lunedì 29 gennaio 2007

Recensione DOMINO

Recensione domino




Regia di Tony Scott con Keira Knightley, Mickey Rourke, Edgar Ramirez, Riz Abbasi, Delroy Lindo, Mo'Nique Imes-Jackson, Ian Ziering, Lucy Liu

Recensione a cura di victor (voto: 4,0)

Finalmente il cinema si accorge di uno dei personaggi più interessanti e controversi del background americano: Domino Harvey.
Figlia dell'attore Laurence Harvey e della modella inglese Pauline Stone, Domino, chiamata così in onore della bond girl di "Thunderball - Operazione Tuono" (mai nome fu così propiziatorio) diviene orfana di padre molto presto, crescendo con una madre molto assente e preoccupata più di far soldi che di sua figlia.
Dopo essere stata espulsa da ben quattro scuole, Domino intraprende l'attività di modella, ma gonna e lustrini non le si addicono e così inizia una carriera più consona alle sue inclinazioni: quella di cacciatrice di taglie. La sua vita, però, è destinata ad essere una candela al vento e così il 27 giugno 2005, a causa di un'overdose di barbiturici, da cui era dipendente, la sua fiamma si spegne.

Domino sembra essere la vipera mancante di Bill, ed era inevitabile che il cinema prima o poi si accorgesse della sua eccentrica personalità.
Con una storia del genere, un budget di 50 milioni di dollari, la sceneggiatura del regista cult Richard Kelly ("Donnie Darko"), e Keira Knightely, l'attrice del momento, nei panni della protagonista, c'erano tutti gli ingredienti perché questo film fosse un successo mondiale, eppure una serie di errori ne ha fatto un flop: in primis la scelta del regista Tony Scott, fratello di Ridley, più a suo agio a raccontare gli eroi americani di "Top Gun" o di "Giorni di tuono" che non la storia di un'anti-eroe come Domino.

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venerdì 26 gennaio 2007

Recensione ROCKY BALBOA

Recensione rocky balboa




Regia di Sylvester Stallone con Sylvester Stallone, Burt Young, Milo Ventimiglia, Geraldine Hughes, Antonio Tarver, James Francis Kelly III, Tony Burton, Talia Shire

Recensione a cura di WonderWoman (voto: 8,0)

Difficilmente capita di assistere ad un tifo da stadio durante un'anteprima cinematografica, solitamente giornalisti e Vip si sbottonano poco ed hanno un atteggiamento disincantato corredato da un'espressione quasi di sufficienza.
Va fatta una premessa: in chi si accosta a questo film vi potrebbe essere una certa dose di scetticismo legato ai sequel (in questo caso siano di fronte addirittura al sesto di una saga) e all'età dello sceneggiatore/regista/interprete che, diciamolo, non è proprio quella di un ragazzino atletico e scattante.
Ci si può sbagliare.
Rocky Balboa è un film ben fatto, con qualche trascurabile sbavatura nella prima parte, ma scorrevole ed intenso.

Una pellicola che vuole essere l'ultimo atto del cammino di Rocky. E trovare una fine degna del personaggio (ormai mitico, un'icona anche tra i giovani nati dopo il primo Rocky del 1976) non era facile.
Trent'anni dopo l'uscita del primo film, Stallone ha cercato di creare una storia che potesse comunicare alle nuove generazioni la verità fondamentale che anima Rocky Balboa uomo e "combattente": è possibile far qualsiasi cosa se ci si crede abbastanza.
Come lo stesso Stallone dichiara: «... la peggiore frustrazione della vita di molte persone è il fatto di non aver avuto neanche una possibilità».Il film per molti aspetti è l'episodio più simile all'originale, come a voler chiudere un cerchio.
Il personaggio principale si trova, in fondo, nella stessa situazione e conduce lo stesso tipo di vita del primo film, ma ha perso la sua ingenuità. E' più concreto.

