lunedì 30 giugno 2008

Recensione IL SOLE ANCHE DI NOTTE

Recensione il sole anche di notte



Regia di Vittorio Taviani, Paolo Taviani con Nastassja Kinski, Charlotte Gainsbourg, Julian Sands, Patricia Millardet, Margarita Lozano, Sonia Gessner, Ferdinando Murolo, Massimo Bonetti, Pamela Villoresi, Rudiger Vogler, Biagio Barone, Francesco Ferrante, Fausto Lombardi, Tony Sperandeo

Recensione a cura di Hal Dullea

Nel Settecento napoletano, all'ombra dei Borboni, Sergio Giuramondo è un giovane nobile di provincia deciso a raggiungere la perfezione ed il successo. È il più brillante tra gli allievi ufficiali dell'Accademia, e re Carlo III sembra volergli spianare la carriera, propiziando il suo matrimonio con una nobile che, poco prima del matrimonio, gli confessa di essere stata l'amante del sovrano. Sergio abbandona tutto: l'idea del matrimonio, la corte, l'esercito. Si fa frate, "per trovarsi più in alto di chi lo ha umiliato", poi eremita in un altopiano. La sua fama di santità aumenta finché però egli cede carnalmente con una ragazzina malata. Allora fugge e cerca la morte pensando di annegare in un laghetto, ma non vi riesce.
Nel "Padre Sergio" di Tolstoj - che prima dei Taviani ha dato origine a due altri film: nel 1928, in Italia, di e con Febo Mari, e nel 1917 in Russia, con il grande Mosjukin - vi è il dramma di un uomo che cerca nella santità la grandezza e finisce con il non trovare né l'una né l'altra. Una scelta, la sua, di annientamento di sé nell'incontro con l'Onnipotente, e che il suo dio invece risolve nel rigetto più completo.

I guizzi migliori il film li ha in scene e particolari che non hanno origine nel racconto di Tolstoj: nell'invenzione visiva della confessione di Nastassja Kinski, tutta giocata sulle luci e sulle ombre, sul non guardarsi in faccia, sul celarsi allo sguardo; nella sequenza della tentazione da parte della viaggiatrice Patricia Millardet, quando lo spasmodico sforzo di padre Sergio per dimenticare il desiderio è reso con una invenzione sonora, il crescere a dismisura del rumore della pioggia sul quale il monaco si concentra (una sorta di soggettiva sonora rara al cinema); o nell'episodio dei due sposi - la donna è la protagonista dell'"Albero degli zoccoli" - che chiedono a padre Sergio la grazia di morire insieme. Ci si domanda quanto Tolstoj non sia stato d'ingombro, alla voglia dei Taviani, di raccontare qualcosa d'altro.

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venerdì 27 giugno 2008

Recensione GO GO TALES

Recensione go go tales




Regia di Abel Ferrara con Willem Dafoe, Bob Hoskins, Matthew Modine, Asia Argento, Danny Quinn, Riccardo Scamarcio, Bianca Balti, Valeria Golino, Stefania Rocca

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 3,5)

A due anni di distanza da "Mary", Abel Ferrara presenta al Festival di Cannes 2007 "Go go tales", film interamente girato a cinecittà con cui Ferrara intende scandagliare il mondo dei night club. L'accoglienza tributata in quella sede alla pellicola fu così tiepida da determinarne l'uscita in sala direttamente d'estate, nonostante le accese polemiche dovute ad una scena di lap dance che vedeva protagonisti Asia Argento ed un rotweiller promettessero perlomeno un lancio imponente fondato su pruriti scandalistici.

