mercoledì 1 giugno 2005

Recensione QUO VADIS, BABY?

Recensione quo vadis, baby?




Regia di Gabriele Salvatores con Gigio Alberti, Angela Baraldi, Luigi Maria Burruano, Elio Germano, Andrea Renzi, Claudia Zanella

Recensione a cura di GiorgioVillosio

Il titolo, indubbiamente curioso, sembrerebbe idoneo al prossimo ciclo di "Vacanze di Natale"; si rifà, invece, ad un caposaldo del cinema di tutti i tempi: il celebratissimo "Ultimo Tango a Parigi" del grande Bertolucci.
Aprire con una espressa citazione cinematografica, chiarisce da subito i modi e gli intenti del regista con questo film: estendere la sua eclettica ricerca in nuovi ambiti, e provarci con un genere per lui inusitato, allacciandosi, per doverosa modestia, a precedenti illustri.
Limitato a questo, "Quo vadis, baby?" potrebbe risultare un semplice divertissement intellettuale, un esperimento fine a se stesso, e l'ennesima prova di bravura di un regista estremamente vario e mutevole; cui il forte impegno sociale delle origini, non impedisce di muoversi sul cammino estetizzante di frontiere sempre inesplorate.
Cinema per il cinema, dunque, ma non solo: in realtà "Quo vadis" propone in aggiunta una ricca serie di problematiche molto profonde dell'umano, della memoria, e degli abissi della nostra psiche.

Tratteremo dunque la materia del film sui due piani diversi, in successione, a partire dalla matrice puramente cinematografica. Qui è d'obbligo rifarsi al cinema espressionista in genere, in particolare tedesco; ricordando innanzitutto che il cinema, tra le varie arti coinvolte dal movimento, arrivava a tempo giusto, come "strumento tecnico" privilegiato, in aiuto a personaggi che si muovevano trasversalmente, da una musa all'altra (come Salvatores, che viene dal teatro ma si è pure "contaminato con pubblicità e TV"). L'espressionismo, poi, mirava a trascurare la descrizione oggettiva del reale, tentando di comunicare effetti emotivi intensi con modalità stilistiche, cromatiche e scenografiche, surreali e deformate; come succede infatti nel film, con effetti sonori particolari, il baluginare di sottili lame di luce nell'oscurità, e la visione "geometrica" di video e monitor. E, con grande onestà intellettuale, il buon Salvatores non si perita di nascondere i vari influssi, citando invece espressamente il decano Fritz Lang; come pure altrettanto il Bertolucci dell' "Ultimo tango a Parigi", leit motiv del titolo e dei protagonisti.
Un richiamo, volendo, si potrebbe fare anche ad Hitckok, maestro di un genere noir, non propriamente horror. (Grazie a Salvatores, per avere seguito questa linea senza fare... il Dario Argento!!).

[...]

Leggi la recensione completa del film QUO VADIS, BABY? su filmscoop.it

Nessun commento: