giovedì 29 marzo 2012

Recensione BUONA GIORNATA

Recensione buona giornata




Regia di Carlo Vanzina con Diego Abatantuono, Lino Banfi, Vincenzo Salemme, Christian De Sica, Teresa Mannino, Tosca D'Aquino, Maurizio Mattioli, Paolo Conticini, Chiara Francini, Gabriele Cirilli

Recensione a cura di marcoscafu (voto: 1,0)

Tutto in un giorno. Dalla mattina alla sera. Roma, Milano, Napoli, Verona, Firenze, Potenza e Bari. Una voce narrante descrive la giornata non molto qualsiasi di 7 personaggi, 7 italiani, alle prese coi loro problemi e mostrando le loro soluzioni. O presunte tali.

Ascanio Cavallini (Christian De Sica, "Vacanze di Natale" e "Il figlio più piccolo"), è un principe romano in declino, che vivacchia grazie ai presenzialismi più disparati e affittando il suo palazzo ad una troupe di fiction. Tutto pur di non lavorare, nonostante lo sfratto imminente. Nella sua giornata riceverà anche una proposta di matrimonio da una facoltosa donna di estrazione popolare, che lui ovviamente rifiuterà per non "offendere" i suoi gradi.

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Recensione WILBY WONDERFUL

Recensione wilby wonderful




Regia di Daniel MacIvor con James Allodi, Maury Chaykin, Ellen Page

Recensione a cura di HollywoodUndead (voto: 8,0)

Nessuna citazione può essere il prologo di uno scritto che cerca di analizzare "Wilby Wonderful" di Daniel MacIvor, nessuna frase o nessun pensiero, semplicemente "una ragazza che corre".

E' difficile poter scrivere qualcosa che dia il la ad una recensione su questo piccolo film indipendente, quindi l'unica cosa da fare è descrivere la prima scena. Ciò che vediamo, non è proprio solo una ragazzetta che si prepara nella sua camera la mattina presto e scende (senza neanche far colazione) in strada, cominciando a correre. Noi vediamo tutto un intero isolotto in movimento proprio quel giorno stesso, il giorno che nella piccola comunità di Wilby si scatenò un vero putiferio. Cosa può mettere in agitazione la piccola isolotta felice (?) di Wilby? Il mistero è presto svelato, perché una voce radiofonica ci chiarisce tutto il trambusto cittadino creato di prima mattina. Infatti il sindaco Brent Fisher è anche direttore del giornale locale e vuole pubblicare i nomi delle persone coinvolte in uno scandalo al "Wilby Watch", un luogo dove la comunità gay di Wilby si incontra di nascosto.

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mercoledì 28 marzo 2012

Recensione THE RAVEN (2012)

Recensione the raven (2012)




Regia di James McTeigue con John Cusack, Luke Evans, Alice Eve, Brendan Gleeson, Oliver Jackson-Cohen, Dave Legeno, Pam Ferris, Brendan Coyle, Kevin McNally, Sergej Trifunovic

Recensione a cura di Giordano Biagio

"The Raven" (Il corvo) è un thriller claustrofobico non del tutto originale che si avvale dell'assemblamento ideativo, dai codici visivi ben composti e variati, di parti di diversi altri film tra i quali il famoso "Kil Bill - volume due" (2004) di Quentin Tarantino, una pellicola che il regista Mc Teigue omaggia ripetutamente con alcune sequenze ad alta tensione riguardanti bare di legno sotterrate o in procinto di esserlo con vittime dentro ancora vive.
Il film è costruito con un'arguzia tecnica molto professionale ed è ben contestualizzato storicamente grazie a uno stile gotico delineato con un gusto cinematografico sopra le righe. I dialoghi inevitabilmente sono un po' modernizzati e stridono quindi con l'atmosfera del gotico.

Nel film Edgar Allan Poe (John Cusack) mette a disposizione della polizia il proprio acume letterario di genere poliziesco collaborando con il giovane detective di Baltimora Field (Luke Evans) nelle indagini per la cattura di un serial killer che trae spunto, per una serie di omicidi sadici, da alcuni famosi racconti del Poe.
Il film è ambientato a Baltimora nel 1849, poco tempo prima della scomparsa reale, in circostanze misteriose, dello stesso Poe, a 40 anni, dopo che, come accade nel film, era stato visto seduto su una panchina del parco della città in uno stato psichico alterato.
Diretto dal maturo James McTeigue (da ricordare il suo pregevole e originale "V for Vendetta"), il film vede nel cast Alice Eve, Brendan Gleeson, Oliver Jackson-Cohen e Kevin Mcnally.

