Regia di
Saverio Costanzo con Christo Jivkov, André Hennicke, Marco Baliani, Fausto Russo Alesi, Filippo Timi, Stefano Antonucci, Rocco Andrea Barone
Recensione a cura di kowalsky (voto: 7,5)
Se per "noir" consideriamo qualcosa che travalica il confine di un genere letterario e cinematografico rappresenta prima di tutto uno stato d'animo, allora "In memoria di me", opera seconda di Saverio Costanzo, è indubbiamente un "noir". Sembra che l'autore voglia riflettere e al tempo stesso indagare nel significato recondito e universale delle cose, lasciando però che il mistero dell'esistenza e dello spirito diventino tangibili forme di interazione personale. Ogni spettatore, davanti a un film come questo, è libero di interrogarsi e di trarne le debite conseguenze. E' come un processo interiore che appartiene tanto alla scelta quanto al distacco formale, spesso superbo, sia del protagonista che dello stesso regista. "In memoria di me", pur ispirato a un romanzo autobiografico ("Il Gesuita perfetto" di Furio Monicelli) dà l'impressione di un'opera fortemente scevra da pregiudizi e retaggi anche letterari, indipendente e neutrale come certi film - inchiesta italiani degli anni Settanta ("Matti da legare" di Bellocchio sul tema della schizofrenia) e stranamente incoerente con la visione conservatrice della Chiesa di oggi, come se fosse ancora possibile (e plausibile) proporre un messaggio etico, religioso, scientifico, teologico sul tema della Fede. E non a caso il film sembra ribaltare lo schema laico del pretenzioso film di Bellocchio, "L'ora di religione", addottando la Ricerca dell'Uomo come formula equidistante e parallela all'ateismo e al "dogma" astratto della negazione dello spirito. Se "nessuno può conoscere il proprio peccato senza aver conosciuto Dio" è altrettanto semplice dedurre che nessuno può liberarsi dai dubbi impostando la propria "fede" attraverso l'etichetta di Credente (Devoto a Dio) o ateo (devoto all'Umanità?). Il film di Costanzo sembra collocarsi come viatico possibile tra l'abnegazione di Bellocchio (cfr. nel disconoscere la propria scelta, come i personaggi di Fausto o Zanna) e l'attrazione rigorosa e fideistica dell'inglese Joseph Losey.
"In memoria di me" è il ritratto di Andrea, giovane benestante e insoddisfatto delle sue conquiste terrene ("Per il mondo ero un vincente") che entra nella Confraternita dei Gesuiti nell'isola di San Giorgio a Venezia alla ricerca di una via di redenzione (o di fuga?) spirituale da una vita che non riconosce più come sua. Ma col trascorrere dei giorni, Andrea non sembra (pre)occuparsi di se stesso e della sua Nuova Vita ma vivere in simbiosi delle sue reazioni in relazione con gli altri confratelli: egli giudica, osserva, spia, provando un distacco sempre più forte per un mondo che lo aliena ancora più di prima, e che non riesce a vivere individualmente.
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