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martedì 23 gennaio 2007

Recensione MANUALE D'AMORE 2, CAPITOLI SUCCESSIVI

Recensione manuale d'amore 2, capitoli successivi




Regia di Giovanni Veronesi con Carlo Verdone, Monica Bellucci, Riccardo Scamarcio, Antonio Albanese, Sergio Rubini, Fabio Volo, Barbora Bobulova, Claudio Bisio

Recensione a cura di ferro84 (voto: 6,5)

Aurelio De Laurentis ha il merito (o il demerito secondo i punti di vista) di aver importato, da ormai diversi anni, i metodi di fare cinema all'americana. La sua Filmauro sforna due massimo tre film all'anno e ogni volta va sul sicuro, incassi milionari, utili alle stelle.
Utilizza un modo di fare cinema che si fonda su delle formule di successo, quelle che oramai, nel linguaggio televisivo, abbiamo imparato a conoscere con il termine anglosassone di format. La Filmauro può vantare due grandi Format ," Natale a..." e "Manuale d'amore", ovvero film preconfezionati, che nascono per un determinato tipo di pubblico.
Questa premessa è indispensabile quando si va a fare una recensione su un film simile, è un po' come scegliere fra un prodotto industriale perfetto e freddo e uno artigianale, magari con qualche difetto imprevedibile, ma pieno di creatività.

Anche in questo caso siamo in presenza di un film ad episodi: Eros, Maternità, Matrimonio e Amore Estremo.
Il primo vede come protagonista, Riccardo Scamarcio, un ragazzo, in cura riabilitativa, sessualmente rapito dalla procace fisioterapista interpretata da una invecchiata ma, sempre attraente, Monica Bellucci. Eros è sicuramente la parte meno convincente del film, con interpretazioni approssimative, sia della Bellucci che dello stesso Scamarcio, troppo impegnato a recitare la parte del bello e tenebroso per rendersi conto di essere fuori luogo. Lo sviluppo della trama è inverosimile e troppo ambiziosa la tematica della la sessualità nei disabili. Veronesi affronta il tutto in modo poco convincente, descrivendo il personaggio di Nicola come un adolescente troppo preso dalle tette della Bellucci per rendersi conto di stare vivendo un dramma personale.
Il secondo episodio, "Maternità", parla delle difficoltà di una coppia per avere un figlio, costretti ad emigrare in Spagna per effettuare le procreazione assistita, affronteranno le difficoltà del caso, con prevedibile lieto fine.
Anche se la seconda parte è decisamente più riuscita del prima, non riesce a superare la mediocrità. In questo caso il demerito è degli attori, Bobulova e Volo, troppo stereotipati e sempre sopra le righe.
"Il Matrimonio" è l'episodio più riuscito del film, storia di una coppia gay che cerca la sua "normalità". Qui Veronesi riesce, finalmente, a rendere la tematica dell'omosessualità in modo lucido e ben fatto anche grazie a una convinvente interpretazione di Antonio Albanese che sa calarsi nei panni di un omosessuale, senza essere eccessivo e cadere nella macchietta.
"Amore Estremo" ultimo episodio è affidato a un Verdone in crisi di mezza età, che perde la testa per una ragazzina (guarda un po'... che novità!) fino quasi a rimetterci la pelle.
Qui c'è poco da dire, Verdone è una garanzia, che si fa perdonare anche la banalità della storia, lui solo su schermo nero vale il prezzo del biglietto.

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Recensione 19° STORMO BOMBARDIERI

Recensione 19° stormo bombardieri


Regia di Richard Wallace con Walter Reed, Eddie Albert, Anne Shirley, Randolph Scott, Pat O'Brien

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 8,0)

Questa opera di R. Wallace è un classico dei film di guerra americani. La pellicola è stata girata nel 1943 negli USA quando gli Stati Uniti erano impegnati nel conflitto mondiale su diversi fronti.
Il film è ambientato nel 1941, alla vigilia dell'attacco aereo a sorpresa dei giapponesi a Pearl Harbour: una battaglia che per molto tempo ispirerà film di guerra e di amore in noti registi.
"19° Stormo bombardieri" è stato molto sottovalutato dal mercato cinematografico italiano, basti pensare che nei tre maggiori dizionari italiani di cinema, quali il Morandini, il Mereghetti, e il dizionario della UTET non esiste di questo film alcuna scheda-critica.
Lo si può visionare attraverso un DVD uscito in Italia nel 2003 e prodotto dalla General Video Recording di Bisenzio, ricco anche di speciali-extra con note informative sul regista Richard Wallace e i famosissimi attori, degli anni '40-'50: Randolph Scott, Pat O'Brien.