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Recensione I FIORI DI KIRKUK

Recensione i fiori di kirkuk




Regia di Fariborz Kamkari con Morjana Alaoui, Ertem Eser, Mohammed Bakri, Mohammed Zaoui, Maryam Hassouni

Recensione a cura di Mimmot

I curdi sono un antichissimo popolo medio orientale che vive nelle regioni montuose del Tauro, in un territorio grande il doppio dell'Italia che da loro prende il nome di Kurdistan.
Si calcola che i Curdi siano fra i 20 e i 30 milioni e che quindi costituiscano uno dei più grandi gruppi etnici e linguistici privi di un proprio stato nazionale.
Per oltre un secolo il nazionalismo curdo (che tardò a manifestarsi a causa del nomadismo ancestrale) ha cercato di ottenere la creazione di un Kurdistan indipendente, o perlomeno autonomo, ma le loro istanze nazionalistiche sono state puntualmente disattese dagli organismi internazionali, a causa degli interessi di alcuni governi occidentali nel Golfo Persico, e ostacolate dagli Stati che li ospitano, ritenendo che la nascita di un tale stato li costringerebbe a cedere parte dei propri territori.
In Iraq i curdi si sono stanziati in quella parte del paese, conosciuta come il Kurdistan iracheno, ma comunità curde esistono in varie altre città, come Kirkuk e la stessa capitale Bagdad.
Successivamente alla Guerra del Golfo, In Iraq si sono verificate repressioni massicce nei confronti dei curdi iracheni, da parte del regime di Saddam Hussein, che hanno assunto la portata di un vero e proprio nuovo olocausto.

Il dramma del popolo curdo - insieme al ruolo sottovalutato della donna nelle società medio orientale - viene raccontato dal regista curdo iraniano, Fariborz Kamkari - che vive ed opera in Italia - nel film "I fiori di Kirkuk", presentato con successo alla Festa del Cinema di Roma 2010.
La cronistoria di quei sanguinosi avvenimenti si intrecciano nel film con la storia d'amore che unisce la protagonista Najla al suo connazionale Sherko, conosciuto nelle aule della Facoltà di Medicina dell'Università di Roma.
Ma quella che in altre parti sarebbe una semplice storia d'amore, in Iraq acquista il sapore di un amore impossibile, per la violenta contrapposizione di etnie che all'epoca travagliava il paese medio orientale.
Najla, infatti è figlia di una ricca famiglia araba di Bagdad, molto vicina all'ideologia del partito del presidente Saddam Hussein, mentre Sherko è curdo, iracheno di etnia curda.
Siamo in Iraq negli anni '80, il regime di Saddam Hussein è impegnato nella campagna repressiva verso i curdi, contro i quali il regime ha intrapreso una sistematica e cruenta decimazione di massa.
Colpita dalle tragiche notizie che giungono dal suo paese, Najla decide di tornare in Iraq nella speranza di rintracciare Sherko, il giovane collega di cui è innamorata.
Sherko, infatti, dopo aver conseguito la laurea in medicina era rientrato in patria, ufficialmente per motivi familiari, promettendo a Najla che avrebbe fatto ritorno a Roma al più preso.
Tornata a casa, Najla ben presto scopre il vero motivo per cui Sherko non è più tornato in Italia. Contemporaneamente si trova a fronteggiare l'autorità dello zio (suo tutore) e i pregiudizi misogini e razzisti del cugino, fiero cultore dei principi della cultura araba che vuole la donna sottomessa all'uomo e relegata in un ruolo secondario, nonché convinto sostenitore del regime del Rais.
Appena arrivata a Kirkuk, Najla, sfidando i dettami della sua famiglia, va a cerare Sherko e scopre una realtà inimmaginabile: i curdi vivono praticamente assediati nelle loro case per difendersi dalle incursioni delle milizie di Saddam, mentre dalle città vicine giungono notizie di uccisioni e di massacri con l'uso di armi chimiche.
Sherko nel frattempo è entrato a far parte di una organizzazione clandestina, con il compito di aiutare il suo popolo a sfuggire ai rastrellamenti effettuati dall'esercito iracheno ed ora è ricercato dalla polizia.
Per questo motivo non era più tornato in Italia e per questo motivo ora cerca di allontanare da sé Najla, anche se non ha mai cessato d'amarla.
Najla però, forte del sentimento che prova per Sherko, decide di abbracciare la causa curda, disonorando così la famiglia e deludendo l'insistente corteggiamento del tenente Moktar, un giovane ufficiale iracheno conosciuto durante una festa in casa dello zio, che si è innamorato di lei e che lo zio vorrebbe farle sposare.
Costretta a lavorare per il Governo, Najla si arruola nella guardia medica dell'esercito di Saddam, ma continuerà a vedere Sherko e a collaborare con la resistenza curda.
Assisterà così, impotente, alle atroci persecuzioni perpetrate nei loro confronti.
Scelta che la porterà e seguire tutte le tappe di un tragico destino.
Vent'anni dopo, nel corso dei festeggiamenti popolari per la caduta del regime del rais, il ritorno in patria di Sherko è segnato dalla mancanza di una tomba su cui poggiare un fiore:
Il fiore di Kirkuk.

