Recensione a l'interieur
Recensione a cura di L.P. (voto: 7,5)
La distribuzione italiana, si sa, è piuttosto sciagurata, e mentre ci delizia con le infinite avventure dell'enigmista immortale, o con l'ennesimo sequel del prequel del remake, ignora tranquillamente un fatto di cui tutti, tranne noi, si sono accorti: in Europa sta rinascendo il cinema di genere.
Alexandre Aja, Neil Marshall e Jaume Balaguerò sono solo i nomi più noti all'interno di un panorama in continuo fermento, che rappresenta una vera e propria ancora di salvezza per gli appassionati di horror sparsi in tutto il mondo. Italiani esclusi, s'intende, tutti presi a dibattersi sbadigliando tra un Moccia e l'altro e ad assorbire passivamente la spazzatura di stampo televisivo che ci arriva da Hollywood.
"A' l'interieur", degli esordienti Alexandre Bustillo (anche sceneggiatore) e Julien Maury, è una delle ultime vittime di questa sconsiderata concezione della distribuzione in sala. Da noi è inedito. Forse tra qualche anno farà una fugace apparizione tra gli scaffali dei videonoleggi per cadere subito nel dimenticatoio. E magari è anche giusto così: se un film del genere uscisse da noi, scatenerebbe minimo tre o quattro family day.
L'opera prima della coppia di registi è una specie di sintesi perfetta della rinascita cinematografica dell'orrore targato Europa, soprattutto quello sviluppatosi in terra francese. Ne racchiude tutti i pregi ed i difetti, e suona quasi come una programmatica dichiarazione d'intenti.
Sia Bustillo che Maury sono appassionati di cinema horror; Bustillo è anche redattore della rivista specializzata "Mad Movies". Come molti loro colleghi americani, quindi, conoscono alla perfezione il genere ed i suoi meccanismi, e affrontano la materia trattata con lo slancio un po' folle (e demente) tipico del fan sfegatato. Non è una novità: basti pensare ad Eli Roth oppure, andando indietro nel tempo, a Kevin Williamson. Solo che "A' l'interieur" non si trova dalle parti di un "Hostel" qualsiasi; ci troviamo in un territorio completamente diverso, più oscuro, del tutto estraneo alla violenza millantata negli spot pubblicitari e, alla prova dei fatti, invisibile del cinema horror statunitense dell'ultimo decennio. Bustillo e Maury mantengono ciò che promettono: superano ogni limite consentito per approdare direttamente all'oltraggio. Anzi, oltrepassano la nozione stessa di oltraggioso e ti sbattono in faccia l'insostenibile. Erano anni che nel cinema occidentale (non amatoriale) non si assisteva ad una tale esplosione di brutalità, esibita senza freni inibitori di fronte al povero spettatore ignaro, che si aspetta di vedere il solito torture movie e invece ha a che fare con un oggetto inaudito, viscido e ripugnante e tuttavia dotato di una gelida bellezza, tale da obbligarlo a non distogliere mai lo sguardo, anche quando il suo stomaco implora di fare il contrario.
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