Richard Wallace, il regista, è nato in California nel 1894. Debutta nella regia con il cinema muto realizzando, tra il 1925 e 1926, numerosi cortometraggi. Il suo primo cortometraggio è "Syncopatinsue". Il suo primo sonoro è "L'idolo del sogno" con Gary Cooper. Gira anche dei Musical tra i quali uno molto famoso con Maurice Chevalier, poi film drammatici, commedie, avventure, gialli, pellicole di guerra, opere noir. Wallace è famoso anche per aver diretto la diva bambina Shirley Temple. Muore a Los Angeles nel 1951.
L'attore protagonista di "19° Stormo bombardieri" è Pat O'Brien che interpreta il ruolo del maggiore Davis della base aerea americana addetta all'addestramento dei piloti. Nella storia del cinema Pat O'Brien è un attore molto importante, rimarrà impresso nella mente degli amanti cinefili per la sua lunghissima e versatile carriera, svoltasi soprattutto intorno agli anni '30-'40-'50. Come attore assumerà, sempre con invidiabile bravura, i ruoli di prete, poliziotto, rappresentante delle forze armate.
Risulterà anche un'irlandese longevo, nato nel 1889 è morto nel 1983, alla veneranda età di 94 anni. Pat O'Brien è il famoso e intraprendente reporter Hildy Johnson di Prima pagina. Lo si ricorda anche per "La follia della metropoli" di F. Capra, e "L'aereoporto del deserto" di John Ford.

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venerdì 19 gennaio 2007

Recensione LA RICERCA DELLA FELICITA'

Recensione la ricerca della felicita'




Regia di Gabriele Muccino con Will Smith, Thandie Newton, Jaden Smith, Chandler Bolt, Domenic Bove, Ian Baptiste, Aida Bernardino, Mia Bernardino, Richard Bischoff

Recensione a cura di ferro84 (voto: 7,0)

Ha senso continuare a parlare ancora di Sogno Americano?
Probabilmente si, visto l'enorme successo di pubblico che questo film ha riscosso oltreoceano e che sta avendo anche da noi.
Will Smith resta la "gallina dalle uova d'oro" di Hollywood e Muccino non si è lasciato sfuggire l'occasione di dirigere un'opera commerciale, di grande impatto, con dignità e stile.

Prendendo spunto da una storia realmente accaduta, ambientata in una San Francisco dei primi anni 80, il film ci racconta la storia di uno che ce l'ha fatta: Chris Gadner uno sfortunato ma capace venditore di macchinari medici ospedalieri che non riesce ad arrivare a fine mese e, nonostante tutto, ha ancora voglia di sognare.
I sogni costano fatica e tanti sacrifici, sacrifici che non è disposta a comprendere la moglie, consapevole delle difficoltà economiche e di avere un figlio di 5 anni da crescere.
La caduta negli inferi avviene improvvisamente, quando questa, stanca di una vita di stenti decide di prendere la propria strada, lasciando il marito. Chris è deciso a perseguire i suoi sogni e nello stesso tempo ad accudire suo figlio, assume su di se tutte le responsabilità, decidendo di lavorare e prepararsi con un corso di Brooker della durata di 6 mesi. Il lavoro procede stentato fin quando, non avendo soldi per pagare il fitto di casa, l'uomo e suo figlio si ritroveranno a dormire tra metropolitane o ricoveri per senza tetto.

