Recensione appuntamento a belleville
Recensione a cura di kowalsky
C'è tutto il peccato della purezza in questo film: una malinconia struggente, il treno del futuro che incoraggia la vita a fermarsi in tempo.
Lo schema quotidiano ritrova nella passione (quella di Champion per la bicicletta) una ragione di vita, che il mondo, sordo alle emozioni pure, tradirà precocemente. Poi lo vediamo riapparire, nell'intimità quotidiana di una linda dimora, dove Madame Souza, come tutte le nonne di un tempo, incoraggia il nipote a ritrovare la sua dimensione di forza e coraggio.
Il corpo è (ancora) ciò che la mente esorta ad esaudire, ma la macchina del capitalismo rischia di seminare i suoi frutti amari.
Cinque anni di realizzazione per un'opera che "segue il diametro univoco del desiderio", per Chomet equivale a un sogno finalmente realizzato. E' un'attesa che vale il risultato, visto che "Appuntamento a Belleville" rappresenta un vertice indiscusso nella storia del cinema d'animazione europeo; sia esso quello del ceco Trnka, sia John Halas e Roy Batchelor, che del nostro Bruno Bozzetto.
Al primo impatto, un film del genere, che implica necessariamente la forza di adeguarsi agli stilemi e alla storia del cinema o della cultura francese, potrebbe peccare di nazionalismo o di maniera; ma ciò che rende universale e poetico il suo messaggio è l'indiscussa capacità di raccontare il tempo attraverso immagini (o musiche), rendendo lo spettatore vittima dell'annullamento inconsapevole che dà ai particolari.
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