Con "Go go tales" Abel Ferrara prova a raccontare l'ambiente dei night club mediante il Paradise, locale diretto dall'istrionico Ray Ruby (Willem Dafoe) con l'aiuto del Barone (Bob Hoskins). Nonostante l'amore e la passione con cui Ruby gestisce il locale questo versa in un preoccupante dissesto economico, anche a causa del vizio del gioco del suo titolare; le cose peggiorano quando il ricco fratello parrucchiere di Ray, Johnie (Matthew Modine), decide di tagliare i finanziamenti fino a quel momento erogati al Paradise, ma quando Ray sembra aver perso ogni speranza vince inaspettatamente un capitale al lotto.
Purtroppo l'euforia della vittoria svanisce quando Ray si accorge di aver smarrito la ricevuta della giocata vincente.

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Recensione BOBBY

Recensione bobby




Regia di Emilio Estevez con William H. Macy, Ashton Kutcher, Helen Hunt, Demi Moore, Anthony Hopkins, Heather Graham, Sharon Stone, Laurence Fishburne, Harry Belafonte

Recensione a cura di Mimmot (voto: 9,0)

"Alcuni uomini vedono le cose come sono e dicono «perché»? Io sogno le cose come non sono mai state e dico «perché no»?
La gioventù americana, come la nazione americana, conosce già un benessere che oltrepassa di gran lunga i sogni più audaci degli altri paesi. Ciò che le manca è di sapere a che cosa serve questo benessere.
Noi proclamiamo la nostra intenzione di garantire comunque l?autodeterminazione dei popoli, a costo di sacrificare la nostra stessa vita, se necessario.[?]
E non possiamo ipocritamente proclamare che «cerchiamo soltanto la libertà e la dignità umana in tutto il mondo», se in ogni angolo del mondo abbiamo dato il nostro appoggio, quando lo ritenevamo conveniente, a governi dittatoriali e corrotti.
Gli ideali democratici non possono essere esportati.
"
Robert Kennedy

"Hanno creato un deserto e lo chiamano pace."
Queste parole riferite al Vietnam, che nel film ascoltiamo dalla viva voce di Robert Kennedy, continuano ad essere di bruciante attualità; basta cambiare il termine di riferimento e sembra che quaranta anni non siano passati affatto.

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giovedì 26 giugno 2008

Recensione IL CIELO SOPRA BERLINO

Recensione il cielo sopra berlino




Regia di Wim Wenders con Bruno Ganz, Otto Sander, Peter Falk, Solveig Dommartin

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 9,0)

Nel film "Il cielo sopra Berlino", vincitore a Cannes nel 1987, Wenders porta sullo schermo, con il coraggio che lo contraddistingue, idee e pensieri cinematografici nuovi, magistralmente tradotti in immagini di rara bellezza, dove sono la meraviglia e lo stupore a dominare le scene, come si conviene ad un film dalle grandi ambizioni poetiche. Wenders con questa pellicola vuol trovare e proporre un proprio lessico artistico, lontano dalle forme ibride e convenzionali del linguaggio filmico commerciale.

Il film inizia con una voce maschile fuori campo, dal tono ispirato, fremente di emozioni, modulata da un misterioso sentimento di pace, che accompagna, traducendola dal tedesco, l'elegante scrittura di una poesia, compilata su un fine foglio bianco con una penna da calamaio a inchiostro nero:

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martedì 24 giugno 2008

Recensione LUCI DELLA RIBALTA

Recensione luci della ribalta




Regia di Charles Chaplin con Sidney Chaplin, Claire Bloom, Buster Keaton, Charles Chaplin

Recensione a cura di peucezia (voto: 9,0)

Film del 1952 dal titolo originale "Limelight" ed ultima pellicola ad essere stato girata negli Stati Uniti da Charles Chaplin (l'artista dovette in seguito lasciare il paese a causa di problemi con il Maccartismo), "Luci della ribalta" rimase inedito negli USA fino al 1972, anno in cui vinse un Oscar retroattivo per la splendida colonna sonora.
Il film si presenta come un poetico saggio sulla Bellezza, l'Amore, l'Arte ma anche la Morte, nonchè anche come un nobilissimo sequel di "Luci della città", poiché anche in quella precedente storia protagonista era la Bellezza intrappolata dal buio della cecità, liberata dal mentore Charlot e poi pronta a spiccare il volo proprio quando questi rimane invece nel suo mondo di miseria materiale.