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Recensione DETOUR - AUTOSTRADA PER L'INFERNO

Recensione detour - autostrada per l'inferno




Regia di Edgar G.Ulmer con Tom Neal, Ann Savage, Edmund MacDonald, Claudia Drake

Recensione a cura di Harpo (voto: 10,0)

"Detour" è un capolavoro assoluto, uno di quei film che ha completamente rivoluzionato l'intera storia del cinema e la cui visione dovrebbe essere obbligatoria, a prescindere dai gusti di ciascun appassionato cinefilo.
Il film di Ulmer è impostato sui canoni del cinema noir, genere molto in voga negli anni '40, presentando ogni peculiarità che questo filone richiede e introducendo degli aspetti che verranno poi riutilizzati da moltissimi maestri americani e non solo (come non pensare a "Mulholland Drive" di Lynch?).
Le caratteristiche del noir sono palesi: a partire dalla narrazione con la voce "fuori campo". A dirla tutta, però, chi narra non lo fa in terza persona: è infatti il protagonista stesso che interviene nella vicenda che ha vissuto in prima persona distribuendo considerazioni e consigli al pubblico e facendo intuire la sua metamorfosi che in realtà è più che altro un'involuzione. Come in ogni noir, sono anche presenti altre figure come quelle femminili della dark lady o della femme fatale. Da ricordare anche che tutta la vicenda narrata, altro non è che un flash-back.

I personaggi sono quattro: Al (incomprensibilmente tradotto Albert nel DVD), Vera, il signor Haskell e Sue (anch'ella ridenominata in Susy). Ogni figura completa l'altra e viene curata in maniera assolutamente geniale dal regista.
A partire da Al, modello perfetto dall'anti-eroe e/o reincarnazione vivente del fallito per antonomasia. Il processo di caratterizzazione attuato da Ulmer per raffigurarci il suo protagonista è assolutamente avveniristico: come già scritto, noi ci troviamo di fronte a un inetto, difficilmente paragonabile agli eroi americani o perfino al terribile (ma simpatico) Caponte di "Scarface". Questa figura presenta una sorta di critica nei confronti del sistema statunitense, indicandoci proprio il tipico americano fallito. La maggioranza del pubblico (ma anche parte della critica) d'oltreoceano, però, non ha mai visto di buon occhio i film che presentano dei falliti come protagonisti e, di conseguenza questo film non ha goduto di grande successo negli States.
Ancora "peggiore" è il personaggio affidato a Edmund MacDonald (che interpreta mr. Haskell), impersonificazione naturale dell'uomo d'affari sporco e scorretto e rappresentato in toni quantomai detestabili. Se in un primo momento il signor Haskell si presenta come un personaggio simpatico e "alla mano", si verrà poi a scoprire che in realtà, dietro a un guscio di falso perbenismo, si nasconde un essere mediocre e senza scrupoli pronto a ingannare perfino il padre per ovviare ai suoi problemi finanziari.
Senza scrupoli è anche la dark lady di "Detour", Vera (interpretata da una seducente Ann Savage) la cui natura non viene mai nascosta da Ulmer: ella è una figura aspra e dura, che sarebbe pronta a tutto pur di arricchirsi.
Infine, in questo turbinio di personaggi quasi "indecenti" ci viene presentata Sue, una bella ragazza tanto dolce quanto ingenua. Convinta di poter trarre giovamento da un suo trasferimento a Los Angeles distruggerà, seppur in modo indiretto, la sua vita e quella di Al.
Ogni personaggio conduce al fallimento il suo compare e il film si trascina in un "terribile" finale che dopotutto è il giusto coronamento dei comportamenti dei protagonisti.

