martedì 6 febbraio 2007

Recensione DIES IRAE

Recensione dies irae




Regia di Carl Theodor Dreyer con Thorkild Roose, Lisbeth Movin, Sigrid Neiiendam, Preben Lerdorff Rye, Anna Svierkier, Albert Høeberg, Olaf Ussing

Recensione a cura di amterme63

Il regista danese Carl Theodor Dreyer (1889-1968) è forse sconosciuto al grande pubblico dei frequentatori dei cinema. Eppure è stato autore di capolavori indiscussi tra cui Dies Irae, uscito in Danimarca nel 1943. Nella sua carriera cinematografica si è occupato di occulto, demonismo e di misticismo religioso (Pagine dal Libro di Satana 1921, Vampyr 1931, Ordet 1954) e della celebrazione di grandi figure femminili (La Passione di Giovanna d'Arco 1928, Gertrud 1964). Dies Irae è il film dove si esprimono al meglio tutti i temi preferiti del regista.

La fama di Dreyer è dovuta soprattutto alla perfezione formale delle sue opere. Ogni elemento, dalla scenografia, alle riprese, alla recitazione è curato in maniera maniacale. Niente è superfluo o casuale. Il prodotto finale è un film essenziale, che va subito al dunque. Riesce a colpire lo spettatore grazie alla nudità e alla concentrazione delle scene e lo emoziona con la chiarezza e la profondità dei sentimenti espressi. Dies Irae si differenzia dai film precedenti per un maggiore movimento della cinepresa, anche se spesso ci sono degli improssivi stacchi di primo piano che danno solennità ai personaggi. Bellissima è la scena del funerale, in cui la cinepresa da un punto fisso segue il movimento in circolo dei chierichetti, rivelando tutti i particolari della stanza. In pratica il punto di vista diventa la bara del morto. Spesso gli attori sono disposti quasi a rappresentare dei quadri olandesi del Seicento, in particolare di Rembrandt, ma il tutto avviene con molta naturalezza, senza forzature. L'inizio e la fine sono segnati dalla drammatica recita dell'Apocalisse. Tutto questo, insieme all'atmosfera cupa e persecutoria che si respira nel film, ha fatto pensare ad accenni al nazismo e alla guerra in corso all'epoca.

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