lunedì 5 aprile 2004

Recensione HEAT - LA SFIDA

Recensione heat - la sfida




Regia di Michael Mann con Robert De Niro, Al Pacino, Jon Voight, Val Kilmer, Amy Brenneman, Natalie Portman

Recensione a cura di requiem

"Quando il cinema diventa leggenda". E' la scritta che compare sulla locandina di "Heat". E' vero, perché questo film è un capolavoro. Attori come Robert De Niro e Al Pacino, più tutta una serie di comprimari di non poco conto, una regia in stato di grazia, delle sequenze indimenticabili, una fotografia bellissima, del fidato di Michael Mann, Dante Spinotti. "Heat" è praticamente il poliziesco perfetto.
Partiamo dalla trama. La storia è classica. C'è un rapinatore, Neal Mcloley, interpretato da De Niro, che insieme ai propri compagni, vuole rapinare una banca. Poi c'è un poliziotto, Vincent Hanna, interpretato da Al Pacino, che vuole fermarlo a tutti i costi. I due si sfidano e giocano al gatto e al topo. Raccontato così potrebbe sembrare una banale storia di guardie e ladri, come troppo spesso si vedono al cinema, fin dagli anni d'oro di Hollywood. Invece la pellicola di Mann è di una complessità estrema.
Il regista narra in tre ore di film le storie di tutti i personaggi che sono coinvolte nella vicenda. Vi è da parte di Mann un'attenta analisi psicologica, che coinvolge gran parte dei protagonisti. Ognuno di essi ha i propri problemi, la propria storia, il proprio passato. Ognuno affronta una diversa realtà quotidiana. C'è il rapinatore, uomo solitario dal passato misterioso, che un giorno incontra una donna di cui si innamora. Eppure la storia si rivela difficile perché incompatibile con la sua filosofia. "Una volta uno mi ha detto "Non fare entrare nella tua vita niente da cui tu non possa sganciarti in trenta secondi netti se senti puzza di sbirri dietro l'angolo"." Questa è la frase con cui De Niro racconta a Pacino la storia che sta vivendo.
Poi c'è il poliziotto, Vincent Hanna, tre matrimoni alle spalle, e uno molto vicino al fallimento, con una figliastra con un sacco di gravi problemi.
E poi ancora c'è l'altro rapinatore interpretato da Val Kilmer, con una moglie e una figlia e una passione per il gioco d'azzardo.
E oltre a questi protagonisti ci sono anche una miriade di altri personaggi co protagonisti: il nero appena uscito di prigione che si fa coinvolgere nella rapina, gli altri 2 rapinatori, Tom Sizemore, che si fa chiamare Viscido e il quarto membro della banda, interpretato da Danny Trejo. E poi ancora Roger Van Sent (William Flethcer) e l'organizzatore dei colpi che da protezione ai fuggitivi (John Voight).

Tre ore di film bastano appena per raccontare e intrecciare le vicende che vivono tutti i personaggi coinvolti. Si può capire dunque che "Heat" non è il solito poliziesco guardia e ladri all'americana. Anzi le caratteristiche che presenta sono del tutto insolite nel panorama hollywoodiano di oggi. Il tutto viene fatto con una perfetta scelta dei tempi, il raffronto tra i due protagonisti avviene prima a distanza e poi diventa progressivamente sempre più ravvicinato, fino alla sequenza "simbolo" del film in cui De Niro e Pacino si siedono come vecchi amici ad una tavola calda a bere un caffè. In questa scena i due si raccontano le loro vite, e scoprono che, pur essendo seduti ai lati opposti di un tavolo, hanno due vite, travagliate e con grosse difficoltà, ma del tutto simili. Questa famosa sequenza in cui la guardia e il ladro si lanciano i rispettivi avvertimenti e si sfidano, è anche importante perché riunisce allo stesso tavolo in pratica i due migliori attori americani, Pacino e De Niro che per la prima volta si trovano faccia a faccia.
Oltre a questa, centrale, nel film assistiamo a diverse sequenze da antologia. La prima rapina è un assaggio di quella che c'è alla fine. Entrambe presentato un realismo molto insolito e impressionante. Più che una sequenza d'azione si tratta di 2 vere e proprie azioni militari che finiscono in una carneficina. Mann non parla assolutamente di eroismi. Tutti i personaggi presentati sono infatti dei perdenti. C'è chi non può vivere una propria vita privata per la professione che fa, chi trascura la propria famiglia, e chi ancora si gioca gran parte degli "incassi" delle rapine al casinò. Questo si riflette anche sulle scene delle rapine. Mann punta più possibile a costruire delle sequenze spettacolari, senza mai strafare, e senza particolari estetismi, ma sempre estremamente realistiche. Un senso di amarezza pervade lo spettatore quando il primo dei 5, viene colpito dalle pallottole e la sua fidanzata scopre l'accaduto al telegiornale.
Un'altra sequenza molto bella è quella dell'incontro tra Amy Brenneman e Robert De Niro, prima nella biblioteca e poi a casa di lui.
C'è un romanticismo quasi inesistente nel cinema hollywoodiano odierno. Il loro discorso sul balcone dove di sfondo si vedono tutte le luci della città è molto suggestivo. Il tutto è aiutato sicuramente dalla fotografia molto elegante di Dante Spinotti, costante collaboratore di Mann, e poi anche dalla ottima colonna sonora, che si sposa benissimo con le atmosfere della pellicola.
Infine un'altra scena molto bella è quella finale nel quale Ashley Judd fa segno a al marito Kilmer di scappare. L'espressione piena di amarezza dell'attore in quel momento è molto significativa. Non viene catturato ma anche lui ha perso, come i suoi compagni. Non potrà più rivedere ciò a cui teneva di più, sua moglie e sua figlia.
Insomma come in un film di Sam Peckinpah, Michael Mann parla di perdenti, e non fa alcuna distinzione tra i buoni e i cattivi. La scena in cui Pacino e De Niro parlano in un bar ne è la prova.
I due si sfidano, dicono quello che farebbero, raccontano la propria vita, ma non sono poi molto differenti. Entrambi a causa della loro "professione" trascurano i propri familiari o chi li ama.

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