Protagonista di "Luci della ribalta" è un comico ormai in là con gli anni, Calvero, un tempo ricco e celebre ed ora abbrutito e intristito.
L'alcool ed i ricordi sono i suoi soli compagni, e già questo fa capire quanto lontani siano gli anni del sognatore Charlot, povero in canna ma con tante speranze in tasca. Ma anche di fronte a tanta miseria morale il povero Calvero ha una luce: l'affetto per una giovane ballerina in difficoltà (Claire Bloom) lo aiuta ad andare avanti.
Calvero è quindi la Saggezza, il Pigmalione della Bellezza intrappolata, il medium (inteso come mezzo, portavoce, "docente") che porta l'Arte a svilupparsi ed a palesarsi al mondo, ma in quanto anziano è destinato a rimanere ai margini ed infine a lasciare la scena della Vita. Finale quindi più malinconico, quasi un testamento spirituale del comico-regista Chaplin che si dichiara ormai stanco e pronto a lasciare il passo agli altri (molti degli attori del film sono infatti suoi figli, compreso il giovane pianista di cui si innamora, ricambiato, la Ballerina, a dimostrazione evidente dell'intenzione dell'artista di cedere il testimone).
Nel film appare un'altra vecchia gloria del cinema muto, il grande "faccia di pietra" Buster Keaton, che nella performance con Chaplin surclassò il compagno suscitandone - pare - una certa gelosia.

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venerdì 20 giugno 2008

Recensione E VENNE IL GIORNO

Recensione e venne il giorno




Regia di M. Night Shyamalan con Mark Wahlberg, Zooey Deschanel, John Leguizamo, Betty Buckley, Frank Collison, Ashlyn Sanchez, Spencer Breslin, Robert Bailey Jr..

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,5)

"Noi non vogliamo accettare che esistano forze che vanno al di là della nostra conoscenza".

Un fenomeno inspiegabile porta alcune persone a morire e/o uccidersi in circostanze terrificanti nel giro di pochi minuti. New York è sotto assedio, come nel famigerato 11 Settembre 2001: si parla di attacco terroristico ma i notiziari smentiscono presto questa possibilità.
La gente tenta disperatamente la fuga, partendo in treno verso altre zone apparentemente più sicure. Il professore di scienze Elliott Moore, (Mark Wahlberg), in crisi coniugale con la moglie Alma (Zrooey Deschanel) insieme a lei e all'amico/collega Julian, insegnante di matematica, e di Jess, unica figlia di Julian, partono per cercare una via di salvezza...

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Recensione PAISA'

Recensione paisa'




Regia di Roberto Rossellini con Giulietta Masina, Carmela Sazio, Gar Moore, Maria Michi

Recensione a cura di Marco Iafrate (voto: 7,0)

Roberto Rossellini nasce a Roma agli inizi del secolo scorso; in ambito cinematografico muove i primi passi nel 1936 come montatore, scenotecnico e sceneggiatore. Non ancora trentenne, inizia a dirigere i primi lavori, soprattutto documentari per l'Istituto Luce; bisogna aspettare però il 1941 per veder apparire sugli schermi il suo primo lungometraggio ("La nave bianca") ed il 1944 per dare al grande pubblico l'opportunità di scoprire questo interessante regista con "Roma città aperta", film di stampo neorealista, dallo stile nuovo, in cui gli elementi del dramma sono presi direttamente dalla dura realtà.

Si sentono ancora gli echi della seconda guerra mondiale quando nell'aprile del 1946 Rossellini comincia a lavorare su "Paisà", quello che verrà definito da molti critici il suo capolavoro; in edizione Italo-Americana il film racchiude, in sei episodi, il periodo tra lo sbarco degli alleati in Italia e la vigilia dell'insurrezione partigiana sul delta del Po poco prima della fine della guerra.

