martedì 16 dicembre 2014

Recensione LO HOBBIT - LA BATTAGLIA DELLE CINQUE ARMATE

Recensione lo hobbit - la battaglia delle cinque armate




Regia di Peter Jackson con Martin Freeman, Richard Armitage, Aidan Turner, Hugo Weaving, Stephen Fry, Billy Connolly, Orlando Bloom, Evangeline Lilly, Benedict Cumberbatch, Robert Kazinsky, Graham McTavish, Stephen Hunter, Mark Hadlow, Peter Hambleton, Sylvester McCoy, James Nesbit

Recensione a cura di JackR

I nani di Thorin (Richard Armitage) hanno risvegliato Smaug (Benedict Cumberbatch), il drago della Montagna Solitaria, che è uscito dal suo nascondiglio e si dirige minaccioso verso Pontelagolungo, dove si trovano Bard, Tauriel (Evangeline Lilly) e alcuni dei nani rimasti indietro. A Dol Guldur, Gandalf (Ian McKellen) è in fin di vita, prigioniero del Negromante (sempre Benedict Cumberbatch) e degli orchi di Azog. Bilbo Baggins (Martin Freeman), rimasto con Thorin nella Montagna, assiste alla progressiva perdita di lucidità del re dei nani che, ossessionato dall'Arkengemma, non mantiene fede alla parola data agli uomini, rischiando di scatenare una guerra. Al piccolo hobbit resta una sola possibilità di evitare la catastrofe, ma forze oscure stanno muovendo verso Erebor e la guerra potrebbe essere comunque inevitabile...

"There and Back Again": il sottotitolo originale de "Lo Hobbit" di J.R.R. Tolkien doveva essere il titolo del terzo capitolo dell'adattamento cinematografico sul viaggio di Bilbo e i nani. Più opportunamente, è stato invece scelto "La Battaglia delle cinque armate": gran parte dei 144 minuti della durata del film è infatti occupata dalla grandiosa battaglia alle porte di Erebor tra nani, uomini, elfi, orchi e animali. Nel libro, la Battaglia delle Cinque Armate occupa lo spazio di pochissime pagine, e - poiché il punto di vista è sempre quello di Bilbo - alcuni eventi sono solo raccontati a posteriori al piccolo hobbit, che per gran parte della battaglia è privo di sensi. Il lavoro di adattamento di Peter Jackson è pertanto più evidente in questo capitolo che forse negli altri cinque messi insieme, ma è coerente con la sua visione dell'universo tolkieniano e soprattutto con la scelta di rendere Lo Hobbit un prequel del "Signore Degli Anelli" coerente con esso anche stilisticamente e tematicamente, molto più di quanto non lo sia l'opera originale. Le scelte operate in questo senso nell'arco della trilogia hanno portato ad alcune forzature e un po' troppe ripetizioni e rivisitazioni di scene e concetti già visti dieci anni fa (la "bromance" di Gimli e Legolas diventa vera e propria "romance" con Fili e Tauriel, solo per citare il rimando più evidente e il meno riuscito). Altre aggiunte jacksoniane sono il personaggio di Azog e la sottotrama del Negromante, che portano spesso il film lontano dal personaggio che dà il nome all'opera. Il risultato è un affresco corale, una storia epica che trova degna conclusione in questo ultimo capitolo, nel quale ogni sottotrama giunge a compimento.

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