hans

Il film è geniale: la storia è una maratona di 4 ore in giro per Bologna in cui i partecipanti devono bere il più possibile senza "stracciare". Il regolamento della gara è dettagliatissimo, i protagonisti sembrano davvero (e molto probabilmente lo sono) raccolti dal marciapiede di fronte alla stazione.

Esilaranti i racconti dei personaggi: perle di vita vera, così lontani ma allo stesso tempo così vicini a chi assiste attonito allo svolgersi degli eventi.
Impareggiabili i flash back: uno dopo l'altro danno forma ad una storia che apparentemente sembra tutta lì, pronta da prendere, e che invece si fa cercare, aspettare, in un crescendo che sembra all'apparenza ingiustificato, ma che col senno di poi si rivela allo spettatore metafora dell'ubriacatura.
I dialoghi sono al limite dell'assurdità, ma nulla, e lo si capisce piano piano, è assurdo, nulla lasciato al caso.

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Recensione IL RISOLUTORE

Recensione il risolutore




Regia di F. Gary Gray con Vin Diesel, Larenz Tate, Timothy Olyphant

Recensione a cura di Mr Black

Davvero un passo falso per la nuova star dell'action movie Vin Diesel! Dopo le prove abbastanza convincenti di xXx, Pitch Black e Fast and Furious, in cui Diesel si è più volte messo in mostra come il nuovo Bruce Willis (anche se deve ancora dimostrare di saper recitare, come ha già fatto lo stesso Willis), questa pellicola è un esempio di come il repertorio di questo attore sia piuttosto limitato, una volta che decide di seguire i passi falsi di cineasti di questo genere cinematografico (Seagal, Norris, Van Damme, per citarne alcuni).

In questo film infatti Diesel abbandona la sua carta vincente, l'ironia, sostituendola con la rabbia che si porta dentro per l'assassinio della moglie, andando così ad accostarsi a film del genere quali "Il giustiziere della notte". Ma, se Charles Bronson è adatto alla parte di giustiziere che lo ha reso noto al grande pubblico, di Diesel non si può dire altrettanto e non risulta per niente convincente.

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Recensione PIAZZA DELLE CINQUE LUNE

Recensione piazza delle cinque lune




Regia di Renzo Martinelli con Donald Sutherland, Giancarlo Giannini, Stafania Rocca, F. Murray Abraham, Aisha Cerami

Recensione a cura di Pietro Salvatori

"Per avere una buona idea bisogna essere del tutto vuoti" diceva uno scrittore russo del '900. E nel fare un film a sfondo politico-sociale, soprattutto se attiene una drammatica e sanguinosa vicenda quale il sequestro e il delitto Moro, essere del tutto vuoti di argomentazioni precostituite diventa difficile.

L'espediente per attualizzare la vicenda risiede in una pellicola che un sedicente brigatista consegna a un magistrato appena in pensione. Pellicola che scatenerà una nuova spirale di paura e violenza intorno alla figura del "presidente", spirale che raggiungerà suo compimento, ma non sua catarsi, in Piazza delle cinque lune.
Il caso Moro è di per sè una storia tragica e per esprimere quella grandezza che è insita nelle tragedie non ha davvero bisogno di montature. Martinelli, a differenza del suo bel Porzus e del suo meno bello ma valido Vajont, non riesce a svuotarsi, e porta ostinatamente avanti per tutto il film la tesi, anzi, la teoria, del "delitto di Stato". Teoria che consiste essenzialmente nel vedere la mano di forze occulte dell'establishment politico-istituzionale italiano nella gestione e nel progredire delle vicende del '78.

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venerdì 5 dicembre 2003

Recensione LUDWIG

Recensione ludwig




Regia di Luchino Visconti con Helmut Berger, Romy Schneider, Umberto Orsini, Trevor Howard, Silvana Mangano, Volker Bohnet

Recensione a cura di Marta Florio AKA Baba o'Riley

Prima metà del diciannovesimo secolo. Giovane e bellissimo, il principe Ludwig sale al trono di Baviera. L'infelice amore per l'affascinante cugina Elizabeth, e l'altrettanto infausta passione per il geniale compositore Richard Wagner, porteranno il giovane Ludwig ad un lento processo di decadimento fisico e morale. Rinchiuso nei suoi castelli, costruiti sotto sua pressante e febbrile richiesta, trascorrerà gli ultimi anni della sua breve e tormentata esistenza nel più totale isolamento, morbosamente incline ad ogni sorta di piacere, vittima della propria follia degenerativa, spaventato ed attratto dalla perversione del proprio desiderio e dell'annientamento del proprio Io frantumato, mentre il consiglio di corte trama alle sue spalle.Rinchiuso in una clinica psichiatrica, dopo essere stato deposto e dichiarato insano di mente, egli si affogherà nel lago del parco, durante una passeggiata notturna.

Acclamato dalla critica, mai realmente capito ed amato, Ludwig è uno dei massimi capolavori di Visconti. Come in La morte a Venezia, l'apparato filmico è imperneato su quattro elementi portanti: la parabola di decadimento graduale ed inesorabile, che ha il suo apice nella morte del protagonista; il triofalismo scenografico, monumentale e a tratti barocco; una sessualità apertamente perversa e una sensibilità mistica e conturbante, di cui vengono sottolineati i tratti grotteschi e morbosi, che fungono da canali per evidenziare il desiderio acuto di una vitalità e di una passionalità incontenibili e distruttive.

