Recensione full metal jacket
Recensione a cura di Mr Black
Non è affatto semplice recensire un film di cui tutti hanno già scritto, nientemeno poi che un?opera di Stanley Kubrick, considerato da molti (se non da tutti) il più grande regista di tutti i tempi.
Full metal jacket potrebbe sembrare l?ennesimo film sul Vietnam, visto che molti registi si erano già cimentati in passato nel descrivere una pagina così triste della storia dell?umanità, ovviamente con alterni risultati. Anche Kubrick quindi prende la cinepresa in mano e, da un libro di Gustav Hasford, ci mostra il "suo" Vietnam, dividendo il film in due parti: l?addestramento e la guerra. Ed è subito violenza: nelle parole, nei gesti, nella guerra, nel pensiero. Una violenza non gratuita come in molti film, ma una violenza dell?anima, che va ad indagare sulle paure e debolezze della razza umana, sulla sua dualità e sulla ricerca di risposte ai suoi continui dubbi esistenziali. Vita e morte si alternano sui due campi di battaglia: quello di addestramento e quello vero e proprio, così lontani ma allo stesso tempo così comuni. La storia scorre attraverso gli occhi del soldato Jocker, un Matthew Modine al meglio, e ci mostra tutti i suoi errori e i suoi difetti, facendolo sembrare solo una minuscola particella persa in un inferno esistenziale: il Vietnam come inferno dell?anima. Insieme a lui si alternano tutta una serie di personaggi, tra cui un sergente crudo e autoritario, Hartman, e Palla di Lardo, soldato inadatto al ruolo e vittima di qualcosa di più grande di se stesso. Ognuno affronta la vita a modo suo, con cinismo, humor nero, oscenità. Da culto poi la scena del cecchino e del suo spiazzante epilogo, oltre naturalmente alle frasi oscene ma divertenti del sergente Hartman ed il finale in cui si inneggia Mickey Mouse, e forse anche la vita stessa.
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