lunedì 26 marzo 2012

Recensione SEI DONNE PER L'ASSASSINO

Recensione sei donne per l'assassino




Regia di Mario Bava con Cameron Mitchell, Eva Bartok, Thomas Reiner, Ariana Gorini, Dante DiPaolo, Mary Arden

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il film inizia con una scena notturna molto suggestiva, ambientata durante un temporale, in primo piano una villa con la fontana e una targa staccata da un lato che oscilla, quest'ultima porta incisa a grandi lettere la scritta "Christian - Alto cucito". Il movimento rumoroso della targa fa pensare, come per metafora, a dei guai in arrivo per i presenti nel lussuoso fabbricato.
Massimo Morlacchi (Cameron Mitchell) e la contessa, vedova, Cristiana Cuomo (Eva Bartok) gestiscono un atelier di lusso in quella villa, situata in un quartiere bene di Roma, l'uno ne è il Direttore amministrativo e l'altra la proprietaria. Una sera una loro modella, Isabella (Francesca Ungaro), dedita con l'amante antiquario Franco Scalo (Dante Di Paolo) ai piaceri della droga (cocaina), viene uccisa da un uomo che la soffoca con le proprie mani. L'assassino ha un impermeabile scuro e il viso coperto da un tessuto a maglie fitte; il delitto avviene nei pressi dell'atelier durante un black out elettrico, nell'antistante zona buia alberata, dove la donna era giunta con un taxi e si apprestava a sfilare nella passerella di moda. Il cadavere viene nascosto in un vano dell'atelier e viene poi scoperto, la sera stessa, dalla contessa Cristiana.
Avvisata la polizia, sul posto arriva l'ispettore Silvestri (Thomas Reiner) che interroga subito i presenti. Scopre così l'identità dell'amante di Isabella: Franco Scalo. Poco dopo, prima della sfilata, un'altra modella trova per caso il diario di Isabella, che contiene rivelazioni compromettenti per tutti: relazioni d'amore segrete tra colleghi, debiti non pagati, modelle rimaste incinta dall'amante che non possono permettersi l'aborto, propositi omicidi di qualcuno, etc; questa modella è Nicole (Arianna Gorini), amica di Isabella.

Il film, uscito nel 1964, è un giallo-thriller con qua e là qualche colorazione di horror, un genere misto di indubbia efficacia, del tutto frutto di una potente fantasia, che conferma come storicamente, negli anni '60, ci sia stata una crescita elaborativa di sicuro valore del cinema italiano rispetto ai vecchi schemi che caratterizzavano in modo troppo univoco un genere, forse perché occorreva rimanere fedeli a ciò che garantiva un certo successo collaudato, pena un rischioso salto nel buio per i produttori. Con questo film Bava compie un esperimento ben delineato anche rispetto alle attese del gusto degli spettatori nuovi, soprattutto giovani, un lavoro del tutto riuscito che lo porterà alla ribalta nel cinema italiano ed occidentale per diverso tempo.

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