Recensione piazza delle cinque lune
Recensione a cura di Pietro Salvatori
"Per avere una buona idea bisogna essere del tutto vuoti" diceva uno scrittore russo del '900. E nel fare un film a sfondo politico-sociale, soprattutto se attiene una drammatica e sanguinosa vicenda quale il sequestro e il delitto Moro, essere del tutto vuoti di argomentazioni precostituite diventa difficile.
L'espediente per attualizzare la vicenda risiede in una pellicola che un sedicente brigatista consegna a un magistrato appena in pensione. Pellicola che scatenerà una nuova spirale di paura e violenza intorno alla figura del "presidente", spirale che raggiungerà suo compimento, ma non sua catarsi, in Piazza delle cinque lune.
Il caso Moro è di per sè una storia tragica e per esprimere quella grandezza che è insita nelle tragedie non ha davvero bisogno di montature. Martinelli, a differenza del suo bel Porzus e del suo meno bello ma valido Vajont, non riesce a svuotarsi, e porta ostinatamente avanti per tutto il film la tesi, anzi, la teoria, del "delitto di Stato". Teoria che consiste essenzialmente nel vedere la mano di forze occulte dell'establishment politico-istituzionale italiano nella gestione e nel progredire delle vicende del '78.
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