giovedì 17 luglio 2008

Recensione L'ARGENT

Recensione l'argent




Regia di Robert Bresson con Christian Patey, Caroline Lang, Sylvie van den Elsen, Michel Briguet

Recensione a cura di Hal Dullea

Norbert e il suo amico Martial, rampolli di famiglie della buona borghesia, comprano una cornice nel negozio di un fotografo e la pagano con un biglietto da 500 franchi falso. Yvonarge, addetto al trasporto del gasolio da riscaldamento, riceve il biglietto in pagamento di un carico. Ignaro, al bar paga con quello un cognac e lo arrestano. Al processo, il fotografo, tacitato con il denaro della madre di Norbert, dichiara di non aver mai visto Yvon. Lo conferma il commesso Lucien (in realtà è stato lui a consegnare la banconota a Yvon, ma anch'egli è stato pagato). Rimesso in libertà, Yvon (che ha una moglie, Elise, e una figlia, Yvette) non riesce a trovare lavoro. Accetta allora di fare l'autista per una rapina in banca. Ma il colpo fallisce. Arrestato, Yvon è condannato a tre anni di carcere. E in carcere finisce anche Lucien.
Licenziato per aver alterato i cartellini dei prezzi intascando la differenza, il commesso infedele trattiene le chiavi del negozio e svuota la cassaforte; dopodiché svaligia alcuni bancomat. Una lite, intanto, fa finire Yvon in cella di rigore per trenta giorni, durante i quali gli muore la figlia. Tenta il suicidio. Riportato dall'ospedale in carcere, incontra Lucien che si offre di aiutarlo a fuggire, per riparare al male che gli ha fatto. Ma Yvon, che è stato abbandonato dalla moglie, rifiuta. Quando esce dal carcere, va in un alberghetto della periferia parigina, ne uccide i proprietari e ruba quel po' di denaro che trova. Poi segue una donna che ha appena ritirato la pensione. Nonostante che Yvon confessi il suo crimine, è accolto nella casa dove la pensionata si prende cura del vecchio padre, di due sorelle, del cognato e del nipote paralitico.
Improvvisamente, una sera, Yvon impugna una scure e uccide tutti i componenti della famiglia che lo ospita. Poi va a costituirsi.

Robert Bresson (1907-1999), conseguita la laurea in filosofia, si accosta all'arte cinematografica assistendo alla lavorazione di alcuni film. Nel tempo libero dipinge. Dopo un anno e mezzo di prigionia in Germania, la ricerca della Grazia diviene una costante, alla quale egli tende con una graduale purificazione del segno registico: il suo cinema è fatto di progressive privazioni.
Al di fuori d'ogni filone e genere, Bresson mira a una forma d'architettura filmica così rigorosa da superare il concetto di rappresentazione: la sua non è "mise en scène" bensì "mise en ordre". Spesso infatti il cuore dell'azione avviene fuori campo, mentre le immagini riprendono una realtà autonoma, incurante del sussistere delle figure umane.

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