lunedì 26 gennaio 2004

Recensione LE INVASIONI BARBARICHE

Recensione le invasioni barbariche



Regia di Denys Arcand con Remy Girard, Stéphane Rousseau, Dorothee Berryman, Louise Portal, Dominique Michel

Recensione a cura di begood

Film d'assoluto valore per gli amanti del cinema "parlato" e di riflessione di matrice francese.
Denys Arcand, già regista di ottime pellicole come Il declino dell'impero americano, realizza un capolavoro del genere, un film cinico quanto serve (da sottolineare le stilettate contro gli USA, contro i sindacati, contro Berlusconi, ecc.), lontano dai benpensanti resi ubriachi dal bombardamento mediatico. Idee personali, quelle del regista, ma finalmente fuori dal coro.
Soggetto bellissimo quello del film franco-canadese che ha riscosso notevoli consensi all'ultima edizione della Croisette. In poche parole lo si potrebbe definire un film sul senso della vita (senza scomodare i grandi Python) e sulla migliore morte che ognuno può immaginare per se stesso. Non va dimenticato, però, che la pellicola può essere letta anche come opera sull'amicizia, sulla cultura, sulla capacità di vivere, e tanto altro.

Rémy, professore universitario amante della vita e delle donne, poco più che cinquantenne (come Arcand), soffre di un male incurabile. La ex-moglie gli è vicino. E' lei a chiamare i figli: Sebastian, uomo d'affari di successo che da Londra, nonostante il contrastato rapporto con il padre che gli rimprovera una formazione totalmente diversa dalla sua, arriva a Montreal con la fidanzata, mentre la sorella, in navigazione nel Pacifico, può mandare solo alcuni videomessaggi. Dopo i primi battibecchi, Sebastian trasforma gli ultimi giorni di vita del padre in uno dei periodi più belli della sua vita, trovando con lui un legame di rara profondità. Egli riesce a contattare gli amici e le amanti più care a Rémy e a farli arrivare al capezzale del padre; privo di scrupoli sul come ottenere la felicità del genitore, non si ferma davanti agli intoppi burocratici grazie anche ad un incredibile savoir faire capitalistico che gli permette di avere il meglio in ogni senso (stanza privata in un'ala dell'ospedale allestita per l'occasione, ambulanze private per il trasporto dal Canada agli Stati Uniti, eroina per alleviare i dolori, ecc.).

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