giovedì 8 gennaio 2009

Recensione IL BAMBINO CON IL PIGIAMA A RIGHE

Recensione il bambino con il pigiama a righe




Regia di Mark Herman con Asa Butterfield, Zac Mattoon O'Brien, David Thewlis, Vera Farmiga, Rupert Friend, Richard Johnson, Sheila Hancock, Jim Norton

Recensione a cura di Mimmot

Raccontare per immagini la follia dei campi di sterminio e il dramma umano dell'olocausto può risultare difficile e rischioso se non si è Roman Polanski ("Il pianista") o Steven Spielberg ("Schindler's List"); raccontarlo traendolo da un best seller di successo può esserlo ancora di più: non sempre si riesce ad evitare la trappola di tradire lo spirito del libro e a rispettarne atmosfere e finalità, soprattutto quando si tratta di riaprire ferite che il tempo non ha ancora sanato, rievocando un'epoca buia a tragica che ha segnato il punto più alto della lacerazione della coscienza collettiva.
Pur trattando un argomento, come la Shoah, di cui è stato raccontatato tutto il raccontabile, esaurendone tutti i significati, il regista Mark Herman ("Grazie, Signora Thatcher!") adattando il romanzo omonimo di un giovane scrittore irlandese, John Boyne, che ha collaborato alla sceneggiatura, è riuscito nella difficile impresa di raccontarcelo in modo nuovo e soprattutto in modo originale e a ricordarci la tragedia di un'epoca, facendocela rivivere attraverso gli occhi di un bambino, anzi di due: uno tedesco, Bruno, e l'altro ebreo, Shmuel; il primo figlio di un gerarca nazista, comandante di un campo di concentramento; l'altro un indifeso ragazzino internato insieme al padre proprio in quel campo.

Detto così potrebbe sembrare il remake de "La vita è bella", che ha fruttato l'Oscar al nostro Roberto Benigni; e invece "Il bambino con il pigiama a righe" è tutta un'altra storia, primo perché ci mostra l'orrore della Shoah visto con gli occhi non di una vittima, ma di una innocenza tradita. Mentre poi "La vita è bella" racconta la favola di un bambino il cui padre si sforza con la menzogna di preservarlo dall'orrore che stanno vivendo, nella pellicola di Herman i genitori tacciono intenzionalmente la verità per cercare di difendere se stessi dai sensi di colpa e dal rimorso. Toccherà al bambino, da solo, iniziare un viaggio di esplorazione nella menzogna che lo porterà a penetrare nei meandri degli accadimenti e a intuire la colpa che macchia gli adulti.

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