Recensione miss violence
Recensione a cura di The Gaunt (voto: 7,5)
Ultimamente il cinema greco ha dato segni di una certa vitalità grazie al circuito dei festival che hanno contribuito a darne una buona visibilità e, di conseguenza, alla distribuzione di alcune pellicole di pregevole valore nei mercati esteri di autori di nuova generazione.
Quest'anno alla Mostra del cinema di Venezia è emerso il film "Miss Violence" di Alexander Avranas, al suo secondo lungometraggio, che riflette in molti aspetti il "Dogtooth" di Yorgos Lanthimos presentato a suo tempo a Cannes nella sezione Un certain regard, fra l'altro vincendola.
Due pellicole molto vicine in parecchi elementi, che sia pure con differenze a livello stilistico (grottesco e allegorico "Dogtooth", più morboso e realistico "Miss Violence"), possiedono una medesima glacialità nello sguardo, ponendo al centro delle loro storie la famiglia, con una particolare attenzione verso l'impronta fortemente patriarcale della stessa.
Curiosamente in entrambi i film sia la figura paterna che quella materna non hanno un nome, quasi ad esprimere non solo un certo distacco emotivo verso gli stessi figli, ma di concepire lo stesso ruolo genitoriale in una maniera meccanica ed artificiosa a cui bisogna adeguarsi pedissequamente senza discussioni.
Fin da subito "Miss Violence" prende una direzione ben precisa con una sequenza iniziale spiazzante e dal fortissimo impatto emotivo. Si celebra il compleanno di Angeliki, il compimento dei suoi undici anni di età viene festeggiato con la sua famiglia con torta, trombette e cotillons. Una normalissima festa di compleanno in cui nulla di particolare fa presagire la sua drammatica conclusione. Angeliki ad un certo punto si reca sulla terrazza dell'appartamento, sale sopra il bordo e dopo aver fatto un sorriso ammiccante verso la camera e di conseguenza verso lo spettatore, si getta nel vuoto e si schianta a terra in una pozza di sangue.
Un gesto così estremo e apparentemente incomprensibile, di natura diametralmente opposta a quel si era visto fino a quel momento e che costituisce il nodo centrale di tutto il film: lo svelamento dei motivi di quel gesto. La scoperta del suo perché. Avranas focalizza la messa in scena all'interno di quell'appartamento, perché è all'interno di quelle quattro mura che si nascondono i motivi del suicidio di Angeliki. Un microcosmo che, pur rapportandosi con l'esterno, possiede una notevole impermeabilità nei confronti di quest'ultimo. La Polizia ed i Servizi Sociali non riescono ad avere la capacità o i mezzi per riuscire a penetrare nelle dinamiche interne a questa famiglia apparentemente normale, cosa che lo sguardo di Avranas ci svelerà gradualmente.
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