Recensione la sorgente dell'amore
Recensione a cura di Terry Malloy
Al suo quinto lungometraggio, il regista ebreo francese di origini romene Radu Mihaileanu ha ormai siglato il suo genio cinematografico. Se non si era capito con pellicole di risonanza mondiale come "Train De Vie", "Vai e Vivrai" o "Il Concerto", di sicuro si capirà con "La Source Des Femmes", titolato in italiano "La Sorgente dell'Amore". La scelta italiana per questa variazione è pienamente giustificata, essendo una citazione interna, ma forse non marca a dovere quello che è invece il tema del film, in cui si parla di una sorgente, ma in cui soprattutto si parla di donne.
In un villaggio africano a forte gerarchia maschile e musulmana, una tradizione millenaria assegna alle donne (anche incinte) il compito di prelevare l'acqua da una fonte sulle montagne. Il percorso è arduo, la tecnologia inesistente (quella basilare: scarpe da montagna, vestiti adatti, strumenti di raccoglimento idonei) e la fatica immensa. Da secoli le donne di questo villaggio (moltissime) perdono più della metà dei bambini che partoriscono a causa di cadute e traumi per via del peso insostenibile dei secchi ricolmi.
Tutto va avanti nell'omertà, nel silenzio e nel rispetto della tradizione. Tutto va avanti fino a che una donna coraggiosa, Leila (interpretata dall'eccezionale, quasi esordiente Leila Bekhti) decide di ribellarsi. Ma le donne cosa possono di fronte al potere degli uomini e soprattutto della tradizione? Scioperare. Con l'appoggio delle altre donne e della saggia e scaltra vedova "Vecchia Lupa" Leila indice uno sciopero del sesso.
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