mercoledì 28 novembre 2007

Recensione LA LEGGENDA DI BEOWULF

Recensione la leggenda di beowulf




Regia di Robert Zemeckis con Shay Duffin, Brendan Gleeson, Crispin Glover, Anthony Hopkins, Angelina Jolie, Alison Lohman, John Malkovich, Ray Winstone, Sebastian Roché, Robin Wright Penn

Recensione a cura di ferro84 (voto: 6,0)

Ne è passato di tempo da quando il giovane Robert Zemeckis era considerato un modesto mestierante che operava grazie all'ala protettiva di Steven Spielberg, suo scopritore e mentore.
Lasciato finalmente il filone fantascientifico, in cui si ricordano capolavori come "Contact" o la trilogia di "Ritorno al Futuro", dopo la fortunata e retorica parentesi di "Forrest Gump", eccolo nuovamente tornato al suo primo amore: il cinema di animazione.

Robert Zemeckis è più di un semplice regista, è un grande produttore e sceneggiatore; forse anche per questo è da sempre stato considerato come l'alter ego di Spielberg, con cui condivide la stessa concezione del cinema. La volontà di stupire è sempre stata un punto in comune di gran parte dei suoi film e con "La leggenda di Beowulf" sicuramente Zemeckis coglie nel segno.
Potendo disporre di un budget di ben 150 milioni di dollari, la Paramount finanzia un film a dir poco innovativo, un punto di non ritorno per il cinema di animazione, che sa stupire e nello stesso tempo disorientare lo spettatore.

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martedì 27 novembre 2007

Recensione IL VENTO CHE ACCAREZZA L'ERBA

Recensione il vento che accarezza l'erba




Regia di Ken Loach con Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham, Gerard Kearney, William Ruane, Fergus Burke

Recensione a cura di Mimmot

Nonstante i suoi 70 anni di età Kean Loach non smette ancora di stupirci e, distogliendo per un momento lo sguardo dall'attualità, con "Il vento che accarezza l'erba" scrive un'altra pagina di cinema di altissimo livello, su un argomento a lui particolarmente congeniale: i racconti di storia del '900.
Discorso intrapreso anni addietro con "Terra e libertà" (dove raccontava la guerra civile spagnola e metteva in evidenza le contraddizioni e le divisioni all'interno della sinistra del Fronte Popolare, che contribuirono a vanificare il sacrificio di tanti combattenti e finirono per travolgerlo ideologicamente) e con "La canzone di Carla" (in cui raccontava la sporca guerra dei contras, appoggiati dal governo USA e dalla CIA, nel Nicaragua sandinista).
Impegno, questo, che Loach ha perseguito sempre con estremo rigore morale e con grande coerenza ideologica, con il pensiero rivolto sempre verso gli ultimi,i più deboli, i diseredati, gli oppressi, verso coloro che subiscono umiliazioni ma non si rassegnano alla violenza dei sopprusi prevaricatori e al rovesciamento dei valori umani, che sembra aver perso il suo alone di amoralità.

Con "Il vento che accarezza l'erba", Loach riapre una vecchia ferita storica, forse ancora non del tutto rimarginata: la lotta del movimento indipendentista irlandese contro l'oppressione dell'Impero britannico, negli anni che vanno dal 1919 fino allo scoppio della guerra civile e alla divisione tra Irlanda e Irlanda del Nord.
Guerra civile scoppiata in conseguenza della firma del trattato di pace con la Gran Bretagna, siglato dall'ala possibilista del movimento dello Sinn Féin (guidata da Michael Collins) e considerato, invece, una truffa, e quindi ancor più umiliante ed inaccettabile, dagli oltranzisti (guidati dal tenace Eamon De Valera, che diverrà il primo presidente della Repubblica Libera d'Irlanda), perchè destinato a cambiare solo apparentemente lo stato delle cose, in quanto, i veri beneficiari dell'accordo continueranno ad essere, come sempre, i capitalisti stranieri e i grandi possidenti che hanno depredato il paese, mentre la povertà continuerà mietere vittime tra vecchi e bambini e a minare l'unità delle famiglie.