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mercoledì 26 novembre 2003

Recensione LOLITA

Recensione lolita




Regia di Stanley Kubrick con James Mason, Shelley Winters, Sue Lyon, Gary Cockrell, Jerry Stovin, Diana Decker, Lois Maxwell

Recensione a cura di Marta Florio AKA Baba o'Riley

Quando nel 1955, Vladmir Nabokov descrive Lolita come "la più bella ninfetta che Priapo potesse escogitare", così "infantile ed infinitamente adescante" emerge sottile nella sua luminosità, il sublime ritratto di una creatura quasi immortale, capace con un suo gesto di catturare il desiderio degli uomini, di invadere la loro mente con la possessione erotica, ma ben lontana dal più vago accento di volgarità: "vorrei descrivere il suo viso, il suo modo di fare... e non posso, perché quando mi è vicina il desiderio mi acceca...". Niente a che vedere con la moralità corrotta, con la perversione, con il solo sesso. E' la storia di un uomo che si innamora del suo desiderio, e di una bambina che lotta combattuta tra la propria sensualità travolgente, un'infantile curiosità per il gioco erotico e il proprio complesso edipico, la cui normalizzazione è stata lasciata scoperta dalla morte del padre.

Sette anni più tardi, lo stesso desiderio, lo stesso proibito amore per il bello, lo stesso commovente pathos, la stessa purezza di sentimento, viene potentemente sprigionata dalla pellicola di Kubrick.

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Recensione ELEPHANT

Recensione elephant




Regia di Gus Van Sant con Timothy Bottoms, Matt Malloy, Eric Deulen, Alex Frost, Elias McConnell

Recensione a cura di Pietro Salvatori

Affacciatevi alla finestra, respirate profondamente. Poi mangiate un boccone in fretta e vi buttate nella vostra giornata, una giornata tipo come tutte le altre. Ma stasera non tornerete a casa.

La bellezza di questo film, che poi anche l'aspetto per cui è stato più criticato, è che non dice niente di più. La domanda che uno è portato a farsi "perchè quel personaggio è proprio lì, che significa quella cosa?" svanisce immediatamente.
Quelli che van Sant descrive sono persone, non personaggi. Sono dei semplici ragazzi, che affrontano un'altrettanto semplice giorno di scuola, ognuno con i suoi problemi, le sue aspettative.

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mercoledì 12 novembre 2003

Recensione DOGVILLE

Recensione dogville




Regia di Lars Von Trier con Nicole Kidman, Harriet Andersson, Lauren Bacall, Jean-Marc Barr, Paul Bettany, Chloe Sevigny

Recensione a cura di Pietro Salvatori

La minuscola cittadina di Dogville in realtà non esiste. Non perchè sia un nome di fantasia o chissà cosa. Non esiste proprio sullo schermo. Non c'è. Gli interpreti si muovono su un palco, sul cui suolo sono scritti i nomi delle case, delle strade, delle panchine e perfino dei cespugli di uvaspina. Ed è proprio questa afisicità dello spazio, questa estrema libertà dello sguardo a rendere il film claustrofobico. Dopo le provocazioni del "Dogma 95", in cui von Trier predicava l'assoluta "verginità" del regista, ovvero tutta una serie di condizioni per cui la macchina da presa doveva riprendere solo quello che c'era, così com'era, il cineasta danese fa un passo avanti, e tenta una nuova provocazione.

Dodville è un connubio di cinema, teatro e prosa letteraria. La macchina da presa gira una storia introdotta, commentata e vissuta da una voce narrante, che la suddivide in nove capitoli più un prologo. E la scena, come già accennato, si svolge interamente su un palcoscenico, dove le case sono rappresentate da una scritta di gesso e uno scrittoio, la chiesa da quattro panche e un organo, la miniera da un'architrave di legno.
La parte cinematografica si inserisce discretamente nella riproduzione dei rumori naturali (i passi sulla strada, le porte che si aprono e chiudono) e in un uso sapiente, e mai abbandonato dal regista, della telecamera a spalla.

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sabato 8 novembre 2003

Recensione SCARFACE

Recensione scarface




Regia di Brian De Palma con Al Pacino, Steven Bauer, Michelle Pfeiffer, Mary Elizabeth Mastrantonio, Robert Loggia

Recensione a cura di MiaWallace

L'incredibile vicenda di Tony Montana (uno spietato Al Pacino), rifugiato cubano, che, scappato in America, diventa un boss della malavita. Il film mostra come Tony parta da zero, in una condizione di miseria, lavorando in un baracchino di panini con l'amico fidato, e in un crescendo di tensione ed abili raggiri diventi sempre più potente, inserendosi nel giro del narcotraffico. In misura esponenziale, il prestigio di Tony aumenta inesorabilmente: riesce a farsi un nome e vivere nel lusso, conquistando anche la donna che desiderava (un'elegantissima e affascinante Michelle Pfeiffer) e che inizialmente lo rifiutava disgustata. Tony è riuscito ad avere tutto quello che voleva, ma la forza distruttrice del potere si farà sentire, e i suoi effetti saranno più che letali. Un paio di mosse sbagliate (il rifiuto di portare a termine un compito per non uccidere innocenti e la gelosia morbosa verso la giovane sorella) lo porteranno al fulmineo, devastante, grandioso declino, al crollo totale della sua implacabile e furiosa volontà di potenza. Epica la scena finale.

Indimenticabile Al Pacino, che in questa pellicola non delude certo i suoi fans, e tutti coloro che lo hanno apprezzato nella saga de Il Padrino. Cinico, eccessivo, magnetico, torvo, delirante, interpreta il personaggio con un' espressività che va al di là della crudeltà e della follia. Certi suoi sguardi e battute irriverenti lasciano senza parole, non senza una vena di estatico stupore (per quel che mi riguarda!).

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