martedì 30 ottobre 2007

Recensione SLEUTH - GLI INSOSPETTABILI

Recensione sleuth - gli insospettabili




Regia di Kenneth Branagh con Jude Law, Michael Caine, Harold Pinter, Alec Cawthorne, Eve Channing

Recensione a cura di kowalsky (voto: 6,5)

1972: Micheal Caine, affermato attore inglese di cinema, teatro e televisione, si trova a lavorare al fianco di Sir Laurence Olivier, un nome che non ha bisogno di presentazioni. In seguìto a quell'esperienza, Caine dichiarò che si trattò della più grande occasione professionale della sua vita, e non stentiamo a crederci.
Il film era "Gli insospettabili", ultima regia di Joseph L. Mankiewicz, adattamento di un racconto di Anthony Shaffer, già sceneggiatore del sottovalutato "Frenzy" di Hitchcock; praticamente un cocktail in cui i cliché del thriller, del noir, del giallo classico o anche delle spy-stories si amalgamavano in una raffinata black comedy: un film che colpiva gli spettatori proprio all'insegna della sua ingegnosa abilità narrativa.

Qualcosa di quell'esperienza dev'essere rimasta allo stesso Caine, da cui si può facilmente estrarre dalla sua sterminata filmografia di attore un'altro film ("Deathrap - trappola mortale", 1982, con Christopher Reeve, di Sidney Lumet) che in qualche maniera presenta uno script affine a quell'opera ambigua, amorale e incisiva.
Trascorsi 35 anni da quel film, Kenneth Branagh propone un fedele remake affidandosi alla sceneggiatura di un redivivo ma ancora zelante Harold Pinter.
Probabilmente un Joseph Losey, se fosse ancora vivo, avrebbe catturato con meno rigorosità il climax dello script di Shaffer (Pinter e Losey, come molti sanno, hanno lavorato spesso insieme).

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lunedì 29 ottobre 2007

Recensione BECOMING JANE - IL RITRATTO DI UNA DONNA CONTRO

Recensione becoming jane - il ritratto di una donna contro




Regia di Julian Jarrold con Anne Hathaway, James McAvoy, Julie Walters, James Cromwell, Maggie Smith

Recensione a cura di peucezia (voto: 7,5)

Decisamente da un decennio a questa parte è il momento di Jane Austen: i suoi romanzi sono saccheggiati da cinema e televisione (si pensi a "Ragione e Sentimento" con Hugh Grant, "Emma" con la Paltrow, "Persuasione" ed il più recente "Orgoglio e Pregiudizio" con la Knightley, senza contare la versione televisiva con Colin Firth e quella bollywoodiana) ed ora arriva sugli schermi anche la sua biografia tratta da un libro a stelle e strisce sulla sua vita.

Appare curioso come una donna che ha vissuto appena quarantadue anni in campagna nubile e senza velleità sia diventata così popolare in un'epoca tanto diversa da quella che la vide scrivere e muoversi, ed altrettanto strana appare la sua fama tra donne che non hanno quasi più niente in comune con il suo modo di essere e di pensare. Eppure una spiegazione c'è: Jane Austen a suo modo è stata un'antesignana del "women lib", una donna che sapeva scrivere e che non voleva piegarsi ai costumi del suo tempo e che quindi, pur nella sua attitudine al decoro ed alle buone maniere, ha precorso i tempi contribuendo a dare più spazio alle donne del futuro. La società di oggi la celebra con gratitudine ripensando anche con malinconia ai batticuori del passato ormai ritrovabili solo tra le pagine dei suoi romanzi.