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mercoledì 18 giugno 2008

Recensione L'INCREDIBILE HULK

Recensione l'incredibile hulk




Regia di Louis Leterrier con Edward Norton, Liv Tyler, Tim Roth, Tim Blake Nelson, Ty Burrell, William Hurt, Christina Cabot, Peter Mensah, Robert Downey jr.

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 7,0)

Alla fine del XX secolo la Marvel ? tra le principali case editrici di fumetti al mondo ? stava fronteggiando una delle più profonde crisi dai tempi della sua fondazione: la progressiva diminuzione del fascino delle storie dei suoi personaggi di punta si accompagnava al disinteresse via via crescente del proprio pubblico. In un estremo tentativo di rialzarsi, la Casa delle Idee decise di sondare il mercato cinematografico, trasportando sul grande schermo le avventure di due delle serie a fumetti di maggior successo: "X-Men" e "Spider Man", affidate a due registi di culto quali Bryan Singer e Sam Raimi.
Il risultato al botteghino fu talmente incoraggiante da dar vita, nel corso degli anni, ad una vera e propria invasione bulimica di supereroi sugli schermi cinematografici, con esiti non sempre convincenti: si va dai due sequel di "X-Men" e "Spider Man" alle avventure dei Fantastici Quattro, di Daredevil, di Elektra, del Punitore, di Ghost Rider e di Hulk.
Purtroppo il livello qualitativo delle recenti produzioni rimaneva piuttosto basso, eccezion fatta per il secondo capitolo di "Spider Man", ed il pubblico iniziava a storcere il naso e disertare le sale; uno dei flop più dolorosi sotto questo punto di vista fu proprio "Hulk", diretto dall'acclamato regista Ang Lee, sia per l'ambizione del progetto che per la particolare predilezione della mente creativa della Marvel, Stan Lee, per il gigante verde.
La Marvel decise quindi che era giunto il tempo per l'ennesima svolta: gestire in esclusiva il passaggio dei propri personaggi dalla carta dei comics alla celluloide. Il primo esperimento di questo tipo, "Iron Man", ha appena visto la luce, imponendosi come il più alto incasso della stagione cinematografica 2007/2008 e mettendo in ombra blockbuster annunciati, quale ad esempio il quarto capitolo delle avventure di Indiana Jones, nonostante avesse per soggetto uno dei supereroi meno interessanti tra quelli che il parco Marvel potesse offrire.

Con questo "L'incredibile Hulk", seconda produzione interamente Marvel, Stan Lee prova a rilanciare quel vecchio progetto che mai gli era andato giù, avviluppato com'era nelle velleità autoriali fuori luogo di un Ang Lee troppo impegnato a delineare un patetico rapporto padre-figlio che ad imbastire un giocattolone d'azione che puntasse a divertire il pubblico; per farlo, la mente creativa della Casa delle Idee ripropone la stessa formula che aveva decretato il successo di "Iron Man": un regista di genere senza troppe pretese, un cast composto da caratteristi o attori inspiegabilmente ignorati dalla produzione mainstream ed una sceneggiatura semplice semplice volta essenzialmente a divertire le platee senza tradire lo spirito del fumetto.
Il risultato è decisamente convincente, a partire dal coordinamento con il film precedente: le origini di Hulk sono volutamente abbozzate, tanto che il momento dell'esperimento con i raggi gamma che trasforma il mite scienziato Bruce Banner in Hulk scorre lungo i titoli di testa. La storia che alla Marvel interessa trattare è tutt'altra: è quella dell'esilio volontario di Banner (Edward Norton) in Brasile, alla ricerca di un antidoto per la propria "malattia" che lo porta a trasformarsi in un colosso verde invulnerabile e dalla forza inversamente proporzionale alle proprie facoltà intellettuali.
Quando però il cinico Generale Ross (William Hurt), padre della donna amata da Banner (Liv Tyler), ed il soldato arrivista assetato di potere Emil Blonsky (Tim Roth) lo trovano, si scatena una caccia all'uomo volta a fare di Hulk il patrimonio genetico utile alla creazione del soldato perfetto.

