lunedì 5 luglio 2004

Recensione TRE COLORI - FILM BLU

Recensione tre colori - film blu


Regia di Krzysztof Kieslowski con Juliette Binoche, Benoît Régent, Florence Pernel, Charlotte Véry, Philippe Morier-Genoud

Recensione a cura di cash (voto: 10,0)

"Film blu" è il primo della più importante serie (beninteso, oltre al "Decalogo") di Kieslowski. Essi sono film blu, bianco e rosso, con evidenti richiami ai tre colori della bandiera francese, colori che a loro volta rimandano ai principi della rivoluzione francese, e cioè libertà, uguaglianza e fratellanza. Chiaramente sarebbe abbastanza arduo il fare un film impregnato unicamente su uno di questi concetti; piuttosto si può parlare di componente più preponderante. Se nel "Decalogo" i 10 comandamenti venivano filtrati dalle gesta e vicissitudini di gente senza relazione fra loro e abitanti in un unico condominio, "tre colori" si prefigge di indagare in che modo i tre concetti espressi dalla bandiera francese inflazionino il modo di relazionarsi in un contesto più sociale o affettivo che filosofico.
Chiaro, sempre di Kieslowsi stiamo parlando, e, per definizione, il suo nome non può essere scisso da una certa "poetica della filosofia"; ma questi tre film sono molto più intimistici che razionali; le conclusioni universali che si possono trarre passano necessariamente attraverso un'esperienza vissuta dai protagonisti, non sono retaggio di chissà quale teoria che Kieslowski si premura di illustrarci; il regista non ci spiega come va il mondo, ma come va secondo le figure principali che sono costretti a vivere tali storie. Non c'è niente di pretenzioso, niente di egoistico. Se, alla fine, ci dovessimo sentire d'accordo con quanto da lui enunciato, allora tanto meglio.

Il blu simboleggia la libertà. Non la libertà comunemente intesa, cioè la possibilità di fare tutto ciò che ci aggrada; bensì della libertà dai sentimenti. Fino a che punto si può prescindere da essi, vivere la propria vita imparando a non ascoltare la loro voce? In fin dei conti, per quando l'uomo sia un essere razionale, le sue gesta dipendono in gran parte da un sentire che egli ha nei confronti degli eventi a cui la vita lo sottopone. Si può vivere in uno stato che si potrebbe definire di apatia, di passività nei confronti del "sentire" il fluire della vita stessa?
E' esattamente quello che si prefigge di fare Julie. Subito, nella prima inquadratura, vediamo viaggiare una macchina per strada, in montaggio alternato con il dettaglio della mano di un ragazzo che cerca di far stare in equilibrio una pallina legata ad un bastoncino. Quando ci riesce, sentiamo un botto, che è quello prodotto dall'impatto della macchina contro un albero. Un incidente quindi; l'incidente che avvierà la storia. E qui, assistiamo probabilmente ad una delle più belle immagini che il cinema ci abbia mai donato: Kieslowsi ci introduce il suo personaggio con un dettaglio molto ravvicinato della sua pupilla, nel quale vediamo riflessa la figura di un dottore che le sta comunicando che suo marito e sua figlia sono purtroppo decedute nell'incidente.
E' un'immagine di straordinaria bellezza quanto di forte evocatività; in questo modo abbiamo la possibilità di entrare nel corpo di Julie, ma di percepire comunque le cose mantenendo la nostra identità di spettatore. Il nostro punto di vista (o meglio quello dell'istanza narrante), non il suo. Con questa inquadratura, Kieslowski discredita la soggettiva, mettendosi dalla parte dello spettatore. E' una dichiarazione (importante) di oggettività, di volontà di analisi oggettiva nei confronti di ciò che sta per accadere. Una volta uscita dall'ospedale, Julie cerca di attuare il suo piano. Sfuggire al dolore per la perdita cercando di non provare più nulla, non sentire più nulla. Di soffocare qualunque sentimento sul nascere. Ciò provoca spaesamento nei domestici della villa in cui abita. Vediamo Julie avvicinarsi alla governante che sta piangendo. "perché piangi?", le chiede. E la governante: "perché lei non piange". Appare quindi evidente che il tentativo di Julie abbia buone probabilità di successo, dal momento in cui le persone che la circondano non riescono a capacitarsi della sua pressoché totale apatia. Compie addirittura un ulteriore passo, cioè quello di sbarazzarsi di tutte le sue proprietà e trasferendosi in un più modesto appartamento. Ma se lei sembra aver dimenticato la figlia e suo marito, per il resto della nazione (e forse del mondo) non è così. Suo marito era infatti un noto compositore dalla fama mondiale, morto lasciando un'opera incompiuta, opera che stava Julie man mano rivedeva e impreziosiva, a giudicare da tutte le sue correzioni apportate allo spartito. Il film ci lascia col dubbio che sia lei in realtà la vera mente dietro alle composizioni del marito.

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