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Recensione HARSH TIMES - I GIORNI DELL'ODIO

Recensione harsh times - i giorni dell'odio




Regia di David Ayer con Christian Bale, Freddy Rodríguez, Tammy Trull, Adriana Millan, Armando Cantina, Lora Chio, Kenneth Choi

Recensione a cura di Mimmot

Arrivato sui nostri schermi con due anni di ritardo rispetto all'uscita americana e colpevolmente mal distrubuito nelle sale, "Harsh Times", opera prima del regista David Ayer, elucubra, con inquietante realismo, il "male oscuro" delle generazioni post- Iraq, così come "Taxi Driver" o "Il cacciatore" elucubravano quello della generazione post-Vietnam.
Il film è soprattutto un crudo ritratto dei giovani reduci americani vittime degli effetti provocati da quell'assurda guerra, che cercano di reinserirsi nella vita civile e che scoprendosi inadeguati, e non riuscendo a dimenticarne gli orrori, trovano rifugio nell'alcool, nella droga, nell'alienazione, nell'incapacità di distinguere il confine tra ciò che è bene e ciò che è male.
Il film è però anche un duro affondo nella realtà quotidiana dei quartieri ghetto della Los Angeles sporca e degradata (che Ayer conosce in prima persona), dove la vita è fatta di piccola e grande criminalità, la sopavvivenza è legata alla supremazia nel gruppo, dove ci si lascia andare alla deriva e alla frustrazione crescente, in un mix esplosivo fatto di sesso, alcool, droga, risse, traffici illeciti.

Il dramma del reduce disadattato e indurito che subisce sulla propria pelle il trauma del reinserimento è stato uno dei temi preferiti della cinematografia americana, forse perchè il militarismo e la guerra, giusta o sbagliata che sia, legittima o illegittima (ma esistono poi guerre giuste o legittime?) fanno parte del loro genoma, fanno parte del loro vissuto e della loro cultura, e cineasti illuminati (Scorsese, De Palma, Cimino, Coppola, ecc) hanno cercato e cercano in questo modo di esorcizzarne i fantasmi, mostrandone gli orrori, le ingiustizie, le devastanti conseguenze.
David Ayer lo fa mostrando lo straniamento di Jim Davis, un individuo apparentemente normale in cui, progressivamente, nel vuoto dell'incertezza, emergono tratti di follia autolesionista.

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venerdì 26 ottobre 2007

Recensione LA TERZA MADRE

Recensione la terza madre




Regia di Dario Argento con Asia Argento, Udo Kier, Robert Madison, Clive Riche, Coralina Cataldi Tassoni, Moran Atias, Tommaso Banfi, Valeria Cavalli

Recensione a cura di paul (voto: 5,0)

Il ritrovamento di un'urna nel cimitero di Viterbo riporta alla luce la Mater Lacrimarum, l'unica sopravvissuta della triade di streghe di cui facevano parte anche Mater Suspiriorum e Mater Tenebrarum.
Destatasi dal proprio sonno secolare, la "Terza Madre", la cui bellezza è pari solo alla sua malvagità, raduna a sè tutte le streghe del mondo per soggiogare Roma, la propria dimora, sotto il segno del male.
Spetterà alla giovane studiosa Sara Mandy (interpretata da Asia Argento) fermarla.

A distanza di ventisette anni da "Inferno" e trenta da "Suspiria" Dario Argento chiude la trilogia delle madri, ma fallisce il colpo; "La terza madre" sembra infatti più una parodia delle due pellicole precedenti che un'opera conclusiva a sè. Purtroppo però anche le parodie necessitano di una sceneggiatura all'altezza, di una fotografia decente, di una scenografia adeguata e soprattutto di attori che sappiano recitare.
Questo terzo capitolo della trilogia delle madri invece non ha nulla di tutto ciò, e gli unici brividi che strappa sono accompagnati spesso da un sorriso per via di un umorismo involontario quanto imbarazzante.

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giovedì 25 ottobre 2007

Recensione IN QUESTO MONDO LIBERO

Recensione in questo mondo libero




Regia di Ken Loach con Kierston Wareing, Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Colin Caughlin, Joe Siffleet, Faruk Pruti

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,5)