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martedì 27 marzo 2012

Recensione GHOST RIDER: SPIRITO DI VENDETTA

Recensione ghost rider: spirito di vendetta




Regia di Mark Neveldine, Brian Taylor con Nicolas Cage, Ciarán Hinds, Idris Elba, Christopher Lambert, Johnny Whitworth

Recensione a cura di marcoscafu (voto: 4,0)

Nel secondo capitolo della saga del Ghost Rider, l'ormai esule Johnny Blaze (Nicolas Cage, "City of angels" e "Stregati dalla luna") cerca l'isolamento in Romania per cercare il più possibile di non scatenare lo spirito di vendetta che lo possiede, Zarathos. Ma quando non è lui a cercare i guai, sono i guai che trovano lui. E lo trovano nella persona di Moreau, un prete intento a salvare un bambino dalla dannazione e il mondo dai suoi effetti catastrofici.
Il padre del ragazzo in questione è niente meno che il Diavolo, e la madre, la bella Nadya (Violante Placido, "The american" e "Lezioni di cioccolato"), cerca con tutte le sue forze di fuggire al "patto" che ne prevede la rinuncia. Quando giunge il momento della riscossione della promessa fatta, Roarke (il Diavolo, lo stesso che aveva ingannato Johnny), incarica l'ex fidanzato, Carrigan, di trovarla, prendere Danny e portarglielo. Ovviamente Moreau tenta di nascondere in un luogo sicuro madre e figlio, ma per trovarli chiede aiuto a Blaze, promettendogli in cambio ciò che più desidera: la liberazione dallo spirito di Zarathos.

Inizia così una corsa all'ultimo respiro in cui il Ghost Rider sembra avere la meglio. Riesce infatti a portarli in una specie di monastero dove saranno al sicuro fino al giorno della cerimonia, giorno in cui i poteri del padre passerebbero nel corpo del figlio, in modo da poterli controllare e far così passare una pessima eternità al resto del mondo.
Moreau mantiene la sua promessa liberando Johnny dallo spirito di vendetta. Non sono fedeli invece alla loro parola i monaci, guidati da padre Methodius (Christopher Lambert, "Highlander - L'ultimo immortale" e "Subway") che, per non correre alcun rischio, è fermamente deciso a togliere la vita al ragazzo.
Purtroppo Carrigan, nel frattempo reso demone anche lui da Roarke, interviene uccidendo tutti i monaci e rapendo così Danny per portarlo al suo "padrone". Nel finale la lotta sarà all'ultimo secondo per fermare il rito che condannerebbe l'umanità ad una ben misera esistenza.

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Recensione BACIAMI ANCORA

Recensione baciami ancora




Regia di Gabriele Muccino con Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Sabrina Impacciatore, Pierfrancesco Favino, Claudio Santamaria, Giorgio Pasotti

Recensione a cura di JackR

"One, due, tre, four"

L'irritante incipit della instant song di Jovanotti scritta apposta per i titoli di coda di "Baciami ancora" è una chiosa tanto involontaria quanto illuminante. Così come poco ispirato è il pezzo di Lorenzo rispetto al suo omologo di Carmen Consoli che dava il titolo a "L'ultimo bacio", infatti, anche il film risulta forzato, costruito ed incapace di suscitare la benché minima emozione o riflessione.
Sono passati dieci anni, e i protagonisti de "L'ultimo bacio" affrontano la crisi dei quaranta: Marco (Pierfrancesco Favino) vede andare a rotoli il suo matrimonio, Adriano (Giorgio Pasotti) torna in Italia dopo aver trascorso un lungo periodo in carcere all'estero per traffico di droga e spera di poter costruire un rapporto con un figlio che non vede da dieci anni, Carlo (Stefano Accorsi) tenta di riavvicinarsi a Giulia (Vittoria Puccini) nonostante entrambi abbiano dei nuovi compagni, Paolo (Claudio Santamaria) cerca una stabilità emotiva nella relazione con Livia (Sabrina Impacciatore), ex-moglie di Adriano.

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lunedì 26 marzo 2012

Recensione SEI DONNE PER L'ASSASSINO

Recensione sei donne per l'assassino




Regia di Mario Bava con Cameron Mitchell, Eva Bartok, Thomas Reiner, Ariana Gorini, Dante DiPaolo, Mary Arden

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il film inizia con una scena notturna molto suggestiva, ambientata durante un temporale, in primo piano una villa con la fontana e una targa staccata da un lato che oscilla, quest'ultima porta incisa a grandi lettere la scritta "Christian - Alto cucito". Il movimento rumoroso della targa fa pensare, come per metafora, a dei guai in arrivo per i presenti nel lussuoso fabbricato.
Massimo Morlacchi (Cameron Mitchell) e la contessa, vedova, Cristiana Cuomo (Eva Bartok) gestiscono un atelier di lusso in quella villa, situata in un quartiere bene di Roma, l'uno ne è il Direttore amministrativo e l'altra la proprietaria. Una sera una loro modella, Isabella (Francesca Ungaro), dedita con l'amante antiquario Franco Scalo (Dante Di Paolo) ai piaceri della droga (cocaina), viene uccisa da un uomo che la soffoca con le proprie mani. L'assassino ha un impermeabile scuro e il viso coperto da un tessuto a maglie fitte; il delitto avviene nei pressi dell'atelier durante un black out elettrico, nell'antistante zona buia alberata, dove la donna era giunta con un taxi e si apprestava a sfilare nella passerella di moda. Il cadavere viene nascosto in un vano dell'atelier e viene poi scoperto, la sera stessa, dalla contessa Cristiana.
Avvisata la polizia, sul posto arriva l'ispettore Silvestri (Thomas Reiner) che interroga subito i presenti. Scopre così l'identità dell'amante di Isabella: Franco Scalo. Poco dopo, prima della sfilata, un'altra modella trova per caso il diario di Isabella, che contiene rivelazioni compromettenti per tutti: relazioni d'amore segrete tra colleghi, debiti non pagati, modelle rimaste incinta dall'amante che non possono permettersi l'aborto, propositi omicidi di qualcuno, etc; questa modella è Nicole (Arianna Gorini), amica di Isabella.

Il film, uscito nel 1964, è un giallo-thriller con qua e là qualche colorazione di horror, un genere misto di indubbia efficacia, del tutto frutto di una potente fantasia, che conferma come storicamente, negli anni '60, ci sia stata una crescita elaborativa di sicuro valore del cinema italiano rispetto ai vecchi schemi che caratterizzavano in modo troppo univoco un genere, forse perché occorreva rimanere fedeli a ciò che garantiva un certo successo collaudato, pena un rischioso salto nel buio per i produttori. Con questo film Bava compie un esperimento ben delineato anche rispetto alle attese del gusto degli spettatori nuovi, soprattutto giovani, un lavoro del tutto riuscito che lo porterà alla ribalta nel cinema italiano ed occidentale per diverso tempo.

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venerdì 23 marzo 2012

Recensione THE LADY

Recensione the lady




Regia di Luc Besson con Michelle Yeoh, David Thewlis, William Hope, Martin John King, Susan Wooldridge

Recensione a cura di marcoscafu (voto: 8,5)

E' il 1947 quando viene ucciso il generale Aung San in Birmania per mano dei suoi rivali politici. L'ultima parola da lui pronunciata, mentre brindava con gli altri esponenti del partito comunista, è "democrazia".