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Recensione HOLLYWOOD ENDING

Recensione hollywood ending




Regia di Woody Allen con Woody Allen, Debra Messing, Téa Leoni, Tiffani-Amber Thiessen, Treat Williams, Mark Rydell

Recensione a cura di Debora P.

Dopo eccellenti prove da regista e sceneggiatore, Woody Allen intiepidisce il proprio pubblico con questa "nevrotica" e un po' banale commediola.
E' la storia di un paranoico regista - interpretato dallo stesso Woody Allen - ormai dimenticato dalle luci della ribalta, al quale viene data l'opportunità di girare un film che possa riportarlo al successo. Nonostante lo scetticismo dei produttori, l'ex- moglie è l'unica a credere nelle potenzialità dell'artista. Non appena iniziate le riprese sorge però un problema a dir poco banale: il regista Val Waxman diventa cieco. Da qui in poi, con il supporto del proprio manager, cercherà in ogni modo di portare a termine le riprese del film.

Si tratta di una cecità psicosomatica, dovuta all'estrema nevrosi del protagonista, ormai caratteristica di quasi tutte le interpretazioni di Allen. Sono ormai noti i suoi "monologhi" dove ragiona ad alta voce e grazie ai quali questo film resta a galla, ma se paragonato ad altre sue opere - come ad esempio "Io e Annie" - le battute risultano meno pungenti e fini a se stesse; nonostante le parole a raffica e la gestualità a scatti, Woody Allen non riesce a far scaturire quella "liberatoria" risata alla quale il suo pubblico è abituato. Insomma, questa volta si ride poco.

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martedì 17 giugno 2008

Recensione INDIANA JONES E IL REGNO DEL TESCHIO DI CRISTALLO

Recensione indiana jones e il regno del teschio di cristallo




Regia di Steven Spielberg con Harrison Ford, Cate Blanchett, Shia LaBeouf, John Hurt, Ray Winstone, Jim Broadbent, Karen Allen, Tyler Nelson

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 6,0)

"Quanto della vita umana si perde nell'attesa?"

A dire la verità troppo e non sempre il risultato giustifica l'attesa, così il senso di ciò che si è perduto soverchia il piacere del conseguimento del risultato.

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Recensione TU DEVI ESSERE IL LUPO

Recensione tu devi essere il lupo




Regia di Vittorio Moroni con Ignazio Oliva,Valentina Carnelutti, Valentina Merizzi, Sara Damario, Gianluca Gobbi

Recensione a cura di Mimmot

Piccola, delicata opera prima del giovanissimo regista valtellinese con un interessante passato da documentarista Vittorio Moroni, "Tu devi essere il lupo" è il classico esempio del malessere di cui soffre il cinema italiano. Girato fra moltissime difficoltà tra Sondrio, la Valtellina e Lisbona, questo lungometraggio ha rischiato di non vedere la luce perchè in Italia, a causa di un impianto legislativo di settore farraginoso, è difficilissimo, per un giovane autore poco noto o, ancora peggio, sconosciuto, trovare i fondi necessari per la produzione e la lavorazione di un film.
E non è tutto, perchè, una volta riuscito a girarlo, pur tra mille difficoltà finanziarie, diventa quasi impossibile trovare i finanziamenti necessari per poterlo distribuire, in quanto i fondi statali sono stati drasticamenti tagliati, condannando così all'invisibilità opere interessanti e artisticamente valide, a tutto vantaggio di operazioni supportate dalla notorietà televisiva, che talk show e reality show procurano a personaggi privi di un minimo di capacità artistica.

