venerdì 21 dicembre 2007

Recensione LA PROMESSA DELL'ASSASSINO

Recensione la promessa dell'assassino




Regia di David Cronenberg con Naomi Watts, Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Armin Mueller-Stahl, Raza Jaffrey, Radoslaw Kaim, Cristina Catalina, Alice Henley, Tamer Hassan, Gergo Danka, Olegar Fedoro

Recensione a cura di The Gaunt (voto: 9,0)

"Eastern Promises" segna il ritorno dietro la macchina da presa di David Cronenberg dopo "A History of Violence". La trama è ambientata a Londra e incentrata sul mondo della mafia russa. Mondo in cui si trova catapultata Anna Khitrova, ostetrica presso un ospedale di Londra, dopo che una quattordicenne russa muore di parto dando alla luce una bambina. Per rintracciarne i familiari, malgrado l'opposizione dei suoi parenti che la sconsigliano di farlo, Anna si servirà del diario della ragazza, fino ad approdare ad un ristorante il cui proprietario è Semyon, all'apparenza gentiluomo dai modi affabili, ma che in realtà è un boss della Vory V Zakone legato al mercato delle prostitute venute dall'est e direttamente coinvolto nella vicenda personale della ragazza morta.
Alle dipendenze di Semyon c'è il figlio Kirill, debole e instabile, e Nikolai Luzhin, autista dal passato misterioso.

Anna e Semyon sono i personaggi simbolo di due mondi contrapposti, nettamente separati: la mafia russa da una parte, la "brava gente" dall'altra. Nel film di Cronenberg sono le caratterizzazioni più definite, quelle che presentano meno lati nascosti rispetto agli altri attori della vicenda. Anna, spinta dalla volontà di trovare una famiglia a quella bambina rimasta orfana, entrerà in contatto con il mondo mafioso di Semyon. L'incontro/scontro tra questi due mondi influenzerà profondamente sia Kirill, che Nikolai. Kirill vive all'ombra del padre che profondamente detesta, ma non ha la forza nè la volontà per ribellarsi, finendo per esserne una pallida imitazione.
Nikolai è solo un "autista": va dritto, a destra o sinistra a seconda dei bisogni dei suoi capi. E' un mero esecutore di volontà altrui.
Kirill e Nikolai sono uomini senza identità, vivono nell'ombra, le loro azioni e le loro scelte sono dettate dalla volontà degli altri, da stimoli esterni. Sono spiriti affini, pur nella loro differenza caratteriale: glaciale e impassibile Nikolai, ridondante ed eccessivo Kirill, ma tuttavia legati tra loro da una profonda amicizia e rispetto reciproco. Anche se non a livello biologico, sono come dei gemelli.
Il loro legame è simbiotico come quello dei gemelli Mantle di "Inseparabili"; i due condividono le stesse esperienze e le azioni dell'uno devono essere replicate dall'altro. Nel bordello, durante un festino sfrenato con delle ragazze, Kirill imporrà a Nikolai di scegliersi una ragazza e scoparsela come ha fatto lui e suo padre prima di lui "per essere un vero uomo e non sembrare una checca". Quando Nikolai sarà promosso al rango di capitano, (l'abbraccio tra Kirill e Nikolai in un campo/controcampo è identico a quello fra Beverly ed Elliot Mantle di "Inseparabili"), l'identità tra i due sarà perfetta. I tatuaggi aggiunti sulle spalle e sulle ginocchia di Nikolai sanciranno la loro perfetta interscambiabilità e sarà il motore scatenante della scena migliore di tutto il film: l'aggressione a Nikolai nel bagno turco. La scena della sauna è di una violenza inaudita, perfetta nella propria crudezza, nella sua rappresentazione coreografica così poco hollywoodiana, dai cromatismi molto accesi della fotografia di Peter Suschitzy e dal suono che sottolinea le ferite e le lacerazioni del corpo umano.
Corpo umano che racchiude, nelle ossessioni del regista canadese, mediante la lettura dei tatuaggi, l'identità e la memoria dell'individuo come un libro, ma al contempo la fonte del suo stesso inganno. Il corpo mostra solo l'apparenza di ciò che siamo, non ha la capacità di svelare fino in fondo la nostra anima, di andare oltre queste apparenze. Una zona morta, che rimane invisibile e celata agli occhi dello spettatore, che viene manipolato da ciò che "crede" di poter vedere, da quello che è solo una realtà soggettiva, non oggettiva.

