Recensione lolita
Recensione a cura di Marta Florio AKA Baba o'Riley
Quando nel 1955, Vladmir Nabokov descrive Lolita come "la più bella ninfetta che Priapo potesse escogitare", così "infantile ed infinitamente adescante" emerge sottile nella sua luminosità, il sublime ritratto di una creatura quasi immortale, capace con un suo gesto di catturare il desiderio degli uomini, di invadere la loro mente con la possessione erotica, ma ben lontana dal più vago accento di volgarità: "vorrei descrivere il suo viso, il suo modo di fare... e non posso, perché quando mi è vicina il desiderio mi acceca...". Niente a che vedere con la moralità corrotta, con la perversione, con il solo sesso. E' la storia di un uomo che si innamora del suo desiderio, e di una bambina che lotta combattuta tra la propria sensualità travolgente, un'infantile curiosità per il gioco erotico e il proprio complesso edipico, la cui normalizzazione è stata lasciata scoperta dalla morte del padre.
Sette anni più tardi, lo stesso desiderio, lo stesso proibito amore per il bello, lo stesso commovente pathos, la stessa purezza di sentimento, viene potentemente sprigionata dalla pellicola di Kubrick.
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