Dopo 41 anni sua figlia, l' ormai 43enne Aung San Suu Kyi (Michelle Yeoh, "La tigre e il dragone" e "Memorie di una Geisha"), torna a Rangoon, l'allora capitale della Birmania, per vegliare al capezzale della madre ormai morente.
Ciò che la accoglie è una situazione orribile. Per anni lontana dalla sua terra, dopo essersi laureata ad Oxford, aver sposato lo studioso Michael Aris (David Thewlis, "Omen - Il presagio" e "Sette anni in Tibet"), ed aver messo al mondo due bambini, Alex e Kim, la situazione della sua terra è drasticamente peggiorata rispetto a quando l' ha patria, seppure temporaneo data la malattia della madre.

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Recensione HUGO CABRET

Recensione hugo cabret




Regia di Martin Scorsese con Chloe Moretz, Asa Butterfield, Sacha Baron Cohen, Ben Kingsley, Jude Law, Ray Winstone, Christopher Lee

Recensione a cura di pompiere (voto: 6,0)

"Hugo Calibré" (Cabret, nel titolo serio) è l'ultima fatica cinematografica di Martin Scorsese; un autore che non è sceso quasi mai a compromessi con la sua arte, mettendo tutto se stesso all'interno di opere spesso scomode, radicali, intime, romantiche, violente e/o fortemente politiche e sociologiche. Stavolta lo spunto è il racconto illustrato di Brian Selznick (il cognome non vi giunga nuovo, dato che si tratta del nipote del ben più noto produttore e sceneggiatore David) e la storia è quella di un orfano dodicenne (Hugo Cabret, appunto) che vive nella stazione di Montparnasse nella Parigi degli anni '30, ricostruita da Ferretti/Lo Schiavo prendendo in prestito gli esterni della Gare du Nord e l'orologio della Gare d'Orsay.

Perché, or dunque, sfregiare la pronuncia e il significato del bel titolo originale per trarre informali considerazioni? Perché per guadagnarsi una promozione a tutto campo nel desolato panorama odierno della cinematografia ci si aspetta sempre qualcosa di inedito e coraggioso, soprattutto dal regista italoamericano; il quale invece si è qui adagiato su una soluzione di comodo, prendendo in prestito le meraviglie suscitate dalla nascita della settima arte, mescolandole con le moderne e fantastiche soluzioni tecnologiche, per dar luogo a "fantastiglie" buone per tutti i palati.

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giovedì 22 marzo 2012

Recensione 17 RAGAZZE

Recensione 17 ragazze




Regia di Muriel Coulin, Delphine Coulin con Louise Grinberg, Juliette Darche, Roxane Duran, Esther Garrel, Yara Pilartz, Solène Rigot, Noémie Lvovsky, Florence Thomassin, Carlo Brandt, Frédéric Noaille, Arthur Verret

Recensione a cura di marcoscafu (voto: 2,0)

Nel liceo della piccola città di Lorient, Francia occidentale, la giovanissima Camille (Louise Grinberg, "La classe"), rimane incinta ed è fermamente decisa a portare avanti la gravidanza. Le sue amiche di sempre la guardano con aria incredula ma sono decise a restarle accanto e sostenerla. Non solo. La ragazza inizia a insinuare un pensiero pericoloso in tutte loro: diventare ragazze madri potrebbe essere una svolta importante nelle loro esistenze. E così, quello che era solo un gioco provocatorio, diventa, dal loro punto di vista, un atto d'amore e di ribellione.
Non soltanto Julia, Florence (Roxane Duran, "Il nastro bianco"), Flavie, Clémentine e Mathilde prendono la decisione di emulare la loro amica, ma anche il resto della classe. Diciassette ragazze, tutte insieme e nell'arco di poche settimane, restano così incinte. I genitori accusano i professori, i professori accusano i genitori, il telegiornale annuncia la notizia in prima serata, l'infermiera della scuola tenta di fermare Camille nella sua intenzione di convincere anche le altre liceali. Ma la giovane vede nel suo gesto una scelta di libertà contro i pregiudizi. Poi una sera, durante una festa un po' troppo euforica, proprio lei perderà il bambino per distacco della placenta. E scomparirà per sempre da Lorient e dalle sue amiche.