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lunedì 15 gennaio 2007

Recensione CASINO' ROYALE

Recensione casino' royale




Regia di Martin Campbell con Daniel Craig, Judi Dench, Eva Green, Cécile De France, Giancarlo Giannini, Caterina Murino, Simon Abkarian, Jeffrey Wright, Claudio Santamaria

Recensione a cura di Gabriela

Una sceneggiatura originale ispirata al romanzo "Casino Royale", pubblicato nel 1953, primo libro di Ian Fleming che racconta le avventure del più famoso agente segreto che si conosca. In questo film non troviamo il solito Bond con le sue mille battaglie vinte senza arruffarsi un singolo capello, ma l'agente che ha appena ricevuto il suo prefisso "doppio zero" con la conseguente consapevolezza di avere sempre la vita appesa ad un filo. James Bond, interpretato dal bravissimo ed espressivo Daniel Craig, è un giovane affamato, indisciplinato, ribelle, freddo, certe volte spietato, capace anche di commettere diversi errori tra cui quello di entrare in una ambasciata e di uccidere tutti pur di ottenere le informazioni che desidera.

"Casino Royale" non è il proseguimento dei capitoli di James Bond, bensì la storia della nascita dell'agente 007, diretta magistralmente da Martin Campbell. E' un prodotto cinematografico che non nega le sue origini letterarie, ma rompe con gli stereotipi cinematografici scommettendo più sull'origine dei personaggi, sulle emozioni e sulle cause che rendono più chiaro il modo di agire dei protagonisti.
I riferimenti alla saga sono numerosi. Fate attenzione a come Bond consegue la sua famosa Aston Martin o come si gioca la frase sulla sua bibita preferita. Tra l'altro non troviamo nessun gadget particolare perché, trattandosi della sua prima missione, non gode di certi privilegi. Per questo tende ad assumere le caratteristiche di un agente più umano, in carne ed ossa, che sanguina, soffre, si innamora e non obbedisce soltanto ai diktat istituzionali.

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venerdì 12 gennaio 2007

Recensione CHILDREN OF MEN - I FIGLI DEGLI UOMINI

Recensione children of men - i figli degli uomini




Regia di Alfonso Cuaron con Charlie Hunnam, Chiwetel Ejiofor, Michael Caine, Julianne Moore, Clive Owen

Recensione a cura di ferro84 (voto: 7,5)

Immaginarsi il futuro in un presente difficile risulta essere un'operazione inquietante, basti pensare al capolavoro di Orwell "1984" che nasce dopo la seconda guerra mondiale e dà il via a una letteratura di genere, che vedrà in Philip K. Dick e P.D. James degni seguaci. Dal libro si passa spesso al cinema con i vari "Fuga da..." di Carpenter fino a "Brazil" di Gilliam o "Blade Runner" di Ridley Scott.

"I figli degli uomini" rientra in questo filone ispirato dall'omonimo romanzo di P.D. James.
La storia prende inizio dal personaggio di Theo, disilluso ex-attivista politico che, su richiesta di Julian, una donna amata in passato, porterà in salvo una ragazza rimasta misteriosamente incinta, unica speranza per il futuro dell'umanità.
Il regista è Alfonso Cuaròn, che fa parte di quella nuova schiera di registi messicani, insieme ad Innaritu e Guillermo Del Toro, che in questi ultimi anni si stanno affacciando sul panorama cinematografico mondiale. Cuaròn riesce a coniugare un cinema prettamente di evasione a tematiche più impegnate come nella deliziosa commedia di qualche anno fa "Y Tu Mama Tambien" oppure dirigendo l'episodio più convincente della saga di Harry Potter, "il prigioniero di Azkaban".Con questo film Cuaron abbandona la commedia e il fantasy per dedicarsi a un film di fantascienza dimostrandosi perfettamente a suo agio a dirigere generi così diversi; addirittura le scene finali di guerra lasciano prevedere che in futuro Cuaròn possa dedicarsi a questo tipo di film senza nessuna particolare difficoltà.

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martedì 9 gennaio 2007

Recensione COMMEDIASEXI

Recensione commediasexi




Regia di Alessandro D'Alatri con Sergio Rubini, Paolo Bonolis, Margherita Buy, Stefania Rocca, Elena Santarelli, Rocco Papaleo, Michele Placido

Recensione a cura di peucezia

Quest'anno, dopo il divorzio scenico tra De Sica e Boldi, ai previsti due "cinepanettoni" proprio sotto le feste, a sorpresa, si è affiancato "Commediasexi", il terzo incomodo che proporrebbe un'alternativa "intelligente".