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martedì 18 dicembre 2007

Recensione ONCE

Recensione once




Regia di John Carney con Glen Hansard, Markéta Irglová, Hugh Walsh, Gerard Hendrick, Alaistair Foley, Geoff Minogue, Bill Hodnett, Danuse Ktrestova

Recensione a cura di honeyboy (voto: 8,0)

Dublino. Lui: giovane irlandese cantante di strada di sera e di giorno aggiusta-aspirapolveri. Lei: ragazza ceca, grande suonatrice di piano ma senza i soldi per comprarne uno, deve badare alla famiglia.
L'incontro tra i due avviene proprio sulla strada, e dalle strade questa unione musicale si trasferisce in uno studio di registrazione.
Attraverso la musica i due riusciranno a comunicare reciprocamente i propri sentimenti...

"Once" è film senza un inizio ed una fine: è un frammento sottratto alla vita e trasposto su immagine da un saccheggiatore di emozioni (Carney). Tutto ciò avviene con un tocco estremamente delicato che non mira a "strappare" forzatamente sensazioni ma piuttosto ad "accarezzare" dolcemente lo spettatore (le stesse mani che sfiorano le corde di una chitarra e pigiano i tasti di un pianoforte riescono a coccolare lo sguardo e carezzare il volto rigato di lacrime di "chi guarda").
La dimensione drammatica è raggiunta in maniera diretta e senza trucchi di sorta: nel seguire con gli occhi quell'aspirapolvere trainato a mano lungo le strade di Dublino ci si accorge dell'enorme grandezza della semplicità (solo apparente, dato che le emozioni sono per natura tanto semplici quanto inaccessibili).

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Recensione MEZZOGIORNO DI FUOCO

Recensione mezzogiorno di fuoco




Regia di Fred Zinnemann con Gary Cooper, Thomas Mitchell, Lee Van Cleef, Lloyd Bridges, Grace Kelly, Katy Jurado, Lon Chaney jr, Otto Kruger, Harry Morgan, Ian MacDonald, Eve McVeagh, Morgan Farley, Harry Shannon, Robert J. Wilke, Sheb Wooley

Recensione a cura di Mimmot

"Non sono sufficienti i muscoli a fare un uomo".

È in questa asserzione, diventata di culto, che risiede l'essenza di questo film di Fred Zinnemann, considerato ormai universalmente uno dei più bei western della storia del cinema.
Sono però soprattutto le tre allegorie che caratterizzano il film a renderlo veramente grande:
- un bandito che torna per saldare un vecchio conto in sospeso;
- l'attesa spasmodica di un treno che sembra non arrivare mai;
- il ticchettio di un orologio che scandisce il countdown per un uomo che si scopre eroe suo malgrado.

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lunedì 17 dicembre 2007

Recensione PARANOID PARK

Recensione paranoid park




Regia di Gus Van Sant con Gabe Nevins, Dan Liu, Jake Miller, Taylor Momsen, Lauren Mc Kinney, Olivier Garnier, Scott Green

Recensione a cura di kowalsky (voto: 9,0)

"Gus Van Sant è uno dei pochi registi che riesce a portare lo spettatore oltre il racconto visivo"

"Per Gus Van Sant il modo di raccontare è importante quanto la storia, e forse anche di più"

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Recensione FRANKENSTEIN

Recensione frankenstein




Regia di Kenneth Branagh con Robert De Niro, Kenneth Branagh, Helena Bonham Carter, Aidan Quinn, Ian Holm, Richard Briers, John Cleese, Robert Hardy

Recensione a cura di Marco Iafrate

Il "Frankenstein" di Kenneth Branagh si può tranquillamente considerare un coraggioso tentativo di capolavoro, in parte fallito. Le buone intenzioni c'erano tutte; le basi forse no. L'eredità lasciata all'allora trentacinquenne regista inglese da autentiche perle della cinematografia mondiale come il "Frankenstein" del 1931 di James Whale e del successivo "La moglie di Frankenstein" dello stesso regista, gli devono aver pesato come un macigno, vista la necessità di dare alla pellicola quell'impronta megalomane e narcisista di cui il film è pregno.
Incline e fortemente attratto dagli spettacoli teatrali, Branagh ha fatto della teatralità il suo punto di forza, trasmettendo a tutti i suoi film quell'energia che spesso è sfociata in delirio di onnipotenza; a questo delirio non si è sottratto il film in questione, che ha nella ridondanza il proprio punto debole.

