giovedì 25 ottobre 2007

Recensione IN QUESTO MONDO LIBERO

Recensione in questo mondo libero




Regia di Ken Loach con Kierston Wareing, Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Colin Caughlin, Joe Siffleet, Faruk Pruti

Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,5)

Le ragioni e le pretese del cinema sociale vengono spesso mistificate dall'enfatizzazione della tematica corrente, come se tutto ciò aderisse a una sorta di ricatto emotivo, costringendo in questo modo lo spettatore alla propria espiazione empatica: il regista sa in questo modo di poter rivendicare e solle-citare l'Idealismo confuso o represso della gente.
Quest'improvvisa urgenza di tematiche sociali segna in realtà proprio la sconfinata Indifferenza (o superficialità) del mondo di oggi, e in particolare nella no-stra penisola dove abbiamo assistito di recente alla Morte definitiva (ma non si sa mai) del cinema di denuncia sociale: collocato negli spazi angusti di un tele-romanzo ("L'ora di punta") o nel romanzesco "Diario di picciotto" ("Il Dolce e l'Amaro") il cinema Italiano sembra voler assolvere (anzichè condannare) i Mali correnti dei suoi personaggi.
Per altri versi, Micheal Moore è esemplare proprio nel tentativo strumentale di costringere gli spettatori a parteggiare per lui e per le sue invettive: lo dimostra lo stesso "Sicko", denuncia plebiscitaria ma ecumenica a favore (oh sì) dell'empatico rapporto con gli ammiratori dei suoi film.
Moore non ci chiede di sapere, ma sa di illuminarci e chiede di avere tutti dalla sua parte. In un certo senso è l'opposto dei notiziari, ma è un'opposto quantomeno irrilevante.
Noi non siamo Liberi, non viviamo in un mondo Libero, e non lo sappiamo.
Noi dipendiamo esclusivamente dalle bugie (di una parte) o dalla verità prefabbricata (di un'altra parte) che sancisce le nostre reazioni emotive.

Ad un primo impatto, il nuovo film di Loach sembrerà perfetto, inattaccabile sotto tutti i punti di vista, e probabilmente lo è. Eppure la storia di Angie non è estranea alla logica che vorrebbe "guidare" lo spettatore verso una realtà che ci tormenta, o il più delle volte può lasciarci moderatamente indifferenti.
Lo spettatore che entra nella sala per un film di Loach ne esce colmo di grati-tudine perchè qualcuno ha osato disinnescare le nostre difese individuali, ha esasperato quella linea della Ragione (e dell'Idealismo represso da pigrizia e influenze più o meno esterne) che non trova spesso elementi atti a promulgarla.

[...]

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