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venerdì 23 novembre 2007

Recensione ANGEL - LA VITA, IL ROMANZO

Recensione angel - la vita, il romanzo




Regia di François Ozon con Romola Garai, Lucy Russell, Michael Fassbender, Sam Neill, Charlotte Rampling

Recensione a cura di gerardo (voto: 8,0)

François Ozon è un regista che si diverte a rappresentare l'improbabilità realistica di drammi possibili, con occhio tanto affettuoso quanto sarcastico nei confronti dei suoi personaggi. Il suo è un cinema ossimorico, che funziona con i corto circuiti morali e sentimentali personali e del pubblico a cui si rivolge non senza evidente provocazione.

Angel è una bella ragazza dei sobborghi londinesi di fine ottocento/primi del novecento. Orfana di padre e umile di origine, Angel evade dalla sua modesta realtà con la fervida e galoppante fantasia di cui dispone in abbondanza. Tutto il suo contesto sociale più prossimo (famiglia e scuola), esercitando la propria funzione educativa in atavica osservanza del ruolo "subalterno" che gli è stato predestinato, non può che frenare realisticamente gli slanci poco umili di Angel, che sogna di vivere nella lussuosa dimora aristocratica nella quale il destino le ha riservato un futuro da serva, come è stato per sua zia prima di lei.
Eppure la fantasia di Angel è così irrefrenabile da esprimersi materialmente in una scrittura fiume, che si traduce in un precoce quanto pruriginoso romanzo. Naturalmente d'appendice. Un acuto e distinto editore, da ottimo impresario, fiuta le enormi potenzialità economiche di questo genere letterario, cosicché Angel Deverell diventa ben presto una nota scrittrice di romanzi "rosa", precursore della letteratura di consumo propria del secondo novecento.

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Recensione LA FEBBRE DEL SABATO SERA

Recensione la febbre del sabato sera




Regia di John Badham con John Travolta, Karen Lynn Gorney, Barry Miller, Joseph Cali, Paul Pape, Donna Pescow, Bruce Ornstein

Recensione a cura di kowalsky (voto: 7,5)

Il celebre manifesto di Tony Manero col dito puntato verticalmente verso le smaccate luci al neon delle discoteche, sottilineato dall'emblematica frase "Where do you go when the record is over..." sembra appartenere alla notte dei tempi: è tutto così obsoleto e (a modo suo) inquietante pensare che pochi decenni possano bastare per dichiarare vetusto un fenomeno di cui, nel bene e nel male, molti di noi sono stati testimoni, mentre è ancora tremendamente cool la rappresentazione e l'amarcord di realtà che non abbiamo mai potuto, per motivi anagrafici, conoscere direttamente.

Negli anni in cui imperversava la disco-music, il mitico Studio 54, e il glamour iperkitsch della moda del ballo, a Londra scorrevano i ben più frenetici aneliti del punk, fino a diffondersi a macchia d'olio un po' in tutto il mondo, come racconta felicemente Spike Lee nel sottovalutato e bellissimo "Summer of Sam".

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giovedì 22 novembre 2007

Recensione LICENZA DI MATRIMONIO

Recensione licenza di matrimonio




Regia di Ken Kwapis con Robin Williams, Mandy Moore, Christine Taylor, Eric Christian Olsen, Josh Flitter, DeRay Davis, John Krasinski

Recensione a cura di peucezia (voto: 6,0)

Chi si è sposato con rito cattolico ci sarà sicuramente passato. Di che si tratta? Dei corsi prematrimoniali, itinerario di evangelizzazione e catechesi alla riscoperta della fede in cui si approfondiscono le proprietà intrinseche del matrimonio cristiano.

La citazione era d'obbligo perché l'argomento del film è proprio un singolare corso prematrimoniale tenuto da padre Frank negli Stati Uniti e frequentato dai due coprotagonisti del film, giovani, carini, innamorati e quantomai diversi (lei figlia di famiglia borghese snob, lui molto più "normale").
Di primo acchito la situazione può sembrare alquanto realistica e decisamente poco cinematografica, ma quando il sacerdote organizzatore del corso è interpretato da Robin Williams tutto cambia. Il percorso di approfondimento si trasforma in una serie di avventure paradossali e divertenti che da una parte suscitano ilarità ma dall'altra aiutano a riflettere.

