giovedì 1 agosto 2013

Recensione OGGETTI SMARRITI

Recensione oggetti smarriti




Regia di Giorgio Molteni con Roberto Farnesi, Chiara Gensini, Giorgia Wurth, Michelangelo Pulci, Francesca Faiella, Davide Paganini, Ilaria Patanè

Recensione a cura di Giordano Biagio

Guido, un quarantenne architetto affermato nel suo ambiente ma un po' nevrotico, privo di affetti veri e profondi, divorziato con una figlia piccola, compensa i suoi umori spesso depressi cercando di godersi una vita convenzionalmente desiderabile, supposta dai più bella e invidiabile. Egli è intento a soddisfare un desiderio estetico che sul mercato funzioni bene, magari spopoli, come appunto è ciò che viene rappresentato nell'immaginario collettivo dalle belle donne disponibili ad una storia anche breve e le auto di lusso ultimo modello.
Sia la ex moglie che la bambina sua figlia, Guido non le vede che raramente, cosa questa che gli fa perdere, in particolare verso la piccola, ogni capacità comunicativa.
Guido è ossessionato da ricordi che giungono improvvisi, deprimendolo, secondo una logica inafferrabile, sono immagini martellanti che tessono un vissuto passato in una forma mal risonante, nostalgica, che vedono lui quando era un bambino e si rapportava intensamente, magicamente con il padre poi morto.
La figura paterna a un certo punto tende a scomparire a poco a poco, come se fosse presa in un gioco misterioso, complesso, dominato dalla rimozione che è funzionale all'inconscio, un gioco che risveglia una psiche più profonda che si muove, freudianamente, lungo delle leggi naturali, inesorabili, come quelle del principio del piacere.
Quel passato, non più comprensibile e impossibile ormai da accettare nei suoi risvolti più emozionali, si pone in netto contrasto con la vita presente, fatta di una ricerca estetica forte e decisa. Il risultato finale è una dissociazione, una sorta di due tempi dell'emotività, una positiva e una negativa la cui sintesi, rispetto all'esigenza di avere una consistenza reale di piacere e di affettività, è fragile: tanto che poco può lenire del dolore di Guido.

Un giorno la sua ex moglie, Silvia, gli porta a casa la figlia Arianna, per tenerla paternamente con lui per una notte. Guido è imbarazzato, spaesato, quasi sconvolto, sa che gli è impossibile comunicare con la bambina di sei anni che vede in lui un fantasma di padre, del tutto rimosso nei suoi aspetti emozionali e simbolici più significativi, lui è un genitore mancato per la bambina, forse per lei Guido è un padre assente del tutto inspiegabilmente.
Guido è per la bambina, ormai, solo un mito paterno offeso con cui lei può solo fare finta di poter ritornare a ricercarne l'amore o a rapportarsi amichevolmente in modo spensierato.

[...]

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