Le ragioni e le pretese del cinema sociale vengono spesso mistificate dall'enfatizzazione della tematica corrente, come se tutto ciò aderisse a una sorta di ricatto emotivo, costringendo in questo modo lo spettatore alla propria espiazione empatica: il regista sa in questo modo di poter rivendicare e solle-citare l'Idealismo confuso o represso della gente.
Quest'improvvisa urgenza di tematiche sociali segna in realtà proprio la sconfinata Indifferenza (o superficialità) del mondo di oggi, e in particolare nella no-stra penisola dove abbiamo assistito di recente alla Morte definitiva (ma non si sa mai) del cinema di denuncia sociale: collocato negli spazi angusti di un tele-romanzo ("L'ora di punta") o nel romanzesco "Diario di picciotto" ("Il Dolce e l'Amaro") il cinema Italiano sembra voler assolvere (anzichè condannare) i Mali correnti dei suoi personaggi.
Per altri versi, Micheal Moore è esemplare proprio nel tentativo strumentale di costringere gli spettatori a parteggiare per lui e per le sue invettive: lo dimostra lo stesso "Sicko", denuncia plebiscitaria ma ecumenica a favore (oh sì) dell'empatico rapporto con gli ammiratori dei suoi film.
Moore non ci chiede di sapere, ma sa di illuminarci e chiede di avere tutti dalla sua parte. In un certo senso è l'opposto dei notiziari, ma è un'opposto quantomeno irrilevante.
Noi non siamo Liberi, non viviamo in un mondo Libero, e non lo sappiamo.
Noi dipendiamo esclusivamente dalle bugie (di una parte) o dalla verità prefabbricata (di un'altra parte) che sancisce le nostre reazioni emotive.

Ad un primo impatto, il nuovo film di Loach sembrerà perfetto, inattaccabile sotto tutti i punti di vista, e probabilmente lo è. Eppure la storia di Angie non è estranea alla logica che vorrebbe "guidare" lo spettatore verso una realtà che ci tormenta, o il più delle volte può lasciarci moderatamente indifferenti.
Lo spettatore che entra nella sala per un film di Loach ne esce colmo di grati-tudine perchè qualcuno ha osato disinnescare le nostre difese individuali, ha esasperato quella linea della Ragione (e dell'Idealismo represso da pigrizia e influenze più o meno esterne) che non trova spesso elementi atti a promulgarla.

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martedì 23 ottobre 2007

Recensione TIDELAND - IL MONDO CAPOVOLTO

Recensione tideland - il mondo capovolto




Regia di Terry Gilliam con Jeff Bridges, Jodelle Ferland, Janet McTeer, Brendan Fletcher, Jennifer Tilly, Dylan Taylor, Wendy Anderson, Sally Crooks

Recensione a cura di ferro84 (voto: 8,0)

Molti sostengono che i sogni vivano solo nella nostra fantasia, ma alcuni registi riescono a trasformarli in realtà.
Fra questi c'è sicuramente Terry Gillam che, dopo aver confezionato una serie di flop con film eccessivi e spesso sconclusionati come "I fratelli Grimm", torna dietro la macchina da presa con un'opera che ben riassume tutte le tematiche che hanno reso grande il suo modo di fare cinema.

Tratto dall'omonimo romanzo di Mitch Cullin, che anni prima aveva mandato una copia del suo lavoro proprio al regista inglese, "Tideland" è rimasto nascosto in un cassetto fin quando, quasi per caso, è stato riscoperto e trasformato in film.
Per Gillam questo rappresenta un ritorno alle origini, realizzato con piccola produzione indipendente che gli ha permesso dare libero sfogo alla sua abilità visionaria.
La storia è incentrata su Jeliza-Rose, una bambina di dieci anni che, dopo la morte della madre per overdose, scappa con il padre tossicodipendente in una casa in campagna.
Jeliza evade dalla sua triste realtà con il sogno e la fantasia, proiettandosi in un universo parallelo popolato di streghe, bambole ed animali parlanti.

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Recensione VINCITORI E VINTI

Recensione vincitori e vinti




Regia di Stanley Kramer con Spencer Tracy, Burt Lancaster, Richard Widmark, Marlene Dietrich, Maximilian Schell, Montgomery Clift

Recensione a cura di Mimmot

Era il 27 gennaio del 1945 quando le truppe della LX Armata del Primo Fronte Ucraino dell'Unione Sovietica entravano nel campo di concentramento di Auschwitz, liberando gli ultimi sopavvissuti e rivelando al mondo, per la prima volta, gli orrori del nazismo.
Successivamente le truppe di Inghilterra e Stati Uniti liberavano altri campi di sterminio totale, come Dachau, Mauthausen, Buchenwald, e altri, tanti altri ancora, riprendendo immagini di scene sconvolgenti, che testimoniavano a quale aberrate livello di degradazione può giungere la ferocia dell'uomo quando si accanisce contro un suo simile.