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Recensione IL CASO THOMAS CRAWFORD

Recensione il caso thomas crawford




Regia di Gregory Hoblit con Anthony Hopkins, Ryan Gosling, David Strathairn, Rosamund Pike, Embeth Davidtz, Billy Burke, Cliff Curtis, Bob Gunton

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,0)

"The Waiting Place... for people just waiting. Waiting for a train to go or a bus to come, or a plane to go or the mail to come, or the rain to go or the phone to ring, or the snow to snow or waiting around for a Yes or No or waiting for their hair to grow. Everyone is just waiting."
Theodor Geisel (Dr. Seuss): "Oh, The Places You'll Go!"

La definizione più semplice della parola Frattura è: lo spezzarsi di un corpo rigido ed il suo risultato. O più semplicemente: soluzione di continuità, rottura.
In meccanica, la definizione di Punto di Rottura è: il limite estremo di resistenza oltre il quale un materiale sottoposto a sollecitazioni si spezza in due parti (producendo una frattura).

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mercoledì 21 novembre 2007

Recensione HANNO FATTO DI ME UN CRIMINALE

Recensione hanno fatto di me un criminale




Regia di Busby Berkeley con John Garfield, Gloria Dickson, Claude Rains, Ann Sheridan

Recensione a cura di kowalsky (voto: 7,0)

"Ci sono uomini che non si assomigliano, ma è difficile che abbiano lo stesso modo di muoversi" (cit.)

Negli anni trenta il cinema americano ambiva ad affrontare "apertamente" le tematiche sociali, ma senza ovviamente la libertà espressiva dei decenni successivi.
In ogni caso, i film di King Vidor, di Frank Borzage, di Preston Sturges, di Mervin LeRoy e George Stevens avevano sicuramente una certa impronta "progressista" che fece scalpore (per esempio non è un mistero per nessun appassionato di cinema che "Allelujah" di Vidor sia il primo film interamente all black del cinema, e che "I dimenticati" di Sturges metta duramente in discussione i valori dell'american way of life).
Il personaggio di Johnny "Burns" Bradfield nel film di Berkeley rappresenta perciò l'anello di congiunzione tra i prototipi maschili dell'epoca e i miti ribelli del cinema degli anni '50.

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Recensione IL NASCONDIGLIO

Recensione il nascondiglio




Regia di Pupi Avati con Laura Morante, Rita Tushingham, Burt Young, Treat Williams, Yvonne Sciò, Peter Soderberg, Giovanni Lombardo Radice, Angela Pagano, Sydne Rome, Angela Goodwin

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,5)

"Ricordate che molte cose possono accadere in una notte!"

Pupi Avati (Giuseppe Avati, all'anagrafe) è indubbiamente uno dei più prolifici ed interessanti autori del cinema italiano, a volte sopravvalutato, ma molte altre sottovalutato. Si tratta di un regista che lavora con mestiere e con passione; uno dei pochi capace di coniugare la propria prolificità con una qualità sempre medio alta dei propri film.
Era il 1996 quando Pupi Avati diresse "L'Arcano Incantatore", una fola esoterica delle nostre campagne (come era definita nei titoli di testa) o una fiaba gotica, come sembra il caso di definirla in questa sede. Da allora il regista emiliano ha diretto altri nove film, prima di decidersi a ritornare al genere cinematografico, quello dei suoi esordi, che sempre lo ha appassionato ed interessato.
"Il Nascondiglio" è appunto la decima regia di Avati dopo "L'Arcano Incantatore", ma più che un vero e proprio ritorno alle origini appare essere la Summa dell'esperienza di questo regista, includendo anche la sua lunga attività di sceneggiatore, nel genere del gotico. Eh sì, perché a discapito di quanto affermato da certa parte della critica "Il Nascondiglio" non è un horror, ma al massimo un thriller con venature gotiche. Pupi Avati, infatti, ha così dichiarato in una recente intervista:

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martedì 20 novembre 2007

Recensione AI CONFINI DEL PARADISO

Recensione ai confini del paradiso




Regia di Fatih Akin con Hanna Schygulla, Nurgul Yesilcay, Baki Davrak

Recensione a cura di kowalsky (voto: 6,0)

Ci sono film che hanno il potere di intrigarti allo stesso modo con cui possono irritare.
Ne abbiamo avuto diversi esempi, di recente, con l'irrazionale e "gonfiato" ritorno al cinema di Coppola, con la sublimazione visiva dei blockbuster americani o, soprattutto, con opere indubbiamente lusinghiere dal punto di vista dello script ma capaci in più occasioni di essere "ricattatorie".