"Frankenstein" nasce, ancor prima di entrare nell'immaginario collettivo con le numerose trasposizioni cinematografiche, nella fertile mente della giovane Mary Wollstonecraft in Shelley un po' per gioco ed un po' per scommessa una sera d'estate del 1816. La ragazza ha 19 anni e già l'esistenza le ha riservato pene, dolori e lutti, sopportati e li' da sopportare, e proprio a quest'opera affida il suo carico di morte, le sue mortali fantasie.

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martedì 4 dicembre 2007

Recensione 1408

Recensione 1408




Regia di Mikael Hafström con John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Andrew Lee Potts, Kim Thomson

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,0)

"L'inferno è ripetizione"

Così ha scritto una volta Stephen King.
"1408" è tratto infatti dall'omonimo racconto di Stephen King contenuto nella raccolta Tutto è Fatidico. Si tratta di un racconto che ha una genesi particolare la cui esegesi è sicuramente interessante per comprendere i pregi e i difetti del film che ne è stato tratto.

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lunedì 3 dicembre 2007

Recensione LISBON STORY

Recensione lisbon story




Regia di Wim Wenders con Sofia Benard Da Costa, i Madredeus, Patrick Bauchau, Rüdiger Vogler

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 9,5)

"Lisbon story" è un bellissimo film sul cinema uscito nelle sale nel 1995, che porta la firma del grande autore controcorrente Wim Wenders.
L'autore tedesco si tiene lontano dalle consuete forme di spettacolo cinematografico che utilizzano le capitali europee di grande prestigio al solo scopo di esibirle al pubblico; qui Lisbona viene offerta agli spettatori in una dimensione nuova: nello splendore di un significato remoto, a lungo ricercato, che riemerge da una storia in parte ancora in vita e capace di dare emozioni.
E' una Lisbona altra, che non si lascia ammirare solo per le sue bellezze paesaggistiche ed architettoniche ma anche per ciò che racchiude nel suo spirito più antico, costituito da enigmi profondi, ricchi di fascino ed a volte sconfinanti nel mistero.
La pellicola sembra voler richiamare i media ad una maggiore attenzione verso lo spirito antico delle capitali europee, come se in un certo senso questo fosse parte di noi e potesse in qualche modo contrastare l'invasione di una modernità non sempre rispettosa del passato.

"Lisbon story" è un film talmente ricco di modi espressivi ingegnosi, inusuali, di efficace comunicazione, da far credere che Wenders, all'epoca, fosse alla ricerca di un cinema diverso.
Il film si sofferma, con un intricato gioco di cineprese, sulla spiritualità più innocente e autentica dei quartieri antichi di Lisbona, indugiando su arcaiche vie in cui è ancora facile trovare artisti dediti alla musica, poeti, volti umili di artigiani disposti a conversare e personaggi illustri del vecchio cinema portoghese.

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mercoledì 28 novembre 2007

Recensione LA LEGGENDA DI BEOWULF

Recensione la leggenda di beowulf




Regia di Robert Zemeckis con Shay Duffin, Brendan Gleeson, Crispin Glover, Anthony Hopkins, Angelina Jolie, Alison Lohman, John Malkovich, Ray Winstone, Sebastian Roché, Robin Wright Penn

Recensione a cura di ferro84 (voto: 6,0)

Ne è passato di tempo da quando il giovane Robert Zemeckis era considerato un modesto mestierante che operava grazie all'ala protettiva di Steven Spielberg, suo scopritore e mentore.
Lasciato finalmente il filone fantascientifico, in cui si ricordano capolavori come "Contact" o la trilogia di "Ritorno al Futuro", dopo la fortunata e retorica parentesi di "Forrest Gump", eccolo nuovamente tornato al suo primo amore: il cinema di animazione.

