Recensione storia di una ladra di libri
Recensione a cura di Mimmot
8 - 30 - 7 - 12 sono i numeri che accompagnano il successo letterario del romanzo, scritto dall'australiano (di madre tedesca e padre austriaco) Markus Zusak: "La bambina che salvava i libri".
8 sono i milioni di copie vendute.
30 le lingue in cui il romanzo è stato tradotto.
7 gli anni di militanza nella classifica dei migliori bestseller di tutti i tempi del New York Times.
12 i premi letterari vinti in tutto il mondo.
Colpito dal potere della storia narrata, che guardava ad eventi così drammatici attraverso una prospettiva nuova, il regista della serie televisiva di culto "Downton Abbey" Brian Percival, ha tratto da quel romanzo, nato dalle esperienze vissute dai genitori dello scrittore durante il nazismo, il film "Storia di una ladra di libri", il cui tema forte si incentra sul potere delle parole e della fantasia e sulla loro capacità di nutrire lo spirito.
Sono questo potere e queste capacità che intuisce la piccola Liesel Meminger, una bambina di circa 10 anni quando "ruba" il suo primo libro. Siamo alle soglie della Seconda guerra mondiale, la Germania è già totalmente assoggettata alla follia del Führer, un Hitler senza scrupoli intento a mettere in piedi le barbarie più atroci mai concepite dalla mente umana.
La piccola Liesel, una bambina di circa dieci anni, è su un treno assieme alla madre e al piccolo fratellino, diretta verso una nuova vita, verso una nuova famiglia, totalmente ignara del fatto che di lì a poco sarebbe finita sotto l'occhio vigile di un narratore d'eccezione, l'angelo della Morte, la voce fuori campo che l'accompagnerà e ci accompagnerà per tutto il film.
Quando Liesel arriva nel piccolo paese alle porte di una grande città per conoscere i nuovi genitori, la vita le ha già mostrato la parte peggiore di sé; nel lungo tragitto verso la destinazione ha visto morire il fratellino, destinato come lei ad essere adottato, e si è dovuta separare repentinamente dalla madre, costretta a scappare dalla Germania perché ebrea e comunista.
Fu proprio durante la sepoltura del fratellino che Liesel "rubò" il suo primo libro: "Il manuale del becchino", un libriccino dimenticato, o forse perso, sotto la neve dal custode del piccolo cimitero vicino ai binari della ferrovia. Liesel non ci pensa due volte, lo raccatta e decide di portarlo con sé, anche se non sa leggere e quindi incapace di decifrarne il contenuto.
All'arrivo nel piccolo villaggio la mamma è costretta ad abbandonarla per non farle correre gli stessi rischi che sta correndo lei e ad affidarla una coppia senza figli, i coniugi Hubermann, decisi ad adottarla per cercare di ottenere qualche assegno di mantenimento per poter finalmente mangiare. Traumatizzata dal clima di terrore, scossa per la tragica morte del fratellino e impaurita per l'abbandono della madre, Liesel fatica ad ambientarsi alla nuova situazione con i genitori adottivi.
Hans e Rosa Hubermann sono però delle brave persone, anche se Rosa apparentemente è eccessivamente burbera e severa ed anche irritabile. Hans invece è un brav'uomo, con il suo carattere gioviale e gentile entra subito in sintonia con lei e riesce in breve a conquistare la sua fiducia.
La presenza del partito nazista diventa però sempre più vessatoria e opprimente, le facciate degli edifici pubblici si ricoprono di bandiere con le svastiche, mentre comincia la distruzione di negozi ebraici e stelle gialle vengono dipinte sui frontoni di porte e finestre.
Tutto sembra buio e triste per Liesel, che non riesce ad ambientarsi nella nuova famiglia e viene derisa dai compagni di scuola (la chiamano "la scema") perché non sa né leggere né scrivere.
Nonostante ciò ama moltissimo la lettura ed è proprio papà Hans, con cui ha stabilito un rapporto di sincero affetto, che le trasmette l'amore per i libri e la cultura e nelle lunghe notti insonni è lui che le insegna a leggere il suo primo libro, quel Manuale del becchino trovato il giorno del funerale del fratellino, ed è sempre lui a scrivere per lei un abbecedario sui muri della cantina.
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