Nel novembre del 1945 le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale istituirono nella città di Norimberga, simbolo spettrale dello sconfitto nazismo, un Tribunale speciale con il compito di giudicare gli alti gerarchi del Terzo Reich che si erano resi responsabili di crimini di guerra, il più aberrante dei crimini della storia dell'umanità.
Tre anni più tardi uno dei processi (in tutto furono dodici) fu istituito per giudicare quattro alti magistrati (Hamil Hann, Frederick Opstetter, Verner Lampe, Herns Janning) che, nel momento più alto della follia nazista, simulando ignoranza, per convinzione o convenienza, applicarono leggi razziali palesemente inique e inumane, che permisero pratiche mediche aberranti sui prigionieri (alienati, zingari, omosessuali, comunisti) ritenuti esseri inferiori per razza, cultura e provenienza, e consentirono l'avvio del genocidio del popolo ebreo, dando così legittimazione giuridica alla politica di discriminazione e di sterminio che ne seguì.
Personalità come quei quattro magistrati erano il simbolo dell'asservimento al regime nazista della quasi totalità della società tedesca, e più in generale dell'intero popolo, che nei confronti di questo "mostro" si dimostrò acriticamente e colpevolmente consenziente.

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venerdì 19 ottobre 2007

Recensione STARDUST

Recensione stardust




Regia di Matthew Vaughn con Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Sienna Miller, Charlie Cox, Jason Flemyng, Peter O'Toole, Ian McKellen, Rupert Everett, Sarah Alexander

Recensione a cura di ferro84 (voto: 8,0)

Tornato ad incontrare i favori del grande pubblico, il genere fantasy è diventato la nuova "gallina dalle uova d'oro" per gli Studios di Hollywood. Da "Harry Potter" a "Le Cronache di Narnia" da "Eragon" a "Un Ponte per Terabithia" fino a "I fratelli Grimm" di Terry Gillam, è impressionante notare come il cinema americano sfrutti all'inverosimile un filone di successo, con risultati non sempre all'altezza delle aspettative.
In questo contesto, un film come "Stardust" potrebbe sembrare l'ennesimo clone, il solito racconto fantasy con streghe, maghi e re. E invece siamo in presenza di un'opera piena di risorse, confezionata con eleganza e garbo e che sa farsi ricordare, pur non avendo in se elementi di particolare originalità.

La vicenda vede come protagonista il giovane Tristan, che va alla ricerca di una stella caduta da portare alla sua amata Vittoria. Per farlo sarà costretto ad attraversare il muro di recinzione del suo villaggio, superato il quale, si troverà catapultato nel magico mondo di Faerie.
Tristan è costretto a vivere una serie di avventure, incontrando i personaggi che popolano questo mondo e ritrovando le sue origini.

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Recensione IL FIUME ROSSO

Recensione il fiume rosso




Regia di Howard Hawks con John Wayne, Walter Brennan, Montgomery Clift, John Ireland, Joanne Dru

Recensione a cura di Mimmot

Howard Hawks era già un veterano di Hollywood con più di trenta film alle spalle, alcuni anche di grande successo, quando decise di girare il suo primo western, dopo essersi già accostato al genere con l'ibrido "La costa dei barbari"; voleva però che il suo lavoro fosse "un western adulto e non uno dei soliti film di indiani".
Quando gli capitò tra le mani il racconto "The Chisholm Trail", di Borden Chase, ebbe la certezza che sarebbe riuscito nel suo intento.
E in effetti "Il fiume rosso" risultò un western adulto, un western che dietro la facciata convenzionale dei film del genere sottintende una molteplicità di tematiche e di significati.

