Recensione i tartassati
Recensione a cura di peucezia (voto: 7,5)
La coppia Totò-Fabrizi, già sperimentata in altre occasioni, riprende il tema della "guardia" e del "furfante" come nel precedente "Guardie e ladri", girato da Monicelli nell'immediato dopoguerra; se però nel film di Monicelli Totò era giustificato da una contingente situazione di fame e disoccupazione, in questa pellicola di Steno la sua posizione è decisamente negativa.
Il comico napoletano interpreta infatti il ruolo di un ricco commerciante di stoffe e capi d'abbigliamento, ostinato nella sua decisione di non versare le tasse all'erario coadiuvato da un commercialista furbo e disonesto (il francese Louis de Funés, non ancora celebre nel nostro paese). Purtroppo incontra sulla sua strada l'integerrimo e burbero finanziere interpretato da Aldo Fabrizi, che ostacolerà i suoi piani.
Totò è quindi il cialtrone, l'italiano finto scaltro che vuole godere dei privilegi ottenuti grazie alle sue capacità (l'attività di commerciante) ma nello stesso tempo rifiuta di dare al suo prossimo, rappresentato in questo caso dallo Stato, mentre invece Fabrizi è l'Istituzione, burbera ma anche paterna, che tenta di dare un correttivo a chi vuole scantonare.
La storia è fondamentalmente basata sui siparietti comici tra i due protagonisti, con l'intermezzo rosa della relazione amorosa tra i loro rampolli. Tra i caratteristi, il ruolo del francese de Funés, anche se limitato a pochi interventi, è ben inserito nella vicenda: il comico d'oltralpe è l'antitesi dell'esperto di finanze, ma rappresenta il non plus ultra dell'arte di arrangiarsi condita in salsa più colta; l'uomo sfrutta l'ignoranza e la scarsa affezione ai suoi doveri di cittadino del Pezzella per guadagnare più che aiutare l'uomo a portare avanti un regime economico adeguato.
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