Recensione la sposa turca
Recensione a cura di GiorgioVillosio
Il cinema turco si propone ormai da anni come realtà di prim'ordine, capace di discorsi originali, non condizionati dai modi del cinema occidentale. Con la sua genuinità, inoltre, ci consente di avvicinarci facilmente alla conoscenza di una cultura ed una sensibilità a noi ancora ignote, ma ormai talmente vicine da non potere ignorarle.
Con l'ingresso nella CEE, l'antico popolo di Istanbul, verrà a diretto contatto con noi; e dunque, anche grazie al suo nuovo cinema, prepariamoci ad affrontarlo e a riconoscerlo.
La storia raccontata nel film, drammatica e struggente, offre due chiavi di lettura: una, legata al personaggio irrequieto di una giovane donna che, per uscire da una famiglia arretratissima di emigranti turchi residenti in Germania, sposa il primo venuto.
Questi, conosciuto all'interno di un nosocomio, è un perdigiorno alcolizzato all'ultimo stadio, un uomo ormai perso e senza speranza. La giovane sposa se ne serve come strumento di comodo, per affrancarsi dalla famiglia e godersi una sfrenata libertà sessuale, fino al punto, invece, di innamorarsene.
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