Il nuovo film di Fatih Akin, cineasta di origine turca nato ad Amburgo, sembra avere tutti i crismi per farsi amare incondizionatamente da una vasta gamma di spettatori, e questo potrebbe essere un limite più che una qualità.
Lo stesso script, che ancora una volta sottolinea il confronto sociale ed il rapporto stretto tra la Germania e la Turchia (sempre in bilico tra sprazzi di fanatismo religioso e tendenze occidentali, quest'ultima) sembra "costruito" da un abile regista che ha radicalmente sposato proprio la causa Europeista nel suo cinema.
Insomma, anche se in due ore di pellicola emerge uno squarcio con una mdp fissa e statica (e comunque alla maniera di Eytan Fox), siamo più dalle parti di Fassbinder che da quelle di Kiarostami o Guney.

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Recensione UMBERTO D.

Recensione umberto d.




Regia di Vittorio De Sica con Carlo Battisti, Maria Pia Casilio, Lina Gennari, Memmo Carotenuto, Elena Rea

Recensione a cura di amterme63

Nel 1952, sale cinematografiche semideserte e autorevoli stroncature politiche decretarono l'insuccesso di "Umberto D", il film che Vittorio De Sica e Cesare Zavattini avevano voluto realizzare a ogni costo e che consideravano il loro capolavoro. Fu la fine del "neorealismo" e del grande cinema d'arte diretto da Vittorio De Sica.
La scommessa di alcuni grandi registi (Rossellini, Visconti, De Sica) di poter rappresentare la dura e triste realtà italiana del dopoguerra nella sua verità e umanità, senza infingimenti o abbellimenti, era definitivamente persa; al grande pubblico non piaceva questo tipo di film, in cui si trattava delle difficoltà materiali e sentimentali della povera gente senza ricorrere al comico, al romanzesco e all'avventuroso, semplicemente con la verità e la nudità dell'immagine. A niente era valso il clamoroso successo internazionale di questo tipo di cinema. Da allora in poi i grandi produttori e lo Stato avrebbero dato i soldi prevalentemente a film di intrattenimento con attori famosi.

Eppure De Sica e Zavattini ci avevano creduto fermamente nel cinema come forma d'arte e mezzo per migliorare l'animo umano; dopo il ventennio fascista non ne potevano più di retorica, cattivo gusto e scemenze. Il loro obiettivo era quello di raccontare "la verità, la pura verità, il coraggio di dire la verità" e avevano intrapreso il lavoro nel cinema come una specie di missione etica. Con De Sica dietro la cinepresa e Zavattini a scrivere la sceneggiatura si formava un duo molto affiatato e solidale.
Nel 1950 De Sica volle fare un regalo al suo amico/collaboratore portando sullo schermo, con "Miracolo a Milano", un racconto di Zavattini; quest'ultimo si sentì quindi in dovere di ricambiare l'amico. Prendendo spunto dalle vicende del padre di De Sica creò una storia incentrata sulla figura di un modesto pensionato statale, oppresso dalla povertà e dalla solitudine, mettendoci però tutto il suo desiderio di nobilitare i deboli e gli emarginati della società.
Così come aveva fatto con i bambini ("Sciuscià"), i disoccupati ("Ladri di biciclette) ed i barboni ("Miracolo a Milano"), Zavattini fa di un anziano pensionato un portatore di sentimenti e valori profondi e universali, un piccolo eroe del vivere quotidiano.

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venerdì 16 novembre 2007

Recensione UN CUORE GRANDE

Recensione un cuore grande




Regia di Michael Winterbottom con Angelina Jolie, Will Patton, Archie Panjabi, Dan Futterman, Jillian Armenante, Irfan Khan, Denis O'Hare

Recensione a cura di paul (voto: 7,0)

Il 23 gennaio 2002 il mondo di Mariane Pearl è cambiato per sempre. Il marito Daniel, responsabile del Sud Asia per il Wall Street Journal, a Karachi con lei (incinta di sei mesi) per indagare riguardo Richard Reid, l'uomo che aveva cercato di fare esplodere un aereo imbottendosi le scarpe di esplosivo, viene sequestrato mentre si sta recando ad un appuntamento.

