mercoledì 7 luglio 2004

Recensione TRE COLORI - FILM BIANCO

Recensione tre colori - film bianco


Regia di Krzysztof Kieslowski con Zbigniew Zamachowski, Julie Delpy, Janusz Gajos, Jerzy Stuhr

Recensione a cura di cash (voto: 8,0)

E' questo il titolo del secondo film della trilogia "Tre colori". Bianco come la neve della Polonia, bianco come il cielo plumbeo di Parigi, bianco come il vestito da sposa di Dominique. E Bianco come il secondo colore della bandiera francese, simbolo dell'uguaglianza. Storia di un uomo che, per sventura, smette di essere uguale agli altri uomini. Semplicemente non si sente più all'altezza di status di uomo, inteso in senso lato. Non riesce infatti ad aver rapporti sessuali con sua moglie; ma non da sempre, non è la sua condizione naturale. Solo da quando si è sposato. Prima di addentrarci in seno alla trama, sarebbe bene dire che "Film Bianco" è tra i tre il meno valutato, a causa del suo essere manifestamente commedia pura, una semplice storia con poche pretese, ben lontano dalla riflessiva e filosofica verve del regista. In realtà, se è pur vero che si potrebbe definire "Film Bianco" il più leggero della trilogia, è probabile che tale giudizio nasca proprio dalla magniloquenza degli altri due, veri e propri "monoliti", pure idee e concetti espressi magistralmente attraverso un geniale uso del mezzo filmico. "Film Bianco" è leggero per l'universo Kieslowskiano, e tale confronto risulta evidente solo all'interno della sua filmografia. Questa breve introduzione solo per dire che è il film meno amato del regista polacco. E, a dirla tutta, lo stesso Kieslowski si sentì in dovere di rinunciare a molte scene puramente ironiche, dando effettivamente l'impressione che qualcosa manchi, ma con l'enorme pregio (voluto?) di trasformare il comico in grottesco, in una sorta di commedia nera.

Tornando alla trama, come si è già accennato, c'è quest'uomo, Karol, che si ritrova all'improvviso impotente. Da dove deriva quest' impotenza? Probabilmente, ma lo capirà con un certo ritardo, dall'assoluta idealizzazione della moglie. Quando un amore si trasforma in pura contemplazione estatica, quando solo il contatto visivo inebria ed ubriaca la mente dell'amante, quando l'oggetto d'amore è il puro spirito, l'immagine della persona desiderata, c'è il rischio che il corpo, escluso dall'atto stesso del desiderio, smetta di funzionare. Ed è interessante come, per quanto Karol adori sua moglie, a noi appaia antipatica ed estremamente cattiva. La vediamo infatti, per la prima volta, in un'aula di tribunale, intenta a divorziare da Karol proprio per il fatto che il matrimonio non è stato consumato. Tutto ciò avviene in Francia, non l'ambiente natio del protagonista, ma della moglie Dominique. Karol è infatti polacco, e ama visceralmente la sua terra. Al di fuori si sente sperduto, senza protezione. E per seguire la moglie, si trasferisce in Francia, ambiente che si configura subito come ostile. Karol dà infatti la colpa della sua impotenza alla terra straniera, al fatto di non sapersi esprimere correttamente, al fatto di non sapersi ambientare. Scena simbolo di questa ostilità: di fronte al tribunale Karol fissa una colomba con un sorriso, e questa, in tutta risposta, le defeca addosso.

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