Le premesse per un buon successo al botteghino c'erano davvero tutte. In primis il regista Alessandro D'Alatri, partito con film di un certo impegno ("Senza Pelle", con un ottimo Kim Rossi Stuart), poi passato a tematiche più leggere con "Casomai" o "La Febbre", ma sempre con l'intenzione di fare un'analisi sulla società italiana; poi i comprimari Sergio Rubini e Margherita Buy, sempre validi nel cinema leggero come in quello impegnato; infine il debutto da protagonista del popolare conduttore televisivo Paolo Bonolis.
Questi ingredienti di per sè già sarebbero per lo spettatore garanzia di un buon prodotto, e invece...

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venerdì 5 gennaio 2007

Recensione NATIVITY

Recensione nativity




Regia di Catherine Hardwicke con Shohreh Aghdashloo, Keisha Castle-Hughes, Eriq Ebouaney, Ciarán Hinds, Oscar Isaac, Matt Patresi, Ted Rusoff

Recensione a cura di peucezia

NATIVITY

Ennesima declinazione sul tema del film cristologico questa "natività," uscita furbescamente durante il periodo dell'Avvento 2006, appartiene a una trilogia sulle adolescenti ideata dalla regista, l'americana Catherine Hardwicke, di cui conosciamo il controverso e poco artistico "Thirteen"in cui si parla di un mondo di tredicenni perverso e assai poco lontano da quello di Maria di Nazareth.

La regista, di fede protestante, è consapevole della necessità di avviare un discorso che non crei fratture fra le diverse confessioni cristiane e sceglie così di glissare sui temi più dibattuti che ruotano intorno alla sacra nascita per concentrarsi sul personaggio di Maria , giovane ragazza di duemila anni fa.
La strada scelta percorre da una parte la lettura dei vangeli di Luca e Matteo (il film infatti si apre con il sacrificio al tempio di Zaccaria, futuro genitore di Giovanni il Battista) e dall'altra cerca un realismo di stampo quasi pasoliniano.
Si assiste dunque al duro lavoro giornaliero, al giogo delle tasse e infine alle doglie del parto. La scenografia è essenziale e le riprese sono perlopiù in esterni tra Matera e il Marocco, da sempre set privilegiati dai registi di film in costume di matrice religiosa.

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Recensione A CASA NOSTRA

Recensione a casa nostra




Regia di Francesca Comencini con Luca Zingaretti, Valeria Golino, Giuseppe Battiston, Laura Chiatti, Luca Argentero, Teco Celio, Bebo Storti

Recensione a cura di gerardo (voto: 8,0)

Milano, 2006. Una manciata di storie private s'intrecciano e si confondono, si rincorrono e si allontanano l'una con l'altra, e insieme raccontano (con straordinaria efficacia) pagine di cronaca e di vita quotidiana, dipingono all'unisono una credibile Italia contemporanea. È da un po' che non succedeva nel cinema italiano.
Come suo padre Luigi negli anni '70 ritraeva lucidamente una Milano grigia e operaia, di periferia e di disperate guerre della marginalità, Francesca Comencini ci racconta con estrema sobrietà una Milano odierna ancora più cupa e notturna, sazia e disperata nel suo borghese "infinito vuoto, infinito niente".

