mercoledì 3 ottobre 2007

Recensione IO CONFESSO

Recensione io confesso




Regia di Alfred Hitchcock con Brian Aherne, Karl Malden, Anne Baxter, Montgomery Clift

Recensione a cura di Mimmot

Quando nel 1953 Alfred Hitchcock realizzò "Io confesso" era reduce da una serie di clamorosi successi ("Io ti salverò", "Notorius - L'amante perduta", "Il caso Paradine", "Nodo alla gola", "L'altro uomo") ed era già considerato un maestro del mistero e della suspense (anche se alcuni critici del gusto non si erano risparmiati dallo svillaneggiarlo definendolo "regista commerciale e di genere").
Nonostante ciò il film non ebbe il successo sperato dallo stesso Hitchcock (che veniva da due anni di inattività), anche a causa della solita critica che considerò il film (profondamente a torto) uno fra i minori del regista.

E invece "Io confesso" è un film grandioso, è il film in cui Hitch elabora magistralmente il concetto di senso di colpa, esplora il tema dell'innocente che si deve discolpare e coinvolge lo spettatore in un vortice di tensione che lo porta, alla fine, a solidarizzare col protagonista, che sa ingiustamente accusato.
Certo "Io confesso" è un film per certi versi anomalo nel panorama cinematografico hitchcockiano, anche se la sua cinematografia è difficilmente iscrivibile in un solo schema di giudizio: mancano quell'umorismo e quell'ironia che erano una costante delle sue opere, ma questo è dovuto principalmente alle tematiche, non facili, della pellicola; mancano inoltre quei momenti di autentica tensione e di forte azione tipicamente hitchcockiani, forse a causa dell'impianto eccessivamente teatrale della sceneggiatura e, infine, manca quel tocco psicanalitico-sessuale con cui Hitch amava sondare l'animo dei suoi personaggi.
Resta l'impianto architettonico di fondo con cui il regista amava scavare la psiche dei suoi protagonisti, lacerata, come in questo caso, dal rimorso; resta il tema ossessivo della ricerca della verità, ostacolata da ogni tipo di incidente o di costrinzione; resta il modo, assolutamente unico, di far scaturire inquietitudine dallo schermo, che porta gli spettatori a sperare che il presunto colpevole riesca alla fine a ritrovare la via d'uscita per riconquistrare la dignità e il rispetto di se stesso.

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