Recensione toto' peppino e la malafemmina
Recensione a cura di peucezia (voto: 8,0)
Camillo Mastrocinque, più volte definito "onesto artigiano", capace però di confezionare prodotti interessanti ancora oggi, dirige l'ennesima prova di una delle migliori coppie comiche del cinema mondiale: Totò, al secolo Antonio De Curtis, e Peppino De Filippo.
Siamo nel 1956 e Totò è all'apice del successo cinematografico: gira infatti più pellicole contemporaneamente ed è campione d'incassi ma - triste rovescio della medaglia - è bistrattato dalla critica di mestiere che scrive su di lui articoli al limite della querela.
Il canovaccio del film diretto da Mastrocinque è effettivamente molto elementare, decisamente poco adatto agli annali della cinematografia e si basa molto, forse totalmente, sulla verve degli artisti, sulle loro capacità improvvisative e soprattutto sull'ottimo sodalizio che coesiste tra il comico Totò e la celebre spalla De Filippo.
La storia è fondamentalmente un "musicarello" , un film cioè concepito come traino ad una canzone celebre, nella fattispecie scritta proprio da De Curtis. Il genere filmico, appartenente inevitabilmente alla filmografia di serie B, era particolarmente coltivato negli anni Cinquanta e partiva nell'intreccio dalle basi della sceneggiata napoletana con protagonisti: isso, buono onesto ma in un determinato frangente sul punto di traviarsi; essa, l'innamorata dolce e illibata e o' malamente (il villain shakespeariano). Intorno a questi una serie di personaggi minori tra cui l'immancabile mamma e i buffoni.
Mastrocinque sovverte l'intreccio classico per fare dei buffoni i protagonisti, mentre l'innamorato (un giovanissimo Teddy Reno non ancora scopritore e consorte di Rita Pavone) e la sua fidanzata (Dorian Gray, soubrettina italiana dallo pseudonimo letterario, popolare per le sue "grandi forme") rimangono confinati ad apparizioni.
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