Il fatto di non aver trovato un distributore disposto ad accollarsi il rischio della distribuzione del suo film (come del resto accade a molti altri autori italiani poco famosi) ha costretto Vittorio Moroni ad attendere due anni prima di vedere proiettato in poche sale cinematografiche la sua prima opera registica.
Questo grazie alla Pablo di Gianluca Arcopinto e alla Myself, una sorta di associazione culturale cooperativa di promozione e autodistribuzione cinematografica, creata all'uopo, grazie all'impegno, anche economico, di tutti coloro che hanno preso parte alla lavorazione del film, regista, attori e tecnici inclusi, allo scopo di trovare i soldi necessari per finanziarne la promozione e la distribuzione.
Il lavoro di Vittorio Moroni ha comunque ottenuto lusinghieri riconoscimenti nei vari Festival del 2005, anno in cui è stato presentato, come quelli di Lecce, Annecy, Ajaccio, festival di "nicchia", più attenti alla "qualità" che alla popolarità dei blockbuster.

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lunedì 16 giugno 2008

Recensione ALEXANDRA

Recensione alexandra




Regia di Aleksandr Sokurov con Galina Vishnevskaya, Vasili Shevtsov

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Una anziana nonna russa ottiene il permesso di visitare il nipote, ufficiale in Cecenia, in zona di guerra. La sua presenza riscalderà l'animo non solo dei giovani soldati invasori, ma pure della popolazione locale: un vero messaggio di pace.

Ci sarebbero due modi per commentare il film Alexandra, del russo Alexander Sokurov, giustamente premiato al Festival di Cannes di quest'anno: uno rifacendosi esclusivamente alle grandi tematiche del film in chiave umanistica, pacifista, familiaristica, sentimentale ed emozionale; aspetti che basterebbero da soli a decretarne il sicuro successo ed i favori del pubblico. si agirebbe però così in modo riduttivo rispetto alla grande tradizione del cinema d'autore russo, da cui "Alexandra" deriva indubbiamente la linfa artistica ed intellettuale.
Per non dilungarci in eccesso e per comprendere compiutamente la genesi di questo film, fisseremmo alcuni punti cardine del genere, a partire dal cinema muto.

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Recensione IERI, OGGI E DOMANI

Recensione ieri, oggi e domani




Regia di Vittorio De Sica con Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Aldo Giuffrè, Agostino Salvietti, Lino Mattera, Carlo Croccolo, Armando Trovajoli, Tina Pica

Recensione a cura di peucezia

Articolato in episodi secondo una moda in auge negli anni Sessanta e vincitore di un premio Oscar, il film dal titolo privo di un vero significato è un omaggio alla donna, visto che la protagonista assoluta è Sofia Loren, e soprattutto è un'eccezionale prova di attrice per la trentenne Sofia, che ebbe modo di provarsi in personaggi del tutto diversi in ciascun episodio della pellicola.

Il primo episodio, "Adelina", ispirato a un fatto realmente accaduto a Napoli e scritto da Eduardo De Filippo, è presentato dal regista De Sica con una vena ironica fin troppo evidente.
Adelina è una povera disgraziata costretta a vendere le sigarette di contrabbando per mantenersi e per mantenere il marito disoccupato (un Marcello Mastroianni superbo come spalla). La sua casa è un basso senza sole, pieno di bambini nati per evitarle la galera; la miseria è una compagna sempre presente eppure la situazione è presentata senza retorica, senza aria da melodramma ma come un "dato di fatto" che da solo attenua allo spettatore l'impatto violento e tragico della vita di questa donna.
L'arte di arrangiarsi dell'amico di famiglia (Aldo Giuffrè) sempre pronto a trovare un lavoro "stagionale" ( venditore di ciliegie a maggio, castagne in ottobre), i guaglioncelli che in fila inneggiano alle gravidanze di Adelina, le originali carcerate del braccio femminile contribuiscono a fare della storia un bozzetto colorito e colorato della napoletanità. Gli attori, tutti della grande scuola napoletana, contribuiscono a dare all'episodio quell'aura leggera che ne fa sicuramente il migliore tra le tre storie del film.

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