Recensione american sniper
Recensione a cura di lastmik (voto: 8,0)
Seguendo le orme di altri ben noti capolavori bellici, da "Salvate il soldato Ryan" al più recente "The Hurt Locker", Clint Eastwood mette in scena la vita del cecchino americano Chris Kyle, considerato il più letale della storia militare americana. Dalla prima scena, in cui veniamo catapultati in piena guerra, si passa gradualmente attraverso un flashback alla ricostruzione della vita precedente del soldato. Si succedono così sullo schermo i momenti della sua giovinezza che lo porteranno gradualmente alla scelta di arruolarsi. Sin da piccolo viene educato dal padre ad essere un "cane pastore", come vengono da lui definite le persone che guidano e proteggono le altre.
Dio, patria e famiglia, sono queste le tre forze che tengono in piedi il suo mondo. Durante l'addestramento conosce la moglie con cui si sposerà proprio nel giorno in cui gli verrà data la notizia della sua prima missione in Iraq. A questo punto Eastwood ritorna al momento iniziale, uno dei più intensi di tutto il film. ll cecchino, ancora vergine di uccisioni, deve decidere tra l'uccidere un bambino armato di granata o rischiare di mettere in pericolo l'intera squadra di marines. Viene così subito annunciata l'atrocità della guerra per quanto riguarda entrambe le parti coinvolte, senza mezze misure. Da qui in poi Kyle diventerà un vero e proprio mito per i compagni militari, non sbagliando un colpo e salvando la vita di molti compagni.
Il regista compie sul protagonista un'analisi su due fronti, da una parte l'eroe di guerra apparentemente invulnerabile soprannominato "la leggenda", dall'altra l'uomo che non riesce più ad uscire dagli incubi dovuti all'esperienza bellica, incubi che lo tormentano dentro a tal punto da non poter più fare a meno del campo di battaglia. Kyle mano a mano che trascorre il tempo diventa incapace di scindere la guerra dalla sua vita personale, il peso delle morti e degli uomini che non è riuscito a salvare gravano su di lui, come un macigno ormai divenuto troppo pesante da consentigli di vivere una vita come gli altri. Ed è così che ogni volta che torna a casa dalla guerra rimane sempre più condizionato da essa, non riuscendo più a fare il marito ne tanto meno il padre. A simboleggiare questa discrepanza sono i momenti in cui Chris e la moglie tentano di comunicare via telefono mentre Kyle è appostato sul campo di combattimento, in cui per loro è sempre impossibile terminare la conversazioni.
La guerra si prende tutto ed è invasiva nella vita di entrambi. Da una parte l'uomo di guerra che vive la realtà quotidiana come un qualcosa privo di qualsiasi utilità, dall'altra la moglie a cui lo scontro ha portato solamente angoscia e solitudine. Una delle scene che segna più di tutte il cambiamento di Kyle alla vista del regista è nel momento in cui il cecchino incontra il fratello che sta per rientrare in patria dalla sua prima missione in Iraq. Quest'ultimo è ormai sfinito e ripudia la guerra definendola uno schifo e l'unica risposta che riesce ad ottenere è lo sdegno dell'altro, il quale ormai non è più solamente un cane pastore, ma è arrivato al punto da disprezzare chi non è come lui.
Un altra scena fondamentale è sicuramente quella dello scontro finale. Durante la guerra a Kyle viene contrapposto il cecchino siriano ex olimpionico Mustafa, letale e apparentemente invulnerabile, che diventerà la spina nel fianco dei Marines e l'obiettivo primario dell'americano, fino a diventarne una vera e propria ossessione. E lo diventa a tal punto che, nell'ultima battaglia, Kyle spara al rivale da una distanza di 2 km, con un altissimo tasso di rischio, nonostante questo comprometta irrimediabilmente la missione, mettendo in pericolo la vita di tutti i suoi compagni.
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