giovedì 12 maggio 2005

Recensione LA DONNA DI GILLES

Recensione la donna di gilles




Regia di Frédéric Fonteyne con Emmanuelle Devos, Clovis Cornillac, Laura Smet, Alice Verlinden, Chloé Verlinden, Colette Emmanuelle, Gil Lagay

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Chissà se nel recensire il film del francese Fonteyne non si dovrebbe partire da una disquisizione semantica proprio sul titolo: in francese "Femme de Gilles", qui da noi "La donna di Gilles". Forse la traduzione potrebbe ingannarci, perché la parola "Femme", al di là delle Alpi, ha un duplice significato: in senso generico "donna", ma più specificamente "moglie"!

Che non è la stessa cosa, soprattutto agli effetti del film! Questo infatti racconta avvenimenti drammatici e scabrosi visti con l'ottica sofferente di chi è la moglie, per di più madre di figli, e non semplicemente la donna di un uomo. Le nostre signore, con tutto il loro romanticismo, sanno essere molto pragmatiche: come donne non mettono in gioco il concetto di appartenenza, e se la giocano un po' più alla pari con l'uomo: danno, ma vogliono avere; ci sono, a certe condizioni, ma sono pronte ad andarsene ove i loro conti non tornano. Solo quando un sacro vincolo, morale e legale, come quello del matrimonio, suggella una unione, la donna cambia status, divenendo a tutti gli effetti moglie. Che vuol dire una serie di cose molto precise: come donna non accetti tradimenti,e, semmai, li restituisci; oppure ti liberi del fedifrago cui nulla devi. Come moglie, invece, ci pensi mille volte, fai giusti calcoli di opportunità, soprattutto se la famiglia è al completo, con tanti figli. La sofferenza conseguente, poi, non trova grande comprensione presso gli altri, e gli stessi familiari consigliano prudenza e perdono, per la salvezza del nucleo familiare. Vero questo, il senso più profondo del film si rivela quando la giovane madre tradita va a cercare conforto in confessione, e viene liquidata tout court dal sacerdote con preghiere di penitenza, e colpevolizzandola con un perentorio: "Tu devi accettare senza ribellioni quello che Dio ti manda (cioè le corna!) ". D'altronde, tale modo di pensare non costituisce una novità, ed è valso all'incirca fino ai tempi del '68 e del femminismo imperante, coinvolgendo il destino di tutte le nostre madri e delle coetanee.

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