Pensando al cinema francese solitamente l'associazione mentale porta a film impegnati, seri, con storie di un certo calibro. Si pensa a Truffaut, Kassovitz, Besson... Ciò che invece contraddistingue questo "17 ragazze" di Delphine e Muriel Coulin sono gli aggettivi "banale" e "retorico".

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Recensione AN AMERICAN CRIME

Recensione an american crime




Regia di Tommy O'Haver con Ellen Page, Catherine Keener, Ari Graynor, James Franco, Romy Rosemont, Jeremy Sumpter

Recensione a cura di HollywoodUndead (voto: 9,5)

La corte dello stato dell'Indiana condanna Gertrude Baniszewski all'ergastolo per omicidio di primo grado. Paula Baniszewski, figlia di Gertrude Baniszewski, fu condannata all'ergastolo con l'accusa di omicidio di secondo grado. Ricky Hobbs, Coy Hubbard e John Baniszewski furono condannati a 21 anni di reclusione per omicidio colposo. Il 19 Marzo 1966 la corte dello stato dell'Indiana fece giustizia per la morte di Sylvia Likens. I media definirono quel brutale omicidio così : "The most terrible crime ever committed in the state of Indiana".

Tommy O'Haver è il regista di "An American Crime", film del 2007 che narra le vicende che hanno portato alla morte la quindicenne Sylvia Likens. Il film inizia così come inizia questa recensione, un processo in atto, sul banco vediamo il signor Likens che risponde alle domande dell'avvocato in maniera alquanto imbarazzata e triste. Le domande sono dirette e a tratti pungenti, dopo questo prologo, ha inizio il film. Entrano in scena le foto del corpo di Sylvia Likens, martoriato e torturato, con tracce di bruciature e di abrasioni. Ma la foto più significativa e raccapricciante è quella che mostra il ventre di Sylvia orribilmente marchiato con un "I'M A PROSTITUTE AND PROUD OF IT!" ovvero "Sono una prostituta e ne vado fiera". La colpevole di tale atrocità è Gertrude Baniszewski.

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mercoledì 21 marzo 2012

Recensione COSA PIOVE DAL CIELO?

Recensione cosa piove dal cielo?




Regia di Sebastián Borensztein con Ricardo Darín, Ignacio Huang, Muriel Santa Ana, Javier Pinto, Pablo Seijo, Iván Romanelli, Vivian Jaber

Recensione a cura di JackR

"Life is what happen to you when you're busy making other plans" John Lennon, Beautiful Boy

Il celebre verso di John Lennon è l'ideale sintesi del senso di" Un Cuento Chino", titolo originale della nuova commedia di Sebastain Borensztein, attore argentino al secondo film da regista.

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Recensione CORVO ROSSO NON AVRAI IL MIO SCALPO!

Recensione corvo rosso non avrai il mio scalpo!




Regia di Sydney Pollack con Robert Redford, Will Geer, Allyn Ann McLerie, Delle Bolton

Recensione a cura di pompiere (voto: 8,5)

"La gente di città mangia maiali quando al mondo esiste la carne di alce".
Frase che riassume, in perfetta sintesi, i comodi di una collettività che, poco propensa all'avventura, preferiva le pavide guerre contro gli indiani per conquistare ciò che rimaneva dei territori dell'Ovest. L'uso delle armi come mezzo principale per uccidere i propri simili piuttosto che tentare una sofferta scalata ai monti nel bel mezzo della stagione invernale, a contatto con orsi, castori, cervi e falchi che sorvolano il cielo trafiggendolo in un lampo, la dice lunga sulla civilizzazione raggiunta dall'America della prima metà del XIX secolo.

Però  importa considerare anche chi preferisce rischiare la vita, chi fugge dalla costruzione della ferrovia transcontinentale, che arriverà da lì a 25 anni, chi vive 2000 metri più vicino al cielo dello Utah e non lascia spazio a molti sentimentalismi. La sopravvivenza non rende curiosi, tende a prosciugare tutte quelle distrazioni borghesi e da' il benvenuto alle voci stridule e insieme accattivanti della Natura. E allora non resta che guardare avanti, sfidando il creato e il proprio limite, seppellendo i morti cercando di superare in fretta il dolore della perdita, vivendo un'avventura senza meta.

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