Inizia praticamente così "Un cuore grande", il nuovo film di Michael Winterbottom, interpretato da Angelina Jolie (produce il marito Brad Pitt) nella parte della moglie francese e da Dan Futterman (famoso ai più come lo sceneggiatore di "Capote - A sangue freddo") in quella di Daniel Pearl.
Una pellicola coraggiosa, anche per via delle riprese (le location pakistane sono autentiche), oltre che per il tema trattato.

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Recensione ANNA KARENINA

Recensione anna karenina




Regia di Clarence Brown con Greta Garbo, Fredric March, Freddie Bartholomew, Basil Rathbone

Recensione a cura di Marco Iafrate

A chi gli chiedeva come fosse nato il romanzo "Anna Karenina" Tolstoj rispondeva: "Proprio come adesso, dopo pranzo, ero da solo sdraiato su questo divano... all'improvviso mi balenò dinanzi agli occhi il nudo gomito femminile di un'elegante braccio aristocratico, senza volerlo cominciai a fissare questa immagine, apparvero una spalla, il collo, ed infine tutta la figura di una bella donna in abito da ballo che, implorante, fissava su di me i suoi occhi tristi". Questo pensiero, unito al ricordo, tragico, del corpo dilaniato di una donna gettatasi sotto le ruote di un treno presso la stazione della sua città natale Jasnaja Polyana, ispirò il grande scrittore russo alla stesura di uno dei romanzi più belli di tutti i tempi. Incurante del fatto che "Anna Karenina" avrebbe potuto vivere all'ombra di quell'immenso edificio che era "Guerra e pace", il genio di Tolstoj quasi eguagliò quell'opera regalando ai lettori questo innarrivabile ritratto di vita.

Impossibile parlare del film senza pensare al libro, il progetto ambizioso di Clarence Brown e del produttore David O. Selznick di comprimere milleduecento pagine di un romanzo di questa portata in un'ora e mezza di pellicola fu quantomeno coraggioso, il regista sapeva che il confronto con il libro sarebbe stato inevitabile, per questo scelse un cast di attori che all'epoca riscuotevano enormi favori di critica e di pubblico: La "divina" Greta garbo (Anna), Fredric March (Vronsky), Basil Rathbone (Karenin), il risultato è una pellicola che comunque non delude le aspettative, L'ottima sceneggiatura ed il montaggio riescono nel difficile compito di non far pesare l'inevitabile contrazione dei dialoghi ed i frequenti salti di interi capitoli.

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lunedì 12 novembre 2007

Recensione ACROSS THE UNIVERSE

Recensione across the universe




Regia di Julie Taymor con Jim Sturgess, Evan Rachel Wood, Joe Anderson, Dana Fuchs, Cynthia Loebe, Martin Luther, T.V. Carpio, Heather Janneck, Salma Hayek, Eddie Izzard, Bono, Robert Clohessy

Recensione a cura di Jellybelly (voto: 8,0)

Is there anybody going to listen to my story?

Era il 1963 quando faceva capolino sulla scena musicale inglese il singolo "Please please me", scoppiettante preludio beat di una band che, nell'arco di appena sette anni, stravolgerà il modo di concepire e creare musica.
John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr ben presto si trovarono a disagio nel frivolo nome che avevano scelto per il proprio progetto ? "The Beatles", storpiatura in chiave beat di "beetles", "scarafaggi" ? virando verso altissime vette pop, rock e sperimentale e finendo per rappresentare lo specchio e la colonna sonora di un decennio attraversato da violenti scossoni e profonde contraddizioni ideologiche.
Appare quindi piuttosto credibile il progetto della regista americana Julie Taymor, già sugli schermi con l'adattamento da Shakespeare "Titus" e con il biopic "Frida", di raccontare le vite di un gruppo di adolescenti dei sixties immergendole nel tessuto sonoro della band di Liverpool e permeandole del suo intenso profumo di libertà

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