Recensione le conseguenze dell'amore
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Recensione a cura di GiorgioVillosio
La noia, l'indifferenza, la solitudine, l'incapacità di comunicare, il pessimismo, sono temi molto consueti nel pensiero contemporaneo. Nel loro insieme si rifanno alla corrente filosofica esistenzialistica; questo tipo di pensiero, peraltro, non è certamente nuovo, ma punto di arrivo di una sensibilità che da sempre accompagna l'uomo nel doloroso cammino del vivere. Dal canto dei lirici greci, agli anni "matti e disperatissimi" di Leopardi, dai dolori giovanili del Werther al pessimismo cosmico di Shopenauer, per arrivare alle "nausee sartriane", alle "noie moraviane" e al suicidio di Camus e Pavese, l'arte letteraria non ha mai trascurato di raccontare "il dolore del vivere". Ma anche altre muse sentono e cantano il problema dell'esistenza, come la musica dei blues o, ad esempio, il cinema di Antonioni e di certa nouvelle vague francese.
Al di là della chiave artistica, certe problematiche si ritrovano anche in chiave psicologica e analitica, ma descritte in altri termini: autismo per la solitudine estrema, depressione per il pessimismo globale, mancanza di progettualità per la noia esistenziale, inconscio per la parte sepolta di noi. Di tutti questi elementi c è traccia nel film del giovane regista napoletano, alla sua seconda opera; a partire dalla affermazione che "ognuno di noi è portatore di qualche segreto inconfessabile". Nella fattispecie il protagonista nasconde al mondo una nutrita serie di cose: si droga in segreto da oltre 20 anni, se pur in modo contenuto e regolare, ha avuto drammatici rovesci finanziari e traffica valuta per conto della mafia per salvarsi la pelle. Il tutto richiuso per anni all'interno di un alberghetto di Chiasso, senza comunicare con alcuno, in completa solitudine.
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