Innanzi tutto c'è la profonda analisi dei caratteri dei personaggi, non più visti soltanto come modelli di indiscussa virilità, ma con le loro paure e le loro incertezze e forse anche con le loro ambiguità sessuali (emblematica, nell'antefatto del film, l'uccisione della moglie di Dunson, quasi a simboleggiare la rimozione della componente femminile da un autosufficiente universo maschile); c'è poi la rivisitazione del mito della frontiera, che non è più il tema dominante del film ma rimane sullo sfondo, quasi a far da cornice ad altre tematiche ben più importanti quali il conflitto generazionale, la prevaricazione, l'insubordinazione, l'amicizia virile, la nebulosità sessuale; c'è poi infine il lirismo tipicamente hawksiano, epico ma non convenzionale, qui rappresentato dalla raffinatezza dei dialoghi, dalle suggestive sequenze notturne, dal rapporto edipico tra l'anziano cow boy e il giovane figlioccio, dalla facile ironia dei mandriani, dalle inconfondibili riprese a tutto campo, che fotografano immense distese e suggestivi paesaggi e che fanno da sfondo alla rude vita dei cowboy.

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giovedì 18 ottobre 2007

Recensione INVISIBLE WAVES

Recensione invisible waves




Regia di Pen-Ek Ratanaruang con Tadanobu Asano, Hye-jeong Kang, Eric Tsang

Recensione a cura di matteo200486 (voto: 8,5)

"Invisible Waves", quarto lungometraggio del regista tailandese Pen-ek Ratanaruang, evidenzia, per chi non se ne fosse ancora accorto, la grande qualità di molti prodotti nel movimento cinematografico orientale, fucina di talenti con idee originali e grandi doti tecniche.

Dopo aver stupito con il sorprendente "6ixtynin9" ("Ruang talok 69") ed il magico "Last life in the Universe" ("Ruang rak noi nid mahasan"), microcosmo di emozioni e semplicità, Pen-ek Ratanaruang sbarca in Europa con "Invisible Waves", presentandolo all'edizione 2006 della mostra del cinema di Berlino e ricevendo alcune critiche ma soprattutto molti consensi sia dal pubblico che dalla critica.

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Recensione MR. BROOKS

Recensione mr. brooks




Regia di Bruce A. Evans con Kevin Costner, Dane Cook, Demi Moore, William Hurt, Marg Helgenberger, Danielle Panabaker, Jason Lewis, Steve Coulter

Recensione a cura di matteoscarface

"Mr Brooks è un uomo di successo, Mr Brooks è un marito, Mr Brooks è un padre, Mr Brooks è un serial killer."

E' così che gli efficaci strilloni pubblicitari ci presentano questo, all'apparenza, intrigante thriller zeppo di vecchie glorie cinematografiche.
Potrebbe passare per uno di quegli ennesimi rifacimenti che ormai ci invadono, oppure per uno di quei prodotti destinati rapidamente all'home video che tentano di accapigliarsi un po' di pubblico sbattendo il nome di qualche vecchia star accanto a quello di una giovane nei poster. Ma, appunto, potrebbe.

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martedì 16 ottobre 2007

Recensione MICHAEL CLAYTON

Recensione michael clayton




Regia di Tony Gilroy con George Clooney, Sydney Pollack, Tilda Swinton, Tom Wilkinson

Recensione a cura di Pasionaria (voto: 7,5)

Dopo la terza visita al parco-giochi "Ocean", George Clooney torna al film d'impegno sociale a lui più congeniale (lo dichiara in ogni intervista).
Non solo partecipa alla produzione di "Michael Clayton", ne interpreta anche il protagonista affidandosi alla sceneggiatura e alla direzione di Tony Gilroy, regista esordiente ma già noto sceneggiatore di alcuni importanti successi ("L'avvocato del diavolo", "L'ultima eclisse", i tre "Bourne").

Clooney ci offre un'altra intensa interpretazione dopo quella dell'agente Cia nel complesso "Syriana", che gli valse l'oscar, e dopo il cerebrale "Good night and good luck", in cui si rivelò anche abile regista.

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Recensione HIROSHIMA MON AMOUR

Recensione hiroshima mon amour




Regia di Alain Resnais con Emmanuelle Riva, Eiji Okada, Bernard Fresson, Stella Dassas

Recensione a cura di kowalsky

"Non hai visto niente, niente..."

"Hiroshima, Mon Amour" è il tipico film-manifesto che assurge a monito contro la reazione passiva (o meglio, l'indifferenza) della memoria collettiva.

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