Robert Zemeckis è più di un semplice regista, è un grande produttore e sceneggiatore; forse anche per questo è da sempre stato considerato come l'alter ego di Spielberg, con cui condivide la stessa concezione del cinema. La volontà di stupire è sempre stata un punto in comune di gran parte dei suoi film e con "La leggenda di Beowulf" sicuramente Zemeckis coglie nel segno.
Potendo disporre di un budget di ben 150 milioni di dollari, la Paramount finanzia un film a dir poco innovativo, un punto di non ritorno per il cinema di animazione, che sa stupire e nello stesso tempo disorientare lo spettatore.

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martedì 27 novembre 2007

Recensione IL VENTO CHE ACCAREZZA L'ERBA

Recensione il vento che accarezza l'erba




Regia di Ken Loach con Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham, Gerard Kearney, William Ruane, Fergus Burke

Recensione a cura di Mimmot

Nonstante i suoi 70 anni di età Kean Loach non smette ancora di stupirci e, distogliendo per un momento lo sguardo dall'attualità, con "Il vento che accarezza l'erba" scrive un'altra pagina di cinema di altissimo livello, su un argomento a lui particolarmente congeniale: i racconti di storia del '900.
Discorso intrapreso anni addietro con "Terra e libertà" (dove raccontava la guerra civile spagnola e metteva in evidenza le contraddizioni e le divisioni all'interno della sinistra del Fronte Popolare, che contribuirono a vanificare il sacrificio di tanti combattenti e finirono per travolgerlo ideologicamente) e con "La canzone di Carla" (in cui raccontava la sporca guerra dei contras, appoggiati dal governo USA e dalla CIA, nel Nicaragua sandinista).
Impegno, questo, che Loach ha perseguito sempre con estremo rigore morale e con grande coerenza ideologica, con il pensiero rivolto sempre verso gli ultimi,i più deboli, i diseredati, gli oppressi, verso coloro che subiscono umiliazioni ma non si rassegnano alla violenza dei sopprusi prevaricatori e al rovesciamento dei valori umani, che sembra aver perso il suo alone di amoralità.

Con "Il vento che accarezza l'erba", Loach riapre una vecchia ferita storica, forse ancora non del tutto rimarginata: la lotta del movimento indipendentista irlandese contro l'oppressione dell'Impero britannico, negli anni che vanno dal 1919 fino allo scoppio della guerra civile e alla divisione tra Irlanda e Irlanda del Nord.
Guerra civile scoppiata in conseguenza della firma del trattato di pace con la Gran Bretagna, siglato dall'ala possibilista del movimento dello Sinn Féin (guidata da Michael Collins) e considerato, invece, una truffa, e quindi ancor più umiliante ed inaccettabile, dagli oltranzisti (guidati dal tenace Eamon De Valera, che diverrà il primo presidente della Repubblica Libera d'Irlanda), perchè destinato a cambiare solo apparentemente lo stato delle cose, in quanto, i veri beneficiari dell'accordo continueranno ad essere, come sempre, i capitalisti stranieri e i grandi possidenti che hanno depredato il paese, mentre la povertà continuerà mietere vittime tra vecchi e bambini e a minare l'unità delle famiglie.

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venerdì 23 novembre 2007

Recensione ANGEL - LA VITA, IL ROMANZO

Recensione angel - la vita, il romanzo




Regia di François Ozon con Romola Garai, Lucy Russell, Michael Fassbender, Sam Neill, Charlotte Rampling

Recensione a cura di gerardo (voto: 8,0)

François Ozon è un regista che si diverte a rappresentare l'improbabilità realistica di drammi possibili, con occhio tanto affettuoso quanto sarcastico nei confronti dei suoi personaggi. Il suo è un cinema ossimorico, che funziona con i corto circuiti morali e sentimentali personali e del pubblico a cui si rivolge non senza evidente provocazione.

