Recensione hugo cabret
Recensione a cura di pompiere (voto: 6,0)
"Hugo Calibré" (Cabret, nel titolo serio) è l'ultima fatica cinematografica di Martin Scorsese; un autore che non è sceso quasi mai a compromessi con la sua arte, mettendo tutto se stesso all'interno di opere spesso scomode, radicali, intime, romantiche, violente e/o fortemente politiche e sociologiche. Stavolta lo spunto è il racconto illustrato di Brian Selznick (il cognome non vi giunga nuovo, dato che si tratta del nipote del ben più noto produttore e sceneggiatore David) e la storia è quella di un orfano dodicenne (Hugo Cabret, appunto) che vive nella stazione di Montparnasse nella Parigi degli anni '30, ricostruita da Ferretti/Lo Schiavo prendendo in prestito gli esterni della Gare du Nord e l'orologio della Gare d'Orsay.
Perché, or dunque, sfregiare la pronuncia e il significato del bel titolo originale per trarre informali considerazioni? Perché per guadagnarsi una promozione a tutto campo nel desolato panorama odierno della cinematografia ci si aspetta sempre qualcosa di inedito e coraggioso, soprattutto dal regista italoamericano; il quale invece si è qui adagiato su una soluzione di comodo, prendendo in prestito le meraviglie suscitate dalla nascita della settima arte, mescolandole con le moderne e fantastiche soluzioni tecnologiche, per dar luogo a "fantastiglie" buone per tutti i palati.
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