E' un freddo nichilismo che pervade tutto il film, che muove gli uomini ed è quel che resta fino alla fine. I più deboli soccombono, i pesci piccoli pagano colpe anche per quelli più grandi, che non pagheranno mai, anzi. Prevale la logica dello sfruttamento, dove quello della prostituzione è solo il modello più evidente e tangibile, emblematico per molti aspetti, se vogliamo, ma non certo l'unico, alla base dei rapporti umani.
Anche la condizione di bisogno viene sublimata dal nichilismo e dalla voglia di avere tutto e subito, di uscire dalla frustrazione e dall'anonimato del quotidiano. Le sensibilità non sono richieste: quando un barlume di umanità (di semplice interesse per il prossimo) affiora nel grigiore dell'egoismo viene persino rifiutato, con annesso invito all'indifferenza. Talvolta la sensibilità non viene neppure riconosciuta, o meglio, non viene creduta.
Ognuno porta con sé delle ombre, delle macchie: per quelli più sensibili è sicuramente un punto debole che può far vacillare e cadere; per gli squali rappresenta, normalmente, il principio della loro forza.
Materia del film, in termini più pratici, sono gli scandali finanziari degli ultimi anni, i loro intrecci strettissimi con la politica, le intercettazioni telefoniche da parte delle forze dell'ordine. Temi che la regista di "Mobbing" tratta senza morbosità e qualunquismo, senza chiosa intellettualistica, lasciando fluire la storia senza intervenire con stucchevoli o noiose, ripetitive sovrapposizioni ideologiche.

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giovedì 4 gennaio 2007

Recensione ERAGON

Recensione eragon




Regia di Stefen Fangmeier con Jeremy Irons, John Malkovich, Edward Speleers, Djimon Hounsou, Robert Carlyle, Alun Armstrong

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 3,0)

C'era una volta un bambino originario del Montana di nome Christopher Paolini, la cui indomita passione era il fantasy; con gli anni il bambino divenne un giovane nerd, ed all'età di 15 anni decise di dare corpo alla propria passione scrivendo un libro, "Eragon".
Il risultato fu un romanzo di rara inconsistenza, che miscelava assieme suggestioni ed atmosfere tratte dalle opere che tanto lo affascinavano: si andava dal Signore degli Anelli ad Harry Potter, passando per Star Wars e perfino Dragonheart; i genitori del ragazzo decisero comunque di autofinanziarsi la pubblicazione e distribuzione locale di cotanto libercolo, ignorando che di lì a pochi anni lo sguardo delle grandi case editrici si sarebbe posato sul libro, facendone un best-seller per palati poco esigenti.
Inevitabile che il caso editoriale in questione, abile nello sfruttare il rinato interesse nei confronti del fantasy a causa del successo di autori di ben altro spessore (leggasi J.K. Rowling), attirasse l'attenzione delle major hollywoodiane: ecco dunque che la Fox acquistò i diritti del libro per lanciarlo come film di Natale 2007.

"Eragon" altri non è che un ragazzino orfano che durante una battuta di caccia trova un uovo di drago; apprenderà di essere stato scelto dal drago per diventare il suo cavaliere e sconfiggere il perfido re Galbatorix, cavaliere rinnegato che grazie al suo oscuro potere domina le terre dell'Alagaesia con spietata ferocia. Eragon sarà accompagnato nella sua avventura da un mentore, il vecchio saggio Brom, da una banda di ribelli arroccati sulle montagne, da un'elfa di nome Arya e da un giovane dal passato misterioso chiamato Murtagh.

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Recensione ANCHE LIBERO VA BENE

Recensione anche libero va bene




Regia di Kim Rossi Stuart con Barbora Bobulova, Tommaso Ragno, Kim Rossi Stuart

Recensione a cura di peucezia

Il principe Romualdo -alias Kim Rossi Stuart- che circa tre lustri fa faceva impazzire le adolescenti italiane, ha ben presto cambiato rotta per cercare una carriera più impegnata riuscendoci anche piuttosto bene.

Nell'ultima metamorfosi il Nostro è diventato regista e, strizzando l'occhio ceruleo a un classico della cinematografia neorealista (I bambini ci guardano), ha realizzato "Anche libero va bene", storia di una famiglia molto sui generis.
Non è la prima volta che Kim interpreta il ruolo di un padre giovane alle prese con situazioni più grandi di lui: in "Le chiavi di casa" si trattava di un figlio disabile, in questa storia invece l'attore è un padre ragazzo con due figli ormai adolescenti con cui c'è uno strano rapporto di affetto ma anche di conflitto.

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