Angel è una bella ragazza dei sobborghi londinesi di fine ottocento/primi del novecento. Orfana di padre e umile di origine, Angel evade dalla sua modesta realtà con la fervida e galoppante fantasia di cui dispone in abbondanza. Tutto il suo contesto sociale più prossimo (famiglia e scuola), esercitando la propria funzione educativa in atavica osservanza del ruolo "subalterno" che gli è stato predestinato, non può che frenare realisticamente gli slanci poco umili di Angel, che sogna di vivere nella lussuosa dimora aristocratica nella quale il destino le ha riservato un futuro da serva, come è stato per sua zia prima di lei.
Eppure la fantasia di Angel è così irrefrenabile da esprimersi materialmente in una scrittura fiume, che si traduce in un precoce quanto pruriginoso romanzo. Naturalmente d'appendice. Un acuto e distinto editore, da ottimo impresario, fiuta le enormi potenzialità economiche di questo genere letterario, cosicché Angel Deverell diventa ben presto una nota scrittrice di romanzi "rosa", precursore della letteratura di consumo propria del secondo novecento.

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Recensione LA FEBBRE DEL SABATO SERA

Recensione la febbre del sabato sera




Regia di John Badham con John Travolta, Karen Lynn Gorney, Barry Miller, Joseph Cali, Paul Pape, Donna Pescow, Bruce Ornstein

Recensione a cura di kowalsky (voto: 7,5)

Il celebre manifesto di Tony Manero col dito puntato verticalmente verso le smaccate luci al neon delle discoteche, sottilineato dall'emblematica frase "Where do you go when the record is over..." sembra appartenere alla notte dei tempi: è tutto così obsoleto e (a modo suo) inquietante pensare che pochi decenni possano bastare per dichiarare vetusto un fenomeno di cui, nel bene e nel male, molti di noi sono stati testimoni, mentre è ancora tremendamente cool la rappresentazione e l'amarcord di realtà che non abbiamo mai potuto, per motivi anagrafici, conoscere direttamente.

Negli anni in cui imperversava la disco-music, il mitico Studio 54, e il glamour iperkitsch della moda del ballo, a Londra scorrevano i ben più frenetici aneliti del punk, fino a diffondersi a macchia d'olio un po' in tutto il mondo, come racconta felicemente Spike Lee nel sottovalutato e bellissimo "Summer of Sam".

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giovedì 22 novembre 2007

Recensione LICENZA DI MATRIMONIO

Recensione licenza di matrimonio




Regia di Ken Kwapis con Robin Williams, Mandy Moore, Christine Taylor, Eric Christian Olsen, Josh Flitter, DeRay Davis, John Krasinski

Recensione a cura di peucezia (voto: 6,0)

Chi si è sposato con rito cattolico ci sarà sicuramente passato. Di che si tratta? Dei corsi prematrimoniali, itinerario di evangelizzazione e catechesi alla riscoperta della fede in cui si approfondiscono le proprietà intrinseche del matrimonio cristiano.

La citazione era d'obbligo perché l'argomento del film è proprio un singolare corso prematrimoniale tenuto da padre Frank negli Stati Uniti e frequentato dai due coprotagonisti del film, giovani, carini, innamorati e quantomai diversi (lei figlia di famiglia borghese snob, lui molto più "normale").
Di primo acchito la situazione può sembrare alquanto realistica e decisamente poco cinematografica, ma quando il sacerdote organizzatore del corso è interpretato da Robin Williams tutto cambia. Il percorso di approfondimento si trasforma in una serie di avventure paradossali e divertenti che da una parte suscitano ilarità ma dall'altra aiutano a riflettere.

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Recensione IL CASO THOMAS CRAWFORD

Recensione il caso thomas crawford




Regia di Gregory Hoblit con Anthony Hopkins, Ryan Gosling, David Strathairn, Rosamund Pike, Embeth Davidtz, Billy Burke, Cliff Curtis, Bob Gunton

Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli (voto: 7,0)

"The Waiting Place... for people just waiting. Waiting for a train to go or a bus to come, or a plane to go or the mail to come, or the rain to go or the phone to ring, or the snow to snow or waiting around for a Yes or No or waiting for their hair to grow. Everyone is just waiting."
Theodor Geisel (Dr. Seuss): "Oh, The Places You'll Go!"

La definizione più semplice della parola Frattura è: lo spezzarsi di un corpo rigido ed il suo risultato. O più semplicemente: soluzione di continuità, rottura.
In meccanica, la definizione di Punto di Rottura è: il limite estremo di resistenza oltre il quale un materiale sottoposto a sollecitazioni si spezza in due parti (producendo una frattura).

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